NEWSLETTER CONVERSIONE DECRETO LIQUIDITÀ COVID-19: OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO

È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del 6.06.2020 la Legge n. 40 del 2020 di conversione del D.L. n. 23 dell’8.04.2020 (c.d. decreto “Liquidità”), recante “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”.

Tra le principali novità si segnala l’art. 29-bis, che detta “Obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19”, il quale ha lo scopo di chiarire la responsabilità dei datori di lavoro per il rischio di contagio dei dipendenti. Si tratta di un intervento fortemente richiesto, specialmente in seguito alle preoccupazioni indotte dall’art. 42 del D.L. 18 del 2020 (decreto “Cura Italia”, convertito in Legge n. 27 del 2020) che equipara il contagio da COVID-19 ad un infortunio sul lavoro.

Tale norma aveva immediatamente scatenato una serie di polemiche, incentrate sulla incongruenza tra la natura di rischio generico del COVID-19 e la qualificazione come infortunio sul lavoro e sulle potenziali conseguenze del riconoscimento dell’infortunio da parte dell’INAIL ai fini della responsabilità penale e civile. In tale acceso dibattito sulle conseguenti responsabilità civili e penali del datore di lavoro, più volte è intervenuto l’INAIL stesso, in particolare con le circolari n. 13 del 3.04.2020 e n. 22 del 20.05.2020.

Proprio la circolare INAIL n. 22 del 20.05.2020, concludeva chiarendo che “la responsabilità del datore di lavoro è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto legge 16 maggio 2020, n. 33”.

Sulla stessa linea si pone il decreto Liquidità convertito in legge: il citato art. 29-bis afferma infatti che “Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonché mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste”.

La norma prosegue poi specificando che “Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale”.

La disposizione dunque sembra evidenziare che, in caso di contagio di un lavoratore, il datore di lavoro non può essere considerato responsabile laddove abbia applicato le prescrizioni previste dai suddetti protocolli e linee guida. L’adozione delle prescrizioni previste da detti Protocolli è obbligatoria ma anche sufficiente a considerare soddisfatto il dovere di sicurezza di cui all’art. 2087 c.c.

Inoltre, con l’espressione “adozione e mantenimento si torna a valorizzare il ruolo del Comitato ed a sollecitare il datore di lavoro alla fondamentale e progressiva integrazione e modifica delle misure che dovesse rendersi necessaria nel corso del tempo.

L’effetto decisivo dell’art. 29-bis è, dunque, quello di riempire di contenuto l’art. 2087 cod. civ. con previsioni conoscibili ex ante da parte dei soggetti obbligati: da un lato, si fa puntuale riferimento ai contenuti del Protocollo e, dall’altro, si esclude l’esistenza di obblighi ulteriori rispetto a quelli contenuti nello stesso.

È bene ribadire che, sebbene l’adozione delle misure prescritte dal Protocollo sia da considerarsi sufficiente, l’impresa deve recepirne scrupolosamente i contenuti secondo le proprie caratteristiche, ossia adattando tali misure al proprio contesto aziendale. In questo modo si riuscirà a dimostrare un’adozione non solo formale del Protocollo, ma anche volta a perseguire una efficace attuazione di dette misure.

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