NOVITÀ NORMATIVE
Legge 19 novembre 2021 n. 165, in G.U. 20 novembre 2021 n. 277
È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 277 del 20 novembre 2021, la legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 127/2021, che aveva introdotto, dallo scorso 15 ottobre, l’obbligo di possesso del GREEN PASS per accedere ai luoghi di lavoro, sia in ambito privato che pubblico.
La conversione in legge del DL 127 apporta alcune novità alla previgente regolamentazione.
La più rilevante è la possibilità per i lavoratori di consegnare, su base volontaria, copia del proprio Green Pass al datore di lavoro, con la conseguente esenzione dai controlli per il periodo di validità dello stesso. Una disposizione, questa, che è stata oggetto di valutazione da parte del Garante della privacy in una segnalazione, rivolta a Camera e Governo dopo il via libera al testo da parte del Senato, in cui sono stati rilevati diversi aspetti critici. Tale specifica disposizione non è stata tuttavia resa oggetto di alcun correttivo o riscrittura prima della pubblicazione in Gazzetta della legge.
Viene inoltre stabilito – ratificando sul piano normativo la risposta ad una FAQ già in precedenza pubblicata sul sito del Governo – che se la certificazione verde scade durante l’orario di lavoro, il lavoratore può continuare la sua attività fino al termine del turno, non applicandosi a suo carico la sanzione amministrativa prevista (da 600 a 1.500 euro) se, in caso di controllo, risultasse in possesso di green pass scaduto dopo l’ora di inizio.
Si prolunga il periodo in cui i datori di lavoro del settore privato, con meno di quindici dipendenti, possono sospendere e sostituire un addetto privo del certificato verde. Il D.L. 127 stabiliva che questi, oltre ad essere ritenuto assente ingiustificato e sospeso dal servizio, avrebbe potuto essere sostituito con personale assunto mediante contratto a termine di durata massima pari a dieci giorni, rinnovabile solo una volta. Per effetto delle modifiche introdotte in sede di conversione, viene ora stabilito che il contratto di sostituzione del dipendente senza green pass potrà essere rinnovato più volte, anziché una sola, purché entro il 31 dicembre 2021 (fine attuale dello stato di emergenza). Il contratto e i rinnovi avranno sempre durata massima di dieci giorni, ma ora è stato precisato che si tratta di giorni lavorativi.
Vengono infine confermati gli obblighi di verifica a carico dei datori di lavoro, ma per quanto riguarda i lavoratori somministrati è stato precisato che il controllo all’accesso al luogo di lavoro incombe solo sull’utilizzatore, mentre il somministratore dovrà solo informare i lavoratori circa la sussistenza delle prescrizioni relative al possesso ed esibizione del green pass.
Autorità Garante per la protezione dei dati personali. Segnalazione del 11.11.2021
Tra le novità introdotte dalla L. 165/2021 si contempla la consegna (spontanea) della certificazione verde da parte dei lavoratori al Titolare del trattamento ne consegue che l’organizzazione sarà tenuta all’adozione di una serie di misure tecniche e organizzative allo scopo di proteggere la riservatezza dei lavoratori.
Il Titolare del trattamento dovrà, pertanto, individuare una politica capace di garantire l’integrità e la privacy delle informazioni sin dalla fase di ricezione della certificazione.
La necessità di rafforzare le misure tecniche predisposte è stata ribadita anche dalla Autorità Garante per la protezione dei dati personali che con Segnalazione del 11.11.2021 ha dichiarato l’importanza di attuare misure di sicurezza informatiche idonee a prevenire il rischio informatico.
Si allude alla digitalizzazione della fase di consegna e conservazione da parte dell’organizzazione, anche se nulla osta alla consegna cartacea della certificazione. In tal ultima ipotesi, il Titolare dovrà garantire che la fase di consegna e conservazione siano adeguatamente protette attraverso l’adozione di misure idonee (locali aziendali ad hoc e archivi dotati di serratura).
L’attuazione da parte del Titolare di misure tecniche pesa maggiormente sul Titolare qualora, invece, il canale di ricezione e conservazione della certificazione siano digitali. L’azione predisposta, allora, dovrà integrare le misure già all’occorrenza adottate in fase di adeguamento al GDPR, soprattutto dal punto di vista informatico. La consegna e la ricezione della certificazione verde dovranno, pertanto, essere parametrate da una politica che tenga conto del livello di sicurezza informatica attuata (e da attuare) e alla corretta individuazione dei soggetti tenuti alla ricezione.
Rientrano nelle misure di sicurezza sia le misure tecniche sia quelle organizzative di cui all’art. 32 del GDPR. Le prime riguardano l’infrastruttura aziendale e fanno riferimento alle politiche di sicurezza adottate affinché il flusso di informazioni sia protetto da eventuali violazioni informatiche che lederebbero la privacy dei lavoratori. Le seconde, invece, riguardano la corretta mappatura dei soggetti che partecipano al trattamento. In particolare, è consigliabile rafforzare la nomina del delegato, figura già prevista dal D.L 52/2021, come modificato dal D.L. 127/2021.
Si tratta della nomina a designato al trattamento di cui agli artt. 29 GDPR e 2 quaterdecies Codice Privacy, la stessa dovrà riportare le azioni da intraprendere e le politiche da rispettare sia nella fase di ricezione che in quella di conservazione.
La nomina a delegati alla ricezione dovrà pertanto riportare istruzioni chiare e precise per i soggetti autorizzati al ricevimento delle certificazioni verdi.
L’insieme di misure adottate dovrà essere poi riportato nel modello privacy aziendale coinvolgendo il DPO o in assenza il Privacy Officer.
Tra le misure da attuare anche l’aggiornamento del registro dei trattamenti ex art. 30 del GDPR, nello stesso andrà indicato il periodo di conservazione che coinciderà con la durata della situazione d’emergenza (ad oggi, 31 dicembre 2021).
L’obbligo di informare gli interessati.
Il titolare del trattamento, all’atto di ricezione della certificazione, è tenuto a fornire al lavoratore adeguata informativa ai sensi dell’art. 13 del GDPR.
Per quanto attiene la base giuridica, la stessa si rinviene nell’adempimento ad un obbligo di legge (art. 6 lett. c GDPR) all’articolo 9-quinquies (per il settore pubblico) e all’articolo 9-septies (per il settore privato) del D.L. 52/2021 come modificato dal D.l. 127/2021 che impongono l’obbligo di verifica del Green Pass.
Come sottolineato dall’Autorità Garante nel provvedimento succitato la base giuridica del trattamento nell’ambito dei rapporti di lavoro non può essere rappresentata dal consenso, e il fatto che il lavoratore consegni, su proprio impulso, la certificazione verde non costituisce un consenso implicito.
Tale evenienza solleva, per altro, il Titolare del trattamento da una serie di adempimenti ulteriori che conseguirebbero dalla raccolta del consenso. È ormai noto che nei rapporti di lavoro, il consenso rilasciato dal dipendente non può costituire un’idonea legittimazione in virtù dello squilibrio delle parti nel rapporto di lavoro.
Il lavoratore si potrebbe trovare in una situazione di soggezione che invaliderebbe il consenso espresso.
Legge 5 novembre 2021 n. 162, in G.U. 18 novembre 2021 n. 275
Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo.
Tra le disposizioni contenute nella legge in commento – che entreranno in vigore a partire dal 3 dicembre – si segnalano:
una più ampia definizione di discriminazione (“Ogni trattamento o modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità […] pone o può porre il lavoratore in […] posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori; limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali; limitazione dell’accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera”);
l’estensione dell’obbligo di redazione del rapporto biennale ai datori di lavoro con oltre 50 dipendenti (anziché con più di 100, come in passato);
nuove sanzioni in caso di rapporti mendaci e/o incompleti;
l’introduzione della “certificazione parità di genere”, con correlata possibilità di ottenere uno sgravio contributivo per l’anno 2022, ovvero un punteggio premiale nella concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento di investimenti sostenuti dalle imprese.
INPS, messaggio 18 novembre 2021 n. 4027
Lavoratori aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia. Novità introdotte dall’articolo 8 del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146.
Con il messaggio n. 4027/2021 l’INPS prende atto delle modifiche apportate dal decreto legge n. 146/2021 all’art. 26 del Dl n. 18/2020 (decreto Cura Italia) che, al comma 1, stabilisce l’equiparazione al trattamento economico di malattia del periodo trascorso in quarantena causa Covid-19 ed, al comma 2, riconosce la tutela economica del ricovero ospedaliero alle assenze dal lavoro delle persone cd. fragili.
Le pratiche di malattia per quarantena da Covid-19 ricadenti nel periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 2021, che l’INPS non ha indennizzato in ragione dell’assenza dei rispettivi fondi, verranno pertanto riesaminate in base all’ordine cronologico degli eventi. I certificati di malattia in questione, puntualizza l’Istituto rivolgendosi alle proprie sedi territoriali, sono quelli contrassegnati con il codice V07.
NOVITÀ GIURISPRUDENZIALI
Corte di cassazione, ordinanza 18 novembre 2021 n. 35364
Ancora sulla nozione di rischio elettivo negli infortuni sul lavoro in un caso controverso.
Nel corso di un lavoro al pian terreno di un edificio abbandonato e in via di smaltimento, i due operai addetti si recarono al piano superiore e qui uno di essi, aperta una porta, precipitò nel vano vuoto di un ascensore. In giudizio, la Corte d’appello respinse la sua domanda di risarcimento svolta sia nei confronti del datore di lavoro appaltatore che del committente, valutando anomalo il comportamento dell’operaio, che si sarebbe esposto volontariamente a un rischio da ritenere elettivo. La Corte di legittimità cassa la sentenza, ricordando che il rischio elettivo si configura unicamente nel caso in cui il comportamento del lavoratore sia abnorme, imprevedibile e estraneo rispetto al procedimento lavorativo affidatogli e imputando al datore di lavoro di non aver espressamente vietato ai due operai di recarsi al piano di sopra e alla società committente di non aver preventivamente indicato i luoghi di possibile pericolo nel cantiere appaltato.
Corte di cassazione, ordinanza 11 novembre 2021 n. 33365.
Non è automatica la responsabilità del committente per infortuni occorsi in esecuzione del contratto di appalto.
In un caso d’infortunio mortale di un dipendente dell’appaltatore avvenuto nel corso dei lavori di esecuzione dell’appalto, gli eredi avevano chiesto il risarcimento del conseguente danno morale subìto anche al committente, a norma dell’art. 26, secondo comma del D. Lgs n. 88/2008. La Corte, confermando in proposito la sentenza della Corte d’appello, afferma che la responsabilità del committente non è automatica come ritenuto dai ricorrenti, ma occorre verificare in concreto l’effettiva incidenza del suo comportamento nella causazione dell’evento, in termini di effettiva valutazione con mezzi adeguati dell’idoneità tecnico-professionale dell’appaltatore in relazione ai lavori da svolgere, della eventuale ingerenza nell’esecuzione dei lavori appaltati, della possibilità di percepire agevolmente e quindi di comunicare eventuali situazioni di pericolo incombente etc. In definitiva, la responsabilità del committente non è automatica, ma deriva dalla violazione degli obblighi di sicurezza su di lui gravanti.
Corte di cassazione, ordinanza 8 novembre 2021 n. 32473
Non indennizzabile l’infortunio occorso fuori dell’azienda per una “pausa caffè”.
La dipendente di una Procura della repubblica, ottenuto il permesso di uscire dal diretto superiore e timbrato l’apposito cartellino in uscita, subiva un infortunio nel recarsi a un bar esterno per un caffè. In giudizio, la Corte le nega il diritto all’indennizzo da parte dell’INAIL, ricordando lo stato della giurisprudenza in ordine alla nozione di “occasione di lavoro” che giustifica l’indennizzo e concludendo che nel caso esaminato la lavoratrice si era volontariamente esposta a un rischio non necessariamente connesso con l’attività lavorativa per soddisfare un bisogno procrastinabile e non impellente. In tal modo era stato interrotto il nesso causale tra lavoro e infortunio, irrilevante essendo il fatto che la pausa fosse stata autorizzata.
Corte di cassazione, ordinanza 22 ottobre 2021 n. 29637
Nel giudizio per la condanna del datore di lavoro a versare i contributi all’INPS quest’ultimo è litisconsorte necessario.
Sul punto in Cassazione si erano confrontati due orientamenti: secondo il primo, dato che l’INPS in questo tipo di giudizi è mero destinatario del versamento di contributi, la sua presenza sarebbe superflua; secondo il secondo, viceversa, essendo l’INPS il diretto interessato all’accertamento giudiziale in questione nonché destinatario del versamento, la sua presenza sarebbe necessaria nel giudizio. La Corte ricorda che il contrasto era stato risolto dalle sezioni unite (sent. n. 3678/099 nel senso dell’integrazione del contradditorio nei confronti dell’INPS, in ragione dell’indisponibilità dell’obbligazione contributiva, che renderebbe inutile la condanna in assenza dell’INPS. La sentenza si conforma a tale orientamento in un caso in cui un ex dipendente bancario, che aveva aderito al Fondo di solidarietà dei bancari al fine di percepire l’assegno straordinario fino alla pensione, aveva chiesto la condanna del datore di lavoro a versare all’INPS i contributi parzialmente omessi in relazione a tale periodo di tempo.
Corte d’appello di Milano, 25 ottobre 2021
Ancora una pronuncia che conferma la sospensione della prescrizione in corso di rapporto a seguito della riforma dell’art. 18 Stat. lav.
La Corte d’appello di Milano, confermando la pronuncia di primo grado, conferma il proprio orientamento ormai consolidato, secondo il quale a seguito dell’entrata in vigore della L. 92/2012, la prescrizione non decorre in corso di rapporto anche quando la tutela applicabile è quella prevista dall’art. 18 S.L, stante il “metus” del lavoratore determinato dalle ipotesi solo residuali di reintegrazione. La Corte conferma la condanna al pagamento delle retribuzioni arretrate di un ex dipendente della società appellante.