La Corte di Cassazione con sentenza 24.01.2020 n. 1663 chiude il “Caso Foodora”. La Corte ha confermato la decisione che aveva ritenuto i riders quali collaboratori “etero-organizzati” ai sensi dell’art. 2 del D. Lgs. n. 81 del 2015. Tuttavia, la disciplina del lavoro subordinato va applicata interamente.
La Suprema Corte, dopo molta attesa, si è pronunciata sul caso dei riders di Foodora, dopo che la Corte d’Appello di Torino (ribaltando il primo grado) aveva ritenuto applicabile a quei lavoratori il primo comma dell’art. 2 del D. Lgs. n. 81 del 2015, il quale prevede che ai rapporti di collaborazione le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente debba applicarsi la disciplina del lavoro subordinato.
Da segnalare soprattutto due aspetti, che possono valere anche per l’attuale disciplina legale:
a) la Cassazione si sottrae al dibattito teorico su cosa siano, giuridicamente, i collaboratori “etero-organizzati” ex art. 2 del D. Lgs. 81 del 2015 (correggendo l’appello torinese, che aveva parlato di un “tertium genus” intermedio tra autonomia e subordinazione); ciò che conta, dice la Corte, è la finalità anti-elusiva della disciplina, che estende le regole del lavoro subordinato a soggetti per i quali, in virtù della mancanza di una autonomia organizzativa, si ritiene sussista un bisogno specifico di tutela; proprio per questo – ed è altra affermazione importante – l’art. 2 non può essere interpretato in maniera restrittiva;
b) l’estensione ai collaboratori ex art. 2 delle regole del lavoro subordinato non può essere selettiva (come aveva detto l’appello), ma tali regole devono applicarsi integralmente (salvi eventuali casi di incompatibilità oggettiva).