NEWSLETTER n. 6/2023

Novità normative e giurisprudenziali

Novità NORMATIVE

Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione Europea del 10.05.2023 recante “Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023 volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione.

Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 17.05.2023, la direttiva si propone di colmare il divario salariale tra uomini e donne attraverso la trasparenza retributiva e regole procedurali che facciano ricadere l’onere della prova sul datore di lavoro che, se citato in giudizio per violazione della parità retributiva, sarà tenuto a dimostrare l’insussistenza della discriminazione retributiva diretta o indiretta.

La direttiva si applica ai datori di lavoro sia pubblici che privati e fissa prescrizioni minime per i Paesi membri dell’Unione, ma permette alle legislazioni nazionali interventi migliorativi per raggiungere l’obiettivo della parità di retribuzione.

Prevista anche una diretta incidenza sugli appalti perché gli Stati membri dovranno assicurare che, nell’esecuzione di appalti pubblici o concessioni, gli operatori economici rispettino gli obblighi sulla parità di retribuzione.

D. L. 4 maggio 2023, n. 48 recante ”Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro” (GU n. 103 del 4.5.2023) – Vigente al: 5.5.2023

ll Consiglio dei Ministri ha pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 103 del 4.05.2023, il D. L. n. 48/2023 con misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro.

Il decreto è entrato in vigore il 5.05.2023.

Le principali misure introdotte dal Governo riguardano in particolare:

  • modifiche alla disciplina del Reddito di cittadinanza, in scadenza il 31.12.2023;

• modifiche alla disciplina del Reddito di cittadinanza, in scadenza il 31.12.2023;
• il rafforzamento delle regole in materia di sicurezza sul lavoro e tutela contro gli infortuni;
• modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato;
• semplificazioni in materia di obblighi informativi sul rapporto di lavoro, come previsti dal cd. Decreto Trasparenza;
• incentivi all’occupazione giovanile e incentivi per il lavoro delle persone con disabilità;
• l’incremento di 4 punti percentuali dell’esonero sulla quota dei contributi previdenziali a carico del lavoratore, per i periodi di paga dal 1.07.2023 al 31.12.2023;
• l’aumento, per il periodo d’imposta 2023, a 3.000 euro della soglia dei fringe benefit per i lavoratori dipendenti con figli a carico.

INPS, circolare n. 46 del 17 maggio 2023“Cessazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato nelle ipotesi disciplinate dal decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, recante “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155”, e obbligo contributivo del c.d. ticket di licenziamento. Istruzioni operative”.

Con la circolare n. 46/2023 l’Inps fornisce chiarimenti in merito agli obblighi informativi e contributivi cui è tenuto il curatore nelle ipotesi di cessazione dei rapporti di lavoro nelle fattispecie disciplinate dal D.Lgs. n. 14/2019, prevedendo in particolare che le interruzioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato previste dall’articolo 189 del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (CCII) non fanno venire meno l’obbligo di versare il ticket di licenziamento introdotto dalla legge Fornero.

INAIL, circolare n. 18 del 19 maggio 2023” Strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio ai sensi dell’articolo 28, comma 3-ter, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.”.

L’Inail ha pubblicato la circolare n. 18 del 19.05.2023, con la quale comunica la realizzazione un ambiente di consultazione interattivo (repository) allo scopo di rendere fruibili al datore di lavoro e alle imprese i prodotti e gli strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio, permettendo così di individuare soluzioni tecniche specialistiche orientate alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Gli strumenti sono finalizzati a supportare il datore di lavoro nel processo di valutazione dei rischi e a fornire elementi utili all’eliminazione dei rischi stessi oppure, ove ciò non sia possibile, alla loro riduzione, in relazione alle conoscenze acquisite e in base al progresso tecnico.

Novità GIURISPRUDENZIALI

Corte di Cassazione, ordinanza 9 maggio 2023, n. 12244

Il rifiuto del part time non costituisce di per sé g.m.o. di licenziamento, ma solo se la richiesta datoriale è giustificata da esigenze obbiettive

In una causa in cui una dipendente, licenziata per giustificato motivo oggettivo in regime di tutela obbligatoria, sosteneva il carattere ritorsivo del recesso, per aver rifiutato la trasformazione del rapporto di lavoro in part time, negando che tale rifiuto potesse costituire giustificato motivo oggettivo di licenziamento, la Corte, conferma la valutazione dei giudici di merito di non ricorrenza del lamentato carattere ritorsivo, anche alla luce della considerazione che l’illegittimità del licenziamento per motivo oggettivo a causa del  rifiuto opposto dal dipendente al part time (art. 8, primo comma D. Lgs. n. 81/2015) non esclude la sua giustificatezza quando la richiesta di part time sia stata fatta al dipendente (e da questi rifiutata) per esigenze obbiettive dell’impresa.

Corte di Cassazione, ordinanza 9 maggio 2023, n. 11344

Giustificato il licenziamento del lavoratore che rifiuta di procedere a un aggiornamento professionale.

Nel confermare la decisione della Corte d’appello, che aveva riconosciuto la legittimità del licenziamento disciplinare di un tecnico informatico che si era rifiutato di approfondire la conoscenza di due sistemi operativi, come richiestogli dal suo diretto superiore gerarchico e di collaborare attivamente nell’aggiornamento di sistemi di un cliente, la Cassazione osserva che il comportamento tenuto dal dipendente integra gli estremi della grave insubordinazione, ponendosi in aperto contrasto con l’obbligo di diligenza, qui inteso anche con riguardo alle esigenze di formazione e accrescimento professionale necessarie per il proficuo impiego del dipendente.

Corte di cassazione, sentenza 3 maggio 2023, n. 11564

L’ordine giudiziale di ripristino del rapporto di lavoro comporta l’assegnazione alle originarie sede e mansioni, anche se nel frattempo occupate da altri.

Nel dare esecuzione all’ordine giudiziale di ripristino del rapporto con una lavoratrice interinale – a seguito della declaratoria di nullità del relativo contratto di fornitura di lavoro temporaneo –, una società aveva provvisoriamente assegnato la dipendente presso l’originaria sede di Roma, salvo poi disporne il trasferimento alla sede di Palermo, trasferimento che era stato rifiutato dalla lavoratrice, che era stata conseguentemente licenziata per giusta causa.

Tribunale e Corte d’appello avevano rigettato il ricorso di impugnazione del licenziamento proposto dalla lavoratrice, giudicando legittimo il trasferimento della stessa da Roma a Palermo, e quindi ingiustificato il suo rifiuto di presentarsi al lavoro, ritenendo che la società avesse dimostrato l’impossibilità di destinare in via definitiva la dipendente presso la sede di Roma, visto che, in tali uffici, già lavorava un’altra dipendente con le stesse mansioni ma con maggiore anzianità di servizio.

La Cassazione, nell’accogliere le doglianze della lavoratrice, osserva che: (i) l’ordine giudiziale di ripristino della posizione di lavoro deve essere adempiuto riassegnando il lavoratore nel posto precedentemente occupato e nelle mansioni originarie, e in via prioritaria rispetto ad altri dipendenti; (ii) è possibile per il datore di lavoro disporre il trasferimento del lavoratore reintegrato ad altra unità produttiva, purché questo sia giustificato da sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive, tra le quali non rientra l’avvenuta sostituzione del lavoratore con altro dipendente, anche se con maggiore anzianità.

Corte di Cassazione, ordinanza 2 maggio 2023, n. 11344

Licenziamento del dipendente che minaccia datore e colleghi in chat.

La sentenza 11344/2023 della Corte di Cassazione conferma il licenziamento per giusta causa di un lavoratore che su una chat di WhatsApp con i colleghi aveva insultato e diffamato il datore di lavoro.

Nel caso in questione, con il dipendente che si era anche presentato in azienda in stato di alterazione e aveva proseguito in ingiurie e minacce una volta allontanato, sono state fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare materialmente i fatti nei quali il datore aveva ravvisato infrazioni disciplinari.

Corte di Cassazione, ordinanza 28 aprile 2023, n. 11248

Cassazione: quali conseguenze in caso di errata inidoneità alla mansione disposta da una struttura pubblica?

Con l’ordinanza n. 11248 del 28.04.2023, la Cassazione afferma che deve essere considerata limitata la responsabilità della società che irroga un licenziamento illegittimo, sulla scorta del giudizio (poi rivelatosi errato) di inidoneità fisica alla mansione formulato da una struttura sanitaria pubblica.

La lavoratrice impugna giudizialmente il licenziamento irrogatole per g.m.o., stante la sopravvenuta inidoneità fisica all’espletamento delle mansioni.

La Corte d’Appello accoglie solo parzialmente la predetta domanda, condannando la società a riconoscere alla ricorrente unicamente un’indennità risarcitoria, dal momento che il recesso era stato intimato sulla scorta del giudizio di inidoneità formulato da struttura sanitaria pubblica.

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che il datore di lavoro non può ignorare il giudizio di inidoneità fisica del lavoratore allo svolgimento dell’attività se lo stesso è pervenuto, non già dal medico aziendale, ma direttamente dalla struttura sanitaria pubblica certificante (Dipartimento di medicina legale dell’ASL).

Invero, secondo i Giudici di legittimità, il datore non può non tener conto dell’autorità e della posizione di terzietà della struttura pubblica e non può certamente disattendere le relative valutazioni e adibire il dipendente alle mansioni cui (secondo la ASL) è risultato inidoneo, se non prestandosi evidentemente al grave rischio della responsabilità per danno alla salute.

Dunque, continua la sentenza, se detto giudizio risulta infondato, la responsabilità datoriale appare limitata e, come tale, non può essere punita con una sanzione più forte rispetto a quella indennitaria.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla lavoratrice, ritenendo che la stessa non abbia diritto alla reintegra.

Corte di Cassazione, ordinanza 27 aprile 2023, n. 11136

Non computabili nel periodo di comporto le assenze per infortunio solo se ne è responsabile il datore di lavoro.

L’addetta a una mensa aziendale aveva impugnato il licenziamento intimatole per superamento del periodo di comporto, lamentando che in tale periodo fossero state computate le giornate di assenza per un infortunio occorsole in azienda e sostenendo comunque che la responsabilità dell’infortunio doveva essere attribuita alla datrice di lavoro.

La Cassazione, confermando il rigetto delle domande disposto dai giudici di merito, (i) ribadisce la propria giurisprudenza, secondo cui le assenze del lavoratore dovute a infortunio sul lavoro o a malattia professionale sono in linea di principio riconducibili all’ampia e generale nozione contenuta nell’art. 2110 c.c. e sono pertanto normalmente computabili nel periodo di conservazione del posto di lavoro; (ii) perché l’assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto non basta, quindi, che si tratti di malattia di origine lavorativa, ma è altresì necessario che in relazione a tale malattia sussista la responsabilità del datore di lavoro; (iii) nel caso di specie, in giudizio era emersa l’assoluta imprevedibilità dell’evento (lo scoppio della vetrinetta termica), alla luce del grado di diligenza esigibile in base alle norme tecniche e precauzionali del tempo, per cui la Corte d’appello aveva correttamente escluso che la responsabilità dell’infortunio risalisse al datore di lavoro.

Corte di Cassazione, ordinanza 20 aprile 2023, n. 10623

Legittimo il licenziamento del lavoratore per mancata effettuazione di lavoro straordinario

La Cassazione Sez. Lavoro, con l’Ordinanza n. 10623 del 20.04.2023, ha confermato che può essere licenziato chi non fa gli straordinari.

Tuttavia, il recesso, operato dal datore di lavoro, non va qualificato per giusta causa ma per giustificato motivo oggettivo.

Di conseguenza al dipendente licenziato spetta il preavviso.

La sezione lavoro della Suprema Corte si è dovuta occupare del caso di un metalmeccanico che, non avendo rispettato la direttiva aziendale che stabiliva l’aumento dell’orario di lavoro per ragioni produttive, era stato licenziato.

I giudici hanno ritenuto che sia grave il rifiuto sistematico, opposto dal lavoratore all’orario supplementare, che crea disagi organizzativi all’impresa.

Peraltro il dipendente non era riuscito a provare che l’azienda avesse superato la quota esente di lavoro straordinario, oltre la quale è necessario consultare i sindacati.

Infatti l’art. 5 del D.lgs n.66 del 2003, dispone che il datore di lavoro, con preavviso di almeno 24 ore, può disporre il lavoro straordinario di due ore al giorno e otto ore settimanali, senza avvisare i sindacati.

Di conseguenza l’inadempimento del lavoratore è stato ritenuto grave perché lo stesso non ha dimostrato spirito di collaborazione, anzi non si è curato degli interessi dell’impresa in modo plateale.

Pertanto qualificato che il licenziamento è avvenuto per giustificato motivo oggettivo, lo stesso è stato dichiarato definitivo e il metalmeccanico ha ottenuto solo due stipendi e mezzo per mancato preavviso.

Corte di cassazione, sentenza 30 marzo 2023 n. 13291

Cassazione: obblighi informativi dell’appaltatore negli appalti intra aziendali.

Con sentenza n. 13291 del 30.03.2023, la IV sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che nel caso di lavoro appaltati all’interno dell’azienda committente, ogni obbligo specifico che la legge pone a carico dell’appaltatore, con riguardo ai rischi specifici dell’ambiente di lavoro di appannaggio del committente, non può che sorgere in seguito all’adempimento da parte del committente del primigenio dovere di informazione e nella misura in cui tale dovere sia stato assolto, fatti salvi i casi da accertare in concreto, sui quali sia provata la riconoscibilità aliunde di tali rischi, senza peraltro che la legge preveda alcun obbligo per l’appaltatore di attivarsi in tal senso.

Tribunale di Gorizia, 12 aprile 2023

La responsabilità solidale del committente opera a favore di tutti i lavoratori utilizzati dall’appaltatore, inclusi i somministrati.

Il lavoratore somministrato, impiegato dall’utilizzatore nell’ambito di un servizio in appalto, è coinvolto in una duplice operazione di decentramento e divaricazione tra datore di lavoro e beneficiario della prestazione: pertanto, affiancare alla responsabilità solidale dell’utilizzatore quella del committente non determina una duplicazione indebita delle tutele.

L’assenza di una relazione negoziale diretta tra somministratore e committente non esclude la responsabilità solidale di quest’ultimo, che sorge dalla relazione tra il committente e l’appaltatore che utilizza il lavoratore somministrato nell’ambito dell’appalto.

Tribunale di Bologna, 4 aprile 2022

E’ onere della cooperativa provare il carattere comparativamente più rappresentativo dei sindacati che hanno sottoscritto il contratto collettivo di riferimento per il trattamento economico dovuto al socio lavoratore.

Nel caso delle Cooperative la retribuzione del lavoratore, in osservanza dei criteri di proporzionalità e sufficienza di cui all’art. 36 Cost, non può essere inferiore alle disposizioni del CCNL stipulato dalle associazioni comparativamente più rappresentative del settore, a prescindere dalla sua concreta applicazione allo specifico rapporto di lavoro.

Stante la presenza di una norma imperativa che attribuisce al socio lavoratore il diritto a una retribuzione minima, è onere della cooperativa dimostrare il carattere comparativamente più rappresentativo delle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL da questa applicato e l’adeguatezza della retribuzione accordata.

Tribunale di Forlì, 21 marzo 2023

La clausola penale per il lavoratore venuto meno all’impegno di assunzione opera anche se il contratto di lavoro prevede un periodo di prova.

Il Tribunale rigetta l’opposizione contro il decreto ingiuntivo con il quale un lavoratore era stato condannato a pagare la penale prevista dalla lettera di assunzione con data di decorrenza del rapporto differita, e assistita appunto da una clausola penale.

Il lavoratore, a seguito di un ripensamento, si era rifiutato di prendere servizio: per il Tribunale non rileva il fatto che il contratto prevedesse anche un periodo di prova di sei mesi dalla presa di servizio, durante il quale entrambe le parti avrebbero potuto recedere liberamente. La clausola penale opera in fase preassuntiva, mentre la clausola di prova ha efficacia solamente in seguito all’inizio del rapporto di lavoro.

Tribunale di Lecco, 30 gennaio 2023

Discriminatoria la trattenuta dell’indennità di preavviso a carico del lavoratore che si dimette, quando lo stesso non ha potuto effettuarlo in servizio a causa di una condizione di disabilità.

Il Tribunale accoglie il ricorso di un lavoratore disabile e condanna la società convenuta a restituire la somma illegittimamente trattenuta a titolo di indennità sostitutiva del preavviso.

La società aveva infatti trattenuto tre mensilità di stipendio al lavoratore, dopo che questi aveva rassegnato le dimissioni per accedere al pensionamento, per via del peggioramento delle condizioni di salute, ma non aveva potuto prestare attività lavorativa durante il periodo di preavviso.

Secondo il Tribunale il comportamento della società che applica la sospensione del termine di preavviso al lavoratore assente per malattia, quando quest’ultima è causata dallo stato di disabilità, integra una discriminazione indiretta.

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