NEWSLETTER n. 7/2022

Novità NORMATIVE

Legge 19 maggio 2022, n. 52, in G.U. 23 maggio 2022 n. 119 di conversione, con modificazioni, del D.L. 24 marzo 2022, n. 24, recante: “Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza.

Entrata in vigore il 24.05.2022, la legge n. 52/2022 converte con modificazioni il Decreto Legge n. 24/2022 (cd. decreto Riaperture), confermando in taluni casi quanto già previsto nello stesso ed introducendo in altri disposizioni aggiuntive, anche in materia di lavoro.

In particolare, all’art. 9-bis viene previsto che la formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro possa essere erogata sia con la modalità in presenza, sia a distanza, attraverso la metodologia della videoconferenza in modalità sincrona. Rimangono escluse da qualsiasi possibile somministrazione da remoto le attività formative per le quali siano previste un addestramento o una prova pratica, che dovranno obbligatoriamente continuare a svolgersi in presenza.

Per i lavoratori dipendenti ad elevata fragilità, affetti dalle patologie e nelle condizioni tassativamente individuate dal decreto Ministero della Salute 4.02.2022, nel caso non sia possibile rendere la prestazione lavorativa in modalità agile, fino al 30.06.2022 il periodo di assenza dal lavoro verrà equiparato al ricovero ospedaliero e non sarà computato ai fini del periodo di comporto. La tutela previdenziale viene ora ristretta esclusivamente a tale categoria di lavoratori (art. 10, comma 1-bis).

I lavoratori dipendenti con disabilità con connotazione di gravità ai sensi della Legge n. 104/1992 (art. 3, comma 3) e in possesso di certificazione attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalità agile fino al 30.06.2022, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento. (art. 10, comma 1-ter).

I lavoratori fragili – ossia quelli maggiormente esposti a rischio di contagio Covid-19 in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da comorbilità che possono caratterizzare una situazione di maggiore rischiosità accertata dal medico competente – hanno diritto allo smart working con modalità semplificate fino al 31.07.2022.

Per gli stessi è inoltre prorogata la sorveglianza sanitaria eccezionale al 31.07.2022. (art. 10, comma 2; allegato B).

Sempre per quanto riguarda il lavoro agile, viene prorogata fino al 31.08.2022 la possibilità per i datori di lavoro privati di usufruire della procedura semplificata, già in uso, per effettuare le comunicazioni di smart working, in via telematica, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche prescindendo dagli accordi individuali generalmente richiesti dalla normativa vigente. (art. 10, comma 2-bis).

È stato altresì prorogato al 31.07.2022 il diritto per i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14 a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali, purché nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o genitore non lavoratore e tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. (art. 10, comma 2; allegato B).

Viene inoltre prorogato al 30.06.2022 il diritto allo svolgimento della prestazione in modalità di lavoro agile per i genitori lavoratori dipendenti privati che hanno almeno un figlio in condizioni di disabilità grave riconosciuta ai sensi della legge n. 104/1992, o con bisogni educativi speciali, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore non lavoratore e l’attività lavorativa non richieda necessariamente la presenza fisica. (art. 10, comma 5-quinques)

Era, infine, stato prorogato al 15.06.2022 l’obbligo di indossare le mascherine di tipo FFP2 per:

Il Consiglio dei Ministri, in data 15.06.2022, ha approvato un Decreto che, tra le altre misure, stabilisce la proroga al 30.09.2022 dell’obbligo dell’uso delle mascherine FFP2 per:

INAIL, Circolare n. 25 del 14 giugno 2022: “Semplificazioni in materia di adempimenti formali concernenti gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Utilizzo dei servizi telematici. Nuovo applicativo per l’invio dei certificati medici di infortunio sul lavoro.”.

L’INAIL ha pubblicato la circolare n. 25 del 14.06.2022, illustrando il nuovo servizio per l’invio dei certificati di infortunio sul lavoro, operativo dal 28.04.2022, che consente ai medici – compresi quelli operanti nelle strutture sanitarie e sociosanitarie – di inserire informazioni e dati riguardanti l’evento lesivo in modo strutturato e omogeneo.

Per ottenere l’abilitazione al rilascio della certificazione medica di infortunio in modalità telematica, il medico o il rappresentante legale delle strutture devono presentare apposita richiesta utilizzando la seguente modulistica, disponibile sul portale istituzionale:

Le richieste di abilitazione, corredate dalla copia del documento di identità, possono essere presentate presso le sedi territoriali Inail (Sportello Lavoratori) oppure in via telematica attraverso il servizio disponibile al seguente percorso www.inail.it>Accedi ai servizi online>Richieste di abilitazione.

La circolare, inoltre, fornisce indicazioni sulle modalità di compilazione e di trasmissione dei certificati medici.

I.N.P.S. Messaggio n. 2397 del 13 giugno 2022: ”Indennità una tantum per i lavoratori dipendenti. Articolo 31, comma 1, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50. Istruzioni contabili. Variazioni al piano dei conti.

L’INPS, con il messaggio n. 2397 del 13.06.2022, fornisce le istruzioni per l’esposizione del credito dovuto all’erogazione dell’Indennità una tantum per i lavoratori dipendenti, da parte dei datori di lavoro, sul flusso Uniemens, previsto dall’articolo 31, comma 1, del Decreto Legge 17 maggio 2022, n. 50.

Per gli aspetti applicativi relativi all’indennità in esame e per l’indennità erogata direttamente dall’INPS ai soggetti di cui all’articolo 32 del Decreto Legge 17 maggio 2022, n. 50, l’Istituto rinvia ad una successiva circolare.

Tale indennità una tantum di 200 euro è riconosciuta in automatico, in misura fissa, una sola volta, previa acquisizione – da parte del datore di lavoro – di una dichiarazione del lavoratore con la quale lo stesso dichiari, ricorrendone le circostanze, “di non essere titolare delle prestazioni di cui all’articolo 32, commi 1 e 18”.

Ispettorato Nazionale del Lavoro, nota n. 1074 del 24 maggio 2022: ”Permesso di soggiorno per motivi di studio e svolgimento di attività lavorativa. Limiti.”.

Con la nota in commento l’Ispettorato Nazionale del Lavoro precisa che è consentito, con il permesso di soggiorno per motivi di studio o formazione, soltanto lo svolgimento di un’attività lavorativa part-time con limiti temporali ben definiti, senza che siano quindi conformi alla normativa in questione contratti che prevedano un’articolazione oraria settimanale superiore alle 20 ore, pur restando al di sotto del limite annuale delle 1.040 ore.

In tal senso depone la circostanza che la specifica disciplina relativa agli ingressi per motivi di studio – di maggior favore rispetto a quella prevista ordinariamente per coloro che intendano fare ingresso nel territorio nazionale per finalità lavorative – risulta porsi in termini di eccezionalità rispetto al delineato sistema normativo, così da impedire una interpretazione estensiva dei limiti orari indicati.

L’Ispettorato rammenta pertanto che, qualora il titolare del permesso per motivi di studio intenda lavorare per un numero di ore superiore ai limiti anzidetti, è tenuto a richiedere, prima della sua scadenza, la conversione dello stesso in permesso per motivi di lavoro.

Novità GIURISPRUDENZIALI

Corte Costituzionale, sentenza 16 giugno 2022, n. 150

Costituzionalmente legittima la disposizione che impone alle società cooperative che svolgono attività di somministrazione di lavoro di avere, come socio sovventore, un fondo mutualistico.

Nel dichiarare l’infondatezza della questione sollevata dal Consiglio di Stato con riguardo all’art. 5, co. 2, lett. e), d.lgs. 276/03, la Corte Costituzionale precisa che la presenza di un fondo mutualistico nella compagine sociale della società cooperativa ha la funzione di garantire i crediti del lavoratore nei confronti dell’agenzia somministratrice datrice di lavoro e che tale requisito può essere soddisfatto senza che la società cooperativa debba necessariamente aderire ad un’associazione nazionale riconosciuta per la rappresentanza del movimento cooperativo.

Corte di Cassazione, ordinanza 8 giugno 2022, n. 18427

Deve qualificarsi come azione di responsabilità contrattuale, con conseguente presunzione di responsabilità del datore di lavoro, la domanda risarcitoria del lavoratore che lamenti di aver subito un infortunio per aver operato in assenza di condizioni di piena sicurezza.

Avendo subito una lesione a un braccio a seguito del malfunzionamento dell’interruttore di spegnimento del macchinario sul quale stava operando, un lavoratore aveva convenuto in giudizio il proprio datore di lavoro per il risarcimento del danno conseguente all’infortunio. Poiché nell’atto di citazione non era stata esplicitata l’intenzione di voler proporre un’azione di responsabilità contrattuale, né era stata contestata l’inosservanza di specifiche obbligazioni contrattuali, il Tribunale e la Corte d’appello avevano qualificato la domanda come volta ad accertare una responsabilità extracontrattuale, che non era stata ritenuta provata perché il danneggiato non aveva fornito la prova né della colpa del convenuto né del nesso di causa. Secondo la Cassazione, al contrario, il ricorrente, nel contestare al datore di lavoro di non aver assicurato lo spegnimento in sicurezza del macchinario, aveva chiaramente inteso richiedere l’accertamento di una responsabilità di tipo contrattuale, fondata sull’inadempimento del generale obbligo di protezione della salute del lavoratore, con la conseguenza che sarebbe spettato al datore di lavoro dimostrare che il difettoso funzionamento del macchinario non era dovuto a un suo comportamento negligente.

Corte di cassazione, sentenza 31 maggio 2022 n. 17694

In materia di licenziamento collettivo, la comunicazione finale dei licenziati non può essere frazionata.

In una procedura di licenziamento collettivo, essendo stato stabilito come unico criterio di scelta la prossimità alla pensione e quindi una progressione dei licenziamenti a seconda del raggiungimento del requisito, la società aveva proceduto a comunicare separatamente, in tempi successivi, i singoli gruppi di licenziamenti alle OO.SS. e all’autorità. Nel giudizio d’impugnazione del licenziamento di un dipendente di un primo gruppo, la Corte afferma che la comunicazione finale deve essere tempestiva (entro sette giorni dai licenziamenti) e unitaria e riguardare sia licenziati che licenziandi, per consentire l’effettivo, tempestivo controllo dei sindacati sulla corretta applicazione dei criteri prescelti; con riflessi anche nella posizione del dipendente licenziato, in grado di procedere a una consapevole impugnazione solo se abbia avuto la possibilità di controllare tempestivamente il rispetto del criterio prescelto con riguardo a tutti i licenziabili. Dichiarato illegittimo il licenziamento, la Corte applica la tutela indennitaria, trattandosi di violazione delle regole sulla comunicazione finale.

Corte di cassazione, sentenza 31 maggio 2022 n. 17689

Illegittimo il licenziamento di un direttore generale per aver segnalato al Consiglio di amministrazione possibili reati.

Un direttore generale recentemente assunto aveva segnalato, nel corso del consiglio di amministrazione convocato per l’approvazione del bilancio del precedente anno 2012, alcune irregolarità contabili in grado di esporre la società al rischio di commettere un reato. La società lo aveva licenziato per giusta causa in quanto le critiche da lui svolte erano risultate sostanzialmente infondate. In giudizio, la Cassazione, annullando l’opposta decisione della Corte d’appello, accoglie il ricorso del dirigente, ricordando che, ancor prima che una legge del 2017 (la n. 197) disciplinasse esplicitamente la materia, la propria giurisprudenza era nel senso che le denunce penali da parte di dipendenti di reati commessi dalla società non possono dar luogo a licenziamento, anche se non siano dotate di continenza formale e sostanziale e se i fatti denunciati siano risultati non veri, salvo il caso che siano espressione di un intento persecutorio dell’agente. E ciò perché l’interesse che muove il dipendente è un interesse pubblico costituzionalmente protetto di rango superiore rispetto all’onore eventualmente leso. Questa essendo la regola, tanto più dev’essere tenuto indenne il dipendente, che prima ancora della denuncia penale, segnali il rischio alla società, come nel caso in esame.

Corte di cassazione, ordinanza 19 maggio 2022 n. 16206

Lecito il rifiuto di trasferimento, se elude l’obbligo di reintegrazione.

Un dipendente campano, destinatario di due sentenze definitive di reintegrazione, fu traferito dalla società datrice di lavoro a Torino o ad Alessandria, a sua scelta. Essendosi rifiutato di eseguire l’ordine, fu licenziato per giusta causa. In giudizio la Cassazione, condividendo la valutazione dei giudici dell’appello, annulla il licenziamento, ritenendo lecito il rifiuto, in reazione a un grave inadempimento della società, che col preteso trasferimento (comunque ingiustificato), aveva sostanzialmente eluso l’obbligo di reintegrazione.

Tribunale di Lodi, 1° giugno 2022

Tribunale di Busto Arsizio, 15 febbraio 2022

Cessione di un ipermercato: è illegittimo qualificare i diversi reparti del punto vendita come rami d’azienda, trasferendo solo il reparto “food” e senza cedere il rapporto di lavoro degli addetti al reparto dei beni non alimentari, destinato poi alla dismissione.

Le due pronunce (Tribunale di Lodi 01.06.2022 e Tribunale di Busto Arsizio 15.02.2022) intervengono su casi analoghi di ipermercati interessati da una parziale cessione di ramo d’azienda, all’esito di un piano di riorganizzazione e risanamento, nei quali veniva ceduta una parte soltanto dell’attività di vendita (distinta per generi di beni e licenze) dunque cedendo solo in parte i dipendenti. I ricorrenti agivano dunque per sentire dichiarare l’illegittimità della loro mancata inclusione nel gruppo di lavoratori il cui rapporto di lavoro era proseguito in capo alla società cessionaria. I Giudici, nell’accertare la mancanza di autonomia dei diversi reparti di vendita, tale da non poter parlare di rami d’azienda autonomi e preesistenti all’atto di cessione, nonché la mancanza di criteri obiettivi di selezione dei lavoratori trasferiti, affermano il diritto dei ricorrenti alla prosecuzione del rapporto di lavoro ex art. 2112 c.c. in capo alla cessionaria.

Tribunale di Udine, 26 maggio 2022

Ammissibili le dimissioni per facta concludentia e non telematiche

Il Tribunale di Udine ha affermato che la procedura telematica prevista dall’art. 26 del decreto legislativo n. 151/2015 e dal conseguente D.M. applicativo del Ministro del Lavoro, ha l’obiettivo di assicurare la genuinità delle dimissioni presentate dal lavoratore e, di conseguenza, intende sottolineare che il dipendente deve essere libero da condizionamenti allorquando prende la propria decisione.

La procedura, però, non si spinge ad abrogare gli effetti degli articoli 2118 e 2119 del codice civile che offrono la possibilità al lavoratore attraverso comportamenti concludenti di rassegnare “di fatto” le proprie dimissioni attraverso una serie di assenze dal posto di lavoro.

Nel merito, il giudice ha ritenuto che una lavoratrice, che non aveva effettuato la procedura, assentandosi per più giorni, con lo scopo di costringere il datore di lavoro al licenziamento per assenze ingiustificate protrattesi oltre il limite previsto dal contratto collettivo ed ottenere, di conseguenza, la NASPI, ha tenuto un comportamento illegittimo e bene ha fatto il datore di lavoro a comunicare al centro per l’impiego le dimissioni della ex dipendente che, in tal modo, non ha percepito l’indennità di disoccupazione.

Tribunale di Bari, 12 maggio 2022

Illegittimo il licenziamento per superamento del comporto, se non tempestivo.

Il Giudice accoglie il ricorso di un lavoratore che agiva per l’accertamento dell’illegittimità del licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto ritenendolo tardivo e aderisce ad un precedente orientamento della Suprema Corte, secondo cui in casi simili occorre valutare il tempo decorso fra la data del superamento del periodo di comporto e quella del licenziamento, al fine di stabilire se la durata di esso sia tale da risultare oggettivamente incompatibile con la volontà di porre fine al rapporto. Nel caso di specie, il Giudice ha ritenuto il licenziamento non tempestivo alla luce del fatto che la Società datrice di lavoro fosse già al corrente dello stato di salute del ricorrente e non dovesse, pertanto, compiere alcuna valutazione in merito all’idoneità o meno del lavoratore al proseguimento del rapporto di lavoro.

Tribunale di Nola, 19 aprile 2022

Superamento periodo di comporto e natura professionale della pretesa patologia sofferta.

Il caso ha per oggetto il licenziamento intimato ad un dipendente per superamento del periodo di comporto. Il medesimo lamenta che l’assenza per malattia sarebbe stata dovuta ad una patologia imputabile alla nocività dell’ambiente di lavoro e, in particolare, alla condotta datoriale che avrebbe omesso la prescritta sorveglianza sanitaria.

Il Giudice del lavoro ha accolto le argomentazioni sollevate nell’interesse del datore di lavoro ed ha concluso per il rigetto delle domande del lavoratore. Come è noto, infatti, le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale, in quanto riconducibili alla generale nozione di infortunio o malattia contenuta nell’art. 2110 cod. civ., sono normalmente computabili nel previsto periodo di conservazione del posto, mentre, affinché l’assenza per malattia possa essere esclusa dal periodo di comporto, non è sufficiente che la stessa sia di natura professionale, bensì è necessario che, in relazione ad essa ed alla sua genesi, sussista una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 cod. civ.; l’onere della prova riguardo il nesso causale tra la malattia che ha determinato l’assenza e le mansioni espletate, in mancanza del quale deve ritenersi legittimo il licenziamento, è a carico del lavoratore.

Tribunale di Ancona, 27 marzo 2022

Il datore di lavoro non può utilizzare la prova testimoniale per dimostrare il pagamento della retribuzione in contanti.

Il Tribunale, chiamato a pronunciarsi sull’opposizione a decreto ingiuntivo presentata dal datore di lavoro, il quale eccepiva l’avvenuto pagamento in contanti delle retribuzioni richieste e ingiunte, ha dichiarato inammissibile la prova testimoniale richiesta a norma degli artt. 2721 e 2726 c.c. Dopo aver svolto l’attività istruttoria in merito all’effettivo svolgimento dell’attività di lavoro da parte del lavoratore, il Giudice ha affermato che la società avrebbe potuto attivarsi tempestivamente al fine di aprire il conto corrente per il pagamento mediante bonifico e che in ogni caso avrebbe potuto richiedere quietanze all’atto dei dedotti pagamenti, cosa che invece non è avvenuta.

NEWSLETTER n. 6/2022

Novità normative e giurisprudenziali

Novità NORMATIVE

Garante per la protezione dei dati personali – Ordinanza ingiunzione nei confronti di Azienda ospedaliera di Perugia – 7 aprile 2022 – Registro dei provvedimenti
n. 134 del 7 aprile 2022

Il Garante della privacy, nell’ambito dello svolgimento di un ciclo di attività ispettive, ha sanzionato un’azienda ospedaliera ed il fornitore del servizio informativo per non aver rispettato gli obblighi di riservatezza posti a tutela dei lavoratori che, durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, effettuino segnalazioni di condotte illecite (cd. whistleblowing).

Le disposizioni normative attuali (L. n. 179/2017), oltre a garantire l’anonimato, dispongono un particolare regime di protezione verso il lavoratore che venga a conoscenza ed intenda segnalare l’accadimento di fatti illeciti all’interno dell’azienda ove presti la propria attività. L’imprescindibile necessità sottolineata dall’Autorità garante di assicurare la massima riservatezza del lavoratore “whistleblower” risiede proprio nelle ragioni di tutela previste.

Dai controlli effettuati, l’accesso all’applicazione web di whistleblowing predisposta dall’azienda ospedaliera, basata su un software open source, avveniva attraverso sistemi che, non essendo stati correttamente configurati, registrano e conservano i dati di navigazione degli utenti, tanto da consentire l’identificazione di chi la utilizzava, tra cui i potenziali segnalanti. La struttura sanitaria non aveva poi provveduto ad informare preventivamente i lavoratori in merito al trattamento dei dati personali effettuato per finalità di segnalazione degli illeciti, non aveva effettuato una valutazione di impatto privacy e non aveva neppure inserito tali operazioni nel registro delle attività di trattamento, strumento utile per valutare i rischi per i diritti e le libertà degli interessati.

Legge 20 maggio 2022, n. 51, di conversione del D.L. 21 marzo 2022, n. 21, recante: «Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi Ucraina».

  • pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 117 del 20 maggio 2022 ha apportato modifiche al testo del D.Lgs. n. 81/2015 (cd. T.U. sui contratti di lavoro).

Durante i lavori di conversione in legge del D.L. n. 21/2022 (c.d. Decreto energia), al Senato è stato inserito nel testo un emendamento che prevede l‘estensione della deroga al limite massimo di 24 mesi per la durata dei contratti a tempo determinato in somministrazione previsto dall’art. 19, comma 2 del D.Lgs. n. 81/2015.

In sintesi, l’art. 12 quinquies del D.L. n. 21/2022 proroga al 30.06.2024 la disciplina prevista dal comma 1 dell’articolo 31 del D.Lgs. n. 81/2015, il quale stabilisce che, qualora il rapporto di lavoro tra l’agenzia di somministrazione ed il lavoratore sia a tempo indeterminato, nel caso di stipula di un contratto di somministrazione tra l’agenzia di somministrazione e l’utilizzatore a tempo determinato, sia possibile per l’utilizzatore impiegare in missione, per periodi superiori a 24 mesi anche non continuativi, il medesimo lavoratore somministrato, senza che ciò determini in capo all’utilizzatore la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato.

Ministero del Lavoro: Protocollo salute e sicurezza sul lavoro.

I Ministeri del Lavoro e dell’Istruzione, insieme all’Ispettorato nazionale del lavoro (INL) e all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), hanno sottoscritto un Protocollo d’intesa per la promozione e la diffusione della cultura della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nell’ambito dei percorsi per le competenze trasversali e orientamento.

Il protocollo della durata triennale disciplina proposte progettuali, educative e didattiche, volte a rendere pienamente efficace l’azione di sensibilizzazione sulle tematiche e sui valori della salute e sicurezza in ogni ambiente di vita, studio e lavoro per coloro che operano nella realtà scolastica, in continuità con le esperienze già realizzate a livello nazionale e territoriale.

L’obiettivo è ridurre sistematicamente gli eventi infortunistici tramite l’utilizzo strategico di efficaci azioni di formazione e informazione, destinate ai dirigenti scolastici, ai docenti e a tutti gli studenti, in particolare a quelli che sono prossimi all’inserimento nel mondo del lavoro o che sono coinvolti nei “Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento”.

Previo coinvolgimento della Conferenza delle Regioni, le azioni e gli strumenti previsti dal Protocollo saranno proposte anche a tutti i soggetti coinvolti nell’erogazione di percorsi di alternanza, quali ad esempio tirocini curriculari e stage.

La pianificazione, programmazione e organizzazione generale dei piani di attività da realizzare è svolta attraverso un Comitato di coordinamento apposito, composto da cinque rappresentanti, di cui due per il ministero dell’Istruzione, uno per il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, uno per l’INL e uno per l’INAIL.

Le funzioni del Comitato sono:

Ispettorato Nazionale del Lavoro, comunicato stampa del 19 maggio 2022: lavoratrici madri e lavoratori padri di figli fino a tre anni di età: disponibile il modello di richiesta del colloquio online.

L’Ispettorato Nazionale del lavoro, con comunicato stampa del 19 maggio 2022, ha reso noto che, a seguito della cessazione del periodo emergenziale da COVID-19, non è più utilizzabile il modello di richiesta online di convalida delle dimissioni/risoluzioni consensuali (ex art. 55 del D.Lgs. n. 151/2001) in sostituzione del colloquio diretto della lavoratrice madre o del lavoratore padre con il funzionario dell’Ispettorato del lavoro territorialmente competente.

L’Ispettorato precisa tuttavia che è possibile effettuare il colloquio con il personale dell’ITL anche “a distanza” attraverso un apposito modello di richiesta attualmente disponibile online, che andrà trasmesso mediante posta elettronica.

Novità GIURISPRUDENZIALI

Corte di giustizia UE, sentenza 12 maggio 2022, in causa n. C-426/20.

Parità di ferie tra lavoratori somministrati e dipendenti stabili dell’impresa utilizzatrice.

La direttiva comunitaria sul lavoro interinale stabilisce che, durante la missione, le condizioni di lavoro e di occupazione dei lavoratori interinali devono essere almeno identiche a quelle applicabili qualora questi fossero dipendenti dell’impresa utilizzatrice. In un giudizio avanti il giudice portoghese, i ricorrenti, che erano stati inviati come lavoratori interinali presso un’impresa utilizzatrice per alcuni anni, sostenevano che il diritto portoghese li avrebbe discriminati rispetto ai lavoratori ordinari per quanto riguarda l’indennità per ferie non godute spettante loro alla cessazione del rapporto. Il giudice nazionale, condividendo tale interpretazione della legge, ha interrogato pertanto la Corte di giustizia per sapere se il diritto comunitario vieta una tale differenziazione. La Corte, rilevato che tra le condizioni di lavoro e occupazione di cui è assicurata la parità nel lavoro interinale sono sicuramente comprese le ferie e la relativa indennità per quelle non godute in caso di cessazione del rapporto, dichiara che la direttiva comunitaria non consente una misura nazionale del genere.

Corte costituzionale, sentenza 19 maggio 2022 n. 125

Incostituzionale la legge Fornero, laddove subordina la tutela reintegratoria per il caso di “insussistenza” del fatto alla sua natura “manifesta”.

Come noto, in materia di licenziamenti individuali per motivi economici, la legge Fornero, modificando l’art. 18 S.L., prevede che, in caso d’insussistenza del fatto posto a base del licenziamento, la reintegrazione è dovuta solo se l’insussistenza è manifesta, declinata dalla giurisprudenza nel senso di evidenza piena, facilmente verificabile. 

Con un’articolata sentenza, la Corte dichiara incostituzionale, per irragionevolezza in violazione dell’art. 3 Cost., la previsione di questo requisito aggiuntivo perché: 1) è indefinito, prestandosi a incertezze applicative; 2) non ha alcuna attinenza col disvalore del licenziamento intimato, che non dipende dalla maggiore facilità dell’accertamento giudiziario; 3) risulta eccentrico rispetto all’apparato delle tutele in materia, incentrato sulla diversa gravità dei vizi del licenziamento; 4) appesantisce inutilmente il processo, a causa della sua vaghezza e incoerenza.

Corte di cassazione, sentenza 18 maggio 2021 n. 15999

ll rifiuto del lavoratore part time di effettuare la prestazione a tempo pieno non può dar luogo a licenziamento disciplinare.

Salva un’ipotesi temporanea e isolata nel pubblico impiego, il rientro unilaterale dal part time al full time è previsto solo nell’interesse del lavoratore.

Una dipendente pubblica part time era stata licenziata nel 2017 perché aveva rifiutato il ritorno a tempo pieno disposto dall’Amministrazione datrice di lavoro. In giudizio, la Corte, cassando la sentenza dell’appello che aveva respinto le domande della dipendente licenziata, afferma anzitutto che per la legge italiana, che attua al riguardo una normativa comunitaria, un tale rifiuto non giustifica il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo.

Procedendo inoltre a un’analisi della normativa italiana in materia, nella sua successione nel tempo, la Cassazione rileva che un potere della pubblica amministrazione di revoca del part time è stato previsto solo da una legge del 2010, per la durata di 180 giorni dalla sua approvazione e con esclusivo riferimento ai c.d. passaggi automatici da full time a part time effettuati prima del 2008. In tutti gli altri casi, il rientro dal part time è esclusivamente nell’interesse del lavoratore (consensuale o per precedenza nelle nuove assunzioni a tempo pieno).

Corte di cassazione, ordinanza 3 maggio 2022 n. 13895

Un caso di corretta applicazione della regola “inadimpleti non est adimplendum”.

Una lavoratrice era stata licenziata perché aveva rifiutato il trasferimento pressoché immediato da Firenze a Torino, dichiarandosi contestualmente disponibile dal giorno successivo presso la sede originaria. Nel giudizio che ne era conseguito, i giudici, valutate tutte le circostanze del caso, in particolare la notevole distanza del trasferimento presso una sede che da molto tempo non veniva coperta e che non era stata coperta neppure dopo il licenziamento nonché la violazione dell’obbligo di preavviso da parte della società, hanno ritenuto giustificato il rifiuto della lavoratrice in applicazione della regola di cui all’art. 1460 cod. civ. e hanno pertanto annullato il licenziamento, applicando al caso la tutela reintegratoria c.d. minore.

Corte di cassazione, sentenza 2 maggio 2022 n. 13774

Si consolida l’orientamento che ravvisa anche nelle clausole generali del CCNL la possibile ricorrenza di un’ipotesi di sanzione conservativa, che comporta la reintegrazione per l’illiceità del licenziamento.

Nel caso esaminato, si trattava del licenziamento per giusta causa della commessa di un centro commerciale, che in una giornata di forte afflusso della clientela, si era rivolta in maniera scortese e volgare a un cliente che pertanto si era allontanato sdegnato. In ambedue i gradi del giudizio di merito, la condotta della lavoratrice, in base ad un accertamento di fatto incensurabile in cassazione, era stato ritenuto “non grave”. In quest’ultima sede la società ha peraltro censurato l’applicazione della tutela reintegratoria, rilevando che nel CCNL non era indicata alcuna ipotesi specifica di condotta meritevole di sanzione conservativa alla quale fosse riconducibile il comportamento della dipendente. Ribadendo il recente orientamento espresso con la sentenza n. 11665/2022 (cit. al n. 8/2022), secondo cui, ai fini dell’applicazione della tutela reintegratoria contro il licenziamento disciplinare illegittimo, anche nelle clausole generali del CCNL e non solo nelle fattispecie specifiche, è possibile ravvisare la ricorrenza di ipotesi meritevoli di sanzione conservativa, la Corte valuta che la collocazione idonea della non grave violazione del dovere di cortesia verso i clienti, nella graduazione contenuta nel CCNL, sia tra le sanzioni conservative; per cui annulla il licenziamento, con la reintegrazione della lavoratrice e con una contenuta indennità risarcitoria.

Corte di cassazione, sentenza 26 aprile 2022 n. 13063

In caso di licenziamento per aver svolto attività extra lavorativa durante la malattia, grava sul datore di lavoro provare che essa abbia ritardato la guarigione.

Un datore di lavoro aveva licenziato per giusta causa un dipendente manutentore elettrico in base all’accertamento che durante un periodo di assenza per malattia: 1) aveva svolto attività extralavorativa in grado di pregiudicarne la guarigione e 2) aveva altresì omesso di comunicare il mutamento del domicilio sicché erano andate a vuoto alcune visite di controllo medico domiciliare. Quanto alla prima contestazione, la Corte, dopo avere adeguatamente illustrato i principi elaborati dalla giurisprudenza in materia (in particolare, quello secondo cui non esiste un divieto assoluto per il lavoratore di svolgere attività anche in favore di terzi durante l’assenza per malattia), afferma, aderendo al più rigoroso indirizzo circa l’onere della prova nei licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo, che l’onere di provare che l’attività extralavorativa ha avuto la potenzialità di incidere negativamente sulla guarigione grava sul datore di lavoro. Quanto alla seconda questione, essendo stato accertato in giudizio che il CCNL colpisce con la sanzione conservativa una condotta più grave di quella contestata al dipendente, la Corte annulla il licenziamento e, ponendosi sulla scia della recente giurisprudenza (Cass. n. 11665 di quest’anno), sulla necessità di interpretare il contratto collettivo, l’intero contratto collettivo per definire le ipotesi in cui questo, prevedendo per una certa condotta una sanzione conservativa, esclude il licenziamento disciplinare e comporta altresì l’accesso alla tutela reintegratoria, conferma la reintegrazione del dipendente licenziato insieme alla tutela indennitaria c.d. minore.

Tribunale di Milano, 2 maggio 2022

Costituisce discriminazione indiretta computare nel comporto di malattia le assenze del disabile dovute all’handicap.

Il Tribunale dichiara nullo il licenziamento per superamento del periodo di comporto intimato nei confronti di una lavoratrice disabile, qualificando come discriminazione indiretta il computo, nei giorni utili per l’integrazione del periodo di comporto, delle assenze correlate all’handicap, in quanto in violazione del principio di eguaglianza sostanziale, della Direttiva 2000/78/CE e del d.lgs. 216/2003. Il Giudice afferma che, al fine di garantire l’effettiva uguaglianza dei lavoratori, per i dipendenti assunti in categoria protetta ai fini del comporto devono computarsi solamente le assenze per eventi morbosi estranei alla disabilità, essendo quest’ultima condizione caratterizzata da un rischio maggiore di accumulare giorni di assenza. Data la rilevanza oggettiva del divieto di discriminazione, non assume rilevanza la circostanza che il datore di lavoro non avesse conoscenza della specifica natura delle malattie della lavoratrice.

Tribunale di Napoli, 6 aprile 2022

Mancato assorbimento del superminimo reiterato negli anni: è uso aziendale.

Il Tribunale partenopeo interviene nel nutrito contenzioso dei dipendenti di Telecom che, dopo molti anni nei quali l’impresa non aveva mai effettuato l’assorbimento dei superminimi individuali, in occasione dei vari aumenti previsti da successivi contratti collettivi, per la prima volta si sono visti operare la compensazione sugli aumenti stabiliti da un accordo ponte del settore telecomunicazioni di fine 2017. Il Tribunale dichiara l’illegittimità dell’assorbimento del superminimo in virtù dell’accertamento della maturata formazione di un uso aziendale, modificabile solo con un eventuale accordo collettivo.

Tribunale di Milano, 2 marzo 2022

Illegittimo qualificare le ore non lavorate a causa del lockdown come permesso non retribuito.

Il Tribunale accoglie il ricorso di un lavoratore che, impossibilitato a rendere la prestazione lavorativa a causa della chiusura dell’azienda durante il primo periodo della pandemia, si era visto trattenere dallo stipendio una somma a titolo di permessi non retribuiti per le ore non lavorate. Il Giudice ha disatteso la tesi datoriale affermando che, secondo la normativa emergenziale, il datore di lavoro avrebbe dovuto ricorrere prioritariamente a ferie, permessi retribuiti o congedi e che, ove il lavoratore non ne disponesse, doveva ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale introdotti in via straordinaria in quel periodo: in nessun modo poteva invece imporre ore di permessi non retribuiti, che possono essere concessi solo su richiesta del lavoratore.

Tribunale di Milano, 11 febbraio 2022

Anche al personale amministrativo delle strutture sanitarie che lavora a contatto con il pubblico si applica la presunzione della malattia Covid quale infortunio sul lavoro.

Il Tribunale accoglie il ricorso, presentato da una dipendente con mansioni amministrative di un’azienda ospedaliera, avverso la decisione dell’Inail che non aveva riconosciuto la natura professionale della malattia da Covid-19 contratta dalla ricorrente nei primi mesi dell’emergenza pandemica.

La circolare INAIL del 3 aprile 2020, n. 13 ha chiarito che anche per il personale non sanitario operante negli ospedali, a contatto con il pubblico o con l’utenza, il rischio di contagio, pur genericamente riguardante tutti i cittadini, è un rischio aggravato e dunque specifico, dando luogo alla presunzione semplice di origine professionale. Il Tribunale applica tale principio tenendo conto di una serie di circostanze lavorative (la ricorrente non era la prima contagiata del suo gruppo di lavoro, l’attività svolta prevedeva contatti con terzi estranei alla struttura ospedaliera) ed extra-lavorative (la residenza a breve distanza dalla sede di lavoro e la prova che i suoi familiari non avevano contratto il Covid nel medesimo periodo), tali da confermare la presunzione di un contagio sul luogo di lavoro, e non all’esterno.