NEWSLETTER N. 8 DEL 2020 NOVITÀ NORMATIVE E GIURISPRUDENZIALI

Conversione in Legge n. 77 del 2020 del D.L. n. 34 del 2020, c.d. Decreto Rilancio.

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È stata pubblicata in G.U. la Legge di conversione n. 77 del 2020, con la quale è stato convertito in Legge con modificazioni il D.L. n. 34 del 2020, recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”.

Quali sono le novità principali in materia di lavoro?

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha emanato la nota n. 468 del 21.07.2020, con la quale fornisce alcune indicazioni relative ad alcune modifiche introdotte dalla Legge “Rilancio” (Legge n. 77/2020, di conversione del Decreto Legge n. 34/2020).

In particolare, le modifiche hanno

➢ art. 1, comma 2, L. n. 77/2020 – abrogazione del D.L. n. 52/2020.

La disposizione abroga il D.L. n. 52/2020, “assorbendo” al suo interno le disposizioni in materia di trattamento di integrazione salariale, di proroga di termini in materia di reddito di emergenza e di emersione di rapporti di lavoro, ferma restando la validità degli atti e dei provvedimenti adottati, degli effetti prodottisi e dei i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto legge. In particolare, in materia di ammortizzatori sociali disciplinati dagli artt. da 19 a 22 del D.L. n. 18/2020, si confermano le modifiche introdotte agli artt. da 68 a 71 del D.L. n. 34/2020 ora convertito. In proposito si fa rinvio alla circolare INPS n. 84 del 10 luglio u.s. In relazione alle modifiche apportate al D.L. n. 34/2020 si evidenziano i seguenti articoli già presenti o di nuova introduzione nel testo dello stesso decreto legge.

art. 43 bis (Contratto di rete con causale di solidarietà).

Tale disposizione ha aggiunto all’art. 3 del D.L. n. 5/2009 (conv. da L. n. 33/2009), i commi dal 4 sexies al 4 octies che disciplinano la possibilità di stipulare un contratto di rete per favorire il mantenimento dei livelli occupazionali delle imprese appartenenti alle filiere che si sono trovate in particolare difficoltà economica a causa dello stato di crisi o di emergenza dichiarati con provvedimento delle autorità competenti.

Pertanto, le imprese che stipulano il contratto di rete per lo svolgimento di prestazioni lavorative presso le partecipanti potranno ricorrere agli istituti del distacco e della codatorialità, ai sensi dell’art. 30, comma 4 ter, del D.Lgs. n. 276/2003, per perseguire le seguenti finalità:

  • impiego di lavoratori delle imprese partecipanti alla rete che sono a rischio di perdita del posto di lavoro;
  • inserimento di persone che hanno perso il posto di lavoro per chiusura di attività o per crisi di impresa;
  • assunzione di figure professionali necessarie a rilanciare le attività produttive nella fase di uscita dalla crisi.

La normativa introdotta deroga inoltre alle disposizioni generali in ordine all’obbligo di pubblicità previsto dal comma 4 quater (obbligo di iscrizione del contratto di rete nel registro delle imprese ove hanno sede le imprese contraenti). Tale obbligo viene assolto mediante sottoscrizione del contratto, in deroga alle modalità previste dal comma 4 ter del citato art. 3, ai sensi dell’art. 24 del CAD, “con l’assistenza di organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro rappresentative a livello nazionale presenti nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro ai sensi della legge 30 dicembre 1986, n. 936, che siano espressione di interessi generali di una pluralità di categorie e di territori”.

Con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sono definite le modalità di comunicazione, a cura dell’impresa referente, necessarie per dare attuazione alla codatorialità.

Per ogni altro aspetto di disciplina trova applicazione quanto già previsto dall’art. 3 del D.L. n. 5/2009.

➢ Con l’art. 66 del D.L. n. 34 del 2020 era stato modificato l’art. 16 del D.L. n. 18 del 2020 che prevedeva l’obbligo di indossare i dispositivi di protezione individuale per tutti i lavoratori e i volontari, sanitari e non. La L. n. 77 del 2020 di conversione del D.L. n. 34 del 2020 ha introdotto l’art. 66bis che prevede la semplificazione dei procedimenti di importazione e di validazione delle mascherine c.d. chirurgiche e dei dispositivi di protezione individuale, da utilizzare nelle imprese per la ripresa in sicurezza dell’attività produttiva, a seguito del Covid-19.

art. 67 bis (Inserimento al lavoro dei care leavers).

La disposizione prevede che la quota di riserva di cui all’art. 18, comma 2, della L. n. 68/1999 – ossia la quota attribuita in favore di orfani, coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio ecc. – è attribuita anche in favore di coloro che, al compimento della maggiore età, vivono fuori della famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell’autorità giudiziaria.

➢All’art. 68 (in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario) la L. di conversione ha introdotto il comma 2bis prevedendo che il termine di presentazione delle domande riferite ai periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa che hanno avuto inizio tra il 23.02.2020 ed il 30.04.2020, è fissato a pena di decadenza al 15.07.2020. Stabilisce poi che, indipendentemente dal periodo di riferimento, i datori di lavoro che abbiano erroneamente presentato domanda per trattamenti diversi da quelli a cui avrebbero avuto diritto o comunque con errori od omissioni che ne hanno impedito l’accettazione, possono presentare la domanda nelle modalità corrette entro 30 giorni dalla comunicazione dell’errore.

➢ L’art. 70bisNorme speciali in materia di trattamenti di integrazione salariale” è stato introdotto con la L. di conversione, prevedendo, esclusivamente per i datori di lavoro che abbiano interamente fruito del periodo precedentemente concesso fino alla durata massima di 14 settimane, la possibilità di usufruire di ulteriori 4 settimane di erogazione di trattamenti di integrazione salariale e assegno ordinario, anche per periodi decorrenti antecedentemente il 1°.09.2020. Resta ferma la durata massima di 18 settimane.

art. 80 (Modifiche all’articolo 46 in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo)

In sede di conversione dell’art. 80 – che ha modificato l’art. 46 del D.L. n. 18/2020 (conv. da L. n. 27/2020, cfr. in proposito nota INL n. 160 del 3 giugno u.s.) – è stato aggiunto un ulteriore comma 1 bis.

In particolare, il citato comma stabilisce che, fino al 17.08.2020 e con riferimento alla procedura prevista dall’art. 47, comma 2, L. n. 428/1990 in materia di trasferimenti di azienda o di parte di essa ai sensi dell’art. 2112 c.c. in cui siano occupati più di 15 dipendenti, laddove non sia raggiunto un accordo in sede sindacale, la durata della relativa procedura non può essere inferiore a 45 giorni (il comma 2 dell’art. 47 citato prevede invece che “la consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo”).

art. 80 bis (Interpretazione autentica del comma 3 dell’articolo 38 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81).

L’art. 80 bis, introdotto dalla legge di conversione, ha ad oggetto l’interpretazione autentica del comma 3 dell’art. 38 del D.Lgs. n. 81/2015.

Come noto, nelle ipotesi di somministrazione irregolare previste dal medesimo art. 38, comma 2, la costituzione del rapporto di lavoro in capo al soggetto che utilizza la prestazione lavorativa comporta che “tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata” (comma 3 primo periodo).

Inoltre, “tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione” (comma 3 secondo periodo).

L’art. 80 bis interviene proprio su tale ultima disposizione stabilendo che la stessa “si interpreta nel senso che tra gli atti di costituzione e di gestione del rapporto di lavoro non è compreso il licenziamento”.

Ne consegue che non può ritenersi compiuto né imputato in capo all’utilizzatore l’eventuale licenziamento effettuato dal somministratore; pertanto, ove lo stesso sia intervenuto, non produrrà effetti nei confronti del lavoratore il cui rapporto di lavoro è costituito con l’utilizzatore.

art. 81 (Modifiche all’art. 103 in materia di sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza)

In sede di conversione, è stato soppresso il comma dell’art. 81 del D.L. n. 34/2020 che aveva introdotto una eccezione per il DURC alla regola generale dell’art. 103, comma 2, del D.L. n. 18/2020 (conv. da L. n. 27/2020) ai sensi del quale “tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, compresi i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all’articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza”.

Pertanto, anche i documenti unici di regolarità contributiva (DURC) in scadenza nel predetto periodo rientrano nella disciplina generale dettata dal citato art. 103.

➢Il nuovo art. 90 prevede che fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, il medesimo diritto allo svolgimento delle prestazioni di lavoro in modalità agile è riconosciuto ai lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio in ragione dell’età o della condizione di rischio purché tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa.

art. 93 (Disposizioni in materia di proroga o rinnovo di contratti a termine e di proroga di contratti di apprendistato).

In sede di conversione è stato inserito il comma 1 bis all’art. 93 del D.L. n. 34/2020 (cfr. INL nota. prot. n. 160/2020), secondo cui “il termine dei contratti di lavoro degli apprendisti di cui agli articoli 43 e 45 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, e dei contratti di lavoro a tempo determinato, anche in regime di somministrazione, è prorogato di una durata pari al periodo di sospensione dell’attività lavorativa, prestata in forza dei medesimi contratti, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19″.

Il regime di proroga automatica previsto dalla disposizione riguarda i contratti di apprendistato di cui agli artt. 43 e 45 del D.Lgs. n. 81/2015 con esclusione pertanto dell’apprendistato professionalizzante, nonché i contratti a termine anche in regime di somministrazione.

È intervenuto il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali chiarendo che tale previsione si applica a tutti i rapporti di lavoro subordinato che non siano a tempo indeterminato, proprio al fine di evitare che la loro durata iniziale risulti di fatto ridotta per effetto di circostanze non imputabili al lavoratore. Ad esempio, ricadono nella proroga della durata:

  • i contratti di lavoro a termine, ivi inclusi quelli stagionali;
  • i contratti in somministrazione a tempo determinato, intendendosi il rapporto di lavoro che intercorre tra l’Agenzia per il lavoro e il lavoratore;
  • i contratti di apprendistato, intendendosi quelli per il conseguimento di una qualifica e il diploma professionale e quelli di alta formazione e ricerca, limitatamente alla durata del periodo che precede la qualificazione.

Nel “periodo di sospensione” vanno compresi sia i periodi di fruizione di un ammortizzatore sociale Covid-19, sia l’inattività del lavoratore in considerazione della sua sospensione dall’attività lavorativa in ragione delle misure di emergenza epidemiologica da Covid-19 (es. fruizione di ferie).

In tutti questi casi il datore di lavoro, entro cinque giorni dalla data di scadenza originaria, deve effettuare la comunicazione obbligatoria di proroga, modificando il termine inizialmente previsto per un periodo equivalente a quello di sospensione dell’attività lavorativa.

art. 103 (Emersione di rapporti di lavoro)

In sede di conversione il termine di scadenza per la presentazione dell’istanza di emersione è stato differito dal 15 luglio al 15 agosto.

art. 221 (Modifica all’articolo 83 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020 n 27 e disposizioni in materia di processo civile e penale)

L’art. 221 aveva già apportato una modifica all’art. 83 del D.L. n. 18/2020 (come conv. da L. n. 27/2020) – in relazione al quale si fa rinvio alla nota n. 2465 del 7 aprile u.s. – stabilendo che “per il periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e l’11 maggio 2020 si considera sospeso il decorso del termine di cui all’articolo 124 del codice penale”, ossia il termine per proporre querela. Ora all’art. 221 sono stati inseriti i commi dal 3 al 10 riguardanti l’organizzazione e la gestione delle udienze fino al 31 ottobre. Di seguito si riportano, in sintesi, i passaggi di maggiore interesse:

  • negli uffici che hanno la disponibilità del servizio di deposito telematico, anche gli atti e i documenti introduttivi del giudizio (art. 16 bis, comma 1 bis, del D.L. n. 179/2012 conv. da L. n. 221/2012), sono depositati esclusivamente con le “modalità telematiche” previste dal comma 1 del medesimo articolo;
  • il giudice può disporre che le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti siano sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni. Il giudice comunica alle parti almeno trenta giorni prima della data fissata per l’udienza che la stessa è sostituita dallo scambio di note scritte e assegna alle parti un termine fino a cinque giorni prima della predetta data per il deposito delle note scritte. Ciascuna delle parti può presentare istanza di trattazione orale entro cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento. Il giudice provvede entro i successivi cinque giorni. Se nessuna delle parti effettua il deposito telematico di note scritte, il giudice provvede ai sensi del primo comma dell’art. 181 c.p.c. che disciplina la “mancata comparizione delle parti”;
  • la partecipazione alle udienze civili di una o più parti o di uno o più difensori può avvenire, su istanza dell’interessato, mediante collegamenti audiovisivi a distanza, individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. La parte può partecipare all’udienza solo dalla medesima postazione da cui si collega il difensore. Lo svolgimento dell’udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione. L’istanza di partecipazione mediante collegamento a distanza è depositata almeno quindici giorni prima della data fissata per lo svolgimento dell’udienza. Il giudice dispone la comunicazione alle parti dell’istanza, dell’ora e delle modalità del collegamento almeno cinque giorni prima dell’udienza. All’udienza il giudice dà atto delle modalità con cui accerta l’identità dei soggetti partecipanti a distanza e, ove si tratta delle parti, la loro libera volontà. Di questa e di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale;
  • il giudice, con il consenso preventivo delle parti, può disporre che l’udienza civile che non richieda la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari del giudice, anche se finalizzata all’assunzione di informazioni presso la pubblica amministrazione, si svolga mediante collegamenti audiovisivi a distanza individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. L’udienza è tenuta con la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario e con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti. Prima dell’udienza il giudice dispone la comunicazione ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, del giorno, dell’ora e delle modalità del collegamento. All’udienza il giudice dà atto a verbale delle modalità con cui accerta l’identità dei soggetti partecipanti e, ove si tratta delle parti, la loro libera volontà. Di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale;
  • in luogo dell’udienza fissata per il giuramento del consulente tecnico d’ufficio ai sensi dell’art. 193 c.p.c., il giudice può disporre che il consulente, prima di procedere all’inizio delle operazioni peritali, presti giuramento con dichiarazione sottoscritta con firma digitale da depositare nel fascicolo telematico.

Circolare INPS n. 86 del 15.07.2020.

Con la Circolare in commento, l’INPS fornisce istruzioni relativamente alle modalità nonché ai termini di accesso ai trattamenti di cassa integrazione in deroga, alla luce degli ultimi D.L. emanati in materia (D.L. n. 34 del 2020 e 52 del 2020).

L’art. 70 del D.L. n. 34 del 2020 (modificando l’art. 22 del D.L. n. 18 del 2020) ha esteso il periodo di trattamento di integrazione salariale in deroga per la durata della riduzione o sospensione del rapporto di lavoro per una durata massima di 9 settimane per periodi decorrenti dal 23.02.2020 al 31.08.2020, incrementate di ulteriori 5 settimane nel medesimo periodo per i soli datori di lavoro ai quali sia stato interamente già autorizzato un periodo di 9 settimane. È inoltre prevista la possibilità di riconoscere un eventuale ulteriore periodo di durata massima di 4 settimane per il periodo dal 1°.09.2020 al 31.10.2020.

È intervenuto, poi, il D.L. 52 del 2020 stabilendo che tutti i datori di lavoro che hanno interamente utilizzato il periodo precedentemente concesso fino alla durata massima di 14 settimane, possono usufruire di ulteriori 4 settimane anche per periodi antecedenti il 1°.09.2020.

Circolare INPS n. 84 del 10.07.2020.

Con la Circolare in commento, l’INPS illustra le novità apportate dal D.L. n. 34 del 2020 alle misure di sostegno al reddito previste dal D.L. n. 18 del 2020 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24.04.2020, n. 27) relativamente alle ipotesi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

L’art. 68 del D.L. n. 34 del 2020 (che ha modificato l’art. 19 del D.L. n. 18 del 2020) ha esteso il periodo di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario richiedibile dai datori di lavoro che hanno dovuto interrompere o ridurre l’attività produttiva per eventi riconducibili al COVID-19. Quest’ultimi possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con causale “COVID-19 nazionale”, per una durata di 9 settimane per periodi decorrenti dal 23.02.2020 al 31.08.2020, incrementate di ulteriori 5 settimane nel medesimo periodo per i soli datori di lavoro che abbiamo interamente fruito il periodo precedentemente concesso di 9 settimane.

Secondo il disposto normativo le istanze finalizzate alla richiesta di interventi devono essere inviate, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. Per i datori di lavoro che debbano inoltrare domanda per eventi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa iniziati a decorrere dal 1° giugno 2020, la scadenza è fissata al 31 luglio 2020, mentre, per i periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa iniziati dal 1° luglio 2020 la scadenza per la presentazione delle domande è fissata al 31 agosto 2020.

novità giurisprudenziali

LICENZIAMENTO E TUTELE CRESCENTI.

La Corte Costituzionale con sentenza 16.07.2020, n. 150 ha previsto che “se il licenziamento è illegittimo per vizi di forma o procedimentale, l’indennità non può essere ancorata unicamente all’anzianità di servizio”.

L’art. 4 del D. Lgs n. 23 del 2005 (per il personale assunto successivamente alla sua entrata in vigore) prevede unicamente il criterio dell’anzianità di servizio per la determinazione, tra un minimo di 2 e un massimo di 12 mensilità della retribuzione, dell’indennità dovuta al lavoratore in caso di illegittimità del licenziamento per difetto della forma o del procedimento. La Corte, in questa sede investita unicamente della valutazione della legittimità costituzionale della norma indicata (non avendo potuto esaminare, perché tardivamente dedotta, la questione della disparità di trattamento rispetto ai maggiori importi di indennità previsti in caso di licenziamento ingiustificato), dichiara l’art. 4 D. Lgs. n. 23 del 2005 incostituzionale perché viola i canoni della ragionevolezza e della parità di trattamento, trattando unitariamente situazioni che nel concreto possono essere molto differenziate. Conseguentemente, nel determinare l’indennità in questione tra il minimo e il massimo indicati dalla legge, il giudice dovrà tener conto principalmente dell’anzianità di servizio, ma, in chiave correttiva, anche dei criteri della gravità della violazione, del numero degli occupati, della dimensione dell’impresa, del comportamento e delle condizioni delle parti, nonché di altri criteri desumibili dal sistema.

SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO

Il Tribunale di Teramo con sentenza del 23.07.2020, n. 226, ha dichiarato che il lavoratore che voglia rivendicare la illegittimità del termine dei contratti di somministrazione è tenuto ad impugnarli nel termine di 60 giorni dalla loro scadenza.

Il Tribunale nel caso di specie si era trovato ad accertare la illegittimità del termine dei contratti di somministrazione di lavoro per genericità delle causali apposte e delle relative proroghe e la illegittimità per superamento delle percentuali di utilizzo di tali contratti.

Il Giudice del Lavoro, nel respingere integralmente il ricorso, ha affermato il principio per cui qualora il lavoratore intenda richiedere la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a partire dalla data di prima assunzione o a decorrere dalla scadenza dei singoli contratti di somministrazione, per pretesa illegittimità della causale apposta, eccependo la nullità dei contratti stessi, deve procedere alla impugnazione entro il termine di 60 giorni dalla scadenza di ogni singolo contratto.

La conclusione di un nuovo contratto di lavoro somministrato da parte del lavoratore costituisce una rinuncia a far valere ogni diritto e pretesa relativa al contratto precedente, venendosi a integrare la novazione del rapporto di lavoro, con conseguente caducazione di ogni eventuale diritto relativo alla prosecuzione del rapporto di lavoro precedente ed alla sua conversione a tempo indeterminato.

Il Tribunale di Como con sentenza 15.07.2020, n. 124, dichiara l’applicazione della tutela reintegratoria nel caso di un licenziamento illegittimo per motivo illecito determinante anche nei rapporti di lavoro a tutele crescenti.

Il Tribunale nel caso di specie accertava la sussistenza di un motivo illecito determinante ex art. 1345 c.c., a fronte delle prove presuntive allegate da un lavoratore il quale, pochi giorni dopo la conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, aveva iniziato un periodo di malattia a causa di un infortunio sul lavoro. Il Giudice accertava come il reale motivo del recesso adottato dal datore di lavoro a seguito di tali assenze, e motivato formalmente da una presunta insubordinazione del lavoratore, fosse da individuarsi nel preteso “tradimento” che la società riteneva di avere subito sull’affidamento riposto nel lavoro del dipendente per il quale aveva deciso di confermare il rapporto a tempo indeterminato. Accertata la natura ritorsiva di tale recesso, il Giudice condannava il datore di lavoro a reintegrare il lavoratore ai sensi dell’art. 2 del D. Lgs. n. 23 del 2015.

La Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 24.06.2020, n. 462, dichiarava “illegittimo il licenziamento di un lavoratore per problemi organizzativi aziendali dovuti alle reiterate assenze per malattia, prima del termine del periodo di comporto”.

La Corte d’appello, chiamata a pronunciarsi a seguito di cassazione della sentenza con rinvio, affermava l’illegittimità del licenziamento, adottato da una società nei confronti di un lavoratore per disagi organizzativi dovuti alle reiterate e discontinue assenze per malattia, per violazione dell’art. 2110 c.c.

Il periodo di comporto è posto a garanzia della salute del dipendente, indipendentemente dalle difficoltà, anche reali, che la malattia possa arrecare all’azienda, le quali non possono legittimare un recesso prima del termine di tale periodo. Solo una volta spirato il relativo termine, la società potrà recedere per superamento del periodo di comporto, senza la necessità di addurre una giustificazione oggettiva.

INFORTUNIO SUL LAVORO

La Corte di Cassazione, con sentenza del 7.07.2020, n. 14082, si è pronunciata nuovamente sulla distribuzione dell’onere della prova in materia di infortunio sul lavoro.

Nel caso in esame, la Corte affermava che, in caso di infortunio sul lavoro, l’infortunato deve provare il danno, la nocività dell’ambiente di lavoro e in nesso di causalità tra i due elementi, mentre il datore di lavoro deve poi provare di avere adottato tutte le misure idonee a salvaguardare la salute del dipendente.

Cos’è la nocività che l’infortunato deve provare?

Essa non può che riguardare il contesto in cui è maturato l’infortunio e allora si risolve nella prova del nesso di causalità tra il fatto come si è svolto e il danno: nel caso di specie il lavoratore era caduto scivolando da una scala a pioli dalla quale scendeva per compiere un certo lavoro nel sotterraneo. Spetterà poi al datore di lavoro dimostrare che la scala era saldamente ancorata e sicura e che comunque era l’unico mezzo possibile per scendere nel sotterraneo.

Se invece si intendesse accollare al lavoratore l’onere di dimostrare che la scala era instabile, che i gradini erano scivolosi e che, invece della pericolosa scala a pioli, l’impresa avrebbe potuto adottare altri mezzi sicuri di discesa, allora lo si graverebbe dell’onere di provare la colpa del datore di lavoro, in contrasto con i principi che viceversa vengono normalmente affermati.

INSUBORDINAZIONE

La Corte di Cassazione, con sentenza del 1°.07.2020, n. 13411 ha stabilito che “la nozione di insubordinazione riguarda, oltre al rifiuto di adempimento delle disposizioni dei superiori gerarchici, anche comportamenti atti a pregiudicare il corretto svolgimento di dette disposizioni nel quadro dell’organizzazione aziendale.”

Secondo la Suprema Corte è erronea in diritto la tesi per cui l’insubordinazione dovrebbe essere limitata al rifiuto di adempimento delle disposizioni dei superiori gerarchici; la violazione dei doveri del prestatore riguarda non solo la diligenza in rapporto alla natura della prestazione, ma anche l’inosservanza delle disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore o dai suoi collaboratori.

Nel caso di specie, la condotta oggetto dell’addebito disciplinare, quale ricostruita nella sentenza impugnata, seppure realizzatasi al di fuori dell’orario di lavoro, era stata tenuta dal lavoratore in locali aziendali e si era rivolta in danno di una dipendente che, nel particolare contesto organizzativo, era preposta a rappresentare l’azienda in veste di responsabile amministrativo.