NEWSLETTER n. 1/2024

Novità normative e giurisprudenziali

Novità Normative

INPS, messaggio n. 4143 del 22 novembre 2023

Riconoscimento del congedo straordinario e dei permessi di cui all’articolo 33 della legge n. 104/1992 in favore di più richiedenti per assistere lo stesso soggetto con disabilità grave”.

Con messaggio n. 4143/2023 l’INPS fornisce indicazioni circa il congedo straordinario ex art. 42 del D.Lgs. n. 151/2001 (riposi e permessi per i figli con handicap grave) e dei permessi di cui all’art. 33 della L. n. 104/1992 per quanto concerne la fruizione degli stessi da più richiedenti per assistere lo stesso soggetto con disabilità in situazione di gravità.

In particolare l’istituto segnala che è possibile autorizzare sia la fruizione del congedo straordinario che la fruizione dei permessi ex art. 33 a più lavoratori per l’assistenza allo stesso soggetto con disabilità grave, alternativamente e purché non negli stessi giorni. i suddetti benefici, infatti, non possono essere fruiti nelle medesime giornate, trattandosi di istituti rispondenti alle medesime finalità di assistenza al disabile in situazione di gravità e devono, quindi, intendersi alternativi.

NOVITÀ GIURISPRUDENZIALI

Corte di Cassazione, Sez. 4 Penale, sentenza 25 settembre 2023, n. 38914

Anche il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza può, omettendo di svolgere i propri compiti, cooperare colposamente a un infortunio mortale.

Un impiegato tecnico, adibito alle mansioni di magazziniere senza aver ricevuto al riguardo alcuna formazione, era deceduto in azienda, travolto da una serie di pesanti tubi in acciaio da lui trasportati col carrello, mentre tentava di collocarli in apposita scaffalatura, difettosa. confermando la valutazione dei giudici di merito, la Cassazione ha ritenuto responsabile dell’omicidio il datore di lavoro (per la mancata formazione del dipendente, comprensiva dell’addestramento all’uso del carrello elevatore, per aver consentito l’utilizzo di una scaffalatura inadeguata etc.), ma anche (per la prima volta, a quanto consta) il rappresentante per la sicurezza dei lavoratori, per la sua cooperazione colposa nel delitto, realizzata consentendo, senza intervenire, che l’impiegato tecnico venisse assegnato a mansioni di magazziniere senza adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo il datore di lavoro ad adottare modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, con ciò omettendo di svolgere i compiti a lui attribuiti dalla legge.

Corte di cassazione, ordinanza 13 novembre 2023, n. 31561

Sull’onere di repêchage nel caso in cui siano disponibili mansioni del medesimo livello.

Il ricorso avverso il licenziamento di una cassiera per soppressione del posto era stato respinto dalla Corte d’appello sulla base della considerazione, quanto all’impossibilità di repêchage, che, sebbene fossero state contestualmente effettuate dall’impresa assunzioni di camerieri, addetti al banco e aiuti di cucina, appartenenti allo stesso livello contrattuale della cassiera, tuttavia si sarebbe trattato all’evidenza di professionalità diverse, tra di loro non equivalenti. La decisione è cassata dalla Cassazione, la quale rileva che a seguito della modifica dell’art. 2103 del cod. civ, che rende ora esigibili a vantaggio dell’impresa, anche previa formazione, mansioni comunque appartenenti alla categoria legale e al livello contrattuale di quelle in precedenza svolte dal dipendente, si è d’altra parte reso più stringente, a vantaggio della stabilità del rapporto di lavoro, l’onere gravante sul datore di lavoro di provare l’oggettiva impossibilità di assegnare al dipendente, in caso di soppressione del suo posto di lavoro, mansioni diverse incluse nel medesimo livello contrattuale.

Corte di Cassazione, ordinanza 14 novembre 2023, n. 31660

Il risparmio non basta a giustificare, di per sé, il licenziamento di un determinato dipendente.

La parte che non abbia chiesto la ricusazione del giudice non può, in sede d’impugnazione della sentenza, chiederne la nullità per la mancata astensione obbligatoria di questi.

Una fondazione artistica aveva licenziato per giustificato motivo oggettivo un lavoratore svolgente la mansione di sesto violoncello, sostenendo che la soppressione della sua posizione lavorativa si rendeva necessaria a causa del deficit di bilancio. Il provvedimento era stato dichiarato legittimo da Tribunale e dalla Corte d’Appello, secondo i quali la scelta datoriale risultava insindacabile, essendo stata dettata da effettive ragioni di risparmio di spesa. la valutazione dei giudici di merito non è condivisa dalla Cassazione, la quale osserva che (i) allorché sia ipotizzata una generale necessità di attuare una politica di contenimento dei costi, al fine di valutare l’effettività della ragione economica “comunque addotta” a fondamento del g.m.o. è sempre necessario approfondire (ed è onere del datore di lavoro indicare) le ragioni per le quali la scelta è ricaduta su quel determinato lavoratore, e non su altre posizioni di lavoro comparabili; (ii) tale approfondimento non determina alcuna indebita interferenza con la discrezionalità delle scelte datoriali, dato che l’ineffettività della ragione economica addotta incide sulla stessa legittimità del recesso non per un sindacato su di un presupposto in astratto estraneo alla fattispecie del g.m.o., bensì per una valutazione in concreto sulla mancanza di veridicità o sulla pretestuosità della ragione addotta dal datore.

Tribunale di Napoli Nord, 21 novembre 2023

Nullo il licenziamento intimato nel periodo di gravidanza, anche se i suoi effetti sono stati sospesi.

Il Tribunale accoglie il ricorso di una lavoratrice e dichiara nullo il licenziamento intimatole durante il periodo di gravidanza e poi sospeso, con efficacia rinviata al compimento di un anno di età del figlio della ricorrente. Secondo il giudice, anche il licenziamento con efficacia differita è incompatibile con il divieto di licenziamento della lavoratrice in gravidanza (art. 54 D.Lgs. 151/2001), al fine di tutelarne la salute psico-fisica. di conseguenza, nel periodo coperto da tale divieto non possono essere portati a termine non solo i licenziamenti, ma anche tutte le attività preparatorie, tra cui rientra la comunicazione del licenziamento.

Corte di cassazione, sentenza 22 novembre 2023 n. 32412

Anche nell’appalto di servizi non genuino, il licenziamento dell’appaltatore non si trasferisce al committente datore di lavoro effettivo ed è inesistente.

Con la sentenza del 7 novembre 2023 n. 30945, la Corte aveva affermato che, in materia di somministrazione irregolaredi lavoro, a seguito della norma di cui all’art. 80 bis D.L. n. 34/2020, d’interpretazione autentica dell’art. 38 D. Lgs. n. 81/2015, il licenziamento effettuato dal somministratore non è da intendersi riferibile, come invece gli atti di costituzione e gestione del rapporto di lavoro, all’utilizzatore e deve ritenersi inesistente in quanto proveniente da soggetto diverso dal datore di lavoro effettivo. Con la sentenza in esame, la Corte estende analogicamente la regola, in ragione “dell’identità di ratio e di tutela”, all’interposizione fittizia di manodopera in un caso in cui in giudizio era stato accertato che una lavoratrice, fittiziamente dipendente di una impresa appaltatrice di una serie di servizi di logistica, era in realtà fin dall’inizio alle dipendenze dell’impresa committente. Conseguentemente, la Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva accertato la titolarità in capo al committente del dissimulato rapporto di lavoro della lavoratrice, simulato con l’appaltatore e aveva dichiarato inesistente il licenziamento effettuato da quest’ultimo.

Corte di cassazione, sentenza 22 novembre 2023 n. 32418

La reperibilità come orario di lavoro.

Alcuni vigili del fuoco, addetti al servizio antincendio presso la base USA di Napoli, svolgenti turni di 24 ore, di cui le 8 ore notturne in alloggio di servizio, a disposizione per eventuali rari interventi (retribuiti a parte), avevano chiesto la condanna del datore di lavoro a pagar loro, per le ore notturne, le maggiorazioni previste per il lavoro straordinario, con detrazione dell’indennità di pernottamento percepita. Le domande erano state respinte dai giudici di merito, sulla base della valutazione delle ore notturne come ore di riposo e non di lavoro. La Corte non condivide tale valutazione, ricordando che secondo il diritto dell’UE i periodi di reperibilità del lavoratore in azienda (ma anche al di fuori, quando la reperibilità comprime in maniera significativa la facoltà del lavoratore di gestire il proprio tempo libero) costituiscono sicuramente orario di lavoro e non di riposo. Tuttavia il diritto comunitario non impone un trattamento economico della reperibilità in maniera identica al lavoro attivo; sicché, conclude la Corte, è legittimo retribuire il lavoro di mera attesa, come nella specie, con un’indennità.

Corte di Giustizia UE, sentenza 28 novembre 2023, in causa C-148/22

Legittimo vietare ai dipendenti pubblici di indossare il velo sul luogo di lavoro.

La dipendente di un comune belga con ruolo di responsabile d’ufficio, svolto principalmente senza contatto col pubblico, avendo visto respinta la propria domanda di indossare il velo durante il servizio – in base alla regola interna, adottata dal comune, di “neutralità esclusiva”, comportante il divieto per tutti i dipendenti di indossare sul luogo di lavoro qualsiasi segno visibile idoneo a rivelare le loro convinzioni personali, in particolare religiose o filosofiche, a prescindere dal fatto che tali dipendenti fossero o meno a contatto con il pubblico – si era rivolta al locale tribunale, il quale aveva chiesto l’intervento della Corte di giustizia. Questa ha osservato che: (i) una norma interna che vieta di indossare sul luogo di lavoro qualsiasi segno visibile di convinzioni personali, in particolare filosofiche e religiose, non costituisce una discriminazione diretta ove riguardi indifferentemente qualsiasi manifestazione di tali convinzioni e tratti in maniera identica tutti i dipendenti dell’impresa; (ii) una norma siffatta non costituisce neanche una discriminazione indiretta se sia oggettivamente giustificata da una finalità legittima, quale lo scopo di assicurare un ambiente amministrativo pubblico totalmente neutro e i mezzi impiegati per il suo perseguimento siano appropriati e necessari.

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