NEWSLETTER N. 5 DEL 2020

NOVITÀ’ NORMATIVE – COVID-19

Legge n. 27 del 24 aprile 2020, pubblicata sul Supplemento Ordinario n. 16 alla Gazzetta Ufficiale n. 110 del 29 aprile 2020. “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19. Proroga dei termini per l’adozione di decreti legislativi”.

In data 29 aprile 2020 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27, con modificazioni, del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18.

Cosa è cambiato rispetto al D.L. n. 18 del 2020? Quali sono le novità normative?

La legge di conversione del c.d. decreto “Cura Italia” ha apportato alcune modifiche al testo di quest’ultimo, non solo introducendo ad hoc nuove disposizioni, ma anche riformulando alcuni istituti di natura giuslavoristica per favorirne l’applicazione in questo contesto emergenziale.

Vediamo in concreto le NOVITÀ.

  1. E’ stata stralciata dall’art. 19, comma 2 del decreto la previsione che obbligava i datori di lavoro – al momento della richiesta per il trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con causale “emergenza COVID-19” – a svolgere la consultazione e l’esame congiunto con le Organizzazioni Sindacali, anche in via telematica, entro 3 giorni a partire dalla comunicazione preventiva trasmessa alle stesse.

Pertanto, secondo la nuova previsione, la CIGO e l’assegno ordinario FIS per emergenza Covid-19, oltre a non essere sottoposti alle normali regole procedurali nonché ai limiti di durata disciplinati dal D.Lgs. n. 148 del 2015, non imporranno più neanche quel minimo di consultazione con le Organizzazioni Sindacali fino ad ora richiesto.

  • Con una norma di interpretazione autentica del D.L. n. 18 del 2020, viene introdotto l’art. 19bis, con cui viene ammessa la possibilità che i datori di lavoro che ricorrono agli ammortizzatori sociali con causale COVID-19 proroghino o rinnovino i contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione, in scadenza. In queste ipotesi di rinnovo/proroga si autorizza inoltre la deroga al generale obbligo di far intercorrere un periodo minimo di 10 giorni fra la data di scadenza di un contratto a termine ed il suo rinnovo, ovvero 20 giorni se il primo contratto a termine ha durata superiore a sei mesi (art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 81 del 2015), nonché al generale divieto di stipulare contratti a termine da parte di aziende presso le quali sono in corso sospensioni o riduzioni dell’orario con intervento della cassa integrazione (art. 20, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 81 del 2015).
  • In tema di cassa integrazione in deroga, operando una aggiunta all’art. 22, comma 1 del D.L. n. 18 del 2020, viene stabilita la non necessarietà dell’accordo fra Organizzazioni Sindacali e Regione competente, oltre che per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti, anche a tutti quei “datori di lavoro che hanno chiuso l’attività in ottemperanza ai provvedimenti di urgenza emanati per far fronte all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
  • Vengono inoltre disciplinate due ipotesi aggiuntive ricorso alla cassa integrazione guadagni in deroga, alle quali solo i datori di lavoro con sede nei comuni della ex “zona rossa” per i dipendenti ivi impiegati (ossia i comuni di cui all’allegato 1 del DPCM 1 marzo 2020 – Bertonicco, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini, Vo’), nonché i datori con dipendenti comunque residenti in tali zone, potranno avere accesso. In particolare, per questi soggetti:

a) è stato previsto un trattamento di integrazione salariale per un massimo di altri 3 mesi (art. 22, comma 8bis);

b) viene disposta la possibilità per le Regioni della Lombardia, Emilia e Veneto di autorizzare una cassa in deroga ulteriore, di massimo 4 settimane (art. 22, comma 8quater).

  • La legge di conversione amplia poi la platea di lavoratori dipendenti ai quali viene riconosciuto il diritto a svolgere la propria prestazione in modalità agile, sempre a condizione che tale modalità sia compatibile con la natura delle mansioni espletate, prolungando inoltre il periodo entro in quale tale diritto potrà essere esercitato. Alle categorie di lavoratori a cui inizialmente l’art. 39 del D.L. n. 18 del 2020 attribuiva il diritto a poter lavorare da remoto – ossia i disabili nelle condizioni di cui all’art. 3, comma 3, della L. n. 104 del 1992, nonché i familiari di persona avente la medesima condizione di disabilità riconosciuta – si aggiungono ora i lavoratori immunodepressi ed i lavoratori familiari conviventi di persone immunodepresse. Per ciò che concerne il periodo entro il quale le citate categorie di lavoratori potranno far valere un diritto a svolgere la propria prestazione in regime di smart working, lo stesso viene esteso sino alla fine dell’emergenza epidemiologica nazionale, e non solo fino al 30 aprile 2020 come inizialmente previsto.
  • Un’altra modifica apportata dalla legge di conversione riguarda poi la rubrica dell’art. 46 del D.L. n. 18 del 2020, in precedenza erroneamente intitolata “Sospensione delle procedure di impugnazione dei licenziamenti“, laddove nel testo dell’articolo non si disponeva la sospensione delle impugnazioni dei licenziamenti, quanto piuttosto delle procedure di licenziamento collettivo e dei licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. Dando ascolto alle critiche che all’indomani dell’entrata in vigore del decreto “Cura Italia” erano state sollevate dalla pressoché totalità dei commentatori, la rubrica dell’art. 46 è stata modificata in “Disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo“. In sede di conversione il Legislatore precisa altresì che il divieto di intimare licenziamenti collettivi e la sospensione delle relative procedure nei 60 giorni successivi alla data del 17 marzo 2020 non debbano applicarsi qualora il personale interessato dal licenziamento sia impiegato nell’ambito di un appalto cessato e venga riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d’appalto medesimo.
  • Per i lavoratori autonomi, professionisti e co.co.co, ivi compresi i titolari di impresa iscritti all’AGO, alle forme esclusive e sostitutive della stessa o alla gestione separata, operanti o residenti nella c.d. “zona rossa” viene stabilita l’erogazione per tre mesi di un’indennità di 500 euro mensili, parametrata al periodo di sospensione dell’attività.
  • Da ultimo si segnala l’aggiunta all’interno del D.L. n. 18 del 2020 dell’art. 17bis volto a dettare una disciplina transitoria per i trattamenti dei dati sanitari e dei dati relativi a condanne penali e reati effettuati nel corso dell’emergenza sanitaria. Pur precisando che i principi fondamentali definiti dalla normativa italiana ed europea in materia di protezione dei dati personali rimangono pienamente applicabili anche nell’eccezionale contesto dell’emergenza pandemica, la legge di conversione stabilisce che i dati sanitari e quelli relativi a condanne penali e reati potranno essere trattati dalle autorità competenti alla gestione e contrasto dell’emergenza: Protezione Civile, Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, strutture pubbliche e private del servizio sanitario nazionale, nonché scambiati fra le medesime autorità, purché i trattamenti siano necessari all’espletamento delle loro funzioni nell’ambito dell’emergenza sanitaria.

Una soglia più elevata di scrutinio viene invece stabilita per le comunicazioni di tutti gli altri dati personali o delle comunicazioni effettuate nei confronti dei soggetti che non appartengono alle suddette autorità. In tal caso, i trattamenti saranno infatti giustificati solo se indispensabili (e non semplicemente necessari) all’espletamento delle funzioni collegate alla gestione dell’emergenza. Per le medesime autorità individuate dall’art. 17bis sono inoltre stabilite modalità semplificate di adeguamento ad alcuni adempimenti previsti dalla ordinaria normativa in materia di privacy: tali enti potranno infatti designare i soggetti autorizzati al trattamento anche in via orale e decidere di non espletare l’obbligo di informativa o espletarlo in via semplificata. La legge di conversione precisa nondimeno che, considerata la natura transitoria delle disposizioni, al termine dello stato di emergenza tutti i soggetti sopramenzionati dovranno adottare ogni misura necessaria a ricondurre i trattamenti effettuati in tale contesto all’ambito delle ordinarie competenze e delle regole che disciplinano i trattamenti di dati personali.

FASE 2 – D.P.C.M. 26 aprile 2020 “Ulteriori disposizioni attuative del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, applicabile sull’intero territorio nazionale”.

Il decreto, relativo alle prime misure di gestione della c.d. fase 2 dell’emergenza epidemiologica, applicabili su tutto il territorio nazionale per il periodo dal 4 al 17 maggio, contiene prescrizioni relative ai comportamenti individuali poco meno invasive di quelle precedenti e apre, con le dovute cautele, alla ripresa dell’attività produttiva manifatturiera e all’attività edilizia. Per ciò che riguarda i rapporti di lavoro, l’art. 1, primo comma lett. gg) del decreto estende in maniera generalizzata anche al settore privato la possibilità di adottare la modalità del lavoro agile di cui agli artt. 18 e 23 della L. n. 81 del 2017, anche in assenza dell’accordo tra le parti e con obblighi informativi semplificati.

INPS, messaggio 15 aprile 2020, n. 1621. Chiarimenti sulle modalità di fruizione del congedo COVID-19 di cui all’art. 23 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18.

Il congedo è istituito per la cura dei figli durante il periodo di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado e può essere fruito da uno solo dei genitori oppure da entrambi ma non negli stessi giorni e nel limite complessivo di 15 giorni per nucleo famigliare. La fruizione è subordinata dalla condizione che nel nucleo famigliare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o altro genitore disoccupato o non lavoratore.

L’INPS nel messaggio in commento ha esaminato le situazioni di incompatibilità con il congedo COVID-19.

  • Il congedo COVID-19 non può essere fruito negli stessi giorni da entrambi i genitori, ma solo in modalità alternata tra gli stessi, per un totale complessivo di 15 giorni.
  • La fruizione del congedo COVID-19 è incompatibile con la richiesta del bonus alternativo per i servizi di baby-sitting.
  • Il congedo COVID-19 è incompatibile con la contemporanea fruizione del congedo parentale per lo stesso figlio da parte dell’altro genitore appartenente al nucleo famigliare.
  • Non è compatibile con la contemporanea fruizione da parte dell’altro genitore appartenente al nucleo dei c.d. riposi per allattamento.
  • Il congedo COVID-19 non può essere fruito dal genitore disoccupato o comunque privo di alcun rapporto di lavoro, sia di tipo subordinato sia autonomo. Qualora la cessazione dell’attività lavorativa intervenga durante la fruizione del congedo COVID-19, la fruizione si interromperà con la cessazione stessa del rapporto di lavoro.
  • La fruizione del congedo COVID-19 è incompatibile con la contemporanea percezione da parte dell’altro genitore appartenente al nucleo famigliare di strumenti a sostegno del reddito (CIGO, CIGS, CIG in deroga, Assegno ordinario, CISOA, NASpI, DIS-COLL). Tuttavia, nel caso in cui il genitore sia soggetto al trattamento di integrazione salariale per riduzione di orario di lavoro, per cui continua a dover prestare la propria attività lavorativa, l’altro genitore è ammesso alla fruizione del congedo COVID-19.

L’INPS ha poi esaminato le situazioni di compatibilità con la fruizione del congedo COVID-19.

  • In caso di malattia di uno dei genitori appartenente allo stesso nucleo famigliare, l’altro genitore può fruire del congedo COVID-19 oppure del congedo parentale.
  • In caso di congedo di maternità o di paternità dei lavoratori dipendenti, l’altro genitore non può fruire del congedo COVID-19. Qualora ci siano più figli nel nucleo famigliare (oltre al figlio per il quale si fruisce del congedo di maternità/paternità), è ammessa la fruizione del congedo COVID-19 da parte dell’altro genitore. Nel caso di percezione di indennità di maternità/paternità da parte degli iscritti alla Gestione separata o dei lavoratori autonomi, l’altro genitore può fruire del congedo COVID-19 solo se chi percepisce l’indennità di maternità/paternità sta prestando attività lavorativa durante il periodo indennizzabile.
  • La fruizione del congedo COVID-19 è compatibile con la prestazione di lavoro in modalità smart working.
  • La fruizione del congedo COVID-19 è compatibile con la contemporanea fruizione da parte dell’altro genitore della fruizione delle ferie.
  • Il congedo COVID-19 è compatibile con la fruizione dell’aspettativa non retribuita da parte dell’altro genitore appartenente al nucleo famigliare.
  • La fruizione del congedo COVID-19 è compatibile e fruibile anche durante le giornate di pausa contrattuale dell’altro genitore che svolge la propria attività lavorativa in part-time.
  • La fruizione del congedo COVID-19 è compatibile con la sospensione obbligatoria dell’attività da lavoro autonomo disposta durante il periodo di emergenza.
  • È fruibile il congedo COVID-19 nelle stesse giornate in cui l’altro genitore presente nel nucleo famigliare stia fruendo, anche dello stesso figlio, dei permessi ex L. n. 104 del 1992.

NOVITA’ GIURISPRUDENZIALI

COVID-19

Il Tribunale di Bologna, il 23 aprile 2020, ha emesso un ordine in via d’urgenza all’impresa: va assegnata al lavoro agile la lavoratrice invalida e con figlia disabile.

Nel caso di specie, una lavoratrice aveva richiesto alla società datrice di lavoro di poter usufruire della formula lavorativa in smart working durante il periodo di emergenza Covid-19 in quanto invalida in misura pari al 60% e convivente con la figlia con handicap grave accertato.

Il Tribunale di Bologna ha riconosciuto la sussistenza sia del fumus bonis iuris sia del periculum in mora.

Nell’attuale situazione di emergenza il lavoro da casa è raccomandato o imposto dalla normativa recente. Infatti, l’art. 1, comma 7, D.P.C.M. del 3 marzo 2020 raccomanda il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza.

L’art. 39 del D.L. n. 18 del 2020, poi, prevede che nel periodo dell’emergenza Covid-19 i lavoratori in condizione di disabilità abbiano diritto a svolgere la prestazione in modalità agile, ove compatibile con le caratteristiche della prestazione.

Pertanto, il Tribunale ha emesso un ordine in via d’urgenza a favore della lavoratrice per lo svolgimento del lavoro dal domicilio, considerato che la stessa svolgeva le proprie mansioni con l’utilizzo del telefono e degli strumenti informatici e che uscire da casa per recarsi al lavoro la esponeva ad un grave rischio per la sua salute e quella della figlia.

Tribunale di Grosseto, 23 aprile 2020- Emergenza Covid-19: no all’imposizione delle ferie e diritto al lavoro agile per il lavoratore affetto da una

patologia grave.

Un lavoratore, portatore di una invalidità civile per grave patologia, propone ricorso d’urgenza per essere ammesso a svolgere l’attività lavorativa in modalità agile, attivata per altri colleghi in costanza della pandemia del coronavirus. Il Tribunale, nell’accogliere il ricorso, osserva che in materia di lavoro agile la normativa emergenziale prevede la priorità di accesso al lavoro agile per i soggetti affetti da gravi patologie; inoltre, ritiene il Giudice che, ove sia possibile svolgere la prestazione con tale modalità, il datore di lavoro non possa imporre il ricorso alle ferie in modo indiscriminato o penalizzante.

CESSIONE D’AZIENDA

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 7977 del 21 aprile 2020, si è pronunciata sull’obbligo retributivo del cedente in caso di invalidità della cessione d’azienda.

L’ordinanza conferma la recente giurisprudenza della Corte sulla permanenza dell’obbligo retributivo del cedente in caso di cessione di azienda dichiarata invalida, anche nel caso in cui il lavoratore ceduto e che impugna la cessione prosegua di fatto la sua prestazione presso il cessionario e sia da questi retribuito. Nel caso esaminato, il dipendente ceduto era stato poi licenziato collettivamente dal cessionario, sicché il cedente aveva eccepito, nel giudizio in cui il lavoratore aveva chiesto il pagamento della retribuzione, anche la cessazione comunque del rapporto di lavoro, ritenuta viceversa irrilevante dalla Corte, in base alla regola indicata.

INDAGINE INVESTIGATIVA

Il Tribunale di Bologna, con sentenza del 17 marzo 2020, n. 167, ha stabilito che è illegittimo il licenziamento fondato sui risultati delle indagini condotte da un unico investigatore appostato ininterrottamente per molte ore durante la giornata.

Il Tribunale conferma, in sede di opposizione nel rito Fornero, l’illegittimità del licenziamento per giusta causa intimato a una lavoratrice per asserito utilizzo improprio dei permessi ex L. n. 104 del 1992, fondato sugli esiti di indagini affidate dal datore di lavoro a un investigatore privato.

In particolare il Giudice, dopo la parziale confutazione del contenuto degli esiti di tali indagini da parte dei testimoni, afferma come i controlli assegnati ad un solo investigatore e svolti da quest’ultimo ininterrottamente per molte ore nell’arco della giornata, siano scarsamente attendibili. Il fatto di trascorrere molte ore in solitudine nell’autovettura, comporterebbe infatti un elevato rischio di stanchezza, distrazione e di conseguenza un errore nello svolgimento del controllo, determinando peraltro la violazione delle buona pratiche del settore che prevedono pause regolari e lo svolgimento dell’attività di vigilanza in coppia.

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