NEWSLETTER n. 7/2022

Novità NORMATIVE

Legge 19 maggio 2022, n. 52, in G.U. 23 maggio 2022 n. 119 di conversione, con modificazioni, del D.L. 24 marzo 2022, n. 24, recante: “Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza.

Entrata in vigore il 24.05.2022, la legge n. 52/2022 converte con modificazioni il Decreto Legge n. 24/2022 (cd. decreto Riaperture), confermando in taluni casi quanto già previsto nello stesso ed introducendo in altri disposizioni aggiuntive, anche in materia di lavoro.

In particolare, all’art. 9-bis viene previsto che la formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro possa essere erogata sia con la modalità in presenza, sia a distanza, attraverso la metodologia della videoconferenza in modalità sincrona. Rimangono escluse da qualsiasi possibile somministrazione da remoto le attività formative per le quali siano previste un addestramento o una prova pratica, che dovranno obbligatoriamente continuare a svolgersi in presenza.

Per i lavoratori dipendenti ad elevata fragilità, affetti dalle patologie e nelle condizioni tassativamente individuate dal decreto Ministero della Salute 4.02.2022, nel caso non sia possibile rendere la prestazione lavorativa in modalità agile, fino al 30.06.2022 il periodo di assenza dal lavoro verrà equiparato al ricovero ospedaliero e non sarà computato ai fini del periodo di comporto. La tutela previdenziale viene ora ristretta esclusivamente a tale categoria di lavoratori (art. 10, comma 1-bis).

I lavoratori dipendenti con disabilità con connotazione di gravità ai sensi della Legge n. 104/1992 (art. 3, comma 3) e in possesso di certificazione attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalità agile fino al 30.06.2022, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento. (art. 10, comma 1-ter).

I lavoratori fragili – ossia quelli maggiormente esposti a rischio di contagio Covid-19 in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da comorbilità che possono caratterizzare una situazione di maggiore rischiosità accertata dal medico competente – hanno diritto allo smart working con modalità semplificate fino al 31.07.2022.

Per gli stessi è inoltre prorogata la sorveglianza sanitaria eccezionale al 31.07.2022. (art. 10, comma 2; allegato B).

Sempre per quanto riguarda il lavoro agile, viene prorogata fino al 31.08.2022 la possibilità per i datori di lavoro privati di usufruire della procedura semplificata, già in uso, per effettuare le comunicazioni di smart working, in via telematica, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche prescindendo dagli accordi individuali generalmente richiesti dalla normativa vigente. (art. 10, comma 2-bis).

È stato altresì prorogato al 31.07.2022 il diritto per i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14 a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali, purché nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o genitore non lavoratore e tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. (art. 10, comma 2; allegato B).

Viene inoltre prorogato al 30.06.2022 il diritto allo svolgimento della prestazione in modalità di lavoro agile per i genitori lavoratori dipendenti privati che hanno almeno un figlio in condizioni di disabilità grave riconosciuta ai sensi della legge n. 104/1992, o con bisogni educativi speciali, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore non lavoratore e l’attività lavorativa non richieda necessariamente la presenza fisica. (art. 10, comma 5-quinques)

Era, infine, stato prorogato al 15.06.2022 l’obbligo di indossare le mascherine di tipo FFP2 per:

Il Consiglio dei Ministri, in data 15.06.2022, ha approvato un Decreto che, tra le altre misure, stabilisce la proroga al 30.09.2022 dell’obbligo dell’uso delle mascherine FFP2 per:

INAIL, Circolare n. 25 del 14 giugno 2022: “Semplificazioni in materia di adempimenti formali concernenti gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Utilizzo dei servizi telematici. Nuovo applicativo per l’invio dei certificati medici di infortunio sul lavoro.”.

L’INAIL ha pubblicato la circolare n. 25 del 14.06.2022, illustrando il nuovo servizio per l’invio dei certificati di infortunio sul lavoro, operativo dal 28.04.2022, che consente ai medici – compresi quelli operanti nelle strutture sanitarie e sociosanitarie – di inserire informazioni e dati riguardanti l’evento lesivo in modo strutturato e omogeneo.

Per ottenere l’abilitazione al rilascio della certificazione medica di infortunio in modalità telematica, il medico o il rappresentante legale delle strutture devono presentare apposita richiesta utilizzando la seguente modulistica, disponibile sul portale istituzionale:

Le richieste di abilitazione, corredate dalla copia del documento di identità, possono essere presentate presso le sedi territoriali Inail (Sportello Lavoratori) oppure in via telematica attraverso il servizio disponibile al seguente percorso www.inail.it>Accedi ai servizi online>Richieste di abilitazione.

La circolare, inoltre, fornisce indicazioni sulle modalità di compilazione e di trasmissione dei certificati medici.

I.N.P.S. Messaggio n. 2397 del 13 giugno 2022: ”Indennità una tantum per i lavoratori dipendenti. Articolo 31, comma 1, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50. Istruzioni contabili. Variazioni al piano dei conti.

L’INPS, con il messaggio n. 2397 del 13.06.2022, fornisce le istruzioni per l’esposizione del credito dovuto all’erogazione dell’Indennità una tantum per i lavoratori dipendenti, da parte dei datori di lavoro, sul flusso Uniemens, previsto dall’articolo 31, comma 1, del Decreto Legge 17 maggio 2022, n. 50.

Per gli aspetti applicativi relativi all’indennità in esame e per l’indennità erogata direttamente dall’INPS ai soggetti di cui all’articolo 32 del Decreto Legge 17 maggio 2022, n. 50, l’Istituto rinvia ad una successiva circolare.

Tale indennità una tantum di 200 euro è riconosciuta in automatico, in misura fissa, una sola volta, previa acquisizione – da parte del datore di lavoro – di una dichiarazione del lavoratore con la quale lo stesso dichiari, ricorrendone le circostanze, “di non essere titolare delle prestazioni di cui all’articolo 32, commi 1 e 18”.

Ispettorato Nazionale del Lavoro, nota n. 1074 del 24 maggio 2022: ”Permesso di soggiorno per motivi di studio e svolgimento di attività lavorativa. Limiti.”.

Con la nota in commento l’Ispettorato Nazionale del Lavoro precisa che è consentito, con il permesso di soggiorno per motivi di studio o formazione, soltanto lo svolgimento di un’attività lavorativa part-time con limiti temporali ben definiti, senza che siano quindi conformi alla normativa in questione contratti che prevedano un’articolazione oraria settimanale superiore alle 20 ore, pur restando al di sotto del limite annuale delle 1.040 ore.

In tal senso depone la circostanza che la specifica disciplina relativa agli ingressi per motivi di studio – di maggior favore rispetto a quella prevista ordinariamente per coloro che intendano fare ingresso nel territorio nazionale per finalità lavorative – risulta porsi in termini di eccezionalità rispetto al delineato sistema normativo, così da impedire una interpretazione estensiva dei limiti orari indicati.

L’Ispettorato rammenta pertanto che, qualora il titolare del permesso per motivi di studio intenda lavorare per un numero di ore superiore ai limiti anzidetti, è tenuto a richiedere, prima della sua scadenza, la conversione dello stesso in permesso per motivi di lavoro.

Novità GIURISPRUDENZIALI

Corte Costituzionale, sentenza 16 giugno 2022, n. 150

Costituzionalmente legittima la disposizione che impone alle società cooperative che svolgono attività di somministrazione di lavoro di avere, come socio sovventore, un fondo mutualistico.

Nel dichiarare l’infondatezza della questione sollevata dal Consiglio di Stato con riguardo all’art. 5, co. 2, lett. e), d.lgs. 276/03, la Corte Costituzionale precisa che la presenza di un fondo mutualistico nella compagine sociale della società cooperativa ha la funzione di garantire i crediti del lavoratore nei confronti dell’agenzia somministratrice datrice di lavoro e che tale requisito può essere soddisfatto senza che la società cooperativa debba necessariamente aderire ad un’associazione nazionale riconosciuta per la rappresentanza del movimento cooperativo.

Corte di Cassazione, ordinanza 8 giugno 2022, n. 18427

Deve qualificarsi come azione di responsabilità contrattuale, con conseguente presunzione di responsabilità del datore di lavoro, la domanda risarcitoria del lavoratore che lamenti di aver subito un infortunio per aver operato in assenza di condizioni di piena sicurezza.

Avendo subito una lesione a un braccio a seguito del malfunzionamento dell’interruttore di spegnimento del macchinario sul quale stava operando, un lavoratore aveva convenuto in giudizio il proprio datore di lavoro per il risarcimento del danno conseguente all’infortunio. Poiché nell’atto di citazione non era stata esplicitata l’intenzione di voler proporre un’azione di responsabilità contrattuale, né era stata contestata l’inosservanza di specifiche obbligazioni contrattuali, il Tribunale e la Corte d’appello avevano qualificato la domanda come volta ad accertare una responsabilità extracontrattuale, che non era stata ritenuta provata perché il danneggiato non aveva fornito la prova né della colpa del convenuto né del nesso di causa. Secondo la Cassazione, al contrario, il ricorrente, nel contestare al datore di lavoro di non aver assicurato lo spegnimento in sicurezza del macchinario, aveva chiaramente inteso richiedere l’accertamento di una responsabilità di tipo contrattuale, fondata sull’inadempimento del generale obbligo di protezione della salute del lavoratore, con la conseguenza che sarebbe spettato al datore di lavoro dimostrare che il difettoso funzionamento del macchinario non era dovuto a un suo comportamento negligente.

Corte di cassazione, sentenza 31 maggio 2022 n. 17694

In materia di licenziamento collettivo, la comunicazione finale dei licenziati non può essere frazionata.

In una procedura di licenziamento collettivo, essendo stato stabilito come unico criterio di scelta la prossimità alla pensione e quindi una progressione dei licenziamenti a seconda del raggiungimento del requisito, la società aveva proceduto a comunicare separatamente, in tempi successivi, i singoli gruppi di licenziamenti alle OO.SS. e all’autorità. Nel giudizio d’impugnazione del licenziamento di un dipendente di un primo gruppo, la Corte afferma che la comunicazione finale deve essere tempestiva (entro sette giorni dai licenziamenti) e unitaria e riguardare sia licenziati che licenziandi, per consentire l’effettivo, tempestivo controllo dei sindacati sulla corretta applicazione dei criteri prescelti; con riflessi anche nella posizione del dipendente licenziato, in grado di procedere a una consapevole impugnazione solo se abbia avuto la possibilità di controllare tempestivamente il rispetto del criterio prescelto con riguardo a tutti i licenziabili. Dichiarato illegittimo il licenziamento, la Corte applica la tutela indennitaria, trattandosi di violazione delle regole sulla comunicazione finale.

Corte di cassazione, sentenza 31 maggio 2022 n. 17689

Illegittimo il licenziamento di un direttore generale per aver segnalato al Consiglio di amministrazione possibili reati.

Un direttore generale recentemente assunto aveva segnalato, nel corso del consiglio di amministrazione convocato per l’approvazione del bilancio del precedente anno 2012, alcune irregolarità contabili in grado di esporre la società al rischio di commettere un reato. La società lo aveva licenziato per giusta causa in quanto le critiche da lui svolte erano risultate sostanzialmente infondate. In giudizio, la Cassazione, annullando l’opposta decisione della Corte d’appello, accoglie il ricorso del dirigente, ricordando che, ancor prima che una legge del 2017 (la n. 197) disciplinasse esplicitamente la materia, la propria giurisprudenza era nel senso che le denunce penali da parte di dipendenti di reati commessi dalla società non possono dar luogo a licenziamento, anche se non siano dotate di continenza formale e sostanziale e se i fatti denunciati siano risultati non veri, salvo il caso che siano espressione di un intento persecutorio dell’agente. E ciò perché l’interesse che muove il dipendente è un interesse pubblico costituzionalmente protetto di rango superiore rispetto all’onore eventualmente leso. Questa essendo la regola, tanto più dev’essere tenuto indenne il dipendente, che prima ancora della denuncia penale, segnali il rischio alla società, come nel caso in esame.

Corte di cassazione, ordinanza 19 maggio 2022 n. 16206

Lecito il rifiuto di trasferimento, se elude l’obbligo di reintegrazione.

Un dipendente campano, destinatario di due sentenze definitive di reintegrazione, fu traferito dalla società datrice di lavoro a Torino o ad Alessandria, a sua scelta. Essendosi rifiutato di eseguire l’ordine, fu licenziato per giusta causa. In giudizio la Cassazione, condividendo la valutazione dei giudici dell’appello, annulla il licenziamento, ritenendo lecito il rifiuto, in reazione a un grave inadempimento della società, che col preteso trasferimento (comunque ingiustificato), aveva sostanzialmente eluso l’obbligo di reintegrazione.

Tribunale di Lodi, 1° giugno 2022

Tribunale di Busto Arsizio, 15 febbraio 2022

Cessione di un ipermercato: è illegittimo qualificare i diversi reparti del punto vendita come rami d’azienda, trasferendo solo il reparto “food” e senza cedere il rapporto di lavoro degli addetti al reparto dei beni non alimentari, destinato poi alla dismissione.

Le due pronunce (Tribunale di Lodi 01.06.2022 e Tribunale di Busto Arsizio 15.02.2022) intervengono su casi analoghi di ipermercati interessati da una parziale cessione di ramo d’azienda, all’esito di un piano di riorganizzazione e risanamento, nei quali veniva ceduta una parte soltanto dell’attività di vendita (distinta per generi di beni e licenze) dunque cedendo solo in parte i dipendenti. I ricorrenti agivano dunque per sentire dichiarare l’illegittimità della loro mancata inclusione nel gruppo di lavoratori il cui rapporto di lavoro era proseguito in capo alla società cessionaria. I Giudici, nell’accertare la mancanza di autonomia dei diversi reparti di vendita, tale da non poter parlare di rami d’azienda autonomi e preesistenti all’atto di cessione, nonché la mancanza di criteri obiettivi di selezione dei lavoratori trasferiti, affermano il diritto dei ricorrenti alla prosecuzione del rapporto di lavoro ex art. 2112 c.c. in capo alla cessionaria.

Tribunale di Udine, 26 maggio 2022

Ammissibili le dimissioni per facta concludentia e non telematiche

Il Tribunale di Udine ha affermato che la procedura telematica prevista dall’art. 26 del decreto legislativo n. 151/2015 e dal conseguente D.M. applicativo del Ministro del Lavoro, ha l’obiettivo di assicurare la genuinità delle dimissioni presentate dal lavoratore e, di conseguenza, intende sottolineare che il dipendente deve essere libero da condizionamenti allorquando prende la propria decisione.

La procedura, però, non si spinge ad abrogare gli effetti degli articoli 2118 e 2119 del codice civile che offrono la possibilità al lavoratore attraverso comportamenti concludenti di rassegnare “di fatto” le proprie dimissioni attraverso una serie di assenze dal posto di lavoro.

Nel merito, il giudice ha ritenuto che una lavoratrice, che non aveva effettuato la procedura, assentandosi per più giorni, con lo scopo di costringere il datore di lavoro al licenziamento per assenze ingiustificate protrattesi oltre il limite previsto dal contratto collettivo ed ottenere, di conseguenza, la NASPI, ha tenuto un comportamento illegittimo e bene ha fatto il datore di lavoro a comunicare al centro per l’impiego le dimissioni della ex dipendente che, in tal modo, non ha percepito l’indennità di disoccupazione.

Tribunale di Bari, 12 maggio 2022

Illegittimo il licenziamento per superamento del comporto, se non tempestivo.

Il Giudice accoglie il ricorso di un lavoratore che agiva per l’accertamento dell’illegittimità del licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto ritenendolo tardivo e aderisce ad un precedente orientamento della Suprema Corte, secondo cui in casi simili occorre valutare il tempo decorso fra la data del superamento del periodo di comporto e quella del licenziamento, al fine di stabilire se la durata di esso sia tale da risultare oggettivamente incompatibile con la volontà di porre fine al rapporto. Nel caso di specie, il Giudice ha ritenuto il licenziamento non tempestivo alla luce del fatto che la Società datrice di lavoro fosse già al corrente dello stato di salute del ricorrente e non dovesse, pertanto, compiere alcuna valutazione in merito all’idoneità o meno del lavoratore al proseguimento del rapporto di lavoro.

Tribunale di Nola, 19 aprile 2022

Superamento periodo di comporto e natura professionale della pretesa patologia sofferta.

Il caso ha per oggetto il licenziamento intimato ad un dipendente per superamento del periodo di comporto. Il medesimo lamenta che l’assenza per malattia sarebbe stata dovuta ad una patologia imputabile alla nocività dell’ambiente di lavoro e, in particolare, alla condotta datoriale che avrebbe omesso la prescritta sorveglianza sanitaria.

Il Giudice del lavoro ha accolto le argomentazioni sollevate nell’interesse del datore di lavoro ed ha concluso per il rigetto delle domande del lavoratore. Come è noto, infatti, le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale, in quanto riconducibili alla generale nozione di infortunio o malattia contenuta nell’art. 2110 cod. civ., sono normalmente computabili nel previsto periodo di conservazione del posto, mentre, affinché l’assenza per malattia possa essere esclusa dal periodo di comporto, non è sufficiente che la stessa sia di natura professionale, bensì è necessario che, in relazione ad essa ed alla sua genesi, sussista una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 cod. civ.; l’onere della prova riguardo il nesso causale tra la malattia che ha determinato l’assenza e le mansioni espletate, in mancanza del quale deve ritenersi legittimo il licenziamento, è a carico del lavoratore.

Tribunale di Ancona, 27 marzo 2022

Il datore di lavoro non può utilizzare la prova testimoniale per dimostrare il pagamento della retribuzione in contanti.

Il Tribunale, chiamato a pronunciarsi sull’opposizione a decreto ingiuntivo presentata dal datore di lavoro, il quale eccepiva l’avvenuto pagamento in contanti delle retribuzioni richieste e ingiunte, ha dichiarato inammissibile la prova testimoniale richiesta a norma degli artt. 2721 e 2726 c.c. Dopo aver svolto l’attività istruttoria in merito all’effettivo svolgimento dell’attività di lavoro da parte del lavoratore, il Giudice ha affermato che la società avrebbe potuto attivarsi tempestivamente al fine di aprire il conto corrente per il pagamento mediante bonifico e che in ogni caso avrebbe potuto richiedere quietanze all’atto dei dedotti pagamenti, cosa che invece non è avvenuta.

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