NEWSLETTER DECRETO RILANCIO Novità normative – COVID-19

D.L. 19 maggio 2020, n. 34, c.d. DECRETO RILANCIO, recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”.

In data 19 maggio 2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34 recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”.

Quali sono le novità normative?

Innanzitutto il c.d. decreto “Rilancio” ha apportato alcune modifiche al testo del D.L. n. 18 del 2020, chiarendo, modificando o prorogando molte disposizioni in esso contenute ed inoltre ha introdotto nuove disposizioni di natura giuslavoristica per tutelare i lavoratori e salvaguardare le imprese in questo contesto emergenziale.

Di seguito i principali interventi.

  1. DPI – L’art. 66 ha modificato quanto disposto dall’art. 16 del D.L. n. 18 del 2020, prevedendo che, per contenere il diffondersi del virus Covid-19, tutti i lavoratori e i volontari, sanitari e non, che nello svolgimento della loro attività lavorativa sono impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, sono tenuti ad indossare i dispositivi di protezione individuale quali le mascherine chirurgiche. Tale previsione si applica anche ai lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari.
  2. Licenziamenti – L’art. 80 ha modificato quanto disposto dall’art. 46 del D.L. n. 18 del 2020, il quale stabiliva la sospensione dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo per due mesi a decorrere dal 23 febbraio 2020. La proroga della sospensione è ora prevista stabilita retroattivamente per cinque mesi. Viene introdotto il comma 1-bis: il datore di lavoro che, dal 23 febbraio 2020 al 17 marzo 2020, abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo, può revocare in ogni tempo il recesso purché contestualmente faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale dalla data in cui abbia avuto efficacia il licenziamento. In tal caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro.
  3. Contratti a termine – L’art. 93 stabilisce che è possibile rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere alla data del 23 febbraio 2020 anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81.
  4. CIGO e FIS – L’art. 68 ha modificato quanto disposto dall’art. 19 del D.L. n. 18 del 2020, prevedendo che i datori di lavoro che hanno sospeso l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19, possono presentare domanda di cassa integrazione ordinaria (CIGO) o di assegno ordinario, con causale “emergenza COVID-19”, per una durata massima di 9 settimane nel corso del periodo tra il 23.02.2020 e il 31.08.2020. C’è, inoltre, la possibilità di incrementare il periodo di ammortizzazione per un periodo di ulteriori 5 settimane per i datori di lavoro che hanno già usufruito integralmente delle suddette 9 settimane. Inoltre, per il periodo compreso tra il 1.09.2020 ed il 31.10.2020, è riconosciuto un eventuale ulteriore periodo di durata massima di 4 settimane di trattamento.

Per i datori di lavoro dei settori turismo, fiere, congressi, parchi divertimento, spettacolo dal vivo e sale cinematografiche, è possibile usufruire delle predette 4 settimane anche per periodi decorrenti antecedentemente il 1.09.2020 a condizione che i medesimi abbiano fruito il periodo precedentemente concesso fino alla durata massima di 14 settimane.

Si potrà dare domanda di cassa integrazione entro la fine del mese in cui è iniziato il periodo di riduzione o sospensione dell’attività. Tuttavia, il termine di presentazione delle domande riferite a periodi che hanno avuto inizio tra il 23.02.2020 e il 30.04.2020 è fissato al 31.05.2020. Qualora la domanda sia presentata dopo il termine il trattamento di integrazione salariale non potrà aver luogo per periodi anteriori di una settimana rispetto alla data di presentazione.

Inoltre, i destinatari dell’assegno ordinario del Fondo di Integrazione Salariale (FIS) saranno legittimati a ricevere l’assegno per il nucleo familiare.

  1. CIGS – L’art. 69 ha modificato quanto disposto nell’art. 19 del D.L. n. 18 del 2020, prevedendo che le aziende in cassa integrazione straordinaria hanno la possibilità di usufruire della cassa integrazione ordinaria o dell’assegno ordinario per “emergenza Covid-19” per la durata di 9 settimane per i periodi decorrenti dal 23.02.2020 al 31.08.2020. Tale periodo può essere incrementato di 5 settimane qualora il datore di lavoro abbia già usufruito delle 9 settimane concesse. È altresì riconosciuto un eventuale ulteriore periodo di durata massima di 4 settimane di trattamento per i periodi decorrenti dal 1.09.2020 al 31.10.2020.
  2. Cassa integrazione in deroga – L’art. 70 ha modificato quanto disposto nell’art. 22 del D.L. n. 18 del 2020, prevedendo che tale ammortizzatore possa essere concesso per ulteriori 5 settimane per i datori di lavoro che tra il 23.02.2020 ed il 31.08.2020 abbiano esaurito le 9 settimane di ammortizzatore previste dal D.L. “Cura Italia”, nonché di ulteriori 4 settimane per il periodo compreso tra il 1.09.2020 ed il 31.10.2020. Per i datori di lavoro dei settori del turismo, fiere, congressi, parchi divertimento, spettacolo dal vivo e sale cinematografiche, è possibile usufruire delle predette 4 settimane anche per periodi decorrenti antecedentemente il 1.09.2020 a condizione che i medesimi abbiano fruito il periodo precedentemente concesso fino alla durata massima di 14 settimane.
  3. NASPI e DIS-COLL – L’art. 92 prevede la proroga di due mesi per i lavoratori in Naspi o Dis-Coll scaduta nei mesi di marzo e aprile. Nello specifico, la proroga dell’assegno di disoccupazione si applicherà esclusivamente qualora il periodo di fruizione sia terminato tra il 1° marzo 2020 ed il 30 aprile 2020 e il termine di due mesi decorre dalla data di scadenza. L’importo dell’assegno di disoccupazione riconosciuto per gli ulteriori due mesi sarà pari all’ultima indennità mensile spettante per la prestazione originaria. Tale proroga non troverà applicazione per chi già beneficiario delle indennità di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, 38 e 44 del DL 17 marzo 2020 n. 1 8, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, né di quelle di cui agli articoli 84, 85 e 98 del Decreto Rilancio.
  4. Congedi per i dipendenti – L’art. 72 ha modificato quanto disposto dall’art. 23 del D.L. n. 18 del 2020, prevedendo per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 30 giorni, i giorni di permesso per cui viene riconosciuta una indennità sino al 50% della retribuzione per tutti i genitori lavoratori dipendenti del settore privato con figli fino a 12 anni. Queste 30 giornate, coperte da contribuzione figurativa, potranno essere utilizzate a decorrere dal 5.03.2020 al 31.07.2020.

Per i genitori con figli minori di 16 anni è prevista la possibilità di astensione dal lavoro senza la corresponsione di alcuna indennità o riconoscimento di contribuzione figurativa, con diritto alla conservazione del posto di lavoro e con divieto di licenziamento, per tutto il periodo di sospensione di servizi educativi per l’infanzia e/o delle attività didattiche di ogni ordine e grado.

Viene poi prevista la possibilità di usufruire del “bonus baby sitter” per poter pagare l’iscrizione a servizi integrativi per l’infanzia, centri con funzione educativa o ricreativa o servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia. L’importo del bonus è aumentato ad Euro 1.200,00 da erogarsi tramite il libretto famiglia. Per i dipendenti del settore sanitario il bonus è aumentato ad Euro 2.000,00.

  1. Permessi retribuiti – L’art. 73 ha modificato quanto disposto dall’art. 24 del D.L. n. 18 del 2020 prevedendo la possibilità di usufruire di ulteriori 12 giornate nei mesi di maggio e giugno 2020, per tutti coloro che beneficiano dei permessi di cui all’art. 33 della L. n. 104 del 1992.
  2. Sorveglianza sanitaria – L’art. 83 ha previsto che, per garantire lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive e commerciali in relazione al rischio di contagio da virus Covid-19, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza per rischio sanitario sul territorio nazionale, i datori di lavoro devono assicurare la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio derivante da altri fattori, quali la presenza di altre malattie, patologie oncologiche, o dalla infezione da Covid-19.

Per i datori di lavoro che non sono tenuti alla nomina del medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria, la sorveglianza sanitaria eccezionale può essere richiesta ai servizi territoriali dell’INAIL che vi provvedono con propri medici del lavoro.

L’inidoneità alla mansione accertata dal medico competente non giustifica il recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro.

  1. Smart working – L’art. 90 ha previsto che fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di 14 anni, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali. Condizione è che non vi sia un altro genitore che sia beneficiario di strumenti di sostegno al reddito dovuti alla sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o in ogni caso che non lavori.
  2. Indennità lavoratori danneggiati dall’emergenza COVID-19 – Accanto ai professionisti e lavoratori già beneficiari dell’indennità di marzo di Euro 600 ex artt. 27, 28, 29, 30, 38 del decreto Cura Italia, gli artt. 84 (nuove indennità per i lavoratori danneggiati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19), 85 (lavoratori domestici) e 98 (lavoratori sportivi) del decreto Rilancio prevedono nuove categorie di soggetti beneficiari dei contributi. Di seguito una tabella illustrativa dei bonus previsti dall’art. 84.
CATEGORIAAPRILE 2020MAGGIO 2020
Liberi professionisti e collaboratori coordinati continuativi già beneficiari per il mese di marzo dell’indennità pari ad Euro 600Euro 600
Liberi professionisti iscritti alla Gestione Separata INPS titolari di partita IVA attiva al 19 maggio 2020, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che abbiano subito una comprovata riduzione di almeno il 33% cento del reddito del secondo bimestre 2020, rispetto al reddito del secondo bimestre 2019Euro 1000
Lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, iscritti alla Gestione separata, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che abbiano cessato il rapporto di lavoro al 19 maggio 2020Euro 1.000
Lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’AGO già beneficiari per il mese di marzo 2020 dell’indennità pari ad Euro 600Euro 600
Lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali già beneficiari per il mese di marzo 2020 dell’indennità pari ad Euro 600Euro 600
Lavoratori in somministrazione, impiegati presso imprese utilizzatrici operanti nel settore del turismo e degli stabilimenti termali, che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020, non titolari di pensione, né di rapporto di lavoro dipendente, né di NASPI, al 19 maggio 2020Euro 600
Lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020, non titolari di pensione, né di rapporto di lavoro dipendente, né di NASPI, al 19 maggio 2020Euro 1.000
Lavoratori in somministrazione, impiegati presso imprese utilizzatrici operanti nel settore del turismo e degli stabilimenti termali, che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020, non titolari di pensione, né di rapporto di lavoro dipendente, né di NASPI, al 19 maggio 2020Euro 1.000
Lavoratori del settore agricolo già beneficiari per il mese di marzo dell’indennità pari ad Euro 600Euro 500
Lavoratori dipendenti stagionali appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020 e che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno trenta giornate nel medesimo periodoEuro 600Euro 600
Lavoratori intermittenti, che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno trenta giornate nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020Euro 600Euro 600
Lavoratori autonomi, privi di partita IVA, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 23 febbraio 2020 siano stati titolari di contratti autonomi occasionali e che non abbiano un contratto in essere alla data del 23 febbraio 2020. Gli stessi, per tali contratti, devono essere già iscritti alla data del 23 febbraio 2020 alla Gestione separata INPS, con accredito nello stesso arco temporale di almeno un contributo mensileEuro 600Euro 600
Incaricati alle vendite a domicilio con reddito annuo 2019 derivante dalle medesime attività superiore ad Euro 5.000 e titolari di partita IVA attiva e iscritti alla Gestione Separata e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorieEuro 600Euro 600
Lavoratori iscritti al Fondo pensioni Lavoratori dello spettacolo, con almeno trenta contributi giornalieri versati nell’anno 2019 al medesimo Fondo, cui deriva un reddito non superiore ad Euro 50.000Euro 600Euro 600
Lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo con almeno sette contributi giornalieri versati nel 2019, cui deriva un reddito non superiore ad Euro 35.000Euro 600Euro 600

COVID-19: TUTELA INFORTUNISTICA E RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO

L’INAIL è intervenuto nuovamente in materia di responsabilità del datore di lavoro nei casi accertati di infezione da Covid-19 in occasione di lavoro. Con la circolare n. 22 del 20 maggio 2020 l’Istituto integra e precisa quanto precedentemente indicato con la circolare n. 13 del 3 aprile 2020.

In particolare, si ribadisce che l’infezione da SARS-Cov-2, come accade per tutte le infezioni da agenti biologici se contratte in occasione di lavoro, è tutelata dall’INAIL quale infortunio sul lavoro. Ciò in quanto le patologie infettive contratte in occasione di lavoro sono da sempre inquadrate e trattate come infortunio sul lavoro poiché la causa virulenta viene equiparata alla causa violenta propria dell’infortunio. Si ricorda, inoltre, che viene riconsociuto anche l’infortunio in itinere e che gli oneri degli eventi infortunistici del contagio non incidono sull’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico, come stabilito dall’art. 42, co. 2 del Decreto Cura Italia convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27.

L’indennità per inabilità temporanea assoluta copre anche il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria (sempre che il contagio sia riconducibile all’attività lavorativa), con la conseguente astensione dal lavoro.

Circa l’accertamento dell’infortunio da contagio da SARS-CoV-2, l’Istituto specifica che occorre in ogni caso accertare la sussistenza dei fatti noti, cioè di indizi gravi, precisi e concordanti sui quali deve fondarsi la presunzione semplice di origine professionale, ferma restando la possibilità di prova contraria a carico dell’Istituto. In tale contesto, l’Istituto valuta tutti gli elementi acquisiti d’ufficio, quelli forniti dal lavoratore nonché quelli prodotti dal datore di lavoro, in sede di invio della denuncia d’infortunio contenente tutti gli elementi utili sulle cause e circostanze dell’evento denunciato.

Infine l’Istituto chiarisce che non possono confondersi i presupposti per l’erogazione di un indennizzo INAIL con i presupposti per la responsabilità penale e civile del datore di lavoro, che devono essere rigorosamente accertati con criteri diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative: oltre alla prova del nesso di causalità, infatti, occorre anche la prova dell’imputabilità quantomeno a titolo di colpa della condotta tenuta dal datore di lavoro. Ne consegue che il riconoscimento del diritto alle prestazioni da parte dell’Istituto non può assumere rilievo per sostenere l’accusa in sede penale e civile. Pertanto, in questo contesto emergenziale, la responsabilità del datore di lavoro è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto legge 16 maggio 2020, n. 33. L’eventuale azione di regresso si deve basare sul rapporto di causalità tra omissione ed evento verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, pertanto l’Istituto ammette che, in assenza di una comprovata violazione, sarebbe molto arduo ipotizzare e dimostrare la colpa del datore di lavoro.

Newsletter Test Sierologici in Azienda

L’AZIENDA NON PUO’ IMPORRE IL TEST SIEROLOGICO AL LAVORATORE

In pieno periodo emergenziale continuano a trovare applicazione i principi in materia di riservatezza e protezione dei dati personali. Non è dunque ammissibile una raccolta di dati, specialmente sanitari, in modo aprioristico, generalizzato e sistematico.

Ha sollevato, fin da subito, numerose perplessità l’utilizzo in azienda di test rapidi di positività al virus, quando questi comportino la raccolta in modo generalizzato di dati sanitari. Proprio il 14.05.2020 il Garante della Privacy si è espresso in merito all’utilizzo di test sierologici in azienda.

Con apposita domanda inserita nelle FAQ dedicate al trattamento dei dati nel contesto lavorativo pubblico e privato nell’ambito dell’emergenza sanitaria, il Garante precisa che il datore di lavoro può richiedere l’effettuazione di test sierologici solo se disposta dal Medico Competente ed, in ogni caso, nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie. Solo il medico del lavoro infatti, nell’ambito della sorveglianza sanitaria, può stabilire la necessità di particolari esami clinici e biologici. E sempre il Medico Competente può suggerire l’adozione di mezzi diagnostici, quando li ritenga utili al fine del contenimento della diffusione del virus, nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie, anche riguardo alla loro affidabilità e appropriatezza.

Ciò significa che le imprese potranno aderire a campagne di screening pubbliche, senza poter però conoscere l’esito degli accertamenti effettuati. Laddove non vi siano campagne di screening pubbliche, e quindi, in mancanza di una base giuridica abilitante, l’alternativa è prevedere il carattere volontario del test, quindi il consenso liberamente espresso del lavoratore. Occorre sempre assicurare che l’effettuazione del test e la raccolta del dato avvengano attraverso l’azione di operatori sanitari e che siano incluse le garanzie di riservatezza e anonimato.

Resta fermo che le informazioni relative alla diagnosi o all’anamnesi familiare del lavoratore non possono essere trattate dal datore di lavoro (ad esempio, mediante la consultazione dei referti o degli esiti degli esami), salvi i casi espressamente previsti dalla legge. Il datore di lavoro può, invece, trattare i dati relativi al giudizio di idoneità alla mansione specifica e alle eventuali prescrizioni o limitazioni che il Medico Competente può stabilire come condizioni di lavoro.

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NEWSLETTER N. 5 DEL 2020

NOVITÀ’ NORMATIVE – COVID-19

Legge n. 27 del 24 aprile 2020, pubblicata sul Supplemento Ordinario n. 16 alla Gazzetta Ufficiale n. 110 del 29 aprile 2020. “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19. Proroga dei termini per l’adozione di decreti legislativi”.

In data 29 aprile 2020 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27, con modificazioni, del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18.

Cosa è cambiato rispetto al D.L. n. 18 del 2020? Quali sono le novità normative?

La legge di conversione del c.d. decreto “Cura Italia” ha apportato alcune modifiche al testo di quest’ultimo, non solo introducendo ad hoc nuove disposizioni, ma anche riformulando alcuni istituti di natura giuslavoristica per favorirne l’applicazione in questo contesto emergenziale.

Vediamo in concreto le NOVITÀ.

  1. E’ stata stralciata dall’art. 19, comma 2 del decreto la previsione che obbligava i datori di lavoro – al momento della richiesta per il trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con causale “emergenza COVID-19” – a svolgere la consultazione e l’esame congiunto con le Organizzazioni Sindacali, anche in via telematica, entro 3 giorni a partire dalla comunicazione preventiva trasmessa alle stesse.

Pertanto, secondo la nuova previsione, la CIGO e l’assegno ordinario FIS per emergenza Covid-19, oltre a non essere sottoposti alle normali regole procedurali nonché ai limiti di durata disciplinati dal D.Lgs. n. 148 del 2015, non imporranno più neanche quel minimo di consultazione con le Organizzazioni Sindacali fino ad ora richiesto.

  • Con una norma di interpretazione autentica del D.L. n. 18 del 2020, viene introdotto l’art. 19bis, con cui viene ammessa la possibilità che i datori di lavoro che ricorrono agli ammortizzatori sociali con causale COVID-19 proroghino o rinnovino i contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione, in scadenza. In queste ipotesi di rinnovo/proroga si autorizza inoltre la deroga al generale obbligo di far intercorrere un periodo minimo di 10 giorni fra la data di scadenza di un contratto a termine ed il suo rinnovo, ovvero 20 giorni se il primo contratto a termine ha durata superiore a sei mesi (art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 81 del 2015), nonché al generale divieto di stipulare contratti a termine da parte di aziende presso le quali sono in corso sospensioni o riduzioni dell’orario con intervento della cassa integrazione (art. 20, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 81 del 2015).
  • In tema di cassa integrazione in deroga, operando una aggiunta all’art. 22, comma 1 del D.L. n. 18 del 2020, viene stabilita la non necessarietà dell’accordo fra Organizzazioni Sindacali e Regione competente, oltre che per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti, anche a tutti quei “datori di lavoro che hanno chiuso l’attività in ottemperanza ai provvedimenti di urgenza emanati per far fronte all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
  • Vengono inoltre disciplinate due ipotesi aggiuntive ricorso alla cassa integrazione guadagni in deroga, alle quali solo i datori di lavoro con sede nei comuni della ex “zona rossa” per i dipendenti ivi impiegati (ossia i comuni di cui all’allegato 1 del DPCM 1 marzo 2020 – Bertonicco, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini, Vo’), nonché i datori con dipendenti comunque residenti in tali zone, potranno avere accesso. In particolare, per questi soggetti:

a) è stato previsto un trattamento di integrazione salariale per un massimo di altri 3 mesi (art. 22, comma 8bis);

b) viene disposta la possibilità per le Regioni della Lombardia, Emilia e Veneto di autorizzare una cassa in deroga ulteriore, di massimo 4 settimane (art. 22, comma 8quater).

  • La legge di conversione amplia poi la platea di lavoratori dipendenti ai quali viene riconosciuto il diritto a svolgere la propria prestazione in modalità agile, sempre a condizione che tale modalità sia compatibile con la natura delle mansioni espletate, prolungando inoltre il periodo entro in quale tale diritto potrà essere esercitato. Alle categorie di lavoratori a cui inizialmente l’art. 39 del D.L. n. 18 del 2020 attribuiva il diritto a poter lavorare da remoto – ossia i disabili nelle condizioni di cui all’art. 3, comma 3, della L. n. 104 del 1992, nonché i familiari di persona avente la medesima condizione di disabilità riconosciuta – si aggiungono ora i lavoratori immunodepressi ed i lavoratori familiari conviventi di persone immunodepresse. Per ciò che concerne il periodo entro il quale le citate categorie di lavoratori potranno far valere un diritto a svolgere la propria prestazione in regime di smart working, lo stesso viene esteso sino alla fine dell’emergenza epidemiologica nazionale, e non solo fino al 30 aprile 2020 come inizialmente previsto.
  • Un’altra modifica apportata dalla legge di conversione riguarda poi la rubrica dell’art. 46 del D.L. n. 18 del 2020, in precedenza erroneamente intitolata “Sospensione delle procedure di impugnazione dei licenziamenti“, laddove nel testo dell’articolo non si disponeva la sospensione delle impugnazioni dei licenziamenti, quanto piuttosto delle procedure di licenziamento collettivo e dei licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. Dando ascolto alle critiche che all’indomani dell’entrata in vigore del decreto “Cura Italia” erano state sollevate dalla pressoché totalità dei commentatori, la rubrica dell’art. 46 è stata modificata in “Disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo“. In sede di conversione il Legislatore precisa altresì che il divieto di intimare licenziamenti collettivi e la sospensione delle relative procedure nei 60 giorni successivi alla data del 17 marzo 2020 non debbano applicarsi qualora il personale interessato dal licenziamento sia impiegato nell’ambito di un appalto cessato e venga riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d’appalto medesimo.
  • Per i lavoratori autonomi, professionisti e co.co.co, ivi compresi i titolari di impresa iscritti all’AGO, alle forme esclusive e sostitutive della stessa o alla gestione separata, operanti o residenti nella c.d. “zona rossa” viene stabilita l’erogazione per tre mesi di un’indennità di 500 euro mensili, parametrata al periodo di sospensione dell’attività.
  • Da ultimo si segnala l’aggiunta all’interno del D.L. n. 18 del 2020 dell’art. 17bis volto a dettare una disciplina transitoria per i trattamenti dei dati sanitari e dei dati relativi a condanne penali e reati effettuati nel corso dell’emergenza sanitaria. Pur precisando che i principi fondamentali definiti dalla normativa italiana ed europea in materia di protezione dei dati personali rimangono pienamente applicabili anche nell’eccezionale contesto dell’emergenza pandemica, la legge di conversione stabilisce che i dati sanitari e quelli relativi a condanne penali e reati potranno essere trattati dalle autorità competenti alla gestione e contrasto dell’emergenza: Protezione Civile, Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, strutture pubbliche e private del servizio sanitario nazionale, nonché scambiati fra le medesime autorità, purché i trattamenti siano necessari all’espletamento delle loro funzioni nell’ambito dell’emergenza sanitaria.

Una soglia più elevata di scrutinio viene invece stabilita per le comunicazioni di tutti gli altri dati personali o delle comunicazioni effettuate nei confronti dei soggetti che non appartengono alle suddette autorità. In tal caso, i trattamenti saranno infatti giustificati solo se indispensabili (e non semplicemente necessari) all’espletamento delle funzioni collegate alla gestione dell’emergenza. Per le medesime autorità individuate dall’art. 17bis sono inoltre stabilite modalità semplificate di adeguamento ad alcuni adempimenti previsti dalla ordinaria normativa in materia di privacy: tali enti potranno infatti designare i soggetti autorizzati al trattamento anche in via orale e decidere di non espletare l’obbligo di informativa o espletarlo in via semplificata. La legge di conversione precisa nondimeno che, considerata la natura transitoria delle disposizioni, al termine dello stato di emergenza tutti i soggetti sopramenzionati dovranno adottare ogni misura necessaria a ricondurre i trattamenti effettuati in tale contesto all’ambito delle ordinarie competenze e delle regole che disciplinano i trattamenti di dati personali.

FASE 2 – D.P.C.M. 26 aprile 2020 “Ulteriori disposizioni attuative del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, applicabile sull’intero territorio nazionale”.

Il decreto, relativo alle prime misure di gestione della c.d. fase 2 dell’emergenza epidemiologica, applicabili su tutto il territorio nazionale per il periodo dal 4 al 17 maggio, contiene prescrizioni relative ai comportamenti individuali poco meno invasive di quelle precedenti e apre, con le dovute cautele, alla ripresa dell’attività produttiva manifatturiera e all’attività edilizia. Per ciò che riguarda i rapporti di lavoro, l’art. 1, primo comma lett. gg) del decreto estende in maniera generalizzata anche al settore privato la possibilità di adottare la modalità del lavoro agile di cui agli artt. 18 e 23 della L. n. 81 del 2017, anche in assenza dell’accordo tra le parti e con obblighi informativi semplificati.

INPS, messaggio 15 aprile 2020, n. 1621. Chiarimenti sulle modalità di fruizione del congedo COVID-19 di cui all’art. 23 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18.

Il congedo è istituito per la cura dei figli durante il periodo di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado e può essere fruito da uno solo dei genitori oppure da entrambi ma non negli stessi giorni e nel limite complessivo di 15 giorni per nucleo famigliare. La fruizione è subordinata dalla condizione che nel nucleo famigliare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o altro genitore disoccupato o non lavoratore.

L’INPS nel messaggio in commento ha esaminato le situazioni di incompatibilità con il congedo COVID-19.

  • Il congedo COVID-19 non può essere fruito negli stessi giorni da entrambi i genitori, ma solo in modalità alternata tra gli stessi, per un totale complessivo di 15 giorni.
  • La fruizione del congedo COVID-19 è incompatibile con la richiesta del bonus alternativo per i servizi di baby-sitting.
  • Il congedo COVID-19 è incompatibile con la contemporanea fruizione del congedo parentale per lo stesso figlio da parte dell’altro genitore appartenente al nucleo famigliare.
  • Non è compatibile con la contemporanea fruizione da parte dell’altro genitore appartenente al nucleo dei c.d. riposi per allattamento.
  • Il congedo COVID-19 non può essere fruito dal genitore disoccupato o comunque privo di alcun rapporto di lavoro, sia di tipo subordinato sia autonomo. Qualora la cessazione dell’attività lavorativa intervenga durante la fruizione del congedo COVID-19, la fruizione si interromperà con la cessazione stessa del rapporto di lavoro.
  • La fruizione del congedo COVID-19 è incompatibile con la contemporanea percezione da parte dell’altro genitore appartenente al nucleo famigliare di strumenti a sostegno del reddito (CIGO, CIGS, CIG in deroga, Assegno ordinario, CISOA, NASpI, DIS-COLL). Tuttavia, nel caso in cui il genitore sia soggetto al trattamento di integrazione salariale per riduzione di orario di lavoro, per cui continua a dover prestare la propria attività lavorativa, l’altro genitore è ammesso alla fruizione del congedo COVID-19.

L’INPS ha poi esaminato le situazioni di compatibilità con la fruizione del congedo COVID-19.

  • In caso di malattia di uno dei genitori appartenente allo stesso nucleo famigliare, l’altro genitore può fruire del congedo COVID-19 oppure del congedo parentale.
  • In caso di congedo di maternità o di paternità dei lavoratori dipendenti, l’altro genitore non può fruire del congedo COVID-19. Qualora ci siano più figli nel nucleo famigliare (oltre al figlio per il quale si fruisce del congedo di maternità/paternità), è ammessa la fruizione del congedo COVID-19 da parte dell’altro genitore. Nel caso di percezione di indennità di maternità/paternità da parte degli iscritti alla Gestione separata o dei lavoratori autonomi, l’altro genitore può fruire del congedo COVID-19 solo se chi percepisce l’indennità di maternità/paternità sta prestando attività lavorativa durante il periodo indennizzabile.
  • La fruizione del congedo COVID-19 è compatibile con la prestazione di lavoro in modalità smart working.
  • La fruizione del congedo COVID-19 è compatibile con la contemporanea fruizione da parte dell’altro genitore della fruizione delle ferie.
  • Il congedo COVID-19 è compatibile con la fruizione dell’aspettativa non retribuita da parte dell’altro genitore appartenente al nucleo famigliare.
  • La fruizione del congedo COVID-19 è compatibile e fruibile anche durante le giornate di pausa contrattuale dell’altro genitore che svolge la propria attività lavorativa in part-time.
  • La fruizione del congedo COVID-19 è compatibile con la sospensione obbligatoria dell’attività da lavoro autonomo disposta durante il periodo di emergenza.
  • È fruibile il congedo COVID-19 nelle stesse giornate in cui l’altro genitore presente nel nucleo famigliare stia fruendo, anche dello stesso figlio, dei permessi ex L. n. 104 del 1992.

NOVITA’ GIURISPRUDENZIALI

COVID-19

Il Tribunale di Bologna, il 23 aprile 2020, ha emesso un ordine in via d’urgenza all’impresa: va assegnata al lavoro agile la lavoratrice invalida e con figlia disabile.

Nel caso di specie, una lavoratrice aveva richiesto alla società datrice di lavoro di poter usufruire della formula lavorativa in smart working durante il periodo di emergenza Covid-19 in quanto invalida in misura pari al 60% e convivente con la figlia con handicap grave accertato.

Il Tribunale di Bologna ha riconosciuto la sussistenza sia del fumus bonis iuris sia del periculum in mora.

Nell’attuale situazione di emergenza il lavoro da casa è raccomandato o imposto dalla normativa recente. Infatti, l’art. 1, comma 7, D.P.C.M. del 3 marzo 2020 raccomanda il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza.

L’art. 39 del D.L. n. 18 del 2020, poi, prevede che nel periodo dell’emergenza Covid-19 i lavoratori in condizione di disabilità abbiano diritto a svolgere la prestazione in modalità agile, ove compatibile con le caratteristiche della prestazione.

Pertanto, il Tribunale ha emesso un ordine in via d’urgenza a favore della lavoratrice per lo svolgimento del lavoro dal domicilio, considerato che la stessa svolgeva le proprie mansioni con l’utilizzo del telefono e degli strumenti informatici e che uscire da casa per recarsi al lavoro la esponeva ad un grave rischio per la sua salute e quella della figlia.

Tribunale di Grosseto, 23 aprile 2020- Emergenza Covid-19: no all’imposizione delle ferie e diritto al lavoro agile per il lavoratore affetto da una

patologia grave.

Un lavoratore, portatore di una invalidità civile per grave patologia, propone ricorso d’urgenza per essere ammesso a svolgere l’attività lavorativa in modalità agile, attivata per altri colleghi in costanza della pandemia del coronavirus. Il Tribunale, nell’accogliere il ricorso, osserva che in materia di lavoro agile la normativa emergenziale prevede la priorità di accesso al lavoro agile per i soggetti affetti da gravi patologie; inoltre, ritiene il Giudice che, ove sia possibile svolgere la prestazione con tale modalità, il datore di lavoro non possa imporre il ricorso alle ferie in modo indiscriminato o penalizzante.

CESSIONE D’AZIENDA

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 7977 del 21 aprile 2020, si è pronunciata sull’obbligo retributivo del cedente in caso di invalidità della cessione d’azienda.

L’ordinanza conferma la recente giurisprudenza della Corte sulla permanenza dell’obbligo retributivo del cedente in caso di cessione di azienda dichiarata invalida, anche nel caso in cui il lavoratore ceduto e che impugna la cessione prosegua di fatto la sua prestazione presso il cessionario e sia da questi retribuito. Nel caso esaminato, il dipendente ceduto era stato poi licenziato collettivamente dal cessionario, sicché il cedente aveva eccepito, nel giudizio in cui il lavoratore aveva chiesto il pagamento della retribuzione, anche la cessazione comunque del rapporto di lavoro, ritenuta viceversa irrilevante dalla Corte, in base alla regola indicata.

INDAGINE INVESTIGATIVA

Il Tribunale di Bologna, con sentenza del 17 marzo 2020, n. 167, ha stabilito che è illegittimo il licenziamento fondato sui risultati delle indagini condotte da un unico investigatore appostato ininterrottamente per molte ore durante la giornata.

Il Tribunale conferma, in sede di opposizione nel rito Fornero, l’illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato a una lavoratrice per asserito utilizzo improprio dei permessi ex L. n. 104 del 1992, fondato sugli esiti di indagini affidate dal datore di lavoro a un investigatore privato.

In particolare il Giudice, dopo la parziale confutazione del contenuto degli esiti di tali indagini da parte dei testimoni, afferma come i controlli assegnati ad un solo investigatore e svolti da quest’ultimo ininterrottamente per molte ore nell’arco della giornata, siano scarsamente attendibili. Il fatto di trascorrere molte ore in solitudine nell’autovettura, comporterebbe infatti un elevato rischio di stanchezza, distrazione e di conseguenza un errore nello svolgimento del controllo, determinando peraltro la violazione delle buona pratiche del settore che prevedono pause regolari e lo svolgimento dell’attività di vigilanza in coppia.