NEWSLETTER BACK TO SCHOOL RITORNO A SCUOLA E GENITORI LAVORATORI DIPENDENTI

COVID-19 e ritorno a scuola

Con la ripresa dell’anno scolastico molti datori di lavoro potrebbero dover affrontare e gestire il problema delle assenze di alcuni dipendenti dovute in casi di contagio dei figli studenti.

In aiuto è intervenuto il Decreto Legge n. 111, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 223 dell’8.09.2020 ed in vigore dal 9.09.2020, recante disposizioni urgenti per far fronte ad identificabili esigenze finanziarie e di sostegno per l’avvio dell’anno scolastico, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Di particolare interesse è l’art. 5, il quale prevede alcuni strumenti utili per chi ha figli minori di 14 anni:

  • per tutta o parte della quarantena del figlio convivente,il genitore lavoratore dipendente potrà svolgere la prestazione di lavoro da remoto;
  • ove non sia possibile lavorare in modalità agile o, comunque, in alternativa all’ipotesi di cui al punto che precede, uno dei genitori, alternativamente all’altro, potrà astenersi dal lavoro per tutto o parte del periodo di quarantena del figlio. Per questo periodo di congedo straordinario Covid-19 è riconosciuta un’indennità erogata dall’INPS pari al 50% della retribuzione, calcolata secondo quanto previsto per il congedo di maternità ed i periodi di congedo saranno coperti da contribuzione figurativa.

Il beneficio del congedo straordinario in esame è riconsciuto nel limite di spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2020, pertanto laddove dal monitoraggio effettuato dall’INPS emerga che il suddetto limite è stato raggiunto, l’Istituto non prenderà in considerazione altre domande.

Il congedo o lo smart working non vengono concessi per il periodo di quarantena del figlio se l’altro genitore

  • già lavora in modalità agile,
  • usufruisce del suddetto congedo straordinario o
  • non svolge alcuna attività lavorativa.

I benefici previsti dall’art. 5 possono essere riconsociuti per periodi in ogni caso compresi entro il 31.12.2020.

? Qualche dubbio ?

  • In primo luogo, la norma sembra non prevedere un periodo massimo di congedo straordinario, essendo questo collegato alla durata della quarantena.
  • Non sembra nemmeno obbligatoria la presentazione al datore di lavoro (in caso di smart working) o all’INPS (in caso di richiesta di congedo) della documentrazione attestante lo stato di quarantena disposto dal Dipartimento di prevenzione della ASL.
  • Inoltre, la richiesta del lavoro agile non viene definita quale diritto del lavoratore e, dunque, pare potrebbe essere considerata una mera possibilità che dovrebbeessere avvallata dall’azienda.

Si attendono ulteriori provvedimenti chiarificatori al fine di meglio comprendere la portata normativa della disposizione in esame.

CASI PARTICOLARI

  • Caso confermato da COVID-19

Qualora vi sia un caso confermato da COVID-19, il Dipartimento di Prevenzione prescriverà agli alunni, individuati come contatti stretti, la quarantena per i 14 giorni successivi all’ultima esposizione.

  • Positivo ma asintomatico: come comportarsi al lavoro?

L’INPS ha già chiarito che il periodo di quarantena, che scatta con il riconsocimento della positività al virus, è equiparato alla malattia. In presenza di caso asintomatico è possibile lavorare in smart working? Attualmente la risposta sembra essere negativa: se c’è un certificato medico che dispone la malattia non si può lavorare da casa in quanto un peggioramento del caso clinico potrebbe determinare una responsabilità in capo al datore di lavoro.

  • Contatto stretto di un contatto stretto

Qualora un alunno o un operatore scolastico risultasse contatto stretto di un contatto stretto (ovvero nessun contatto diretto con il caso), non vi è alcuna precauzione da prendere a meno che il contatto stretto del caso non risulti successivamente positivo ad eventuali test diagnostici disposti dal Dipartimento di Prevenzione e che quest’ultimo abbia accertato una possibile esposizione.

ALTRI STRUMENTI UTILI

Congedo parentale ex art. 32 del D.Lgs. n. 151 del 2001

Qualora il figlio abbia meno di 12 anni, è possibile richiedere il congedo parentale di cui all’art. 32 del D.Lgs. n. 151 del 2001 per un periodo massimo, complessivamente da entrambi i genitori, non superiore a 10 mesi.

Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi, il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori è elevato a 11 mesi.

Ai genitori dipendenti spetta:

  • un’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera, calcolata in base alla retribuzione del mese precedente l’inizio del congedo, entro i primi 6 anni di età del bambino (dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) e per un periodo massimo complessivo di 6 mesi;
  • un’indennità pari al 30% della retribuzione media giornaliera, calcolata in base alla retribuzione del mese precedente l’inizio del congedo, dai 6 agli 8 anni di età del bambino (dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) solo se il reddito individuale del genitore richiedente è inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione ed entrambi i genitori non ne abbiano fruito nei primi sei anni o per la parte non fruita anche eccedente il periodo massimo complessivo di sei mesi;
  • nessuna indennità dagli 8 ai 12 anni di età del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento).

Congedo per malattia ex art. 42 del D.Lgs. n. 151 DEL 2001

Si potrebbe ricorrere anche al congedo per malattia del figlio di cui all’art. 47 del D.Lgs. n. 151 del 2001, ossia quell’astensione facoltativa dal lavoro del genitore qualora il figlio, di età compresa tra i 3 e gli 8 anni, contragga una malattia. È tuttavia necessario in quetso caso ottenere un certificato rilasciato da un medico specialista del SSN o con esso convenzionato, nonché un’autocertificazione in cui si dichiari che l’altro genitore non si è assentato dal lavoro negli stessi giorni per il medesimo motivo.

Il beneficio, però, è di massimo 5 giorni lavorativi all’anno.

BACK TO SCHOOL! LE MISURE PER LE ASSENZE DAL LAVORO IN CASO DI QUARANTENA DEI FIGLI STUDENTI.

È stato pubblicato sulla G.U. n. 223 dell’8 settembre 2020 il decreto-legge 8 settembre 2020, n. 111 recante “Disposizioni urgenti per far fronte a indifferibili esigenze finanziarie e di sostegno per l’avvio dell’anno scolastico, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.” Il DL ha previsto specifiche misure per gestire l’assenza dei lavoratori genitori in caso di contagio dei figli.

Per venire incontro alle esigenze dei genitori/lavoratori dipendenti che dovessero trovarsi a fronteggiare il problema di avere un figlio posto in quarantena per aver avuto un contatto con un soggetto positivo al SARS-CoV-2, il Governo ha ribadito la possibilità di lavorare in smart-working e introdotto dei congedi straordinari per i genitori con figli minori di 14 anni.

Le misure sono contenute nell’art. 5 del D.L. n. 111/2020:

1. un genitore lavoratore dipendente potrà lavorare in modalità agile per tutta o parte della quarantena del figlio (convivente);

2. se non è possibile lo smart-working, o in alternativa, uno dei genitori alternativamente potrà astenersi dal lavoro;

3. per il periodo di congedo è riconosciuta un’indennità pari al 50 per cento della retribuzione e i periodi sono coperti da contribuzione figurativa;

4. lo smart-working o il congedo non vengono concessi per il periodo di quarantena se già l’altro genitore lavora in modalità agile o non svolge alcuna attività;

5. il beneficio può essere riconosciuto per quarantene entro il 31 dicembre 2020.

Il Team Labour dello Studio rimane a disposizione per qualsivoglia chiarimento.

Studio Legale Salvalaio

NEWSLETTER COVID-19

LICENZIAMENTO E CONTRATTI A TERMINE DURANTE IL COVID-19

  • PROROGHE O RINNOVI DEI CONTRATTI A TERMINE: art. 8Disposizioni in materia di proroga o rinnovo di contratti a termine” (modifica all’art. 93 del D.L. n. 34 del 2020, conv. in L. n. 77 del 2020).

In base al disposto normativo introdotto con il DL AGOSTO (D.L. del 14.08.2020, n. 104) è stata prevista la possibilità di rinnovare o prorogare, fino al 31.12.2020, per un periodo massimo di 12 mesi (nel rispetto del principio della durata massima complessiva dei 24 mesi) e per una sola volta, i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato anche in assenza delle esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori, nonché esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

Modificando l’art. 93, l’art. 8 del DL AGOSTO ha eliminato i riferimenti relativi a:

  • facilitazione al “riavvio delle attività” a seguito della crisi epidemiologica dovuta al Covid-19: espressione che aveva suscitato dubbi interpretativi;
  • contratti in essere alla data del 23.02.2020: con tale riferimento veniva esclusa la possibilità di assumere con un nuovo contratto a termine, o in somministrazione a tempo determinato, senza causale, quei lavoratori che non erano in forza a quella data, o che lo erano stati prima di quella data, ovvero successivamente.

Il 31.12.2020 rappresenta, pertanto, il giorno ultimo entro il quale può essere concluso il rinnovo o la proroga di un contratto a termine. La norma parla di proroghe o rinnovi facendo quindi riferimento a contratti a termine in corso, o che, se scaduti, possono essere rinnovati. La disposizione, tuttavia, trova applicazione anche ai contratti che vengono stipulati tra le parti per la prima volta, atteso che il rapporto, sottoscritto, ad esempio, il 20.08.2020 (senza causale) con scadenza il 30.12.2020, potrebbe, legittimamente essere prorogato per 12 mesi, senza causale, cosa che, in via ordinaria non accade in quanto il superamento della soglia dei 12 mesi comporta l’apposizione di una condizione, pena la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato. Il contratto a termine (con le modifiche introdotte per esigenza sanitaria a causa del Covid-19) può essere prorogato una sola volta entro il 31.12.2020 e per un periodo massimo di 12 mesi.

La disciplina trova applicazione anche alla somministrazione di lavoro, in forza dell’espresso rinvio alle disposizioni del lavoro a tempo determinato.

  • PROROGA DIVIETO DI LICENZIAMENTO: art. 14Proroga delle disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo”.

La disposizione ha previsto la proroga delle disposizioni in materia di licenziamento prolungando il divieto per i datori di lavoro di procedere a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell’art. 3 della L. n. 604 del 1966, e di avviare procedure di licenziamento collettivo ex artt. 4, 5 e 24 della L. n. 223 del 1991.

L’art. 14 ha disposto che il divieto si applica a tutti i datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19 o dall’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali.

Il divieto di licenziamento, introdotto dapprima dal Decreto Cura Italia e poi prorogato dal Decreto Rilancio fino al 17 agosto 2020, diventa ora “mobile” e legato alla messa a disposizione degli ammortizzatori sociali e, nello specifico, della cassa integrazione e degli sgravi contributivi.

In base alla nuova disposizione, infatti, fino a quando i datori di lavoro potranno fruire delle 18 settimane ulteriori di integrazione salariale e dei 4 mesi di sgravi contributivi concessi per il “rientro” in azienda dei lavoratori precedentemente in cassa integrazione, ossia almeno fino al 16 novembre 2020, continuerà ad essere vietato:

  • iniziare procedure di licenziamento collettivo (salvo in caso di immediata riassunzione per cambio appalto);
  • recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo “ai sensi dell’art. 3 L. 604/1966” (sono altresì sospese le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso ex art. 7 della medesima Legge).

La data in cui viene meno la sospensione del divieto di licenziamento non è uguale per tutti i datori, essendo correlata alla fruizione delle ulteriori 18 settimane o, in alternativa, all’esenzione contributiva quadrimestrale per chi rinuncia agli ammortizzatori COVID-19 (a proposito, particolare non secondario: occorrerà chiarire se ciò avverrà in automatico o, come crediamo e come sempre è avvenuto, attraverso una procedura telematica di richiesta). Tale esonero, però, non è uguale

per tutti nel senso che, come ricorda l’art. 3, esso è pari al doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di maggio e giugno.

Quindi, un’interpretazione letterale della norma porta a ritenere che, per i datori di lavoro che non abbiano utilizzato Cassa COVID a maggio e giugno 2020 e continueranno a non utilizzarla, il blocco dei licenziamenti resterà in forza fino al 31 dicembre 2020 (sul punto, restiamo in attesa peraltro di un chiarimento ministeriale, anche all’esito della futura conversione del d.l.).

Ad oggi, pertanto, la durata minima del divieto di licenziamento da considerare è solo quella del 16 novembre 2020 perché (i) una durata dell’Esenzione Contributiva che non ecceda il 15 novembre è puramente teorica (in termini pratici, il doppio delle ore di Cassa COVID utilizzate in maggio e giugno 2020 da quasi tutti i datori di lavoro, riparametrate e applicate su base mensile, porterà probabilmente a una data pari o successiva al 15 novembre); e (ii) la norma non chiarisce sulla base di quale logica l’importo massimo dell’Esonero Contributivo deve essere ripartito nel periodo massimo di 4 mesi (si attendono dunque interpretazioni degli enti per capire se l’importo massimo dell’Esonero Contributivo spettante a ciascun datore di lavoro potrà essere in concreto fruito in un periodo inferiore a 4 mesi).

Inoltre, anche il termine del 16 novembre 2020 per integrale utilizzo continuativo di Cassa COVID a partire dal 13 luglio 2020 appare una soluzione praticabile, di fatto, solo per aziende che avevano già in corso una Cassa COVID o avevano già presentato la relativa richiesta per sospendere l’attività lavorativa nei mesi di luglio e agosto 2020 (ad esempio, anche tramite richiesta di CIGO oppure CIGS). Infatti, se i lavoratori dal 13 luglio 2020 a oggi hanno regolarmente lavorato, il datore di lavoro non potrà chiedere una Cassa COVID retroattiva a partire dal 13 luglio, ma soltanto dalla prima data utile successiva all’emanazione del Decreto Agosto in cui l’attività lavorativa può essere sospesa.

Ad esempio, se la sospensione dell’attività per Cassa COVID è richiesta a partire dal 24 agosto 2020, il blocco dei licenziamenti terminerà il 27 dicembre 2020, approdando sostanzialmente alla durata massima del divieto di licenziamento. La possibilità concreta di ridurre la durata massima del divieto è, quindi, di fatto ulteriormente limitata.

Un termine intermedio variabile tra il 15 novembre e il 31 dicembre 2020 può essere individuato:

  • se l’azienda fruisce della Cassa COVID in maniera integrale ma non consecutiva fino al 31 dicembre: ad esempio ipotizziamo che un’azienda usufruisca di 17 settimane consecutive di Cassa COVID (i.e. 13 luglio – 8 novembre) e di un’ulteriore settimana di Cassa COVID dal 23 al 29 novembre. In questo caso, il divieto di licenziamento termina il 29 novembre 2020;
  • se l’azienda sceglie l’Esenzione Contributiva e la fruizione dell’importo massimo di Esenzione Contributiva termina tra il 16 novembre e il 30 dicembre 2020.

Se quindi un’impresa finisce di utilizzare tutto il periodo di Cassa con causale Covid-19 a fine novembre potrebbe procedere con il licenziamento. È tuttavia auspicabile e si attende un contributo interpretativo da parte degli Enti per capire se il datore di lavoro potrà procedere o meno con il licenziamento prima della data del 31.12.2020.

Quali sono le fattispecie escluse dal divieto, oltre alla ipotesi di successione nell’appalto?

  • cessazione definitiva della attività di impresa a causa di fallimento o messa in liquidazione, senza esercizio provvisorio dell’attività né continuazione parziale mediante trasferimento di ramo d’azienda;
  • ipotesi di accordo con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale che prevedano la risoluzione, a fronte di un incentivo alla risoluzione dei rapporti di lavoro intercorrenti con i lavoratori che decidano di aderirvi ed ai quali viene riconosciuto il diritto alla NASpI.

Continuano a restare esclusi dal divieto:

  • il licenziamento individuale del dirigente;
  • recesso durante il periodo di prova;
  • licenziamento per il superamento del periodo di comporto.

La disposizione prevede infine che, il datore di lavoro che, indipendentemente dal numero di dipendenti, nell’anno 2020, abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo, può revocare in ogni tempo il recesso a condizione che faccia richiesta di trattamento di integrazione salariale a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. Il rapporto, pertanto, si intenderà ripristinato senza soluzione di continuità.