NEWSLETTER N. 6/2021 NOVITÀ NORMATIVE E GIURISPRUDENZIALI

NOVITA’ NORMATIVE

L. n. 69 del 21 maggio 2021: Conversione in legge del Decreto “Sostegni”.

 Lo scorso 21 maggio 2021 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la L. n. 69 del 2021, che ha convertito, con modificazioni, il D. L. n. 41 del 22 marzo 2021, noto come Decreto Sostegni, recante le “Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19”. Di seguito le principali novità in materia lavoristica.

1. Cassa Integrazione Covid.

Di primario rilievo è sicuramente la proroga della cassa integrazione Covid, introdotta dal Decreto “Cura Italia” e poi rinnovata più volte (attraverso i vari decreti Rilancio, Agosto, Ristori, Sostegni ed infine, tramite la legge di Bilancio 2021). Viene concessa la possibilità di richiedere fino ad un massimo di 13 settimane di trattamenti di cassa integrazione ordinaria, da utilizzare per periodi compresi tra il 1° aprile 2021 e il 30 giugno 2021 e fino ad un massimo di 28 settimane, da utilizzare per periodi compresi tra il 1° aprile 2021 e il 31 dicembre 2021, per i trattamenti di assegno ordinario e cassa integrazione salariale in deroga, con la precisazione che non è dovuto alcun contributo addizionale per i trattamenti concessi. È inoltre prevista la proroga anche per la cassa integrazione salariale per operai agricoli (CISOA) per un massimo di 120 giorni fino al 31 dicembre 2021.

Nel corso dell’iter di conversione, vi è stata inoltre, l’aggiunta di due nuovi commi all’articolo 8. Da un lato il nuovo comma 2-bis chiarisce che i trattamenti di integrazione salariale possono essere concessi in continuità ai datori di lavoro che abbiano integralmente fruito delle settimane previste dalla legge di Bilancio, e quindi con possibile decorrenza già dal 26 marzo 2021 (a condizione di aver usufruito integralmente delle 12 settimane di trattamenti introdotti dalla L. n. 178 del 2020); dall’altro il nuovo comma 3-bis fissa il 30 giugno 2021 come data per la proroga dei termini di decadenza per l’invio delle domande di accesso ai trattamenti di integrazione salariale collegati all’emergenza epidemiologica da Covid-19 e i termini di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi, scaduti nel periodo dal 1° gennaio 2021 al 31 marzo 2021.

2. Lavoratori “fragili”.

La legge di conversione conferma fino al 30 giugno 2021 la possibilità per i dipendenti (pubblici e privati) con immunodeficienze e disabilità certificate di svolgere la prestazione in modalità di lavoro agile. Si conferma, inoltre, che nel caso in cui detti lavoratori non possano svolgere la prestazione in smart-working o non usufruiscano della cassa integrazione guadagni, verrà estesa fino al 30 giugno 2021 l’equiparazione del periodo di assenza dal lavoro alla degenza ospedaliera, precisando che la tutela sarà riconosciuta laddove la prestazione lavorativa non possa essere resa in modalità di lavoro agile. Oltre a queste conferme, viene introdotto un importante chiarimento attraverso una modifica del primo comma dell’articolo 15 del decreto, con cui si esplicita che non saranno computabili, ai fini del periodo di comporto, i periodi di assenza dal servizio a partire dal 17 marzo 2020.

3.Indennità per i lavoratori somministrati nel comparto sanità.

Il nuovo articolo 18-bis riconosce un’indennità di circa 911 Euro connessa all’emergenza epidemiologica per i lavoratori in somministrazione del comparto sanità che risultano in servizio il 1° maggio 2021. Viene specificato che tale indennità non concorre alla determinazione del reddito.

4. NASPI e proroga o rinnovo acausale di contratti di lavoro a termine.

Il testo della legge di conversione conferma, senza modifiche, le disposizioni riguardanti l’indennità di disoccupazione NASPI (in base alla quale, a decorrere dal 23 marzo 2021 e fino al 31 dicembre 2021, la nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego – NASPI – viene concessa a prescindere dalla sussistenza del requisito delle 30 giornate di lavoro effettivo) e la proroga fino al 31 dicembre 2021 della possibilità per i datori di lavoro di rinnovare o prorogare per un periodo massimo di 12 mesi (ferma restando la durata massima complessiva di 24 mesi) e per una volta sola, i contratti di lavoro subordinato a termine, anche in assenza delle causali di cui all’art. 19, comma 1 del D. Lgs. n. 81 del 2015.

5. Blocco dei licenziamenti.

È del tutto assente qualsiasi indicazione in tema di blocco dei licenziamenti, il cui doppio termine del 30 giugno e 31 ottobre 2021 rimane pertanto invariato: ciò contrariamente a quanto ci si potesse aspettare in considerazione dell’acceso dibattito, a quanto consta non del tutto risolto, in merito all’estensione dell’operatività del blocco fino al 31 ottobre 2021 a prescindere dal concreto utilizzo dell’ammortizzatore sociale nel periodo di riferimento.

6. Fringe benefit.

La legge di conversione del Decreto Sostegni ha confermato la proroga a tutto il 2021 della agevolazione relativa all’importo del fringe benefitraddoppiato per il welfare aziendale; è stato infatti stabilito che l’importo del valore dei beni ceduti e dei servizi prestati dall’azienda ai lavoratori dipendenti e non sottoposti a tassazione in busta paga, per tutto il 2021, resta di 516,46 euro (valore raddoppiato rispetto al limite ordinario di 258,16) così come già previsto dal c.d. Decreto Agosto n. 104 del 2020.

LEGGE N. 61 DEL 2021: Congedi, bonus baby-sitting e introduzione del c.d. diritto alla disconnessione.

È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 12 maggio 2021 la Legge di conversione, con modificazioni, del D. L. legge n. 30 del 13 marzo 2021, recante: “Misure urgenti per fronteggiare la diffusione del COVID-19 e interventi di sostegno per lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena”.

La legge di conversione, alle misure in materia di lavoro, ha aggiunto alcune disposizioni relative al lavoro agile, ai congedi per genitori con figli disabili in DAD e al bonus baby-sitting.

In particolare: a) Il diritto di svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile (smart-working), nel caso in cui venga sospesa l’attività didattica o educativa in presenza del figlio, o se questi viene posto in quarantena dall’autorità sanitaria, spetta contemporaneamente ad entrambi i genitori se il figlio, indipendentemente dall’età, soffre di una disabilità grave o di disturbi specifici dell’apprendimento; b) viene formalmente sancito, per la prima volta in via normativa, il c.d. diritto alla disconnessione (art. 2 comma 1-ter del D. Lgs n. 31 del 2021) per i lavoratori che svolgono la propria attività in regime di smart-working, cioè il diritto del lavoratore a potersi disconnettere da tutti gli strumenti tecnologici che consentono di poter accedere al proprio account aziendale anche al di fuori dell’ufficio in determinati orari. A tal proposito, la normativa in commento ha altresì rinnovato il sostanziale obbligo delle parti di disciplinare in un accordo scritto quali siano gli orari in cui il dipendente ha diritto a disconnettersi, e quali invece è tenuto a garantire la propria reperibilità. Tale diritto è finalizzato alla tutela dei tempi di riposo, e quindi della salute del lavoratore, e il suo esercizio non potrà avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi riconosciuti; c) viene ampliata la platea dei genitori lavoratori che possono utilizzare il bonus per pagare servizi di baby-sitting di importo fino a 100 euro settimanali se il figlio under 14 convivente è affetto da Covid, in quarantena o se le lezioni vengono svolte a distanza; in fase di conversione è stato infatti precisato che fra i dipendenti del settore sanitario pubblico o privato accreditato rientrino tutti gli esercenti le professioni sanitarie, quella di assistente sociale e gli operatori socio-sanitari.

INL – NOTA n. 762 del 12 maggio 2021: proroga dei contratti a termine e di somministrazione durante la fruizione della CIG Covid.

Con la nota n. 762 del 12 maggio 2021, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha chiarito un possibile dubbio interpretativo relativo all’articolo 19-bis del D. L. n. 18 del 2020 (cd. Decreto Cura Italia).

L’art. 19-bis del Decreto Cura Italia riconosce la possibilità di procedere al rinnovo o alla proroga di contratti a termine relativi a lavoratori in forza presso aziende che fruiscono degli strumenti di integrazione salariale previsti dalla normativa emergenziale, in deroga al divieto contenuto nell’articolo 20, comma 1, lettera c), del D. Lgs. n. 81 del 2015. Su tale articolo è sorto un dubbio interpretativo in merito all’applicabilità della deroga anche durante la fruizione degli ammortizzatori sociali previsti dalle norme approvate successivamente al decreto Cura Italia (da ultimo, il Decreto Sostegni). L’INL intervenendo sul punto, chiarisce che la proroga dei contratti a termine e di somministrazione durante la fruizione della cassa integrazione con causale Covid-19 non si applica solo durante la vigenza del Decreto Cura Italia, ma vale anche per gli ammortizzatori sociali che, per effetto di provvedimenti successivi, hanno prorogato gli strumenti iniziali.

INL – nota n. 7152 del 26 aprile 2021: fruizione frazionata dei permessi brevi nel lavoro agile.

L’INL afferma che non è da escludersi a priori la possibilità di fruizione frazionata dei permessi brevi per gli smart-workers.

Con la nota, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro dà riscontro ad una richiesta di chiarimenti presentata dalla Funzione Pubblica CGIL circa la compatibilità tra lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile e la fruizione ad ore dei permessi previsti dalla Legge n. 104/1992. Al riguardo l’INL afferma che, ferma restando la difficile compatibilità della fruizione oraria con il lavoro agile, per sua definizione estraneo a vincoli di orario di lavoro, “non è da escludersi a priori tale fruibilità frazionata, ove il lavoratore ritenga sussistere, in base alle proprie valutazioni, l’incompatibilità delle esigenze personali per le quali viene fruito il permesso con la propria organizzazione del lavoro agile”.

INPS – CIRCOLARE N. 74 DEL 4 MAGGIO 2021: rapporto di lavoro a tempo parziale, disposizioni contenute nella Legge di Bilancio 2021.

Con la circolare, l’INPS recepisce le novità introdotte dall’articolo 1, comma 350, della legge di Bilancio 2021.

L’INPS conferma che i periodi di lavoro prestati in regime di part-time verticale o ciclico sono utili per intero ai fini della maturazione del diritto a pensione. In precedenza, l’INPS non consentiva di accreditare interamente le 52 settimane annue, a fronte di un contratto di lavoro di pari durata ma a tempo parziale verticale o ciclico, ritenendo che il numero delle settimane accreditabili fosse pari a quello delle settimane retribuite. Sul piano procedurale, l’Istituto precisa che per i contratti di lavoro part-time già conclusi al 31 dicembre 2020 il riconoscimento degli interi periodi è subordinato alla presentazione di apposita istanza da parte dell’interessato, corredata da documentazione probatoria.

INL – NOTA N. 804 DEL 19 MAGGIO 2021: rinnovo di contratto a termine “in deroga assistita”.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito alcuni chiarimenti in ordine all’applicazione della procedura prevista dall’art. 19, comma 3, del D. Lgs. n. 81 del 2015, a fronte delle istanze di rinnovo di contratto a termine “in deroga assistita” relative ad ipotesi di modifica del livello contrattuale.

L’INL precisa che ove il lavoratore sottoscriva più contratti a termine con lo stesso datore di lavoro caratterizzati da diversi inquadramenti (di livello e di categoria legale) ai fini del calcolo della durata massima stabilita dall’art. 19, comma 2, non si determinerà una sommatoria della durata dei singoli contratti, ma soltanto di quelli, se esistenti, legati dal medesimo inquadramento. Il comma 3 del citato art. 19, nel prevedere la possibilità delle parti di stipulare “in deroga assistita” un ulteriore contratto a tempo determinato della durata massima di 12 mesi innanzi all’Ispettorato del Lavoro, fa salvo quanto disposto al comma 2. La formulazione letterale della norma induce a ritenere, pertanto, che la particolare procedura ivi prevista si applica solo nell’ipotesi in cui tra lo stesso datore di lavoro e il medesimo lavoratore si sia “consumata” la durata massima prevista dalla legge o dalla contrattazione collettiva ex art. 19, comma 2 ed alle medesime condizioni di tale disposizione, ossia che anche l’ulteriore contratto in deroga assistita comporti lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale.

Laddove, il datore di lavoro e il lavoratore sottoscrivano ex novo un contratto a termine che prevede un inquadramento differente rispetto al precedente contratto a termine sottoscritto tra le medesime parti, non vi è la necessità di avanzare istanza di deroga assistita. Atteso che l’applicazione di tale principio potrebbe determinare il susseguirsi di un rilevante numero di contratti a termine tra gli stessi soggetti si ritiene che, laddove la successione di contratti susciti perplessità e sorgano dubbi in merito alla diversità di inquadramento del lavoratore assunto a termine, l’Ispettorato territoriale possa promuovere l’intervento ispettivo al fine di verificare in concreto se la sottoscrizione di successivi e reiterati contratti a termine tra il medesimo lavoratore e il medesimo datore di lavoro sia conforme a quanto previsto dalla legge.

NOVITA’GIURISPRUDENZIALI

Il Tribunale di Ravenna, con ordinanza del 6.05.2021, rimette nuovamente alla Corte Costituzionale la questione della legittimità dei presupposti del art. 18 dello Statuto dei Lavoratori per la reintegrazione in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Con ordinanza del 7 febbraio 2020 il Tribunale di Ravenna aveva rimesso alla Corte costituzionale la questione la questione di costituzionalità dell’art. 18 L. n. 300 del 1970, nella parte in cui prevede che il giudice “possa” e non “debba” disporre la reintegrazione in caso di manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo. La Corte, con la sentenza n. 59 del 2021, aveva accolto la questione: ora dunque, se l’insussistenza del fatto che è motivo del licenziamento è manifesta, il giudice deve reintegrare. La questione è tornata al Giudice di merito ma questi (sempre nella stessa causa) ha deciso di rimetterla alla Corte una seconda volta, denunciando nuovamente la dubbia legittimità costituzionale dello stesso comma 7 laddove richiede, per la reintegrazione, il carattere “manifesto” della insussistenza del fatto posto a fondamento del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Per il Tribunale, tale requisito crea una differenza di trattamento rispetto all’analoga patologia (insussistenza del fatto) prevista dall’art. 18 per i licenziamenti per motivi soggettivi e affida la valutazione del giudice ad un elemento indeterminato del quale è difficile  stabilire il significato; inoltre, tale previsione si tradurrebbe in un aggravamento degli oneri di prova a carico del lavoratore, in contrasto coi principi che governano la materia e il diritto di azione costituzionalmente garantito.

PROROGA DEL CONTRATTO A TERMINE.

Il Tribunale di Civitavecchia, con sentenza n. 220 del 1.04.2021, stabilisce che la proroga del contratto a termine è legittima solo ove il lavoratore abbia manifestato il proprio consenso per iscritto. L’azione di nullità del termine appartiene alla competenza del giudice del lavoro anche se il datore di lavoro si trova in amministrazione straordinari.

Il Tribunale accoglie il ricorso di una lavoratrice, accertando la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato in indeterminato, stante la prosecuzione del medesimo per oltre tre mesi dalla scadenza del termine. Il Giudice rigetta l’eccezione della società convenuta, secondo la quale, essendo la forma scritta ad substantiam prescritta dalla legge solo per l’apposizione del termine al contratto di lavoro e non anche per la proroga del medesimo, il consenso del dipendente a tale proroga possa ricavarsi anche per fatti concludenti: in assenza di conferma scritta della proroga, infatti, l’eventuale consenso per fatti concludenti del dipendente è relativo alla prosecuzione del rapporto e non già alla proroga del termine. Il Tribunale, preliminarmente alla questione detta, ha ritenuto la propria competenza come giudice del lavoro pur trovandosi la società datrice di lavoro in procedura di amministrazione straordinaria, in quanto l’azione di nullità del termine non è meramente strumentale alla pretesa di crediti, ma riguarda lo status del lavoratore e l’accertamento dell’esistenza di un rapporto a tempo indeterminato.

danno non patrimoniale alla salute.

La Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 475 del 22.03.2021, riconosce ad una ballerina della Scala vessata e ostacolata nella sua carriera, il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale alla salute.

La Corte d’Appello dichiara sussistente il diritto di una ex ballerina al risarcimento del danno non patrimoniale per lo stato depressivo in cui versava, determinato anche dalle vessazioni subite durante il periodo di lavoro. La Corte, accertato il fatto che i comportamenti tenuti dai direttori della ballerina avevano limitato lo sviluppo del suo talento, non per limiti di capacità ma effetto delle condotte aziendali, riconosce il diritto al risarcimento del danno: risarcimento che non è escluso dalla coesistenza di uno stato depressivo della lavoratrice, essendo stato provato che i comportamenti subiti erano stati almeno una concausa della malattia. Pur escludendo la sussistenza di mobbing, la Corte afferma che sia ravvisabile la responsabilità della Fondazione Teatro alla Scala ai sensi dell’art. 2087 c.c.

SUCCESSIONE DI CONTRATTI DI SOMMINISTRAZIONE A TERMINE.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 372 del 19.02.2021, afferma che in caso di successione di contratti di somministrazione a termine, è tempestiva l’impugnazione del solo ultimo recesso per l’accertamento del rapporto a tempo indeterminato, qualora vi sia unicità del rapporto di lavoro.

La Corte d’Appello conferma la pronuncia di primo grado di accoglimento del ricorso di un lavoratore per l’accertamento della costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per successione di contratti di somministrazione a termine, stante l’illegittimità di tali contratti. La Corte, rigettando l’eccezione di decadenza dall’impugnazione del termine, estende a tale tipologia contrattuale la giurisprudenza formatasi in tema di contratti di lavoro a progetto, per la quale, qualora la successione di contratti a progetto si ponga all’interno di un unico rapporto di lavoro, la decadenza di cui all’art. 32 della L. n. 183 del 2010, per l’impugnazione dei medesimi decorre non già dai singoli recessi bensì dal recesso dall’ultimo contratto.

RECESSO PER MANCATO SUPERAMENTO DELLA PROVA.

Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 13.01.2021, ritiene che il recesso per mancato superamento della prova in assenza del patto di prova scritto comporta, in regime di contratto a tutele crescenti ex D. Lgs. n. 23 del 2015, l’assimilazione del recesso a quello per motivi soggettivi e il diritto alla reintegrazione per insussistenza del fatto materiale contestato.

Il Giudice del lavoro accoglie la domanda di un lavoratore che, pur non avendo sottoscritto un patto di prova, era stato licenziato per mancato superamento della prova. Il Tribunale, ricondotta tale ragione di licenziamento tra quelle soggettive, poiché inerente alla persona del lavoratore, ritiene che la mancanza del patto di prova comporti l’inesistenza radicale del fatto posto a base del recesso. Tale circostanza è equiparabile all’insussistenza del fatto contestato per il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, dando altresì luogo a un recesso con finalità elusive della legge, con conseguente diritto alla reintegrazione del lavoratore ai sensi dell’art. 3, comma 2, del D. Lgs. n. 23 del 2015.

OBBLIGO VACCINALE PER GLI OPERATORI SANITARI.

Il Tribunale di Belluno, con ordinanza del 6.05.2021, si pronuncia sull’obbligo di vaccinazione per gli operatori sanitari, sancito dall’art. 4 del D. Lgs. n. 41 del 2021.

Due operatrici sanitarie hanno proposto reclamo avverso l’ordinanza pronunciata in data 19.3.2021 dal Tribunale di Belluno, sezione Lavoro, che aveva rigettato il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto dalle stesse, con il quale chiedevano di dichiararsi il loro diritto di scegliere liberamente se vaccinarsi o meno; senza che ciò comportasse il loro collocamento in permessi o ferie forzate, la loro sospensione dal lavoro senza retribuzione o il loro licenziamento. Il Giudice di prime cure rigettava il ricorso, valorizzando l’obbligo del datore di lavoro di tutelare la salute sul luogo di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c., ed il dettato dell’art. 2109 c.c., a mente del quale il lavoratore ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. Le reclamanti hanno chiesto la riforma dell’ordinanza, tuttavia, il reclamo è stato dichiarato inammissibile per difetto di interesse ad agire, in quanto a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 4 del D.L. n. 44 del 2021, risulta introdotto, altresì per gli operatori socio sanitari, quindi per la categoria di lavoratori a cui appartengono le reclamanti, l’obbligo vaccinale. Di conseguenza, deve ritenersi giustificata, sulla base del predetto obbligo, l’adozione, da parte del datore di lavoro, di provvedimenti volti a inibire la presenza sul luogo di lavoro, nei particolari ambiti previsti dal decreto, di lavoratori che abbiano rifiutato la vaccinazione anti Covid-19.

Le reclamanti hanno prospettato, in via subordinata, una questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 D.L. n. 44 del 1.4.2021, in relazione all’art. 32 della Costituzione, nella parte in cui prevede l’obbligo della vaccinazione per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario. La questione di legittimità costituzionale prospettata dalle reclamanti va ritenuta manifestamente infondata, dovendosi ritenere prevalente, sulla libertà di chi non intenda sottoporsi alla vaccinazione contro il Covid-19, il diritto alla salute dei soggetti fragili, che entrano in contatto con gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario in quanto bisognosi di cure e più in generale, il diritto alla salute della collettività, nell’ambito della perdurante emergenza sanitaria, derivante dalla pandemia da Covid-19.