COVID-19 e ASSENZE DAL LAVORO

Per quanto concerne le assenze dal lavoro numerose sono le questioni sorte circa il fatto se la retribuzione sia dovuta o meno.

  • Se l’assenza è dovuta per ordine della pubblica utilità (che impedisce al lavoratore di uscire di casa), la retribuzione è dovuta in quanto si tratta di sopravvenuta impossibilità che non dipende dalla volontà del lavoratore. In questi casi è stata avanzata la richiesta di emanazione di un provvedimento normativo che preveda la Cassa Integrazione Ordinaria.

Nell’ipotesi di assenza dovuta alla sospensione dell’attività per ordine pubblico, anche qui si ripresenta l’impossibilità della prestazione lavorativa indipendentemente dalla volontà del lavoratore e pertanto la retribuzione è dovuta, anche qui ricorrendo alla Cassa Integrazione.

  • L’assenza per quarantena dei lavoratori in osservazione a causa della manifestazione di sintomi riconducibili al virus rappresenta un’ipotesi assimilabile al ricovero per altre patologie e dunque si richiamano – in quanto integrate – le disposizioni relative all’assenza per malattia.
  • Per quanto riguarda l’assenza dovuta a quarantena volontaria da parte di chi è rientrato dalle zone a rischio o sia entrato in contatto con soggetti a rischio, essendo obbligatoria la comunicazione al Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente per territorio, nelle more della relativa decisione dell’autorità pubblica tale ipotesi è assimilabile alle astensioni obbligate da provvedimenti pubblici.
  • Infine, l’assenza per mero timore del contagio, senza che ricorrano le condizioni su citate, non pare possa essere considerata giustificabile e dunque si ricadrebbe nell’ipotesi di assenza ingiustificata dal lavoro, con possibili conseguenti provvedimenti disciplinari.

LAVORATORI SU PIATTAFORMA DIGITALE.

La Corte di Cassazione con sentenza 24.01.2020 n. 1663 chiude il “Caso Foodora”. La Corte ha confermato la decisione che aveva ritenuto i riders quali collaboratori “etero-organizzati” ai sensi dell’art. 2 del D. Lgs. n. 81 del 2015. Tuttavia, la disciplina del lavoro subordinato va applicata interamente.

La Suprema Corte, dopo molta attesa, si è pronunciata sul caso dei riders di Foodora, dopo che la Corte d’Appello di Torino (ribaltando il primo grado) aveva ritenuto applicabile a quei lavoratori il primo comma dell’art. 2 del D. Lgs. n. 81 del 2015, il quale prevede che ai rapporti di collaborazione le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente debba applicarsi la disciplina del lavoro subordinato.

Da segnalare soprattutto due aspetti, che possono valere anche per l’attuale disciplina legale:

a) la Cassazione si sottrae al dibattito teorico su cosa siano, giuridicamente, i collaboratori “etero-organizzati” ex art. 2 del D. Lgs. 81 del 2015 (correggendo l’appello torinese, che aveva parlato di un “tertium genus” intermedio tra autonomia e subordinazione); ciò che conta, dice la Corte, è la finalità anti-elusiva della disciplina, che estende le regole del lavoro subordinato a soggetti per i quali, in virtù della mancanza di una autonomia organizzativa, si ritiene sussista un bisogno specifico di tutela; proprio per questo – ed è altra affermazione importante – l’art. 2 non può essere interpretato in maniera restrittiva;

b) l’estensione ai collaboratori ex art. 2 delle regole del lavoro subordinato non può essere selettiva (come aveva detto l’appello), ma tali regole devono applicarsi integralmente (salvi eventuali casi di incompatibilità oggettiva).