NEWSLETTER 2/2025

Novita’ normative

Legge di Bilancio 2025.

L. 30 dicembre 2024, n. 207, pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 43 della Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2024, n. 305.

Molte delle misure previste dalla nuova Legge di Bilancio sono state elaborate in favore di lavoratori, imprese e famiglie.

Tra le principali novità si riscontrano:

  • taglio del cuneo fiscale e IRPEF (art. 1, commi da 2 a 9);
  • limiti per la fruizione delle detrazioni dall’imposta sul reddito (art. 1, comma 10);
  • rivisitazione delle detrazioni per familiari a carico previste all’art. 12, comma 1, lett. c) del TUIR (art. 1, comma 11);
  • innalzamento della soglia di reddito, da Euro 30 mila ad Euro 35 mila, per il godimento del regime forfettario (art. 1, comma 13);
  • nuovo regime fiscale in ordine alle auto aziendali (art. 1, comma 48): vengono ridefinite le percentuali da applicare alla percorrenza convenzionale di 15.000 km annui moltiplicata per il costo desumibile dalle tabelle ACI;
  • tracciabilità delle spese di trasferta e rappresentanza (art. 1, commi da 81 a 86) al fine dell’ottenimento del rimborso in esenzione fiscale;
  • nuovo requisito contributivo per la NASpI (art. 1, comma 171): attualmente tra i requisiti per maturare il diritto all’indennità è richiesto lo stato di disoccupazione involontaria e 13 settimane di contributi nei quattro anni antecedenti alla perdita del lavoro. Dal 1° gennaio 2025, per il riconoscimento della NASpI si prevede che il requisito di 13 settimane di contribuzione debba essere fatto valere nel periodo intercorrente tra i due eventi medesimi, a partire dalle dimissioni o risoluzioni consensuali precedentemente intervenute anche presso altro datore di lavoro. Tale ultimo requisito si applica a condizione che l’evento di cessazione per dimissioni sia avvenuto nei dodici mesi precedenti l’evento della cessazione involontaria per cui si richiede la prestazione;
  • novità in tema di fringe benefits (art. 1, commi 390 e 391 ): non concorre a formare il reddito, entro il limite complessivo di Euro 1.000, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi
  • lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche, del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, delle spese per l’affitto dell’abitazione principale ovvero per gli interessi sul mutuo relativo all’abitazione principale. Il limite è elevato ad Euro 2.000 per i lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti e i figli adottivi, affiliati o affidati, fiscalmente a carico.

Decreto Milleproroghe 2025.

D.L. 27 dicembre 2024, n. 202 (Disposizioni urgenti in materia di termini normativi).

Il 27 dicembre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 302 il D.L. n. 202/2024, c.d. Decreto Milleproroghe 2025, con il quale è stata disposta la proroga di termini di prossima scadenza in diversi ambiti.

Di seguito, le principali novità sui termini in materia di lavoro:

  • prorogata al 31 dicembre 2025 la possibilità di utilizzare, nei contratti di lavoro dipendente a tempo determinato nel settore privato, la causale basata sulle “esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti”, qualora non vi siano causali individuate dalla contrattazione collettiva, come previsto dall’art. 19, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81;
  • attraverso una modifica dell’art. 35 del D.Lgs. n. 165/2001, è previsto che le autorizzazioni rilasciate dalla Funzione Pubblica e dalla Ragioneria generale dello Stato all’effettuazione di assunzioni da parte delle Amministrazioni Pubbliche abbiano un limite massimo di 3 anni;
  • prorogata al 31 dicembre 2025 la facoltà per le ONLUS di accreditarsi per l’accesso alla ripartizione del cinque per mille anche se non iscritte al RUNTS;
  • si assegna al Dipartimento per gli Affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri l’attività istruttoria per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e dei relativi costi e fabbisogni standard fino al 31 dicembre 2025, a decorrere dal 5 dicembre 2024.

Collegato Lavoro 2024.

L. 13 dicembre 2024, n. 203 (Disposizioni in materia di lavoro).

È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 303 del 28 dicembre 2024, la L. n. 203/2024, c.d. Collegato Lavoro, che contiene numerose disposizioni in materia di rapporti di lavoro, salute e sicurezza, integrazioni salariali e previdenza.

Il provvedimento, nato dall’esigenza di semplificare i numerosi adempimenti connessi al rapporto di lavoro (salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, disciplina dei contratti di lavoro, obblighi contributivi e ammortizzatori sociali, ecc.), prevede rilevanti novità che riguardano nello specifico:

•        modifiche al D.Lgs. n. 81/2008 (art. 1);

•        sospensione della prestazione di cassa integrazione (art. 6);

•        disposizioni in materia di flessibilità nell’utilizzo delle risorse dei fondi bilaterali per la formazione e l’integrazione del reddito nel settore della somministrazione di lavoro (art. 9);

•        modifiche in materia di somministrazione di lavoro (art. 10);

•        norma di interpretazione autentica in materia di attività stagionali (art. 11);

•        durata del periodo di prova (art. 13);

•        termine per le comunicazioni obbligatorie in materia di lavoro agile (art. 14);

•        applicazione del regime forfetario nel caso di contratti misti (art. 17);

•        norme in materia di risoluzione del rapporto di lavoro (art. 19);

•        disposizioni relative ai procedimenti di conciliazione in materia di lavoro (art. 20);

•        disposizioni concernenti la notificazione delle controversie in materia contributiva (art. 25).

INL – Nota n. 579/2025: dimissioni di fatto per assenza ingiustificata – istruzioni sulla nuova procedura.

Facendo seguito alla nota n. 9740/2024, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha aggiornato le proprie istruzioni in ordine alle novità introdotte dall’art. 19 della L. 13 dicembre 2024, n. 203 (c.d. Collegato Lavoro ) in materia di risoluzione del rapporto di lavoro per assenze ingiustificate.

La nuova norma integra la disciplina delle dimissioni volontarie e della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, con l’aggiunta del comma 7 bis all’art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015, introducendo nell’ordinamento la fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti.

La citata disposizione consente, in caso di assenza ingiustificata protratta oltre il termine previsto dal CCNL applicato o, in mancanza di previsione contrattuale, per un periodo superiore a quindici giorni, lo scioglimento del rapporto di lavoro su iniziativa del datore, dandone comunicazione alla sede territoriale INL, che potrà verificare la veridicità della comunicazione.

Tanto premesso, la nota n. 579/2025 emessa dall’Ispettorato fornisce istruzioni operative e procedurali ai datori di lavoro che intendono avvalersi di tale facoltà.

Il datore è tenuto ad inviare, preferibilmente a mezzo PEC, una comunicazione, contenente tutte le informazioni di cui è a conoscenza, all’indirizzo istituzionale della sede territorialmente competente.

Una volta decorso il termine contrattuale o legale dell’assenza ingiustificata ed effettuata la comunicazione all’Ispettorato, il datore può procedere con la comunicazione UNILAV della cessazione del rapporto di lavoro.

Il lavoratore, al fine di evitare l’effetto risolutivo della procedura, ha l’onere di dimostrare i motivi posti a base dell’assenza ed altresì i motivi che hanno reso impossibile la loro comunicazione al datore di lavoro.

INPS – Circolare n. 3/2025: ammortizzatori sociali e misure di sostegno al reddito e alle famiglie. Quadro riepilogativo delle novità per l’anno 2025.

L’INPS, con la Circolare n. 3 del 15 gennaio 2025, fornisce un quadro riepilogativo delle disposizioni aventi riflessi in materia di ammortizzatori sociali e di sostegno al reddito e alle famiglie nel corso dell’anno 2025.

In particolare, per quanto riguarda i rapporti di lavoro, la circolare fornisce informazioni circa:

a. ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro e nelle ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dal Collegato Lavoro 2024:

•    sospensione della prestazione di cassa integrazione;

•    modifiche alla disciplina in materia di Fondi di solidarietà bilaterali;

•    norme in materia di risoluzione del rapporto di lavoro.

b. Disposizioni in materia di sostegno al reddito per i datori di lavoro e i lavoratori previsti dalla L. n. 199/2024 (recante “Disposizioni urgenti in materia di lavoro, università, ricerca e istruzione per una migliore attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”):

•    destinatari e durata della misura di sostegno al reddito.

c. Ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro e di sostegno al reddito e alle famiglie previsti dalla Legge di Bilancio 2025:

•    trattamenti di sostegno al reddito in favore dei lavoratori dipendenti da imprese operanti in aree di crisi industriale complessa;

•    trattamento straordinario di integrazione salariale per cessazione di attività;

•    proroga dell’integrazione del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria per i dipendenti del gruppo ILVA;

•    proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale per processi riorganizzativi complessi o piani di risanamento complessi di crisi;

•    misure di sostegno del reddito per i lavoratori dipendenti delle imprese del settore dei call center;

•    ulteriore periodo di trattamento straordinario di integrazione salariale straordinaria per le imprese con rilevanza economica strategica;

•    altri trattamenti di sostegno al reddito;

•    trattamento di sostegno al reddito per i lavoratori sospesi dal lavoro o impiegati a orario ridotto, dipendenti da aziende sequestrate o confiscate sottoposte ad amministrazione giudiziaria;

•    intervento straordinario di integrazione salariale a seguito di accordi di transizione occupazionale;

•    disposizioni in materia di ammortizzatori sociali a seguito della cessazione del rapporto di lavoro;

•    requisiti per la fruizione della NASpI.

d. Congedo parentale.

e. Indennità di discontinuità per i lavoratori del settore dello spettacolo (IDIS).

Novita’ GIURISPRUDENZIALI

Corte di Giustizia UE, sentenza 19 dicembre 2024.

Lavoro domestico: il datore deve predisporre un sistema che consenta di misurare le ore di lavoro del collaboratore.

Una lavoratrice domestica spagnola aveva ottenuto dai giudici del suo Paese solo parte del compenso richiesto a titolo di lavoro straordinario, in quanto non era stata in grado di dimostrare le ore di lavoro effettivamente svolte. La vicenda ha fatto sorgere il dubbio che la normativa nazionale, la quale esonera i datori dall’obbligo di predisporre un sistema che permetta di misurare la durata dell’orario di lavoro svolto dai collaboratori domestici, sia conforme al diritto eurounitario. La questione è giunta alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ha osservato che: (i) una normativa nazionale siffatta risulta contraria alla Direttiva 2003/88, in quanto rende sostanzialmente impossibile per i lavoratori far rispettare i diritti ad essi conferiti dalla direttiva stessa (la limitazione dell’orario e le pause giornaliere e settimanali); (ii) in ragione delle peculiarità del settore del lavoro domestico, agli Stati membri è riconosciuta la facoltà di prevedere talune deroghe per quanto riguarda le ore di lavoro straordinario e il lavoro a tempo parziale, purché esse non svuotino di contenuto la normativa in oggetto, circostanza che dovrà essere verificata dal giudice spagnolo; (iii) poiché tra i collaboratori domestici sono prevalenti quelli di sesso femminile, non è escluso che, nel caso di specie, sussista anche una discriminazione indiretta fondata sul sesso, a meno che tale situazione sia oggettivamente giustificata.

Corte di Cassazione, ordinanza 7 gennaio 2025, n. 170.

Per il lavoratore disabile deve essere previsto un diverso periodo di comporto.

La Cassazione ha affermato che la conoscenza dello stato di disabilità del dipendente da parte del datore fa sorgere in capo a quest’ultimo un onere di acquisire, prima di procedere al licenziamento per superamento del periodo di comporto, informazioni relative all’eventualità che le assenze per malattia siano legate allo stato di disabilità.

Infatti, la Corte – nel ribaltare la pronuncia di merito ed in accoglimento del ricorso promosso da un lavoratore disabile licenziato per superamento del periodo di comporto – rileva, preliminarmente, che costituisce discriminazione indiretta l’applicazione dell’ordinario periodo di comporto previsto per il lavoratore non disabile anche al dipendente che si trovi in condizione di disabilità.

Tribunale di Milano, sentenza 6 novembre 2024.

Illegittimo il licenziamento disciplinare fondato sugli stessi fatti che avevano già dato luogo a diverse sanzioni, meno gravi: il lavoratore va reintegrato.

Il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso presentato da una lavoratrice licenziata per giusta causa e ha condannato il datore a reintegrare la donna sul posto di lavoro oltre che a corrisponderle un’indennità. Secondo il Giudice, infatti, il potere disciplinare del datore si era già interamente consumato con la precedente applicazione di una sospensione disciplinare. Pertanto, poiché era stato sanzionato con il licenziamento un fatto a cui era già seguita la sanzione meno grave della sospensione senza retribuzione, il Tribunale ha affermato che il licenziamento impugnato dovesse essere annullato per insussistenza del fatto materiale, con conseguente applicazione della tutela reale di cui all’art. 3, comma 2, D.Lgs. 23/2015 (c.d. “Jobs Act”).

Corte di Cassazione, ordinanza 20 dicembre 2024, n. 33531.

Tutela reintegratoria se la contestazione disciplinare è generica.

La Cassazione ha affermato che la genericità della contestazione che impedisce al lavoratore di difendersi è da equiparare all’insussistenza dei fatti addebitati, con conseguente diritto del dipendente alla reintegrazione.

La Corte, infatti, nel confermare la pronuncia di merito ha rilevato che, al fine di evitare la genericità della contestazione, la società che ha comminato il licenziamento ad un proprio dipendente avrebbe dovuto individuare l’esatto ambito di attività del lavoratore con i relativi compiti e precisare quali difformità fossero riconducibili alla responsabilità del medesimo.

Tali elementi erano stati integralmente omessi all’interno della contestazione, la quale, dunque, difettava di specificità, tanto da impedire al lavoratore di esercitare il proprio diritto di difesa.

Corte di Cassazione, sentenza 7 gennaio 2025, n. 276.

La contestazione disciplinare è atto unilaterale recettizio puro e non deve assolvere ad una funzione correttiva.

Con la sentenza in questione la Suprema Corte si è pronunciata relativamente ad un caso di licenziamento per assenze ingiustificate e, nel rigettare il ricorso del lavoratore, ha affermato due interessanti principi. Anzitutto, ai sensi degli artt. 1334 e 1335 c.c., la contestazione disciplinare si reputa conosciuta soltanto nel momento in cui giunge all’indirizzo del destinatario. È irrilevante il giorno dell’invio della contestazione da parte del datore di lavoro, il quale, quindi, può consegnare a mano al dipendente altra e più dettagliata contestazione prima che il precedente atto giunga all’indirizzo di quest’ultimo. In questo caso, poiché la prima contestazione ancora non era stata conosciuta e non ha avuto effetto, non può parlarsi di bis in idem e di avvenuta consumazione del potere disciplinare. Il secondo principio afferma che il datore di lavoro non è tenuto ad un controllo costante dei comportamenti del lavoratore al fine di evitare il loro “possibile aggravamento”. Il lavoratore aveva sostenuto la violazione dell’art. 1375 c.c., in quanto, durante le prime assenze ingiustificate, il datore di lavoro non gli aveva mosso tempestiva contestazione disciplinare. A fronte di ciò la Suprema Corte ha negato l’esistenza di un obbligo del datore di lavoro di procedere con continui controlli e relative contestazioni disciplinari al fine di correggere o interrompere il comportamento del dipendente ed evitare che questi raggiunga la condotta sanzionata con il licenziamento ed ha affermato che di conseguenza “la tempestività della contestazione disciplinare va valutata non in relazione al momento in cui il datore avrebbe potuto accorgersi dell’infrazione ove avesse controllato assiduamente l’operato del dipendente, ma con riguardo all’epoca in cui ne abbia acquisito piena conoscenza”.

Corte di Cassazione, ordinanza 30 dicembre 2024, n. 34895.

La Corte ribadisce: no alla NASpI per il lavoratore che omette di dichiarare lo svolgimento di attività di lavoro autonoma.

La Suprema Corte con la pronuncia in esame ha cassato la sentenza di secondo grado, che aveva accolto la richiesta di pagamento della NASpI avanzata da un lavoratore, già titolare di partita IVA prima della presentazione della relativa domanda amministrativa. La Cassazione, in tale circostanza, ha ribadito l’orientamento ormai consolidato, secondo cui la fattispecie cui si correla la decadenza (prevista dall’art. 11 del D.Lgs. 22/2015) è rappresentata dall’omessa comunicazione all’INPS della circostanza della contemporaneità tra il godimento del trattamento di disoccupazione e lo svolgimento dell’attività lavorativa autonoma da cui possa derivare un reddito. I giudici di legittimità hanno osservato che tale soluzione non si pone in contrasto né con l’art. 38 della Costituzione, in quanto la scelta legislativa della decadenza in luogo di una riduzione del trattamento NASpI è insindacabile, poiché rimessa alla discrezionalità del legislatore, né con l’art. 3 della Costituzione, non potendosi riconoscere alcun affidamento incolpevole del lavoratore in una diversa lettura interpretativa, dal momento che, al tempo in cui non fu effettuata la comunicazione all’INPS, mancava un orientamento giurisprudenziale di segno diverso da quello qui affermato.

Corte di Cassazione, sentenza 13 dicembre 2024, n. 45803.

L’omesso versamento delle ritenute è reato anche se il datore versa in grave crisi economica.

La Corte d’Appello aveva confermato la condanna del legale rappresentante di una società per il reato di cui all’art. 2, comma 1 bis, D.L. 463/83, per avere omesso il versamento delle ritenute sulle retribuzioni dei propri dipendenti per un importo complessivo pari a circa Euro 18.000. La Cassazione, nel rigettare il ricorso dell’imputato, ha ribadito l’orientamento interpretativo consolidato secondo cui, poiché il reato in questione è a dolo generico, per la sua integrazione è sufficiente la sussistenza della mera consapevolezza di omettere i versamenti dovuti, risultando pertanto irrilevante la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità che lo indurrebbe a destinare le risorse finanziarie ad altri debiti ritenuti urgenti.

I giudici di legittimità hanno osservato, infatti, che il datore adempie contemporaneamente ad un obbligo proprio e ad un obbligo altrui e, in ragione di ciò, deve ritenersi vincolato al pagamento delle ritenute allo stesso titolo per cui è vincolato al pagamento delle retribuzioni.

Tribunale di Catanzaro, sentenza 10 dicembre 2024, n. 1028.

Illegittima la c.d. clausola di gradimento del committente sui dipendenti dell’appaltatore.

Il Tribunale di Catanzaro ha affermato che è illegittimo il contratto d’appalto contenente una c.d. clausola di gradimento, con cui il committente obbliga l’appaltatore a sostituire il proprio personale ritenuto inidoneo.

Il Tribunale di Catanzaro, infatti, ha rilevato che una tale previsione integra l’esercizio del potere disciplinare sui dipendenti dell’appaltatore da parte del committente.

Secondo il Giudice la clausola in questione comporterebbe una arbitraria sottoposizione dei dipendenti dell’appaltatore al gradimento del committente, tanto che il primo non potrebbe sindacare il volere del secondo e sarebbe tenuto alla sostituzione immediata (e, quindi, nella sostanza, al licenziamento) del lavoratore ritenuto inidoneo.

Pertanto, a fronte di ciò, il Tribunale di Catanzaro ha accolto il ricorso dei lavoratori.

Corte di Cassazione, ordinanza 28 novembre 2024, n. 43662.

Nessun sfruttamento illecito se il lavoro è intellettuale.

La vicenda trae origine dalle condotte della presidente del Consiglio di amministrazione di una società cooperativa, operante nel settore dell’istruzione, la quale ha proposto ricorso per Cassazione dopo essere stata ritenuta colpevole dei reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603 bis c.p.) ed estorsione aggravata (art. 629 c.p.) per aver:

  • sottoposto i lavoratori a condizioni di sfruttamento approfittando del loro stato di bisogno;
  • costretto taluni dipendenti a restituire la retribuzione ricevuta ovvero a lavorare sottopagati con minaccia consistita nel prospettarne la mancata riassunzione in occasione di successivi rinnovi contrattuali.

La Cassazione, ribaltando la pronuncia di merito, ha rilevato, preliminarmente, che l’art. 603 bis c.p. non può trovare applicazione a settori lavorativi che avvalendosi di prestazioni intellettuali, esulano dalla categoria dei lavori manuali (siano essi in ambito agricolo, artigianale o industriale).

Per la sentenza, infatti, la norma si riferisce al reclutamento o all’utilizzazione di “manodopera”, termine legato non solo al carattere manuale dell’attività, ma anche alla prestazione di lavoro privo di qualificazione.

Secondo la Corte tali elementi sono estranei al lavoro intellettuale, rispetto a cui l’intelletto costituisce elemento identitario che non può essere ricondotto nella categoria generica della manodopera.

Su tali presupposti, visto che la società cooperativa operava in un settore tipicamente intellettuale, ossia quello dell’istruzione, i Giudici di legittimità hanno accolto il ricorso dell’imputata limitatamente al reato di sfruttamento del lavoro.

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