NEWSLETTER LEGGE DI BILANCIO 2023

Legge 29 dicembre 2022, n. 197, recante ”Attuazione della direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025.”. (GU n. 303 del 29.12.2022) – Vigente dal 1.01.2023.

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la L. n. 197/2022 recante il “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025“.

Numerose le novità introdotte in materia di lavoro e di previdenza sociale, con particolare riguardo con riferimento all’ambito giuslavoristico a:

  • detassazione dei premi di produttività;
  • taglio del cuneo fiscale;
  • lavoratori dello spettacolo;
  • pensione anticipata;
  • APE sociale;
  • trattamento pensionistico anticipato a favore delle lavoratrici;
  • esoneri contributivi;
  • smart working;
  • perequazione dei trattamenti pensionistici;
  • incremento delle pensioni minime;
  • investimenti degli enti previdenziali;
  • riforma del reddito di cittadinanza;
  • semplificazione in materia di ISEE;
  • prestazioni occasionali;
  • assegno unico universale per i figli a carico;
  • congedo parentale;
  • trattamenti di integrazione salariale;
  • fondi sociali;
  • buono portuale;
  • pubblici dipendenti e personale di INL e ANPAL;

La manovra mette in campo 35 miliardi di euro suddivisi nei 21 articoli e 1.017 commi, di cui 903 concentrati nell’articolo 1.

Vediamo, in sintesi, tutte le caratteristiche delle misure introdotte in favore di lavoratori, imprese e famiglie.

Detassazione premi produttività – Riduzione dell’imposta sostitutiva applicabile ai lavoratori dipendenti (art. 1, comma 63)

La disposizione stabilisce la riduzione al 5%, in luogo del vigente 10%, dell’aliquota sostitutiva applicabile alle somme erogate nel 2023 sotto forma di premi di risultato o di partecipazione agli utili d’impresa.

Ai sensi dell’art. 1, comma 182 della L. n. 208/2015 ( Legge di stabilità 2016 ), i premi di risultato di ammontare variabile, erogati in esecuzione dei contratti collettivi aziendali e territoriali, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, sono soggetti a una imposta sostitutiva dell’ IRPEF pari al 10 per cento, entro il limite di importo complessivo di 3.000 euro lordi (4.000,00 euro se l’azienda coinvolge pariteticamente i lavoratori nella organizzazione del lavoro).

Tali disposizioni trovano applicazione nel settore privato ai soli titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore a 80.000 euro.

Considerato il mancato gettito fiscale, il costo totale dell’ulteriore detassazione è stimato in 222,3 milioni di euro nel 2023 e 6,9 milioni nel 2024.

Taglio del cuneo fiscale – Esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti (art. 1, comma 281).

La norma, modificata nel corso della discussione alla Camera, conferma per i periodi di paga dal 1.01.2023 al 31.12.2023, un esonero sulla quota di contributi previdenziali dovuti dai lavoratori dipendenti pubblici e privati, esclusi i lavoratori domestici, già previsto per il 2022.

Tale esonero è pari al 2% se la retribuzione imponibile non eccede l’importo mensile di 2.692,00 euro (RAL 35.000,00 euro) e al 3% se la medesima retribuzione non eccede l’importo mensile di 1.923,00 euro (RAL 25.000,00 euro, in luogo dei 1.538,00 euro originariamente previsti prima della discussione alla Camera.

In entrambi i casi la retribuzione imponibile è parametrata su base mensile per tredici mensilità, e i limiti di importo mensile sono maggiorati del rateo di tredicesima per la competenza del mese di dicembre (per la corretta individuazione dell’imponibile cfr. Circolare INPS n. 43 del 22.03.2022 e Messaggio INPS n. 3499 del 26.09.2022).

Gli oneri di finanza pubblica sono stimati in 3.899 milioni di euro per il 2023 e in 869 milioni di euro per il 2024.

Indennità di discontinuità per i lavoratori dello spettacolo (art. 1, comma 282).

Il nuovo comma introdotto dalla Camera stanzia delle risorse per il triennio 2023 – 2025 pari a 60 milioni di euro per la prima annualità, 6 per la seconda e 8 per la terza, per il finanziamento di un’indennità di discontinuità a favore dei lavoratori dello spettacolo.

Quota 103 – Disposizioni in materia di pensione anticipata (art. 1 commi 283 – 285).

In via sperimentale per il 2023 la Legge di Bilancio introduce un’ulteriore fattispecie di pensionamento anticipato al raggiungimento di un’età anagrafica di 62 anni di età e un’anzianità contributiva di almeno 41 anni (c.d. quota 103).

Possono accedervi i lavoratori dipendenti, sia pubblici che privati, e i lavoratori autonomi e parasubordinati se iscritti alle gestioni previdenziali INPS.

E’ escluso dal canale di accesso anticipato il personale militare, quello delle forze dell’ordine e del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco.

Il trattamento è riconosciuto per un valore lordo mensile massimo non superiore a cinque volte il trattamento minimo (2.818,70 euro).

Il massimale così definito trova applicazione sino al raggiungimento dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia.

Raggiunti i requisiti per il pensionamento anticipato con quota 103, il trattamento decorre trascorsi tre mesi dalla maturazione dei requisiti.

Per i dipendenti pubblici la richiesta di collocamento a riposo deve giungere con un preavviso minimo di 6 mesi.

Regole specifiche sono previste per i lavoratori del comparto scuola che dovranno presentare domanda entro il 28 febbraio per ricevere il primo accredito dall’inizio del nuovo anno scolastico/accademico.

Ai fini del conseguimento del requisito contributivo, i periodi assicurativi maturati nelle diverse gestioni pensionistiche sono cumulabili gratuitamente (cfr. Circolare INPS n. 11 del 29.01.2019

), a condizione che i periodi non siano tra loro coincidenti o che il soggetto non sia già titolare di altro trattamento pensionistico diretto.

Per quanto concerne il cumulo con redditi di lavoro dipendente, il trattamento liquidato con quota 103 non è cumulabile con redditi da lavoro dipendente o autonomo sino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, ad eccezione di quelli da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5.000 euro lordi annui, limite che corrisponde alla soglia di esclusione dalla contribuzione pensionistica.

Incentivo alla prosecuzione dell’attività lavorativa (art. 1, commi 286 – 287).

Per il lavoratore dipendente, pubblico e privato, che abbia raggiunto, o raggiunga entro il 31.12.2023, i requisiti per il trattamento pensionistico anticipato quota 103 è riconosciuta la facoltà di richiedere al datore di lavoro la corresponsione in busta paga dell’importo di contribuzione a proprio carico, con conseguente esclusione del versamento della quota contributiva.

Entro trenta giorni dall’approvazione della Legge di bilancio è prevista l’adozione da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di un decreto per la definizione delle modalità attuative della norma.

Proroga APE Sociale (art. 1, commi 288 – 291).

La Legge di bilancio proroga l’applicazione sperimentale dell’istituto a tutto il 2023.

Possono accedere all’ APE Sociale i soggetti con un’età anagrafica minima di 63 anni, che non siano già titolari di pensione diretta.

L’indennità di Ape Sociale è concessa fino al raggiungimento dei requisiti della pensione di vecchiaia o anticipata a lavoratori che svolgono mansioni gravose, invalidi civili al 74%, lavoratori dipendenti in stato di disoccupazione che abbiano esaurito il trattamento di NASpI (o equivalente) e caregivers.

Opzione donna (art. 1, commi 292).

La norma estende la possibilità di accedere al trattamento pensionistico anticipato a favore delle lavoratrici che abbiano maturato entro il 31.12.2022 un’anzianità contributiva pari almeno a 35 anni, con età anagrafica di almeno 60 anni (ridotta di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di 2 anni) e siano in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti:

Quanto al regime delle decorrenze, viene confermato quanto previsto nella previgente normativa con il conseguimento al diritto al trattamento pensionistico trascorsi diciotto mesi dalla maturazione dei requisiti perle lavoratrici autonome e dodici per le lavoratrici dipendenti.

Regole specifiche sono invece previste per le lavoratrici del comparto scuola che, in una fase di prima applicazione, dovranno presentare domanda di collocamento a riposo entro il 28.02.2023, per vedersi erogato il primo assegno dalla data di inizio del nuovo anno scolastico o accademico.

Esoneri contributivi per l’assunzione di beneficiari di reddito di cittadinanza (art. 1 comma 294).

Ai datori di lavoro privati che nel 2023 assumono con contratto di lavoro a tempo indeterminato beneficiari del reddito di cittadinanza è riconosciuto l’esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali a loro carico con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Inail, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

Tale esonero è subordinato all’autorizzazione della Commissione europea ed è riconosciuto anche per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato.

L’incentivo è riconosciuto per un periodo massimo di dodici mesi e nel limite massimo di importo pari a 8.000 euro su base annua (importo così modificato dalla Camera, in luogo dei 6.000 euro originariamente previsti dal DDL di legge in esame), riparametrato e applicato su base mensile. L’esonero in commento si pone in alternativa all’ulteriore esonero dal versamento della contribuzione a carico del lavoratore e del datore di lavoro, previsto dall’articolo 8 del D.L. n. 4/2019, nel limite dell’importo mensile del reddito di cittadinanza percepito dal lavoratore e, comunque, non superiore a 780 euro mensili.

Esonero contributivo per assunzioni di giovani al di sotto di 36 anni (art. 1, commi 297).

La norma estende alle nuove assunzioni a tempo indeterminato di soggetti che non hanno compiuto il 36° anno di età l’esonero contributivo totale già previsto dall’articolo 1, comma 10, della L. n. 178/2020:

L’esonero totale dal versamento dei contributi non si applica:

Esonero contributivo per promuovere l’occupazione femminile (art. 1 comma 289).

La Legge di bilancio estende alle nuove assunzioni di donne lavoratrici svantaggiate, effettuate nel corso del 2023, l’esonero contributivo totale già previsto per le assunzioni delle medesime donne effettuate nel biennio 2021- 2022 dall’articolo 1, comma 16, della L. n. 178/2020 per le medesime assunzioni effettuate nel biennio 2021-2022.

Subordinato all’autorizzazione della Commissione europea, è riconosciuto nella misura del 100% dei contributi previdenziali dovuti dal datore di lavoro e nel limite massimo di importo pari a 8.000 euro su base annua, per la durata di dodici mesi in caso di contratto a tempo determinato e di 18 mesi in caso di assunzioni o trasformazioni a tempo indeterminato.

L’assunzione deve riguardare donne che si trovano in una delle seguenti condizioni:

Smart working proroga lavoratori fragili (art. 1, commi 306).

Per il primo trimestre del 2023 è prorogato per i dipendenti, sia pubblici che privati, che versano in condizioni di fragilità accertate secondo i criteri del D.M. 4 febbraio 2022, il diritto a rendere la propria prestazione lavorativa in modalità agile.

I datori di lavoro saranno pertanto tenuti nell’arco dei primi tre mesi del 2023 ad assicurare lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definita dai contratti collettivi applicati, senza alcuna decurtazione dello stipendio.

Resta ferma l’applicazione delle disposizioni di maggior favore eventualmente previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro.

Disposizioni in materia di perequazione dei trattamenti pensionistici (art. 1, comma 309).

In base alla disciplina generale, gli incrementi a titolo di perequazione automatica dei trattamenti pensionistici– ivi compresi i trattamenti di natura assistenziale – si basano sulla variazione dell’indice del costo della vita e decorrono dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento.

Nel 2022 la variazione misurata in termini percentuali si attesta al 7,3%.

Per gli anni 2023 – 2024 viene introdotta una disciplina speciale che prevede in via transitoria termini più restrittivi per i soggetti che percepiscono trattamenti superiori a quattro volte il trattamento minimo (525,38 euro).

E’ previsto infatti che:

La revisione assicura una minore spesa pensionistica di circa 2,1 miliardi nel 2023, che arriveranno a circa 4,1miliardi nel 2024.

Incremento transitorio delle pensioni minime (art. 1, comma 310).

Al fine di contrastare gli effetti negativi dell’inflazione, è previsto in via eccezionale dal 1° gennaio un incremento di 1,5 punti percentuali per l’anno 2023, elevati a 6,4 punti percentuali per i soggetti di età pari o superiore a settantacinque anni, e di 2,7 punti percentuali per l’anno 2024, delle pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo INPS.

L’incremento si traduce in aumento dell’assegno delle pensioni minime che passa a 600,00 euro per i pensionati da75 anni in su e da 525,38 euro a 571,6 euro per i pensionati al di sotto della soglia.

L’incremento non rileva ai fini del superamento dei limiti reddituali previsti per il riconoscimento di tutte le prestazioni collegate al reddito.

Ai fini della rivalutazione delle pensioni per gli anni 2023 e 2024, il trattamento pensionistico complessivo di riferimento è da considerare al netto dell’incremento transitorio.

Disposizioni relative agli investimenti degli enti previdenziali (Art. 1, comma 311).

Il comma apporta modifiche alla L. n. 111/2011 che ad oggi demanda ad un decreto ministeriale mai adottato la definizione di disposizioni in materia di investimenti delle risorse finanziarie degli enti digestione delle forme di previdenza obbligatorie.

Nello specifico la nuova norma stabilisce un nuovo termine ordinatorio al 30.06.2023 per l’emanazione del decreto.

Entro questa data il Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, sentita la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione, dovrà adottare il decreto secondo la nuova procedura.

I singoli enti previdenziali avranno ulteriori sei mesi, dall’emanazione del decreto,

per adottare regolamenti attuativi interni che prevedano un adeguata informazione nei confronti degli iscritti in merito alla gestione del rischio e la governance degli investimenti, nonché la regolazione del conflitto di interessi e della banca depositaria.

Riforma del reddito di cittadinanza (art. 1, comma 313).

Nelle more di una più ampia riforma delle misure di sostegno alla povertà e inclusione lavorativa, la Legge di bilancio prevede alcune modifiche alla disciplina del reddito di cittadinanza, in vista della sua soppressione dal 1.01.2024.

Le economie così realizzate confluiranno nel “Fondo per il sostegno alla povertà e all’inclusione attiva “istituito nello stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Dal 1.01.2023 è previsto che il reddito di cittadinanza sia riconosciuto per un massimo di sette mensilità, a fronte dei diciotto mesi attuali.

La riduzione non si applica ai nuclei familiari al cui interno siano presenti componenti con disabilità, minorenni o persone con almeno sessant’anni di età.

Sempre dal 1° gennaio, per i beneficiari tenuti all’adesione ad un percorso di accompagnamento all’inserimento lavorativo, è disposto l’obbligo di frequentare corsi di formazione e/o riqualificazione professionale di durata semestrale, pena la decadenza dal beneficio per l’intero nucleo.

Sulla stessa direttiva si pone l’intervento che condiziona l’erogazione del reddito ai beneficiari di età compresa tra i 18 e i 29 anni all’adempimento dell’obbligo scolastico.

Viene meno il concetto di “offerta congrua “definito sulla base di criteri che tengono conto della coerenza con le esperienze e le competenze maturate dall’utente, della distanza della sede di lavoro dalla propria abitazione e di altri parametri retributivi e contrattuali.

Con questa modifica viene rivisto poi il regime della decadenza dalla prestazione.

Attualmente la decadenza interviene se non viene accettata la seconda offerta congrua nei primi diciotto mesi di fruizione o la prima dopo il rinnovo del beneficio.

Con le nuove regole la decadenza dalla misura di sostegno è prevista già dalla prima offerta di lavoro senza parametri di congruità.

Altre modifiche prevedono che la componente di reddito pari all’ammontare del canone annuo previsto nel contratto di locazione, corrisposta ad integrazione del reddito dei nuclei familiari, sia erogata direttamente al locatore fino ad un massimo di 3.360 € annui.

E’ inoltre previsto che i redditi da lavoro stagionale o intermittente non concorrano alla determinazione del beneficio economico entro il limite massimo di 3.000 euro lordi.

La norma infine dispone che i comuni debbano impiegare tutti, e non più almeno un terzo dei beneficiari, nell’ambito dei progetti di utilità collettiva.

Misure di semplificazione in materia di ISEE (Art. 1, comma 323).

La Legge di bilancio prevede un intervento legislativo volto a favorire la presentazione della DSU in modalità precompilata.

A tal fine è previsto che fino al 31.12.2022 permanga la possibilità di presentare la DSU nella modalità non precompilata, ma che, a decorrere dal 1.07.2023, la presentazione della DSU avvenga prioritariamente in modalità precompilata.

Ad un successivo decreto è demandata l’individuazione delle ulteriori semplificazioni e le modalità operative per consentire al cittadino la gestione della dichiarazione precompilata resa disponibile in via telematica dall’INPS.

L’erogazione di molti servizi e prestazioni sociali è effettuata in base alla situazione economica del nucleo familiare del richiedente ponderata attraverso l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), calcolato sulla base della Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) caratterizzata, nella versione precompilata, dalla coesistenza di dati autodichiarati da parte del cittadino con dati forniti direttamente dall’Agenzia delle Entrate e dall’ INPS.

Modifiche alla disciplina delle prestazioni occasionali (art. 1, commi 342 – 354).

Le modifiche apportate alla disciplina delle prestazioni occasionali sono volte a consentire un più ampio ricorso all’istituto.

Viene aumentato da 5.000 a 10.000 euro il limite massimo di compensi che, nel corso di un anno, possono essere corrisposti da ciascun utilizzatore in riferimento alla totalità dei prestatori.

Resta, invece, fermo a 5.000 euro il compenso massimo annuale che può essere percepito da ciascun prestatore.

La platea dei datori di lavoro che possono acquisire le prestazioni di lavoro occasionale viene ampliata.

In base alla nuova previsione, non è ammesso il ricorso al contratto di prestazione lavoro occasionale ai datori di lavoro che hanno alle proprie dipendenze più di 10 (invece che più 5, come previsto dalla disciplina previgente) lavoratori subordinati a tempo indeterminato.

La disciplina è, altresì, estesa alle attività lavorative di natura occasionale svolte nell’ambito delle attività di discoteche, sale da ballo, night-club.

Per il settore agricolo è prevista l’introduzione di una disciplina sperimentale, valida per il biennio 2023-2024, che consente il ricorso alle prestazioni occasionali da parte delle imprese agricole per un massimo di 45 giornate lavorative per ciascun lavoratore.

Tale disciplina prevede che le prestazioni di lavoro occasionale possono riguardare solo specifiche categorie di lavoratori:

Prevista inoltre una durata massima di 12 mesi, con limite di 45 giorni di effettivo lavoro, e la trasformazione del rapporto di lavoro occasionale in contratto a tempo indeterminato come sanzione per il superamento del limite dei 45 giorni.

Prima dell’instaurazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad acquisire un’autocertificazione resa dal lavoratore in ordine alla propria condizione ed è poi obbligato a darne comunicazione al competente Centro per l’impiego.

Le violazioni degli obblighi di comunicazione, o l’utilizzo di soggetti diversi da quelli che possono erogare le prestazioni occasionali, comportano l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 2.500 euro per ogni giornata per cui risulta accertata la violazione, salvo che la violazione da parte dell’impresa agricola non derivi dalle informazioni incomplete o non veritiere contenute nell’autocertificazione resa dal lavoratore.

L’instaurazione del rapporto di lavoro agricolo occasionale a tempo determinato resta preclusa ai datori di lavoro agricoli che non rispettano i contratti collettivi nazionali e provinciali di lavoro stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

L’iscrizione dei lavoratori che erogano prestazioni occasionali di lavoro agricolo nel libro unico del lavoro può avvenire in un’unica soluzione, tenuto conto della scadenza del rapporto di lavoro, fermo restando che i compensi dovuti possono essere erogati anche anticipatamente, su base settimanale, quindicinale o mensile.

In ogni caso il compenso erogato per prestazioni di lavoro occasionale in agricoltura è esente da qualsiasi imposizione fiscale, non incide sullo stato di disoccupazione ed è cumulabile con qualsiasi tipologia di trattamento pensionistico.

Assegno unico universale per i figli a carico (art. 1 commi 357 e 358).

Con decorrenza dal 1.01.2023, la Legge di bilancio revisiona i criteri di calcolo degli importi dell’assegno unico universale per supportare maggiormente le famiglie numerose e i nuclei familiari che accolgono al proprio interno figli disabili.

Nello specifico:

Congedo parentale (art. 1, comma 359).

Il comma 359 apporta modifiche alle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità per quanto concerne il congedo parentale.

Con la novella viene riconosciuto un ulteriore mese di congedo da utilizzare entro il sesto anno di vita del bambino riconosciuto in alternativa, anche per frazioni di periodo, alla madre o al padre. Viene inoltre innalzata dal 30 all’80% l’indennità corrisposta durante l’astensione.

La disposizione si applica con riferimento ai lavoratori che terminano il periodo di congedo di maternità o di paternità successivamente al 31.12.2022.

Risorse finanziarie per trattamenti di integrazione salariale (art. 1, commi 325 – 329).

Sono stanziati 70 milioni di euro a favore dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria e di mobilità in deroga in favore dei lavoratori delle imprese operanti in aree di crisi industriale (comma 325).

Per le misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti delle imprese del settore dei call center in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa vengono destinati 10 milioni (comma 327).

Spettano invece 19 milioni di euro all’integrazione economica del trattamento di integrazione salariale straordinaria in favore dei lavoratori dipendenti dalle imprese del Gruppo Ilva (comma 328) e 50 milioni di euro per il trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale delle imprese che cessano l’attività produttiva (comma 329).

Fondo per la sperimentazione del reddito alimentare (art. 1, comma 434).

Nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito il “Fondo per la sperimentazione del reddito alimentare”, con la dotazione di 1,5 milioni di euro per l’anno 2023 e di 2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024.

Il Fondo è destinato a finanziare, nelle città metropolitane, la sperimentazione del reddito alimentare, quale misura per contrastare lo spreco e la povertà alimentare, mediante l’erogazione, a soggetti in condizioni di povertà assoluta, di pacchi alimentari realizzati con l’invenduto della distribuzione alimentare, da prenotare mediante una applicazione e ritirare presso un centro di distribuzione ovvero ricevere presso il proprio domicilio nel caso di soggetti appartenenti a categorie fragili.

Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità attuative del trattamento, la platea dei beneficiari, nonché le forme di coinvolgimento degli enti del Terzo settore.

Fondo per le periferie inclusive (art. 1, comma 362).

Al fine di favorire e promuovere l’inclusione sociale delle persone con disabilità, contrastando, al contempo, i fenomeni di marginalizzazione nelle aree periferiche urbane delle grandi città, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo denominato “Fondo per le periferie inclusive“.

I criteri di gestione saranno previsti con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell’Autorità politica delegata in materia di disabilità, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Fondo per accrescere il livello professionale nel turismo (art. 1, comma 603).

Nello stato di previsione del Ministero del Turismo è istituito il “Fondo per accrescere il livello professionale nel turismo”, al fine di favorire il miglioramento della competitività dei lavoratori del comparto del turismo, nonché di agevolare l’inserimento di alti professionisti del settore nel mercato del lavoro.

Il Fondo avrà una dotazione pari a 5 milioni di euro per l’anno 2023 e a 8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025.

Fondo per l’incentivazione alla qualificazione del lavoro portuale (art. 1, comma 471).

Nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è istituito il “Fondo per l’incentivazione alla qualificazione del lavoro portuale”, con una dotazione di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026, destinato alla concessione, per il periodo dal 1.01.2023 al 31.12.2026, di un contributo, denominato “buono portuale”, pari all’80% della spesa sostenuta, per le imprese titolari di autorizzazione o di concessione, finalizzato inter alia ad incentivare modelli di formazione funzionali alla riqualificazione dei lavoratori e al mantenimento dei livelli occupazionali rispetto all’avvio di processi di automazione e digitalizzazione.

Con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro del lavoro e politiche sociali, sentite le parti sociali maggiormente rappresentative, sono stabiliti termini e modalità di presentazione delle domande per la concessione del beneficio e della sua erogazione.

Una tantum per i pubblici dipendenti. (art. 1, comma 330).

Nel solo anno 2023, sarà erogato un emolumento accessorio una tantum, da corrispondere per tredici mensilità, nella misura dell’1,5 per cento dello stipendio con effetti ai soli fini del trattamento di quiescenza.

NEWSLETTER N. 1/2023 Novità normative e giurisprudenziali

NOVITÀ NORMATIVE

Governo: approvato il decreto Milleproroghe.
Nella seduta n. 11 del 21.12.2022, il Governo ha approvato il cd. decreto Milleproroghe, che introduce disposizioni urgenti in materia di termini legislativi.
Queste le novità in materia di lavoro.
Contratto di espansione:
• proroga per il biennio 2024-2025;
• per gli accordi stipulati dal 1.01.2023, si amplia la platea delle imprese ammesse al contratto di espansione e si riduce da 1.000 a 500 la soglia occupazionale necessaria la maggior riduzione dei versamenti a carico del datore in caso di incremento delle assunzioni;
• qualora il datore di lavoro effettui almeno una assunzione per ogni tre lavoratori che abbiano prestato il consenso alla stipula del contratto di espansione, la riduzione dei versamenti a carico del datore di lavoro, opererà per ulteriori dodici mesi. Nel caso in cui almeno il 50% dei lavoratori così assunti non abbia compiuto il 35°anno di età, l’ulteriore riduzione opererà per ulteriori 24 mesi.
Ammortizzatori sociali:
• proroga, per gli anni 2024 e 2025, della riduzione oraria e dell’integrazione salariale per determinate categorie di lavoratori, anche in favore delle aziende che occupano oltre 50 dipendenti, per un periodo non superiore a 18 mesi, anche non continuativi;
• proroga, al 31.12.2023, della sospensione dei termini di prescrizione degli obblighi contributivi riferiti alle gestioni previdenziali dei pubblici dipendenti;
• proroga, al 31.12.2023, del termine entro il quale le pubbliche amministrazioni che abbiano instaurato rapporti di co.co.co sono tenute a versare i contributi per la gestione separata;
• proroga, al 31.12.2023, della competenza attribuita in via esclusiva ai consulenti del lavoro e alle associazioni datoriali comparativamente più rappresentative per quel che riguarda la verifica dei requisiti concernenti l’osservanza delle prescrizioni del contratto collettivo di lavoro e la congruità del numero delle richieste di ingresso di cittadini non comunitari;
• proroga, al 31.12.2023, entro un limite di spesa, del termine di presentazione delle domande di cassa integrazione guadagni straordinaria per le aziende rientranti nel campo di applicazione del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale e relativo ai periodi di CIGS concessi per l’anno 2022.
Autorizzazione all’assunzione nelle pubbliche amministrazioni, con particolare riguardo:
• al comparto sicurezza-difesa;
• al Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
• al Ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare;
• al Ministero dell’economia e delle finanze;
• al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica;
• alle agenzie, incluse le agenzie fiscali e l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo;
• agli enti pubblici.
Agenzia italiana del farmaco
• possibilità di prorogare, al 31.12.2023, il rinnovo dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa e i contratti di prestazione di lavoro flessibile in scadenza, fermi restando gli effetti delle proroghe eventualmente già intervenute per le medesime finalità. Per tali rinnovi è previsto uno stanziamento di risorse per le quali viene indicata la copertura finanziaria.
Scuole/Università
• proroga, per l’anno scolastico 2023/2024, della possibilità di conferire incarichi temporanei nelle scuole dell’infanzia paritarie attingendo anche alle graduatorie degli educatori dei servizi educativi per l’infanzia in possesso di titolo idoneo;
• proroga, per l’anno accademico 2023-2024, della validità delle graduatorie nazionali utili per il conferimento di incarichi di docenza a tempo indeterminato e determinato nel comparto AFAM. Inoltre, si rinvia all’anno accademico 2023/2024 l’entrata in vigore del regolamento per il reclutamento del personale docente e amministrativo del comparto.
Enti sportivi professionistici e dilettantistici
• differita al 1° luglio 2023 l’applicazione delle norme relative al riordino e alla riforma in materia.

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Interpello n. 3 del 20 dicembre 2022 “Interpello ai sensi dell’articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni, in merito alla “nomina RSPP”. Seduta della Commissione del 15 dicembre 2022.”.
La Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza del Ministero del Lavoro ha pubblicato l’interpello n. 3 del 20.12.2022, con il quale ha fornito, alla Segreteria DICCAP (Dipartimento autonomie locali e polizie locali) e SULPL, alcuni chiarimenti in merito al seguente quesito: “un datore di lavoro può nominare più di un responsabile del servizio prevenzione e protezione?”.
La risposta del Ministero del Lavoro:
“Al riguardo, premesso che:
• l’articolo 2, del decreto legislativo 81 del 9 aprile 2008, rubricato “Definizioni”, al comma 1, lettera f) definisce il “responsabile del servizio di prevenzione e protezione” come: “persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi” e alla successiva lettera l) definisce il “servizio di prevenzione e protezione dai rischi” come “insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori”;
• il medesimo articolo 2, del decreto legislativo 81 del 9 aprile 2008, al comma 1, lettera t), definisce l’“unità produttiva” come “stabilimento o struttura finalizzati alla produzione di beni o all’erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale”;
• l’articolo 17 del decreto legislativo 81 del 9 aprile 2008 rubricato “Obblighi del datore di lavoro non delegabili” al comma 1 dispone che: “Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività: a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28; b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi”;
• l’articolo 31 del decreto legislativo 81 del 9 aprile 2008, rubricato “Servizio di prevenzione e protezione”, al comma 1, stabilisce che: “Salvo quanto previsto dall’articolo 34, il datore di lavoro organizza il servizio di prevenzione e protezione prioritariamente all’interno della azienda o della unità produttiva, o incarica persone o servizi esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici, secondo le regole di cui al presente articolo”;
• il medesimo articolo 31 del decreto legislativo 81 del 9 aprile 2008, al comma 8, prevede che “Nei casi di aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l’istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile”.
La Commissione ritiene che la citata normativa preveda la designazione per ogni azienda o unità produttiva di un responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi e che il Servizio di prevenzione e protezione si intenda costituito quando sono stati nominati il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (RSPP) e gli eventuali addetti (ASPP).
Nel caso di aziende con più unità produttive (come definite dall’art. 2, comma 1, lettera t), del D.Lgs. n. 81/2008), nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione.
I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l’istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile.

Ispettorato Nazionale del Lavoro, nota n. 2414 del 6 dicembre 2022 “Attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio” – sistema sanzionatorio.
Con la nota n. 2414/2022 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro fornisce alcuni chiarimenti in merito alla corretta applicazione ed ai profili di carattere sanzionatorio della disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 105/2022 la quale, recependo la direttiva UE 2019/1158, ha modificato il D.Lgs. n. 151/2001 e la L. n. 104/1992, introducendo misure dirette a realizzare un migliore contemperamento tra l’attività lavorativa e professionale e la vita familiare dei genitori e dei prestatori di assistenza (c.d. caregiver familiari), nonché una più equa condivisione tra uomini e donne delle responsabilità di cura e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare.
Ai casi di rifiuto, opposizione od ostacolo all’esercizio dei diritti di assenza dal lavoro – fra i quali l’INL segnala anzitutto il congedo di paternità obbligatorio, riconosciuto al padre lavoratore dipendente per un periodo di 10 giorni lavorativi (20 in caso di parto plurimo), previsto dal nuovo art. 27-bis del D.Lgs n. 151/2001 – si applica la nuova sanzione amministrativa da 516 a 2.582 euro, oltre al possibile impedimento al datore di lavoro del conseguimento delle certificazioni per la parità di genere.
Secondo l’Ispettorato non può ritenersi di ostacolo la richiesta datoriale di fruire del congedo in tempi compatibili con il preavviso di cinque giorni stabilito dal legislatore, salvo l’eventuale parto anticipato.
Spetta anche un congedo di paternità alternativo alla madre nelle situazioni particolarmente gravi e il rifiuto, l’opposizione o l’ostacolo da parte del datore è punito con la sanzione penale dell’arresto fino a sei mesi.
Viene esteso il divieto di licenziamento ai papà fino al compimento di un anno di età del bambino, pena la nullità del licenziamento e la sanzione amministrativa da 1.032 a 2.582 euro.
Scatta inoltre la sanzione amministrativa da 516 a 2.582 euro nei casi di inosservanza dei riposi giornalieri per madre e padre (compresi i parti plurimi), nonché dei riposi per figli portatori di handicap.

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, decreto 20 ottobre 2022
Esonero contributivo riconosciuto ai datori di lavoro privati con certificazione sulla parità di genere.
Con la pubblicazione il 29.11.2022 sul sito istituzionale del Ministero del Lavoro è stato emanato il decreto 20.10.2022, che definisce criteri e modalità di concessione dell’esonero contributivo in favore delle aziende private che abbiano conseguito la certificazione di parità di genere di cui all’art. 46 bis, D.Lgs n. 198/2006, come modificato dall’art. 4 della L. n. 162/2021.
La L. n. 162/2021, contenente importanti disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo, ha previsto a decorrere dall’anno 2022 un esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali per i datori di lavoro del settore privato che conseguano la certificazione della parità di genere, quale attestazione del loro concreto impegno per la riduzione delle disparità di genere.
L’esonero è pari all’1 per cento nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda, riparametrato e applicato su base mensile. Il beneficio è fruito dai datori di lavoro in riduzione dei contributi previdenziali a loro carico in relazione alle mensilità di validità della certificazione della parità di genere, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

NOVITÀ GIURISPRUDENZIALI

Corte Europea dei diritti dell’uomo, Sez. IV, 15 dicembre 2022, n. 26968/16
Licenziato perché il GPS svela l’uso dell’auto aziendale per fini privati: CEDU non violata
La sentenza giudica legittimo il licenziamento di un dipendente per dati ottenuti con GPS sull’auto aziendale ed analizza tipo e livello di sorveglianza accettabile da parte di un datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti, nonché la questione della necessità di preservare la privacy individuale in un contesto professionale: il caso in esame si differenzia dai casi già esaminati dalla Corte europea per i diritti dell’Uomo in merito al rispetto della privacy nell’ambito dei rapporti di lavoro, in quanto le informazioni in questione non erano immagini, messaggi elettronici o file informatici, ma dati di geolocalizzazione.
La Corte europea dei diritti dell’Uomo, con la recente sentenza del 13 dicembre 2022, ha dichiarato legittimo il licenziamento irrogato ad un dipendente che, scoperto attraverso i movimenti del GPS dell’auto aziendale, tentava di eludere il proprio onere di rimborso spese.
Il protagonista della vicenda è un lavoratore assunto come rappresentante presso un’azienda farmaceutica. In ragione della mobilità associata al lavoro svolto, l’azienda aveva assegnato un’auto aziendale, consentendo l’uso del veicolo per viaggi privati e al di fuori dell’orario di lavoro, chiedendo solo un rimborso per il carburante impiegato per uso personale. A distanza di qualche tempo, l’azienda aveva installato un sistema di posizionamento globale via satellite (GPS) nelle auto aziendali dei propri lavoratori. A seguito di un controllo dei dati raccolti dal GPS installato sul veicolo del lavoratore, la società aveva avviato un procedimento disciplinare nei suoi confronti per aver aumentato il numero di chilometri percorsi per motivi di lavoro al fine di diluire i chilometri percorsi nell’ambito di viaggi privati nei fine settimana o nei giorni festivi, per non doverli rimborsare. Al termine del procedimento disciplinare, la società ha comunicato al dipendente che i fatti attribuiti erano stati ritenuti accertati e, di conseguenza, ne ha disposto il licenziamento.
Secondo la CGUE lo scopo dell’articolo 8 CEDU è essenzialmente quello di proteggere l’individuo da interferenze arbitrarie da parte delle autorità pubbliche, ma esso non si limita a richiedere allo Stato di astenersi da tali interferenze: oltre a questo obbligo negativo, possono esistere obblighi positivi inerenti al rispetto effettivo della vita privata o familiare.
Tali obblighi possono richiedere l’adozione di misure volte al rispetto della vita privata anche nelle relazioni tra individui. La responsabilità dello Stato può quindi essere chiamata in causa se gli atti in questione derivano dall’incapacità di garantire agli interessati il godimento dei diritti sanciti dall’articolo 8 della Convenzione. La Corte ha già affermato che, in determinate circostanze, il rispetto degli obblighi positivi imposti dall’articolo 8 richiede che lo Stato adotti un quadro legislativo che protegga il diritto in questione. Per la sorveglianza dei lavoratori sul posto di lavoro, gli Stati possono scegliere se adottare o meno una legislazione specifica.
Tuttavia, spetta ai tribunali nazionali garantire che l’introduzione da parte di un datore di lavoro di misure di sorveglianza che incidono sul diritto alla vita privata sia proporzionata e accompagnata da garanzie adeguate e sufficienti contro gli abusi.
Il giudice portoghese ha bilanciato il diritto del ricorrente al rispetto della sua vita privata con il diritto del suo datore di lavoro di garantire il corretto funzionamento dell’azienda, tenendo conto dello scopo legittimo perseguito dall’azienda, ossia il diritto di controllare le spese.
Il margine di apprezzamento a disposizione dello Stato in questo caso non è stato quindi superato. La Corte conclude che le autorità nazionali non sono venute meno all’obbligo positivo di tutelare il diritto del ricorrente al rispetto della sua vita privata.
I giudici nazionali devono prendere in considerazione i seguenti fattori nel bilanciare i vari interessi in gioco:
(i) Il lavoratore è stato informato della possibilità che il datore di lavoro adotti misure di sorveglianza e dell’introduzione di tali misure? Anche se in pratica questo può essere comunicato al personale in vari modi, a seconda delle circostanze di fatto di ciascun caso, l’avvertimento dovrebbe in linea di principio essere chiaro riguardo alla natura della sorveglianza e dovrebbe essere dato prima della sua attuazione.
ii) Qual è stata la portata della sorveglianza del datore di lavoro e il grado di intrusione nella vita privata del dipendente? A questo proposito, occorre tenere conto della privacy del luogo in cui avviene la sorveglianza, dei limiti spaziali e temporali della sorveglianza e del numero di persone che hanno accesso ai risultati della sorveglianza.
iii) Il datore di lavoro ha giustificato l’uso della sorveglianza e la portata della stessa per motivi legittimi? A questo proposito, quanto più intrusiva è la sorveglianza, tanto più seria è la giustificazione richiesta.
iv) Era possibile istituire un sistema di sorveglianza basato su mezzi e misure meno intrusivi? A questo proposito, occorre valutare, alla luce delle circostanze particolari di ciascun caso, se l’obiettivo legittimo perseguito dal datore di lavoro potrebbe essere raggiunto con una minore ingerenza nella vita privata del dipendente.
v) Quali sono state le conseguenze della sorveglianza per il dipendente che vi è stato sottoposto? In particolare, occorre esaminare come il datore di lavoro abbia utilizzato i risultati della misura di sorveglianza e se questi siano serviti allo scopo dichiarato della misura.
vi) Sono state fornite adeguate garanzie al dipendente, soprattutto quando le misure di sorveglianza del datore di lavoro erano intrusive? Tali garanzie possono essere attuate, tra l’altro, informando i dipendenti interessati o i rappresentanti del personale sull’introduzione e sull’estensione della sorveglianza, segnalando l’adozione di tale misura ad un organismo indipendente, o con la possibilità di presentare un reclamo.
Per quanto riguarda il controllo delle azioni di un individuo per mezzo di apparecchiature fotografiche o video, le istituzioni della Convenzione hanno ritenuto che la sorveglianza dei movimenti di una persona in un luogo pubblico per mezzo di un dispositivo fotografico che non memorizza dati visivi non costituisce di per sé una forma di interferenza con la vita privata.
Nel determinare l’applicazione dell’articolo 8, la Corte considera rilevante anche la questione se l’individuo in questione sia stato preso di mira dalla misura di sorveglianza o se i dati personali sono stati trattati, utilizzati o resi pubblici in un modo o in una misura superiore a quanto gli interessati potevano ragionevolmente aspettarsi.
Nel caso di specie, i dati raccolti tramite il sistema di geolocalizzazione installato nell’auto aziendale del ricorrente sono stati registrati e trattati al fine di ottenere informazioni aggiuntive, quali la durata di utilizzo del veicolo, i chilometri percorsi, l’ora in cui il veicolo è stato avviato e fermato e la velocità di marcia.
La Corte osserva che i dipendenti non erano autorizzati a disattivare questo sistema e che era attivo 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, come riconosce il Governo.
Era quindi permanente e sistematica e consentiva di ottenere dati di geolocalizzazione sia durante che al di fuori dell’orario di lavoro del ricorrente, violando così innegabilmente la sua vita privata; inoltre, le informazioni di geolocalizzazione relative ai chilometri percorsi hanno costituito la base per il licenziamento del ricorrente, poiché questa misura ha innegabilmente avuto un grave impatto sulla sua vita privata.

Corte di Giustizia UE, sentenza 17 novembre 2022, in causa n. C-304/21.
Discriminatorio il limite massimo di età di 30 anni per diventare commissario di polizia.
Nel 2019 il Ministero dell’interno italiano aveva indetto un concorso per il conferimento di 120 posti di commissario di polizia di Stato indicando, tra i requisiti di ammissione, un limite massimo di età pari a 30 anni.
Nell’ambito di un procedimento avviato da un cittadino italiano che non aveva potuto presentare la propria candidatura proprio perché, al momento della domanda, risultava già ultratrentenne, il Consiglio di Stato, ritenendo che il requisito anagrafico in questione costituisca una discriminazione basata sull’età, ai sensi dell’art. 2 della direttiva 2000/78, decideva di sottoporre la questione alla Corte di Giustizia, la quale, confermando di fatto le valutazioni del giudice del rinvio, osserva che (i) se, come si sostiene nella domanda pregiudiziale di rinvio, risultasse confermato che le funzioni abitualmente esercitate dai commissari italiani non richiedano il possesso di capacità fisiche particolari, non trattandosi di funzioni operative o esecutive, il limite di età non costituirebbe un requisito proporzionato alle necessità del ruolo; (ii) il fatto che la normativa italiana preveda una riserva di posti agli agenti già in servizio che non abbiano più di 40 anni consente di affermare che il raggiungimento di tale età alla data di iscrizione al concorso non sia incompatibile con l’esercizio delle funzioni di commissario di polizia, e ciò corrobora il carattere sproporzionato del requisito anagrafico previsto nel caso di specie; (iii) la previsione, all’occorrenza, di una prova fisica eliminatoria nell’ambito del concorso in esame costituirebbe una misura adeguata e meno restrittiva rispetto alla fissazione di un limite massimo di età.

Corte di Cassazione, sentenza 5 dicembre 2022, n. 35644
Si al volantinaggio sindacale elettronico, senza pregiudizio per l’attività aziendale.
Lo ha stabilito la Cassazione in due sentenze gemelle, con le quali la Corte ha confermato l’antisindacalità della sanzione disciplinare inflitta da una società a una componente della RSU che, in orario di lavoro, aveva inviato comunicazioni di carattere sindacale all’indirizzo di posta elettronica aziendale di circa duecento dipendenti.
In motivazione, la Cassazione, inquadrata la questione nell’ambito del c.d. volantinaggio elettronico, osserva che (i) l’evoluzione delle modalità di comunicazione che è andata affermandosi negli ultimi anni anche nell’ambito delle comunità aziendali impone di ricomprendere la posta elettronica tra gli spazi deputati alle comunicazioni sindacali, ciò anche al fine di garantire reale efficacia all’attività sindacale; (ii) l’obbligo di predisporre “appositi spazi” da mettere a disposizione delle rappresentanze sindacali, previsto dall’art. 25 SL, può essere adeguatamente attuato anche attraverso la previsione di una specifica casella di posta elettronica dedicata alle sole comunicazioni di natura sindacale; (iii) in assenza di canali informatici appositamente dedicati, l’uso della rete di posta elettronica aziendale per finalità di proselitismo sindacale deve considerarsi legittimo, a condizione che si svolga senza pregiudizio per la normale attività aziendale (art. 26 S.L.).

Corte di Cassazione, sentenza 1° dicembre 2022, n. 35416
Un’accurata ricostruzione del danno biologico temporaneo e permanente.
Il caso esaminato dalla Corte riguarda un lavoratore portuale che, in ragione della prolungata esposizione professionale a fibre di amianto, aveva contratto un adenocarcinoma e al quale i giudici di primo e secondo grado avevano riconosciuto il diritto al risarcimento del danno biologico temporaneo e permanente differenziale, danno che la Corte d’appello aveva liquidato applicando le c.d. tabelle milanesi.
Nel ricorso per cassazione, la società aveva censurato la pronuncia della corte territoriale, sostenendo che avrebbe erroneamente liquidato un danno da invalidità permanente in occasione di una patologia che, pur stabilizzatasi, risultava ancora in atto.
La Cassazione, analizzando approfonditamente la tematica del danno biologico temporaneo e di quello permanente e pur ribadendo che il danno biologico permanente deve essere determinato a partire dalla cessazione di quello temporaneo, osserva che (i) nel caso delle patologie ingravescenti caratterizzate da alta probabilità di esito sfavorevole, tra cui la neoplasia polmonare contratta dal lavoratore, l’incapacità biologica temporanea viene a cessare – oltre che con la piena guarigione o con il decesso, anche – con l’adattamento dell’organismo alle mutate e degradate condizioni di salute (c.d. stabilizzazione); (ii) in caso di (mera) stabilizzazione della patologia ingravescente, il carattere permanente dell’invalidità è dato anche dal rischio di ripresa della malattia, il quale, infatti, contribuisce a integrare il complessivo stato invalidante del soggetto; (iii) coerentemente con tale impostazione, i barèmes elaborati dalla comunità scientifica e usati in medicina legale considerano nella scala dei gradi invalidità il maggior rischio cui è esposto il paziente di subire, anche a distanza di tempo, una ripresa e sviluppo del fattore patogeno, che potrebbe condurre al decesso, ovvero di incorrere in ulteriori complicanze in grado di incidere peggiorativamente sullo stato di salute.

Corte di Cassazione, ordinanza 30 novembre 2022, n. 35233
Licenziamento per giusta causa e prova del fatto addebitato al dipendente.
Se in sede impugnativa il datore non riesce a provare i fatti addebitati al dipendente, il licenziamento per giusta causa è illegittimo: lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 35233/2022.
L’ordinanza si riferisce al caso di una segretaria, licenziata dall’avvocato per cui lavorava, alla quale era stato contestato di non aver avvisato il legale del pagamento ricevuto da un cliente, lasciando incustodita la somma.
In sede istruttoria, tuttavia, la consegna del denaro non era stata.
Il fatto contestato, dunque, non veniva provato.

Corte di Cassazione, ordinanza 28 novembre 2022, n. 34968
Sull’onere della prova nel giudizio di responsabilità contrattuale del datore per danno da superlavoro del dipendente.
Tribunale e Corte d’appello avevano rigettato la domanda risarcitoria formulata da un ex dipendente del Ministero della Giustizia per i danni alla salute (sindrome depressiva e successivo infarto) che il lavoratore imputava al fatto di essere stato sottoposto a ritmi lavorativi insostenibili, dovuti all’assenza di un’adeguata pianificazione e distribuzione dei carichi di lavoro.
In motivazione, i giudici di merito avevano evidenziato come il lavoratore avesse omesso di contestare la violazione di una specifica norma, nonché di produrre una prova documentale in grado di attestare il sottodimensionamento dell’organico.
La Cassazione, nell’accogliere il ricorso del lavoratore, pronuncia il principio succitato, rilevando come la sentenza d’appello, nel richiamare l’assenza di un documento attestante il numero di lavoratori in organico all’epoca dei fatti, abbia imputato al lavoratore – tenuto unicamente a specificare l’inadempimento posto in essere dal datore e il rapporto causale di esso con il danno – una carenza probatoria che in realtà attiene alla prova liberatoria cui è tenuto il datore di lavoro in ordine all’adeguatezza della propria organizzazione.
Per altro verso, i giudici di legittimità osservano che quando un lavoratore lamenta di avere subito un danno per avere svolto prestazioni oltre il limite di tollerabilità, è implicita la contestazione di un inesatto adempimento del generale obbligo di sicurezza che, ai sensi dell’art. 2087 c.c., grava sul datore lavoro, senza che sia necessaria l’indicazione da parte del lavoratore della violazione di una specifica norma prevenzionistica.

Corte di cassazione, ordinanza 21 novembre 2022 n. 34181
Senza licenziamento da parte del committente di un appalto illecito non operano i termini di decadenza dell’azione di interposizione vietata.
Nella causa promossa da due lavoratori per accertare la non genuinità dell’appalto intercorso tra due società e la loro effettiva dipendenza dalla società committente, la Corte d’appello aveva respinto le domanda applicando la decadenza stabilita dall’art. 32, comma 4°, lett. d) della legge n. 183/2010, rilevando che il ricorso giudiziale era stato depositato solo 553 giorni dopo l’impugnazione stragiudiziale.
Annullando la sentenza di merito, la Cassazione ribadisce la necessità dell’esistenza di una comunicazione scritta di licenziamento (da parte del committente interponente) affinché diventino operativi i termini di decadenza stabiliti dalla legge citata, anche nel caso considerato.

Corte di Cassazione, sentenza 18 novembre 2022, n. 34051
Si consolida l’orientamento per cui l’assenza di repêchage nel licenziamento per ragioni obiettive comporta la reintegrazione
A pochi giorni dall’ordinanza 11 novembre 2022, n. 33341/22 (v. Newsletter n. 21), la Cassazione ribadisce il principio sopra richiamato e conseguentemente annulla la sentenza d’appello che, nel dichiarare l’illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato a un dipendente di un’associazione, aveva applicato – in ossequio a quanto previsto dal comma 7 dell’art. 18 S.L. come modificato dalla legge Fornero – la tutela indennitaria, anziché quella reintegratoria, in quanto il datore di lavoro aveva dimostrato l’effettività delle ragioni organizzative alla base del provvedimento espulsivo ma non l’impossibilità di ricollocare il dipendente in diversa posizione.
In motivazione, la Cassazione rileva in particolare che, a seguito delle sentenze n. 59/21 e 125/22 della Corte Costituzionale, che sono intervenute sul testo del comma 7 dell’art. 18 S.L., la tutela reintegratoria risulta ora applicabile a qualsiasi ipotesi di insussistenza dei presupposti che legittimano il licenziamento (mentre in precedenza si richiedeva il carattere manifesto di tale insussistenza), e poiché tra tali presupposti rientra, per costante giurisprudenza, anche l’obbligo di repêchage da parte del datore di lavoro, la sua insussistenza va sanzionata con la reintegra del lavoratore.

Corte di Cassazione, sentenza 3 novembre 2022, n. 41349
Lesioni personali colpose in caso di mancata formazione preventiva obbligatoria.
Con sentenza n. 41349 del 3 novembre 2022, la quarta sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che in caso di infortunio verificatosi nel primo giorno di utilizzazione di un lavoratore somministrato, il datore risponde del delitto di lesione personale colposa nel caso in cui abbia omesso ogni tipo di formazione preventiva prima dell’inizio della prestazione per le mansioni a cui lo stesso doveva essere adibito, senza che tale attività di formazione sia esclusa dal bagaglio di conoscenze personali del lavoratore , né dal travaso di conoscenze che si realizza nella collaborazione tra lavoratori, pur posti tra di loro in rapporto gerarchico.

Corte di Cassazione, sentenza 25 ottobre 2022, n. 40187
Apposizione di magneti per impedire il corretto funzionamento del disco cronotachigrafo di bordo. Prescrizione.
La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 40187/2022, si è pronunciata sulla fattispecie di manomissione del cronotachigrafo di bordo di un mezzo di trasporto.
Il datore di lavoro che imponga l’alterazione di un apparecchio avente finalità di prevenzione degli infortuni, risponde del reato di cui all’articolo 437 c.p., atteso che tale condotta rientra nella previsione tipica della “rimozione”: perché’ per rimozione può intendersi anche l’attività diretta a frustrare il funzionamento dell’apparecchio.
Sicche’ la punibilità ex articolo 437 c.p. deriva dalla semplice attività di rimozione e prescinde, come nel caso in esame, dal fatto che il soggetto agente circoli o meno su strada con il mezzo di trasporto.
Nel caso di specie, il ricorrente, nella qualità di titolare di più società di cui era amministratore, aveva utilizzato specifici accorgimenti (magneti) per impedire il corretto funzionamento del disco cronotachigrafo di bordo, così impedendo la registrazione della velocità dei veicoli, dei tempi di guida e sosta.
In sostanza consentiva ai dipendenti la guida degli articolati per un numero di ore superiore a quello di legge, determinando, peraltro, un’incidenza della condotta sui periodi di riposo dei conducenti dei veicoli e, quindi, secondo i giudici di merito, determinando maggior rischio di causare incidenti, a danno della propria incolumità e della sicurezza pubblica.

Corte d’Appello di Brescia, 2 dicembre 2022
Discriminazione per orientamento sessuale da parte di un Comune: pesa tra gli indici presuntivi anche l’avversione alle unioni civili pubblicamente dichiarata dagli assessori.
Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso presentato in appello dalla dipendente di un Comune e dichiara discriminatoria sulla base dell’orientamento sessuale la condotta dell’Ente che non ne aveva confermato la nomina a responsabile di un ufficio, a seguito dell’unione civile della ricorrente con la Comandante della polizia locale, condannando l’Ente al risarcimento del danno. A sostegno della presunzione di discriminazione nei confronti della lavoratrice, la Corte considera sia i contenuti pubblicati sui social network da parte degli assessori del Comune, sia il mancato rinnovo dell’incarico alla moglie della dipendente, a sua volta dipendente comunale.
Valutati come precisi e concordanti gli elementi allegati a dimostrazione della discriminazione, la Corte d’Appello ritiene insufficienti le giustificazioni dell’Ente, basate sul criterio di rotazione degli incarichi, tenuto conto che in nessun altro caso, precedente o successivo, il Comune ha applicato il medesimo criterio.

Tribunale di Vicenza, 22 novembre 2022
Antisindacale la condotta del datore di lavoro che receda unilateralmente dal CCNL, anche se scaduto, se quest’ultimo contiene una clausola di ultrattività fino al rinnovo.
Il Tribunale rigetta l’opposizione avverso il decreto ex art. 28 Stat. lav. con cui era stata dichiarata antisindacale la condotta del datore consistita nel recedere unilateralmente dal CCNL UNIC in favore del CCNL Federconcia e, di conseguenza, nell’aver negato la convocazione dell’assemblea da parte delle organizzazioni sindacali non firmatarie di quest’ultimo.
Il Giudice in parte motiva afferma che la decisione di recedere unilateralmente e retroattivamente dal CCNL pacificamente applicato per fatti concludenti, non può essere giustificata sulla base del fatto che il precedente contratto collettivo fosse scaduto da tempo. La sentenza riprende quanto affermato dalla più recente giurisprudenza di legittimità in tema di efficacia temporale del contratto collettivo, specificando che quest’ultimo rimane vincolante anche oltre il termine di scadenza indicato se contiene una clausola di ultrattività sino al rinnovo.

Tribunale di Milano, 11 novembre 2022
Conciliazione sindacale ‘frettolosa’ nell’ambito di un appalto: non è valido l’accordo transattivo, se manca la prova della consapevolezza del contenuto delle rinunce. La responsabilità solidale del committente copre anche l’indennità per ferie non godute.
Il Tribunale accoglie il ricorso di un lavoratore che agiva per sentire condannare in solido, ai sensi dell’art. 29 d.lgs. 276/2003, le società committente e appaltatrici al pagamento di differenze retributive.
Il Giudice, messo di fronte al fatto che in precedenza era stata sottoscritta tra le parti un verbale di conciliazione sindacale, nel quale il dipendente rinunciava a ogni pretesa di eventuali differenze retributive, ha ritenuto mancante la prova dell’effettiva consapevolezza del contenuto e dell’estensione dei diritti dismessi con il negozio transattivo, in quanto non gli era stato concesso sufficiente tempo per leggere e capire il contenuto dell’atto.
Il Tribunale, nel merito, aderisce all’orientamento che ritiene che la responsabilità solidale dell’impresa committente si estende anche all’indennità per ferie non godute, in quanto corrispettivo del lavoro reso in un periodo che avrebbe dovuto essere destinato alle ferie.