Messaggio INPS del 17.09.2019, n. 3359. Compatibilità tra la titolarità di cariche sociali nell’ambito di società di capitali e lo svolgimento di attività di lavoro subordinato.

Con il Messaggio n. 3359 del 2019 l’INPS ha fatto il punto sulla questione della compatibilità tra la titolarità di cariche sociali e l’instaurazione, tra la società e la persona fisica che la amministra, di un autonomo e diverso rapporto di lavoro subordinato.

L’Istituto, con Circolare n. 179 del 1989 “Accertamenti e valutazione della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato”, aveva escluso in linea di massima che per “i presidenti, gli amministratori unici ed i consiglieri delegati” potesse essere riconosciuto un rapporto di lavoro subordinato valido con la medesima società. Tale orientamento era stato revisionato con messaggio n. 12441 dell’8.06.2011 dalla stessa INPS che aveva riconosciuto la possibilità di instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato tra la società cooperativa ed il presidente della stessa.

La Corte di Cassazione, a partire dagli anni ’90, si è espressa più volte sulla questione, disponendo in via di principio che la carica di presidente, in sé considerata, non è incompatibile con lo status di lavoratore subordinato, poiché anche il presidente della società può essere soggetto alle direttive, alle decisioni ed al controllo dell’organo giudiziale. Ciò anche nel caso in cui ci sia stato un eventuale conferimento di rappresentanza al presidente, purché tale delega non estenda allo stesso i diversi poteri deliberativi.

Situazione diversa nell’ipotesi dell’amministratore unico della società, in quanto detentore del potere di esprimere da solo la volontà propria dell’ente sociale, come anche dei poteri di controllo, di comando e di disciplina. La Cassazione, in questo caso, ha espresso il principio di non compatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente di una società e la carica di amministratore unico della stessa.

Per quanto riguarda la figura dell’amministratore delegato è necessario tenere in considerazione la delega conferitagli dal consiglio di amministrazione. Se l’amministratore è munito di delega generale con facoltà di agire senza il consenso del consiglio di amministrazione ne consegue la sua incompatibilità ad intrattenere un valido rapporto di lavoro subordinato con la società. Diversamente, se ha solamente potere di rappresentanza o limitate deleghe può intrattenere con la società un rapporto di lavoro subordinato.

La configurazione di un rapporto di lavoro subordinato è, inoltre, da escludere con riferimento al socio unico.

Una volta stabilita l’astratta possibilità di instaurazione, tra la società e la persona fisica che la rappresenta e la gestisce, di un autonomo rapporto di lavoro subordinato, si dovrà accertare in concreto lo svolgimento di attività estranee alle funzioni inerenti al rapporto organico e se tali attività siano contraddistinte dai caratteri tipici della subordinazione.

La Cassazione ha inoltre individuato, in capo al soggetto che intende far valere il rapporto di lavoro subordinato, l’obbligo di fornire la prova del vincolo di subordinazione, ovverosia l’assoggettamento al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società.

L’INPS conclude affermando che la valutazione della compatibilità dello status di amministratore di società di capitali (il riferimento è alle sole tipologie di cariche ritenute in astratto ammissibili) con lo svolgimento di attività di lavoro subordinato presuppone l’accertamento in concreto, caso per caso, della sussistenza delle seguenti condizioni:

  • che il potere deliberativo (come regolato dall’atto costitutivo e dallo statuto), diretto a formare la volontà dell’ente, sia affidato all’organo (collegiale) di amministrazione della società nel suo complesso e/o ad un altro organo sociale espressione della volontà imprenditoriale il quale esplichi un potere esterno;
  • che sia fornita la rigorosa prova della sussistenza del vincolo della subordinazione (anche, eventualmente, nella forma attenuata del lavoro dirigenziale), ovverosia dell’assoggettamento del lavoratore interessato, nonostante la carica sociale, all’effettivo potere di supremazia gerarchica (potere direttivo, organizzativo, disciplinare, di vigilanza e di controllo) di un altro soggetto ovvero degli altri componenti dell’organismo sociale a cui appartiene;
  • che il soggetto svolga, in concreto, mansioni estranee al rapporto organico con la società; in particolare, deve trattarsi di attività che esulino e che pertanto non siano ricomprese nei poteri di gestione che discendono dalla carica ricoperta o dalle deleghe che gli siano state conferite.

D.L. n. 101 del 2019 “Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali” – tutele economiche e normative per i riders.

Il 4 settembre 2019 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n. 101 del 2019 recante “Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzioni di crisi aziendali”.

Il provvedimento era già stato approvato il 6 agosto 2019 (salvo intese) da parte del Consiglio dei Ministri.

L’art. 1 del Decreto in commento, andando a modificare il D. Lgs. n. 81 del 2015, pone l’obiettivo di garantire adeguate tutele economiche e normative per la categoria dei riders.

La legge definisce i riders come i lavoratori impiegati nelle attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di veicoli a due ruote o assimilabili, anche attraverso piattaforme digitali. Le piattaforme digitali sono i programmi e le procedure informatiche delle imprese che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, mettono in relazione a distanza, per via elettronica, le persone per le attività di consegna di beni, determinando le caratteristiche della prestazione o del servizio che sarà fornito e fissandone il prezzo.

La nuova normativa prevede che il rider abbia diritto di essere retribuito:

  • in base alle consegne effettuate purché in misura non prevalente;
  • su base oraria, a condizione che, per ciascuna ora lavorativa, il lavoratore accetti almeno una chiamata.

I riders sono soggetti alla copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, che è a totale carico dell’impresa, così come gli adempimenti ai fini dell’assicurazione INAIL. Il premio di assicurazione INAIL è determinato in base al tasso di rischio corrispondente all’attività svolta. Ai fini del calcolo del premio assicurativo si assume come retribuzione imponibile la retribuzione convenzionale giornaliera di importo corrispondente alla misura del limite minimo di retribuzione giornaliera in vigore per tutte le contribuzioni dovute in materia di previdenza e assistenza sociale, rapportata ai giorni di effettiva attività.

Ai fini del monitoraggio viene istituito un Osservatorio presso il Ministero del Lavoro, presieduto dal ministro stesso o da un suo delegato, e composto dai rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori. L’Osservatorio verificherà, in base ai dati forniti da INPS, INAIL e ISTAT, gli effetti delle nuove tutele e proporrà eventuali revisioni alla normativa.

Controllo sui dipendenti dell’appaltatore tramite sistemi automatizzati di gestione del magazzino.

Tribunale di Padova, sentenza 16.07.2019, n. 550.


La nozione di subordinazione risente dell’evoluzione tecnologica che, specie nei settori “labour intensive“, ha rimesso alle macchine la guida intelligente del processo produttivo.

Nella specie, versandosi in un caso di appalto dei servizi di logistica, le istruzioni di lavoro pervenivano agli addetti tramite messaggi video o vocali governati da software della committente, rimettendo ai preposti della cooperativa appaltatrice forme di controllo non dissimili da quelle di un capo reparto, senza alcuna discrezionalità organizzativa.

La raccolta dei dati inerenti le operazioni compiute dai singoli lavoratori, traducendosi in un potenziale controllo a distanza degli stessi, ancorché non siano specificate le modalità di conservazione e gli scopi della raccolta, costituisce ulteriore manifestazione di un potere datoriale.

Ne consegue che i ricorrenti devono considerarsi dipendenti della società committente.