NEWSLETTER COVID-19

LICENZIAMENTO E CONTRATTI A TERMINE DURANTE IL COVID-19

  • PROROGHE O RINNOVI DEI CONTRATTI A TERMINE: art. 8Disposizioni in materia di proroga o rinnovo di contratti a termine” (modifica all’art. 93 del D.L. n. 34 del 2020, conv. in L. n. 77 del 2020).

In base al disposto normativo introdotto con il DL AGOSTO (D.L. del 14.08.2020, n. 104) è stata prevista la possibilità di rinnovare o prorogare, fino al 31.12.2020, per un periodo massimo di 12 mesi (nel rispetto del principio della durata massima complessiva dei 24 mesi) e per una sola volta, i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato anche in assenza delle esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori, nonché esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

Modificando l’art. 93, l’art. 8 del DL AGOSTO ha eliminato i riferimenti relativi a:

  • facilitazione al “riavvio delle attività” a seguito della crisi epidemiologica dovuta al Covid-19: espressione che aveva suscitato dubbi interpretativi;
  • contratti in essere alla data del 23.02.2020: con tale riferimento veniva esclusa la possibilità di assumere con un nuovo contratto a termine, o in somministrazione a tempo determinato, senza causale, quei lavoratori che non erano in forza a quella data, o che lo erano stati prima di quella data, ovvero successivamente.

Il 31.12.2020 rappresenta, pertanto, il giorno ultimo entro il quale può essere concluso il rinnovo o la proroga di un contratto a termine. La norma parla di proroghe o rinnovi facendo quindi riferimento a contratti a termine in corso, o che, se scaduti, possono essere rinnovati. La disposizione, tuttavia, trova applicazione anche ai contratti che vengono stipulati tra le parti per la prima volta, atteso che il rapporto, sottoscritto, ad esempio, il 20.08.2020 (senza causale) con scadenza il 30.12.2020, potrebbe, legittimamente essere prorogato per 12 mesi, senza causale, cosa che, in via ordinaria non accade in quanto il superamento della soglia dei 12 mesi comporta l’apposizione di una condizione, pena la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato. Il contratto a termine (con le modifiche introdotte per esigenza sanitaria a causa del Covid-19) può essere prorogato una sola volta entro il 31.12.2020 e per un periodo massimo di 12 mesi.

La disciplina trova applicazione anche alla somministrazione di lavoro, in forza dell’espresso rinvio alle disposizioni del lavoro a tempo determinato.

  • PROROGA DIVIETO DI LICENZIAMENTO: art. 14Proroga delle disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo”.

La disposizione ha previsto la proroga delle disposizioni in materia di licenziamento prolungando il divieto per i datori di lavoro di procedere a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell’art. 3 della L. n. 604 del 1966, e di avviare procedure di licenziamento collettivo ex artt. 4, 5 e 24 della L. n. 223 del 1991.

L’art. 14 ha disposto che il divieto si applica a tutti i datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19 o dall’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali.

Il divieto di licenziamento, introdotto dapprima dal Decreto Cura Italia e poi prorogato dal Decreto Rilancio fino al 17 agosto 2020, diventa ora “mobile” e legato alla messa a disposizione degli ammortizzatori sociali e, nello specifico, della cassa integrazione e degli sgravi contributivi.

In base alla nuova disposizione, infatti, fino a quando i datori di lavoro potranno fruire delle 18 settimane ulteriori di integrazione salariale e dei 4 mesi di sgravi contributivi concessi per il “rientro” in azienda dei lavoratori precedentemente in cassa integrazione, ossia almeno fino al 16 novembre 2020, continuerà ad essere vietato:

  • iniziare procedure di licenziamento collettivo (salvo in caso di immediata riassunzione per cambio appalto);
  • recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo “ai sensi dell’art. 3 L. 604/1966” (sono altresì sospese le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso ex art. 7 della medesima Legge).

La data in cui viene meno la sospensione del divieto di licenziamento non è uguale per tutti i datori, essendo correlata alla fruizione delle ulteriori 18 settimane o, in alternativa, all’esenzione contributiva quadrimestrale per chi rinuncia agli ammortizzatori COVID-19 (a proposito, particolare non secondario: occorrerà chiarire se ciò avverrà in automatico o, come crediamo e come sempre è avvenuto, attraverso una procedura telematica di richiesta). Tale esonero, però, non è uguale

per tutti nel senso che, come ricorda l’art. 3, esso è pari al doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di maggio e giugno.

Quindi, un’interpretazione letterale della norma porta a ritenere che, per i datori di lavoro che non abbiano utilizzato Cassa COVID a maggio e giugno 2020 e continueranno a non utilizzarla, il blocco dei licenziamenti resterà in forza fino al 31 dicembre 2020 (sul punto, restiamo in attesa peraltro di un chiarimento ministeriale, anche all’esito della futura conversione del d.l.).

Ad oggi, pertanto, la durata minima del divieto di licenziamento da considerare è solo quella del 16 novembre 2020 perché (i) una durata dell’Esenzione Contributiva che non ecceda il 15 novembre è puramente teorica (in termini pratici, il doppio delle ore di Cassa COVID utilizzate in maggio e giugno 2020 da quasi tutti i datori di lavoro, riparametrate e applicate su base mensile, porterà probabilmente a una data pari o successiva al 15 novembre); e (ii) la norma non chiarisce sulla base di quale logica l’importo massimo dell’Esonero Contributivo deve essere ripartito nel periodo massimo di 4 mesi (si attendono dunque interpretazioni degli enti per capire se l’importo massimo dell’Esonero Contributivo spettante a ciascun datore di lavoro potrà essere in concreto fruito in un periodo inferiore a 4 mesi).

Inoltre, anche il termine del 16 novembre 2020 per integrale utilizzo continuativo di Cassa COVID a partire dal 13 luglio 2020 appare una soluzione praticabile, di fatto, solo per aziende che avevano già in corso una Cassa COVID o avevano già presentato la relativa richiesta per sospendere l’attività lavorativa nei mesi di luglio e agosto 2020 (ad esempio, anche tramite richiesta di CIGO oppure CIGS). Infatti, se i lavoratori dal 13 luglio 2020 a oggi hanno regolarmente lavorato, il datore di lavoro non potrà chiedere una Cassa COVID retroattiva a partire dal 13 luglio, ma soltanto dalla prima data utile successiva all’emanazione del Decreto Agosto in cui l’attività lavorativa può essere sospesa.

Ad esempio, se la sospensione dell’attività per Cassa COVID è richiesta a partire dal 24 agosto 2020, il blocco dei licenziamenti terminerà il 27 dicembre 2020, approdando sostanzialmente alla durata massima del divieto di licenziamento. La possibilità concreta di ridurre la durata massima del divieto è, quindi, di fatto ulteriormente limitata.

Un termine intermedio variabile tra il 15 novembre e il 31 dicembre 2020 può essere individuato:

  • se l’azienda fruisce della Cassa COVID in maniera integrale ma non consecutiva fino al 31 dicembre: ad esempio ipotizziamo che un’azienda usufruisca di 17 settimane consecutive di Cassa COVID (i.e. 13 luglio – 8 novembre) e di un’ulteriore settimana di Cassa COVID dal 23 al 29 novembre. In questo caso, il divieto di licenziamento termina il 29 novembre 2020;
  • se l’azienda sceglie l’Esenzione Contributiva e la fruizione dell’importo massimo di Esenzione Contributiva termina tra il 16 novembre e il 30 dicembre 2020.

Se quindi un’impresa finisce di utilizzare tutto il periodo di Cassa con causale Covid-19 a fine novembre potrebbe procedere con il licenziamento. È tuttavia auspicabile e si attende un contributo interpretativo da parte degli Enti per capire se il datore di lavoro potrà procedere o meno con il licenziamento prima della data del 31.12.2020.

Quali sono le fattispecie escluse dal divieto, oltre alla ipotesi di successione nell’appalto?

  • cessazione definitiva della attività di impresa a causa di fallimento o messa in liquidazione, senza esercizio provvisorio dell’attività né continuazione parziale mediante trasferimento di ramo d’azienda;
  • ipotesi di accordo con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale che prevedano la risoluzione, a fronte di un incentivo alla risoluzione dei rapporti di lavoro intercorrenti con i lavoratori che decidano di aderirvi ed ai quali viene riconosciuto il diritto alla NASpI.

Continuano a restare esclusi dal divieto:

  • il licenziamento individuale del dirigente;
  • recesso durante il periodo di prova;
  • licenziamento per il superamento del periodo di comporto.

La disposizione prevede infine che, il datore di lavoro che, indipendentemente dal numero di dipendenti, nell’anno 2020, abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo, può revocare in ogni tempo il recesso a condizione che faccia richiesta di trattamento di integrazione salariale a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. Il rapporto, pertanto, si intenderà ripristinato senza soluzione di continuità.

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