NEWSLETTER Legge di Bilancio e Milleproroghe

LEGGE DI BILANCIO 2021

È in vigore dal 1.01.2021 la .Legge di Bilancio 2021 (L. n. 178 del 30.12.2020), pubblicata sul supplemento ordinario n. 46 della Gazzetta Ufficiale n. 322 del 30.12.2020 e modificata dal D.L. n. 182 del 31.12.2020, pubblicato in G.U. n. 323 del 31.12.2020.

Si riassumono di seguito le principali novità in ambito giuslavoristico.

  1. Divieto di licenziamento (art. 1, commi da 309 a 311)

Fino al 31.03.2021:

  • resta precluso l’avvio di procedure di licenziamento collettivo e restano sospese le procedure avviate dopo il 23.02.2020;
  • resta preclusa, indipendentemente dal numero di dipendenti occupati, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo;
  • restano altresì sospese le procedure in corso di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, avviate innanzi all’ITL ai sensi dell’art. 7 della Legge n. 604 del 1996.

Vengono confermate le esclusioni dal blocco già previste dal c.d. Decreto Agosto (poi confermate dal c.d. Decreto Ristori).

  • Proroga e rinnovo dei contratti a tempo determinato (art. 1, comma 279)

Viene modificato il comma 1 dell’art. 93 del c.d. Decreto Rilancio (D.L. n. 34 del 19.05.2020, convertito con modificazioni dalla Legge n. 77 del 17.07.2020): sono state prorogate fino al 31.03.2021 le deroghe alla disciplina sui contratti a tempo determinato in materia di proroghe e rinnovi, introdotte dapprima con il decreto Rilancio e confermate dal successivo decreto Agosto in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Viene estesa, pertanto, la possibilità per i datori di lavoro di prorogare o rinnovare i contratti a termine senza indicazione di una causale giustificativa, comunque per un periodo massimo di 12 mesi e per una sola volta, a condizione che l’accordo scritto con il dipendente venga formalizzato entro e non oltre il 31 marzo 2021.fissato nella data del 31.03.2021 il termine per il rinnovo e la proroga dei contratti a tempo determinato. Dunque, ferma restando la durata massima complessiva di 24 mesi, è possibile rinnovare o prorogare i contratti per un periodo massimo di 12 mesi e per una sola volta, anche in assenza delle condizioni previste dal D.Lgs. n. 81 del 2015.

  • Ammortizzatori sociali (art. 1, commi 285, 286 e da 299 a 305)

Prevista l’estensione dei trattamenti di integrazione salariale per ulteriori 12 settimane collocate nel periodo tra:

  • il 1.01.2021 ed il 31.03.2021 per i trattamenti di cassa integrazione ordinaria;
  • il 1.01.2021 ed il 30.06.2021 per i trattamenti di assegno ordinario e cassa integrazione in deroga.

A differenza della previgente disciplina, non è più richiesto al datore di lavoro il pagamento di alcun contributo addizionale, indipendentemente dall’eventuale calo di fatturato.

  • Esonero contributivo (art. 1, commi da 306 a 308)

Per i datori di lavoro privati, con esclusione di quelli del settore agricolo, che non richiedono i trattamenti di integrazione salariale è riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico per un ulteriore periodo massimo di 8 settimane, fruibili entro il 31.03.2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di maggio e giugno 2020.

  • Lavoratori fragili (art. 1, comma 481)

Estese sino al 28.02.2021 le misure a tutela dei lavoratori fragili e dei lavoratori con disabilità grave (disposizioni di cui all’art. 26, commi 2 e 2-bis, del D.L. n. 18 del 17.03.2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 27 del 24.04.2020), e dunque:

  • i lavoratori fragili svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento come definite dai contratti collettivi vigenti, o comunque specifiche attività di formazione professionale anche da remoto;
  • qualora gli stessi siano impossibilitati a lavorare a cagione della loro condizione di salute, l’assenza dal lavoro verrà equiparata al ricovero ospedaliero, purché gli stessi dipendenti siano in possesso di idonea certificazione che attesti l’esistenza di una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita o da disabilità grave.
  • Congedo di paternità (art. 1, commi 25, 363 e 364)

La Legge di Bilancio 2021 estende il concedo obbligatorio del padre lavoratore a 10 giorninonché quello facoltativo di 1 giorno, potendo farvi ricorso non solo in caso di nascita del figlio ma anche nel caso di “morte perinatale”.

  • Incentivo assunzione giovani di età inferiore a 36 anni (art. 1, commi da 10 a 15)

Al fine di promuovere l’occupazione giovanile stabile, per le nuove assunzioni a tempo indeterminato e per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato effettuate nel biennio 2021-2022, è riconosciuto un esonero contributivo nella misura del 100 per cento, per un periodo massimo di 36 mesi (esteso in alcune regioni d’Italia a 48 mesi), nel limite massimo di importo pari ad Euro 6.000 annui, con riferimento ai soggetti che alla data della prima assunzione incentivata non abbiano compiuto il trentaseiesimo anno di età. Tale esonero è condizionato alla circostanza che i datori di lavoro interessati non abbiano proceduto nei 6 mesi precedenti l’assunzione, o comunque non procedano nei 9 mesi successivi alla stessa, al licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo od a licenziamenti collettivi di lavoratori “inquadrati con la medesima qualifica” nella stessa unità produttiva in cui è avvenuta l’assunzione.

  • Incentivo all’occupazione femminile (art. 1, commi 16-17)

È previsto, per le nuove assunzioni di donne lavoratrici effettuare nel biennio 2021-2022, l’esonero dall’obbligo del versamento dei contributi previdenziali con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nella misura del 100% e nel limite massimo di Euro 6.000,00 annui.

Per beneficiare di tale incentivo, le assunzioni in questione dovranno comportare un “incremento occupazionale netto” calcolato sulla base della differenza tra il numero di lavoratori occupati rilevato in ciascun mese e il numero di lavoratori mediamente occupati nei dodici mesi precedenti.

  • Lavoratori dei call center (art. 1, comma 280)

Confermata anche per l’anno 2021 l’indennità a favore di aziende operanti nel settore dei call center in relazione ai propri dipendenti a tempo indeterminato, a condizione che:

  • presentino un organico superiore alle 50 unità nei sei mesi precedenti;
  • abbiano unità produttive site in diverse regioni;
  • abbiano attuato, entro la scadenza prevista del 31.12.2013, le misure di stabilizzazione dei collaboratori a progetto;
  • i lavoratori per i quali viene richiesto il beneficio non rientrino nell’ambito di applicazione del trattamento straordinario di integrazione salariale.
  1.  APE sociale (art. 1, comma 339)

Prorogata fino al 31.12.2021 la possibilità di usufruire del cosiddetto APE Sociale, introdotto con la legge n. 232 del 2016 e consistente in una indennità erogata dall’INPS ad alcune categorie di lavoratori fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia o fino all’ottenimento della pensione anticipata.

DECRETO MILLEPROROGHE.

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31.12.2020 il D.L. n. 183 del 31.12.2020 (c.d. Decreto “Milleproroghe”), recante “Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione Europea“.

Di seguito le proroghe di maggiore interesse.

  1. Termini legati ad alcune disposizioni emergenziali.

Proroga fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e comunque non oltre il 31.03.2021 dei termini previsti da:

  • art. 16, commi 1 e 2, del D.L. n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 27 del 2020, ai sensi del quale le mascherine chirurgiche reperibili in commercio sono considerate dispositivi di protezione individuale (DPI);
  • art. 83 del D.L. n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 77 del 2020, in materia di sorveglianza sanitaria eccezionale, il quale impone ai datori di lavoro (pubblici e privati) di garantire la sorveglianza sanitaria eccezionale dei cd. lavoratori “fragili”;
  • art. 90, commi 3 e 4, del D.L. n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 77 del 2020, che disciplinano, rispettivamente, la procedura semplificata per effettuare le comunicazioni di smart working nonché la possibilità per i datori di lavoro privati di applicare la modalità di lavoro agile ad ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla Legge n. 81 del 2017.
  • Esonero contributivo agricoltori.

Per gli imprenditori agricoli professionali, i coltivatori diretti, i mezzadri e i coloni, beneficiari dell’esonero contributivo di novembre e dicembre 2020 previsto dagli articoli 16 e 16-bis del decreto Ristori (D.L. n. 137 del 2020), viene sospeso il pagamento della rata in scadenza il 16.01.2021 fino alla comunicazione da parte dell’INPS degli importi contributivi dovuti e comunque non oltre il 31.03.2021.

  • Società mutuo soccorso.

Con una novella all’art. 43, comma 1, del Codice del Terzo Settore, si consente alle società di mutuo soccorso (SOMS), già esistenti alla data di entrata in vigore del Codice (3.08.2017), di trasformarsi in associazioni del Terzo settore o in associazioni di promozione sociale (APS) entro il 31.12.2021, mantenendo il proprio patrimonio.

Il termine previsto deve intendersi perentorio non ai fini della trasformazione dalla forma giuridica di SOMS a quella di APS o altra associazione del Terzo settore, ma ai soli fini della possibilità di beneficiare del sistema derogatorio suddetto e perciò della possibilità di conservare il proprio patrimonio.

Una volta decorso tale termine, le SOMS potranno volontariamente decidere di trasformarsi in APS o altro ente del Terzo settore, risultando però obbligate in tal caso a devolvere il patrimonio così come previsto dalla disciplina delle società di mutuo soccorso.

  • Recupero indebiti pensionistici.

Prorogato al 31.12.2021 il termine per il recupero delle prestazioni indebite correlate alle campagne di verifica reddituale, nei confronti dei pensionati della Gestione previdenziale privata, relative al periodo d’imposta 2018, nonché ai fini delle conseguenti attività di sospensione, revoca ed eventuale ripristino delle prestazioni medesime.

  • Prescrizione contributi previdenziali ed assistenziali.

Sospesi i termini di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria dal 31.12.2020 al 30.06.2021. Tali termini riprendono a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Qualora, il decorso della prescrizione abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso sarà differito al 1.07.2021: il termine di prescrizione, quindi, maturerà una volta decorsi 5 anni da tale data.

  • Blocco degli sfratti.

Fino al 30.06.2021 è prevista la proroga del blocco degli sfratti e quindi la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche se destinati ad uso diverso dalla civile abitazione. Quest’ultima dilazione, però, è limitata “ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze e ai provvedimenti di rilascio conseguenti all’adozione, ai sensi dell’articolo 586, comma 2, c.p.c., del decreto di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari”. Sono pertanto esclusi gli sfratti per finita locazione, le sentenze (o le ordinanze) con cui sia stata disposta la restituzione di immobili occupati sine titulo ovvero sulla base di un titolo invalido o inefficace, nonché, infine, l’ingiunzione rivolta al debitore o al custode di rilasciare l’immobile trasferito all’aggiudicatario in seno al processo d’espropriazione, ex art. 586, 2° comma, c.p.c., se non adibito ad uso di civile abitazione del debitore e dei suoi famigliari.

  • Semplificazioni in materia di organi collegiali.

Proroga della possibilità di svolgimento delle sedute in videoconferenza da parte di organi di associazioni private, fondazioni nonché società (comprese quelle cooperative e i consorzi) che non si siano già dotati di una regolamentazione che consenta loro il ricorso a tale modalità in via ordinaria, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza e, in ogni caso, non oltre il 31.03.2021.

CONVERSIONE IN LEGGE DEL D.L. N. 137 DEL 28.10.2020.

Il D.L. n. 137 del 28.10.2020 è stato convertito, con modificazioni, dalla L. n. 176 del 18.12.2020 (c.d. Ristori omnibus), in vigore dal 25.12.2020, che accorpa al proprio interno i Decreti “Ristori bis“, “Ristori ter” e “Ristori quater“, disponendone, contestualmente, l’abrogazione. Di seguito le principali novità introdotte in sede di conversione.

  • Contributo a fondo perduto per operatori IVA dei settori economici interessati dalle nuove misure restrittive.

Riconosciuto un contributo a fondo perduto a beneficio degli operatori, con partita IVA attiva alla data del 25.10.2020, dei settori oggetto delle misure restrittive disposte con il DPCM del 24.10.2020. Agli indennizzi sono ammessi anche i soggetti con fatturato superiore ai 5 milioni di Euro. Esclusi invece i soggetti che hanno attivato la partita IVA a partire dal 25.10.2020.

Per gli esercenti che operano nei settori alberghiero, delle gelaterie e pasticcerie (anche ambulanti) e dei bar ed esercizi senza cucina, con sede nelle aree di c.d. zona rossa, il contributo è aumentato di un ulteriore 50 per cento.

Il medesimo contributo viene riconosciuto nell’anno 2021 agli operatori con sede operativa nei centri commerciali e agli operatori delle produzioni industriali del comparto alimentare e delle bevande, interessati dalle nuove misure restrittive di cui al DPCM 3.11.2020.

  • Imprese sociali e inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati.

Il nuovo articolo 1-septies riscrive l’art. 14 del D.Lgs. n. 276 del 2003 in materia di cooperative sociali, imprese sociali e inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati.

Viene così specificato che le convenzioni quadro per l’inserimento lavorativo dei lavoratori disabili e svantaggiati possono essere stipulate dai servizi competenti per il collocamento obbligatorio anche con le imprese sociali di cui al D.Lgs. n. 112 del 2017.

  • Esonero contributivo.

Confermata la possibilità di godere di un incentivo economico, sotto forma di esonero contributivo, in alternativa alla fruizione degli ammortizzatori sociali Covid-19. L’incentivo consiste in un esonero dal versamento dei contributi previdenziali per un periodo di 4 settimane fruibili entro il 31.01.2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nel mese di giugno 2020 e con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all’INAIL.

I datori di lavoro che hanno richiesto l’esonero contributivo possono rinunciarvi, limitatamente alla frazione di esonero richiesto e non goduto, e contestualmente presentare domanda per accedere al trattamento di integrazione salariale. Tale facoltà potrà essere esercitata anche solo per una parte dei lavoratori interessati dal beneficio.

  • Proroga agevolazioni per l’assunzione di donne vittime di violenza di genere.

L’esonero contributivo previsto dall’art. 1, comma 220, della Legge n. 205 del 2017, a favore delle cooperative sociali che assumono donne vittime di violenze di genere – corrispondente ai complessivi contributi previdenziale a loro carico, nel limite massimo di Euro 350 mensili, per un periodo massimo di 36 mesi decorrenti dall’assunzione – viene esteso anche alle assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato effettuate dal 1.01.2021 al 31.12.2021.

  • Sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali.

Per le aziende interessate dal DPCM del 24.10.2020 è prevista la sospensione del versamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria dovuti per il mese di novembre 2020.

Il pagamento di detti contributi potrà essere effettuato, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 16.03.2021, oppure mediante rateizzazione fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16.03.2021. Il mancato pagamento di due rate, anche non consecutive, determinerà la decadenza dal beneficio della rateazione.

  • Bonus baby sitting.

A partire dal 9.11.2020, limitatamente alle aree del territorio nazionale individuate con ordinanze del Ministro della salute adottate ai sensi dell’art. 3 del DPCM 3.11.2020, i genitori lavoratori di alunni delle scuole secondarie di primo grado nelle quali sia stata disposta la sospensione dell’attività didattica in presenza, iscritti alla Gestione separata INPS e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, hanno diritto a fruire di uno o più bonus per l’acquisto di servizi di babysitting nel limite massimo complessivo di Euro 1.000, nelle sole ipotesi in cui la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile ed a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito o altro genitore disoccupato o non lavoratore.

  • Disposizioni per promuovere l’occupazione giovanile.

L’art. 15-bis stabilisce la proroga per il 2021 dell’agevolazione contributiva introdotta dalla Legge di Bilancio 2020 in materia di contratti di apprendistato di primo livello. La nuova disposizione prevede pertanto che, al fine di promuovere l’occupazione giovanile, per i contratti di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale ed il diploma di istruzione secondaria superiore stipulati nel corso del 2021, sia riconosciuto ai datori di lavoro che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiori a 9 uno sgravio contributivo del 100%, per i periodi contributivi maturati nei primi tre anni di contratto.

NEWSLETTER n. 1/2021

NOVITA’ NORMATIVE

PROROGA DIVIETO DI LICENZIAMENTO AL 31.03.2021.

La legge di Bilancio 2021 proroga fino al 31.03.2021 il blocco dei licenziamenti. Come per la precedente normativa in materia (D.L. n. 137 del 28.10.2020, convertito in L. n. 176 del 18.12.2020), il divieto di effettuare licenziamenti di natura oggettiva, da parte di tutti i datori di lavoro a prescindere dal requisito dimensionale, non è più dipendente dalla fruizione integrale degli ammortizzatori COVID-19. La Legge di Bilancio 2021, infatti, prevede che il divieto opererà fino al 31.03.2021 per le seguenti fattispecie:

  • licenziamenti collettivi (artt. 4, 5 e 24 L. n. 223 del 1991); restano inoltre, sospese le procedure già avviate al 23.02.2020;
  • licenziamento per giustificato motivo oggettivo (art. 3 L. n. 604 del 1966);
  • procedure di conciliazione obbligatoria per i lavoratori in tutele reali (ante Jobs Act).

Il divieto non si applica ai licenziamenti motivati da:

  • cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività;
  • accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, per i soli lavoratori che aderiscono all’accordo;
  • licenziamenti per fallimento, se non è previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione.

INPS – CIRCOLARE N. 139 DEL 7.12.2020: CASSA INTEGRAZIONE COVID.

La circolare fornisce una serie di istruzioni e chiarimenti sulla corretta gestione delle domande di cassa integrazione Covid-19.

Il decreto Ristori ha previsto ulteriori 6 settimane, con decorrenza dal 15.11.2020, andandosi così ad intrecciare con le settimane o residue settimane previste dal decreto Agosto che avevano come termine il 31.12.2020.

Deve, dunque, essere effettuato un coordinamento tra le due norme del decreto Agosto e del decreto Ristori, con conseguenza che i datori di lavoro che hanno richiesto o che richiederanno periodi che rientrano in tale ultima disciplina potranno, nel rispetto dei presupposti di legge, accedere ai trattamenti per i periodi (9+9 settimane) e alle condizioni dalla stessa previsti anche per i periodi successivi al 15.11.2020 e fino al 31.12.2020.

Le 6 settimane del decreto Ristori possono essere riconosciute ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il secondo periodo delle 9 settimane del decreto Agosto (D.L. n. 104 del 2020), purché lo stesso sia integralmente decorso, nonché ai datori di lavoro appartenenti ai settori dai vari DPCM che dispongono la limitazione o chiusura delle attività economico/produttive.

Nel rispetto dei termini decadenziali previsti, possono accedere ai trattamenti previsti dal decreto Agosto e dal decreto Ristori tutti i lavoratori assunti fino alla data del 9.11.2020.

Per le settimane previste dal D.L. n. 137 del 2020, ovvero le 6 settimane o il minor periodo che si andrà a richiedere, è necessario indicare la nuova causale “COVID-19 DL 137”.

Infine, l’INPS ricorda, in merito alla concessione del trattamento di CIGD, l’obbligatorietà dell’accordo sindacale con le rappresentanze comparativamente più rappresentative per le aziende con più di 5 dipendenti, anche in via telematica.

NOVITà GIURISPRUDENZIALI

USO CHAT PRIVATE LAVORATORI PER FINI DISCIPLINARI.

La Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 258 del 27.07.2020, chiarisce che sono utilizzabili a scopo disciplinare i contenuti espressi nelle chat private organizzate tra colleghi di lavoro.

Nel caso di specie, ad una lavoratrice era stato contestato dal datore di lavoro di avere inviato a tutti i dipendenti addetti al punto vendita di una catena di abbigliamento, a mezzo WhatsApp all’interno di una chat privata, un filmato effettuato nei locali del negozio in cui era ripreso il responsabile mentre usciva dal bagno in mutande con una bottiglia di (apparenti) urine in mano. Per tale motivo, la lavoratrice era stata licenziata per giusta causa.

Il Tribunale del lavoro di Venezia aveva accolto il ricorso della lavoratrice disponendone, con ordinanza, la reintegrazione nel posto di lavoro.

La Corte di Appello di Venezia ha in parte accolto l’appello della società datrice di lavoro: pur considerando illegittimo il licenziamento comminato per giusta causa, ha ritenuto comunque utilizzabile il filmato per sanzionare disciplinarmente la dipendente.

FERIE NON GODUTE E NON RETRIBUITE E CONTRIBUTI.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 26160 del 17.11.2020, chiarisce che sono dovuti i contributi previdenziali anche in relazione a ferie non godute e non retribuite nel corso del rapporto di lavoro.

Nel caso di specie, l’INPS aveva richiesto il pagamento della contribuzione relativa agli importi dell’indennità sostitutiva di ferie non godute da tredici dipendenti di una società, nonostante il decorso di diciotto mesi dalla maturazione e la non cessazione del rapporto di lavoro.

La sentenza impugnata richiama l’art. 10 del D.Lgs. n. 66 del 2003, secondo il quale può essere corrisposta una indennità per ferie non fruite solo al momento in cui il rapporto viene a cessare, e, di conseguenza, l’inconfigurabilità dell’obbligo contributivo corrispondente.

Richiamando l’art. 12 della L. n. 153 del 1969, la Corte chiarisce che alla base del calcolo dei contributi previdenziali deve essere posta la retribuzione dovuta per legge o contratto e non quella di fatto corrisposta. Attraverso l’analisi dell’evoluzione della normativa previdenziale evidenziante il carattere parafiscale assunto nel tempo dal sistema contributivo della previdenza obbligatoria, sempre meno strettamente legato al rapporto di lavoro, la Corte giunge ad affermare il principio per cui costituisce base contributiva imponibile l’importo corrispondente all’indennità per ferie non godute nell’ipotesi in cui sia decorso il termine di diciotto mesi di cui all’art. 10 del D. Lgs. n. 66 del 2003, a prescindere dalla cessazione del rapporto di lavoro.

LICENZIAMENTO DURANTE IL BLOCCO DEI LICENZIAMENTI “MISURE COVID”.

Il Tribunale di Mantova, con sentenza n. 112 dell’11.11.2020, precisa che è nullo il recesso adottato in violazione del divieto di cui all’art. 46 del D.L. n. 18 del 2020 e che trova applicazione la disciplina della reintegrazione.

Il Tribunale dichiara la nullità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo di una apprendista, poiché disposto in violazione del divieto di licenziamento per motivi economici, introdotto dal D.L. n. 18 del 2020 (c.d. Cura Italia), nell’ambito della normativa emergenziale provocata dalla pandemia Covid-19, e prorogato dai successivi decreti legge.

Il Giudice, prendendo posizione nel dibattito sorto sulla qualificazione del tipo di invalidità riconducibile alla violazione del divieto, ritiene che si tratti di una nullità “espressa” per violazione di norma imperativa ex art. 1418 c.c., alla quale consegue il diritto alla reintegrazione ex art. 18, comma 1, L. n. 300 del 1970 o art. 2 D.Lgs. n. 23 del 2015.

LICENZIAMENTO PER SUPERAMENTO PERIODO DI COMPORTO.

Il Tribunale di Pavia, con ordinanza del 31.10.2020, applica il criterio probabilistico ai fini della quantificazione dei giorni di assenza imputabili al datore di lavoro, da escludere dal conteggio.

Il lavoratore licenziato per superamento del periodo di comporto assumeva che parte della malattia fosse imputabile a colpa del datore di lavoro, in quanto psicopatologia sorta per effetto di un grave demansionamento.

Di fronte alla complessità del caso, ed accertata la condotta che aveva lasciato il dipendente pressoché inattivo per un lungo periodo, il Giudice ha disposto CTU medico-legale che ha dato riscontro positivo sulla rilevanza concausale della condotta datoriale nel sorgere della malattia, ma senza poter distinguere nettamente i periodi di malattia a ciò riconducibili.

Il Giudice ha, quindi, quantificato i giorni di assenza imputabili al datore di lavoro applicando un criterio probabilistico, secondo la regola “del più probabile che non”, e ritenendo su tale base che senza quei periodi il comporto non sarebbe stato certamente superato.

PAGAMENTO E PROSPETTI PAGA.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 27749 del 3.12.2020, chiarisce che i prospetti paga non sempre sono sufficienti per ritenere delibato l’effettivo pagamento.

Posto che è onere del datore di lavoro consegnare ai propri dipendenti i prospetti contenenti tutti gli elementi della retribuzione, la Corte precisa che comunque detti prospetti non sono sufficienti per ritenere delibato l’effettivo pagamento (anche se eventualmente sottoscritti dal prestatore d’opera con la formula “per ricevuta”), potendo gli stessi costituire prova solo dell’avvenuta consegna della busta paga.

Laddove si sia, però, in presenza di prospetti paga contenenti tutti gli elementi della retribuzione ed una regolare dichiarazione autografa di quietanza del lavoratore, l’onere della prova della non corrispondenza tra le annotazioni della busta paga e la retribuzione effettivamente erogata grava sul dipendente.

La dicitura “per ricevuta/quietanza” da fare sottoscrivere al lavoratore non è assimilabile ad una clausola inserita nelle condizioni generali del contratto, o in moduli o formulari.

ASTENSIONE COLLETTIVA DAL LAVORO.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 27747 del 3.12.2020, chiarisce quando l’astensione del lavoro configura inadempimento o sciopero.

Nel caso di specie alcuni portalettere si erano rifiutati di effettuare la consegna di una parte della corrispondenza, di competenza di un collega assegnatario di altra zona della medesima area territoriale.

La Corte precisa che in tema di astensione collettiva dal lavoro e con riferimento al caso in cui un accordo collettivo contenga una disposizione che obblighi il dipendente a sostituire, oltre la sua prestazione contrattuale già determinata, in quota parte oraria un collega assente, remunerandolo con una quota di restituzione inferiore alla maggiorazione per lavoro straordinario, la relativa astensione collettiva da tale prestazione non attiene al legittimo esercizio del diritto di sciopero, ma costituisce inadempimento parziale degli obblighi contrattuali e, pertanto, non sono illegittime le sanzioni disciplinari irrogate dai datori ai dipendenti che hanno rifiutato la prestazione aggiuntiva richiesta.

BANDO DI CONCORSO NEL RAPPORTO DI LAVORO PRIVATO.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 28414 del 14.12.2020, si pronuncia in materia di bandi di concorso nel rapporto di lavoro privato.

Nel caso di specie il bando di concorso indetto, nell’ambito dei rapporti di lavoro regolati dal diritto privato, per l’assunzione, promozione o riconoscimento di determinati trattamenti o benefici a favore del personale all’esito di determinare procedure selettive, costituisce un’offerta contrattuale al pubblico ovvero a determinata cerchia di destinatari, caratterizzata dal fatto che l’individuazione del soggetto, tra quelli iscritti al concorso, avverrà per mezzo della stessa procedura concorsuale e secondo le regole per la medesima stabilite.

Di conseguenza il datore di lavoro è tenuto a comportarsi con correttezza e secondo buona fede nell’attuazione del concorso, così come nell’adempimento di ogni obbligazione, con individuazione della portata dei relativi obblighi correlata, in via principale, alle norme di legge sui contratti e sulle inerenti obbligazioni contrattuali ed agli impegni assunti con l’indizione del concorso.

LAVORO INTERMITTENTE.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 28345 dell’11.12.2020, si pronuncia in materia di lavoro intermittente e requisito anagrafico di cui all’art. 34 D.Lgs. n. 276 del 2003, nella versione modificata dalla L. n. 92 del 2012.

Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso con soggetti con più di 55 anni di età e con soggetti di meno di 25 anni di età, fermo restando in tale caso che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il 25° anno di età.

Tale requisito anagrafico costituisce presupposto per la stipulazione del contratto. Quanto alla natura giuridica, esso è un requisito di liceità del contratto di tipo soggettivo.

La mancanza di tale requisito, stante la sua rilevanza in relazione alla struttura del contratto e agli interessi pubblici sottesi, determina la nullità del negozio per contrasto con norme imperative di legge ai sensi dell’art. 1418, comma 1, c.c. e, dall’altro, la possibilità di una conversione ex art. 1424 c.c. ove il negozio sia idoneo a produrre gli effetti di un’altra fattispecie e previo accertamento, riservato al giudice di merito, della volontà delle parti.

DATORE DI LAVORO E OBBLIGO DI SICUREZZA.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 27913 del 4.12.2020, si pronuncia sulla posizione di garanzia del datore di lavoro ed obbligo di sicurezza.

La Corte chiarisce che l’attività produttiva è subordinata alla utilità sociale, da intendersi non solo come mero benessere economico e materiale, sia pure generalizzato alla collettività, ma anche come realizzazione di un pieno e libero sviluppo della persona umana e dei connessi valori di sicurezza, libertà e dignità.

Ne consegue che la concezione “patrimonialistica” dell’individuo deve necessariamente recedere di fronte alla diversa concezione che fa leva essenzialmente sullo svolgimento della persona, sul rispetto di essa, sulla sua dignità, sicurezza e salute.

La mancata predisposizione di tutti i dispositivi atti a tutelare la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro viola l’art. 32 della Costituzione, nonché l’art. 2087 c.c., che impone anche la predisposizione di misure atte a preservare i lavoratori dalla lesione di quella integrità nell’ambiente o in costanza di lavoro anche in relazione ad eventi, pur se allo stesso non collegati direttamente ed alla probabilità di concretizzazione del conseguente rischio.

SANZIONI DISCIPLINARI.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 27911 del 4.12.2020, si pronuncia in materia di graduazione della sanzione disciplinare e poteri del giudice.

La Corte ribadisce che non è consentito al Giudice di sostituirsi al datore di lavoro nella graduazione della sanzione da irrogare in concreto, se non quando l’imprenditore:

a) abbia superato il massimo edittale e la riduzione consista, perciò, soltanto in una riconduzione a tale limite; oppure

b) sia lo stesso datore di lavoro, convenuto in giudizio per l’annullamento della sanzione, a chiedere, nel suo atto di costituzione, la riduzione della sanzione ed il giudice, in accoglimento della domanda del lavoratore, ritenga eccessiva la sanzione già inflitta.

In tali casi l’applicazione all’esito del giudizio di una sanzione minore è da ritenersi legittima, in quanto non implica la sottrazione della sua autonomia all’imprenditore e realizza l’economia di un nuovo eventuale giudizio valutativo avente ad oggetto la sanzione medesima.

Legittimo l’uso dei contenuti delle chat private dei lavoratori per fini disciplinari

La Corte di Appello di Venezia (sentenza 27 luglio 2020, n. 258), pur considerando illegittimo il licenziamento di una lavoratrice che aveva postato in una chat privata di WhatsApp un video in cui era ripreso il suo superiore mentre usciva dal bagno in mutande con una bottiglia di apparenti urine in mano, ha ritenuto comunque utilizzabile il filmato a scopi disciplinari.

Nella causa decisa dalla Corte di Appello di Venezia, ad una lavoratrice era stato contestato dal datore di lavoro di avere inviato a tutti i dipendenti addetti al punto vendita di una catena di abbigliamentoa mezzo WhatsApp all’interno di una chat privata, un filmato effettuato nei locali del negozio in cui era ripreso il responsabile mentre usciva dal bagno in mutande con una bottiglia di (apparenti) urine in mano e, per tale motivo, era stata licenziata per giusta causa.

A dire della dipendente, non si trattava comunque di urina ma di the e l’episodio, per quanto fuori dalle righe, si inseriva in un contesto goliardico diffuso nel punto vendita al quale non risultava estraneo nemmeno il responsabile del negozio ripreso nel filmato.

Il Tribunale del lavoro di Venezia, all’esito della fase sommaria, aveva accolto il ricorso della lavoratrice disponendone, con ordinanza, la reintegrazione nel posto di lavoro.

Il Giudice aveva ritenuto che lo scambio di messaggi nel gruppo privato a cui appartenevano i colleghi della lavoratrice costituisse corrispondenza privata e, come tale, fosse garantito dalla segretezza, diritto inviolabile, con la conseguenza che il filmato non poteva essere utilizzato in sede disciplinare.

A seguito dell’opposizione della società, il Tribunale confermava l’illegittimità del licenziamento. Ritenuto che il video proveniva sicuramente dalla lavoratrice e che la stessa non ne aveva comunque contestato la provenienza, il Giudice ha affermato la piena utilizzabilità del filmato, puntualizzando che l’acquisizione da parte della Società non era avvenuta a seguito di intrusione di un terzo non iscritto al gruppo, con violazione dunque della libertà e segretezza della corrispondenza, ma a seguito di consegna da parte di un dipendente iscritto al gruppo, come tale destinatario della corrispondenza in questione.

Il Tribunale confermava l’ordinanza della fase sommaria, che aveva disposto la reintegrazione della lavoratrice, in quanto il suo comportamento non era stato ritenuto tale da violare i doveri di ufficio ed era comunque avvenuto in ambito privato, senza alcuna frase offensiva o condotte denigratorie nei confronti della società e della clientela.

Il datore appellava la sentenza, sul presupposto che sarebbe stata fatta un’errata valutazione dell’episodio sotto il profilo disciplinare, considerato che il video ridicolizzava l’ambiente di lavoro ed aveva un contenuto altamente denigratorio ed offensivo nei confronti dell’immagine della società.

La Corte di Appello di Venezia ha in parte accolto l’appello della società datrice di lavoro, ritenendo la valenza disciplinare del fatto addebitato ma escludendo che tale condotta assumesse gravità tale da giustificare il licenziamento.

In luogo della reintegrazione nel posto di lavoro, la Corte, ai sensi dell’art. 18, comma 5 della legge n. 300/1970, dichiarava risolto il rapporto alla data del licenziamento assegnando alla lavoratrice un’indennità risarcitoria pari a 17 mensilità dell’ultima retribuzione e disponendo la restituzione delle somme pagate alla stessa in esecuzione dell’ordinanza che aveva definito il rito sommario.

La Corte veneziana ha ritenuto accertato che la comunicazione all’esterno del filmato era stata effettuata da uno dei partecipanti, dovendosi dunque escludere che la diffusione fosse avvenuta ad opera di soggetti estranei che avevano avuto accesso alla chat in maniera abusiva.

A sua volta, il delatore (di cui peraltro si conosceva l’identità) aveva interloquito con un soggetto istituzionale nell’ambito dell’organizzazione aziendale (il call center dell’azienda deputato a ricevere segnalazioni su comportamenti non adeguati da parte dei dipendenti) e, conseguentemente, il datore di lavoro aveva potuto legittimamente utilizzare il video incriminato posto che, una volta che la comunicazione è stata inoltrata, il destinatario è libero di farne l’uso che ritiene e quindi anche di divulgarla a terzi, ferma restando, naturalmente, la responsabilità per l’eventuale diffamazione insita nella divulgazione (Cass. pen., Sez. V, 10 luglio 2014, n. 40022); sempre la giurisprudenza penale ha inoltre precisato che la natura riservata o confidenziale di una comunicazione non ne esclude la rilevanza penale (Cass. pen., Sez. V, 28 maggio 1985, n. 5267).

Sul punto è intervenuto anche il Garante per la protezione dei dati personali, dopo avere ricordato che i messaggi che circolano via internet, nelle liste di posta elettronica e nei newsgroup ad accesso limitato devono essere considerati come corrispondenza privata e in quanto tali non possono essere violati, ha comunque ritenuto che, analogamente a quanto avviene per la normale corrispondenza, un soggetto terzo non viola la disciplina in materia di privacy ove prenda visione di una e-mail per iniziativa di uno dei destinatari della comunicazione (parere del 12 luglio 1999).

NEWSLETTER N. 12 NOVITÀ NORMATIVE E GIURISPRUDENZIALI

D.L. N. 149 DEL 9.11.2020 (c.d. Decreto Ristori bis).

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 279 del 9.11.2020 il Decreto Legge n. 149 del 2020 recante “Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”.  

Il decreto modifica o integra molte disposizioni del Decreto Ristori (D.L. n. 137 del 2020), in alcuni casi chiarendone o estendendone i contenuti.

Di seguito le principali novità in ambito giuslavoristico.

  • L’art. 1 amplia le categorie di attività ammesse a beneficiare del contributo e aumenta di un ulteriore 50% il contributo previsto dal Decreto Ristori per alberghi, gelaterie e pasticcerie, bar ed altri esercizi simili delle zone rosse o arancioni. Infine, il contributo previsto dal D.L. n. 137 viene riconosciuto, per l’anno 2021, agli operatori con sede operativa nei centri commerciali ed agli operatori delle produzioni industriali del comparto alimentare e delle bevande, interessati dalle nuove misure restrittive del DPCM 3 novembre 2020.
  • L’art. 2 istituisce un nuovo contributo a fondo perduto a favore degli operatori dei settori economici interessati dalle misure restrittive introdotte con il DPCM del 3 novembre 2020.
  • L’art. 11 prevede che, per i datori di lavoro privati appartenenti ai settori individuati nell’Allegato 1 del decreto, opera la sospensione dei versamenti contributivi dovuti nel mese di novembre 2020. La predetta sospensione non opera relativamente ai premi per l’assicurazione obbligatoria INAIL.
  • L’art. 12 prevede che i trattamenti di integrazione salariale relativi alle ulteriori sei settimane introdotte dall’articolo 12 del D.L. n. 137 sono riconosciuti anche in favore dei lavoratori in forza alla data del 9.11.2020.
  • L’art. 13 prevede che per le zone rosse nelle quali è stata disposta la chiusura delle scuole secondarie di primo grado, ai lavoratori dipendenti (se genitori di alunni delle suddette scuole e nelle sole ipotesi in cui la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile) viene concessa la facoltà di astenersi dal lavoro per l’intera durata della sospensione dell’attività didattica in presenza, con il riconoscimento di un’indennità pari al 50% della retribuzione mensile. Il congedo potrà essere fruito alternativamente dall’uno o dall’altro genitore.

INL – NOTA N. 963 DEL 5.11.2020: CHIAREMENTI DISPOSIZIONI EMERGENZIALI.

La nota fornisce un chiarimento alla disposizione di cui all’art. 8 del D.L. n. 104 del 2020, secondo la quale, fino al 31.12.2021, nei casi in il lavoratore è assunto a tempo indeterminato dalla agenzia di somministrazione, l’utilizzatore può impiegarlo a tempo determinato per periodi superiori a 24 mesi (anche non continuativi) senza che ciò comporti la costituzione di un rapporto a tempo indeterminato in capo allo stesso utilizzatore.

Viene dato conto di quanto previsto dall’art. 12 del D.L. n. 137 del 2020 in tema di ammortizzatori sociali COVID-19, nonché di quanto lo stesso articolo prevede in termini di “blocco” dei licenziamenti per ragioni aziendali fino al 31.01.2021.

Infine, viene richiamata l’attenzione su ulteriori disposizioni dei predetti decreti legge, riguardanti la sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione per i dipendenti delle aziende dei settori economici interessati dalle nuove misure restrittive (art. 13 D.L. n. 104 del 2020) e il lavoro agile (artt. 21-bis e 21-ter D.L. n. 104 del 2020).

INL – CIRCOLARE N. 7 DEL 30.10.2020: COLLABORATORI ETERO-ORGANIZZATI.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito al proprio personale ispettivo istruzioni per un corretto svolgimento dell’attività di vigilanza sulla disciplina relativa ai collaboratori etero-organizzati.  

La circolare, in particolare, raccomanda agli ispettori di compiere d’ora in avanti una puntuale verifica sull’applicazione delle norme specificamente dedicate ai ciclofattorini che operano tramite piattaforme digitali ed ai compensi a loro complessivamente spettanti. L’intervento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro risulta al riguardo particolarmente tempestivo in quanto la disciplina speciale sui c.d. rider, introdotta dal D.L. n. 101 del 3.09.2019, è in vigore dal 3.11.2020.

NOVITà GIURISPRUDENZIALI

MESSAGGI DI POSTA ELETTRONICA.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza dell’8.09.2020, precisa che non sono utilizzabili in giudizio i messaggi di posta elettronica estratti dall’account personale del dipendente, né quelle dell’account aziendale in difetto dei presupposti di legittimità.

La Corte d’appello riforma la sentenza di primo grado che aveva accertato la concorrenza sleale di alcuni dipendenti sulla base delle e-mail estratte dal datore di lavoro sia dall’account personale dei dipendenti sia da quello aziendale. L’account personale del dipendente – ancorché sia stato installato anche sul computer aziendale – deve considerarsi inaccessibile, tanto che l’accesso non autorizzato configura il reato di cui all’art. 616 c.p. La posta elettronica aziendale è invece accessibile al datore di lavoro solo se sia stata fornita l’informativa al dipendente sui controlli ai quali può essere sottoposta, se vi sia proporzionalità tra il controllo effettuato e la sua finalità, e purché si sia in presenza di ragioni di sicurezza o di fondato sospetto di lesione dell’interesse del datore di lavoro.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22217 del 14.10.2020, è intervenuta in materia di comunicazione di apertura della procedura di mobilità/licenziamento collettivo con limitazione dei licenziandi ad una sola unità produttiva.

Nel caso sottoposto all’esame della Corte, un’impresa aveva ristretto la platea del personale da licenziare collettivamente ad una sola unità produttiva, senza indicare, nella comunicazione di apertura della relativa procedura, oltre alle ragioni della riduzione, anche i motivi di tale limitazione. Confermando l’annullamento del licenziamento, la Corte ricorda la propria giurisprudenza al riguardo, ribadendo che l’impresa può ben limitare i licenziandi ad una sola unità produttiva, ma deve specificatamente indicare le ragioni di tale limitazione già nella lettera di apertura della procedura. Infine, poiché l’assenza di una tale indicazione si risolve in un’erronea scelta del personale da licenziare, la relativa violazione comporta la tutela reintegratoria (in regime della Legge n. 92 del 2012).

CONTESTAZIONI DISCIPLINARI.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22076 del 13.10.2020, ha chiarito che non viola l’art. 7 della L. n. 300 del 1970 la deduzione in giudizio di fatti nuovi, ma marginali, rispetto alla condotta contestata disciplinarmente.

Nel caso di specie una dipendente era stata licenziata per avere illecitamente procurato al proprio marito, tramite un soggetto terzo, una SIM ed un telefono aziendale, da lui poi usato. In giudizio, la società aveva precisato che la consegna della SIM era poi di fatto avvenuta nelle mani del marito della ricorrente ed alla presenza di quest’ultima. La Corte ricorda che il principio di necessaria corrispondenza tra addebito contestato e addebito posto a fondamento della sanzione disciplinare vieta di infliggere un licenziamento sulla base di fatti diversi da quelli contestati. Una violazione di tale principio non è, tuttavia, ravvisabile nel caso in cui si tratti di circostanze confermative della condotta in relazione alla quale il lavoratore possa agevolmente controdedurre ovvero quando le stesse non modifichino il quadro generale della contestazione. Affermando, dunque, che tale marginale modifica (rispetto al senso della contestazione) non violava il diritto di difesa della dipendente, la Corte richiama al riguardo la propria giurisprudenza costante, secondo la quale la successiva deduzione di fatti confermativi o marginali rispetto alla condotta contestata non viola l’art. 7 della L. n. 300 del 1970.

SOSPENSIONE TERMINI IMPUGNAZIONE STRAGIUDIZIALE DEL LICENZIAMENTO.

Il Tribunale di Milano, con sentenza del 14.10.2020, si è pronunciato in materia di sospensione dei termini durante il periodo emergenziale e impugnazione stragiudiziale del licenziamento.

Il Tribunale precisa che la sospensione dei termini ex art. 83 D.L. 18 del 2020 durante il periodo emergenziale si applica anche al termine di impugnazione stragiudiziale del licenziamento ex art. 6 L. 604 del 1966. Riconoscendo come l’impugnazione del licenziamento configuri una fattispecie a formazione complessa, il Tribunale ritiene che l’impugnazione stragiudiziale del medesimo ex art. 6 L. 604 del 1966 sia strettamente collegata al successivo termine di 180 per il deposito del ricorso. Stante la ratio della decretazione d’urgenza di limitare le conseguenze negative della pandemia anche per la tutela giurisdizionale dei diritti, il Giudice ritiene che la sospensione dei termini di cui all’art. 83, comma 2 del D.L. 18 del 2020 si applichi anche al termine di 60 giorni di impugnazione stragiudiziale del licenziamento di cui all’art. 6 L. 604 del 1966.

CONDOTTA ANTISINDACALE.

Il Tribunale di Firenze, con ordinanza del 15.10.2020, ha chiarito che è antisindacale il regolamento aziendale che impone ai lavoratori che intendono scioperare di svolgere attività che implicano il preventivo avvertimento del datore di lavoro circa la loro intenzione di scioperare.

Il Tribunale, dopo aver ribadito che l’attività volta a limitare i danni derivanti dallo sciopero è legittima solo nella misura in cui non comprime il diritto di sciopero, accerta la natura antisindacale della condotta di una società che imponeva ai dipendenti di svolgere determinate attività prima di iniziare uno sciopero, onde evitare le disfunzioni organizzative per l’impresa conseguenti all’astensione dal lavoro.

Il Giudice afferma che tale condotta incide sulla libertà dei lavoratori di decidere se scioperare oppure no, dovendo deciderlo prima, e lede il presupposto stesso del diritto di sciopero che consiste nell’astenersi dal lavoro senza darne preavviso al datore di lavoro.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 25394 dell’11.11.2020, si è pronunciata in materia di demansionamento nell’ipotesi di sopraggiunta inidoneità.

La Corte precisa che è possibile demansionare il lavoratore per sopraggiunta inidoneità solo se questa è riferibile a qualsiasi altra mansione del livello. In un caso di richiesta di danni per avvenuto demansionamento di una lavoratrice, in cui il datore di lavoro aveva, tra l’altro, eccepito la sopravvenuta inidoneità della stessa alla precedente mansione, la Corte ribadisce che ciò non è sufficiente a giustificare il demansionamento, essendo necessario che il datore dimostri che l’inidoneità riguardi tutte le mansioni aziendali del livello di inquadramento.

DISTINZIONE TRA LAVORO SUBORDINATO E LAVORO AUTONOMO.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 24391 del 3.11.2020, ha chiarito la distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo.

La Corte precisa che, in ordine alla qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, in presenza di prestazione con elevato contenuto intellettuale è necessario verificare se il lavoratore possa ritenersi assoggettato, anche in forma lieve o attenuata, alle direttive, agli ordini ed ai controlli del datore di lavoro, nonché al coordinamento dell’attività lavorativa in funzione dell’assetto organizzativo aziendale, potendosi ricorrere altresì, in via sussidiaria, ad elementi sintomatici della situazione della subordinazione quali l’inserimento nell’organizzazione aziendale, il vincolo orario, l’inerenza al ciclo produttivo, l’intensità della prestazione, la retribuzione fissa a tempo senza rischio di risultato.

ART. 2112 C.C.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24917 del 6.11.2020, si è pronunciata in materia di applicazione dell’art. 2112 c.c. (mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda) nell’ipotesi di trasferimento del solo personale.

La Corte ha chiarito che alla nozione di trasferimento di azienda non osta la circostanza che il fenomeno traslativo riguardi soltanto il personale in quanto la giurisprudenza comunitaria ha configurato come entità economica organizzata anche il “complesso organizzato di lavoratori subordinati specificamente adibiti all’espletamento di un compito comune”. La Corte precisa anche che non sussiste violazione dell’art. 29, comma 3 del D.Lgs. n. 276 del 2003 perché, anche in ipotesi di successione nell’appalto di un servizio, se vi è passaggio di una attività economica organizzata tale da rendere possibile lo svolgimento di una specifica impresa, può configurarsi un trasferimento di azienda dovendo, in tal caso, interpretarsi il sopracitato art. 29 non in contrasto con la direttiva n. 23 del 2001.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 24916 del 6.11.2020, ha chiarito che solo il lavoratore che intenda contestare la cessione del suo contratto di lavoro ex art. 2112 c.c. deve far valere tale impugnazione nel termine di cui all’art. 32, comma 4, lettera c), della L. n. 183 del 2010.

Nell’ipotesi di trasferimento di azienda, la cessione dei contratti di lavoro avviene automaticamente ex art. 2112 c.c.. Nel caso di specie, la cessione si era già verificata, sicché non vi era alcuna necessità né onere per il lavoratore di far valere formalmente nei confronti del cessionario l’avvenuta prosecuzione del suo rapporto con quest’ultimo, essendo tale prosecuzione già avvenuta ope legis. Ne consegue che solo il lavoratore che intenda contestare la cessione del suo contratto di lavoro ex art. 2112 c.c. deve far valere tale impugnazione nel termine di cui all’art. 32, comma 4, lettera c) della L. n. 183 del 2010.

SOMMINISTRAZIONE.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24211 del 2.11.2020, si è pronunciata in materia di somministrazione a tempo determinato e termine di impugnazione del contratto.

La Corte chiarisce che, in tema di successione di contratti di lavoro a termine in somministrazione, l’impugnazione stragiudiziale dell’ultimo contratto della serie non si estende ai contratti precedenti, neppure ove tra un contratto e l’altro sia decorso un termine inferiore a quello di sessanta giorni utile per l’impugnativa.

Il termine di decadenza di cui all’art. 6 della L. n. 604 del 1966, come modificato, decorre, per i contratti di somministrazione, dalla data di scadenza originariamente pattuita, in quanto il potenziale rinvio per un numero indefinito di volte di tale tipologia di contratto, a differenza di quanto previsto per i contratti a termine, non autorizza di per sé il lavoratore a nutrire alcun affidamento. In continuità con tale principio, è stato ritenuto che la singolarità dei contratti di somministrazione e l’esistenza di un unico continuativo rapporto di lavoro evidenzi la necessità che a ciascuno di essi si applichino le regole inerenti la loro impugnabilità.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 25402 dell’11.11.2020, ha chiarito le differenze tra somministrazione e contratto a termine.

La Corte precisa che, se per alcuni aspetti il contratto di lavoro somministrato può essere accostato, sotto il profilo funzionale, al contratto a tempo determinato (essendo entrambi strumenti obiettivamente alternativi di acquisizione, diretta e indiretta, di prestazioni lavorative temporanee), il primo si distingue tuttavia in modo chiaro dal secondo. E ciò perché l’impiego tramite l’agenzia interinale non è considerato pericoloso, essendo apprezzato come forma di impiego flessibile, in quanto può concorrere efficacemente alla creazione di posti di lavoro e allo sviluppo di forme di lavoro flessibili.

APPALTI.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 25220 del 10.11.2020, si è pronunciata in materia di appalti e conferimento dell’attrezzatura all’appaltatore.

La Corte precisa che il conferimento dell’attrezzatura necessaria per lo svolgimento del servizio ad un appaltatore, che utilizza lavoratori assunti da un subappaltatore, costituisce presunzione di appalto vietato di manodopera tra committente e appaltatore con riguardo ai dipendenti del subappaltatore, a norma della Legge n. 1369 del 1960.

Nel caso sottoposto alla Corte era stato accertato che il subappaltatore non aveva apportato un rilevante contributo di capitali e attrezzature per lo svolgimento del subappalto, limitandosi a fornire il personale necessario, per cui è stato ritenuto che, in tale situazione, l’attribuzione del committente all’appaltatore dell’attrezzatura necessaria per svolgere il servizio faccia scattare, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della L. n. 1369 del 1960 (applicabile al caso di specie ratione temporis), la presunzione di appalto vietato delle opere del personale del subappaltatore, da ritenere dipendenti del committente.

CICLOFATTORINI.

Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 20.11.2020, si è pronunciato in materia di qualificazione del rapporto di lavoro di un rider.

Con la sentenza n. 3570 del 24.11.2020, il Tribunale di Palermo afferma che i riders devono essere considerati lavoratori subordinati, allorquando la loro prestazione venga interamente organizzata dall’algoritmo utilizzato dalla piattaforma digitale.

Il rider dopo essere stato disconnesso contro la sua volontà dalla piattaforma digitale con cui collaborava, ricorre giudizialmente al fine di chiedere l’accertamento della natura subordinata del rapporto intercorso con la piattaforma e conseguentemente impugnare la disconnessione, ritenendo che la stessa dovesse essere qualificata alla stregua di un licenziamento orale.

Il Tribunale di Palermo rileva, preliminarmente, che le piattaforme digitali devono essere considerate delle vere e proprie imprese – dal momento che non si limitano a mettere in contatto l’utenza, ma svolgono una vera e propria attività economica che ha come oggetto la distribuzione di cibo e bevande a domicilio – e conseguentemente possono stipulare anche rapporti di lavoro subordinato.

La sentenza sottolinea poi come la giurisprudenza formatasi in materia – secondo cui la subordinazione per i riders sarebbe da escludersi in ragione del fatto che gli stessi possono scegliere se e quando lavorare – non sia condivisibile, dal momento che prende in considerazione solo l’inizio del rapporto, omettendo invece di analizzare la fase esecutiva della prestazione.

Sotto quest’ultimo aspetto, il Giudice sostiene che la prestazione è gestita esclusivamente dall’algoritmo utilizzato dalla piattaforma digitale che consente al lavoratore soltanto di scegliere di prenotarsi per i turni che il sistema mette a sua disposizione in ragione del suo punteggio.

Ne consegue che, nella realtà dei fatti, si integrano tutte le caratteristiche proprie della subordinazione, posto che il rider è:

• soggetto al potere organizzativo della piattaforma;

• passibile di conseguenze disciplinari in caso di eventuali mancanze o per calo di rendimento;

• costretto ad essere a disposizione del datore nel periodo di tempo antecedente l’assegnazione, mediante la connessione all’app con il cellulare carico e la presenza fisica in luogo vicino ai locali partner della piattaforma.

Su tali presupposti, il Tribunale di Palermo accoglie il ricorso del lavoratore, dichiarando la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato ab origine (con inquadramento al sesto livello del CCNL terziario, distribuzione e servizi) ed il diritto del rider ad essere reintegrato, stante la riqualificazione del distacco dalla piattaforma come licenziamento inefficace

Il Tribunale ha dichiarato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il ricorrente e la società convenuta. Di conseguenza, ritiene il distacco del lavoratore dalla piattaforma Glovo (e, dunque, l’impossibilità di ricevere gli ordini delle consegne da effettuare) qualificabile come allontanamento del dipendente dal luogo di lavoro senza motivazione scritta e, pertanto, licenziamento orale, come tale inefficace.

NEWSLETTER n. 11/2020 – NOVITÁ GIURISPRUDENZIALI

SOMMINISTRAZIONE.

La Corte di Giustizia UE, con la sentenza 14.10.2020, causa n. C-681/18, è intervenuta fornendo al giudice italiano elementi utili per valutare se la disciplina italiana della somministrazione possa porsi in contrasto con il diritto dell’Unione Europea.

In un giudizio avanti al Tribunale di Brescia, un lavoratore che, nel quadro di un rapporto di somministrazione, era stato inviato presso la medesima impresa utilizzatrice in forza di 8 contratti e 17 proroghe nel periodo dal 3.03.2014 al 30.11.2016, aveva chiesto la costituzione di un rapporto a tempo indeterminato con l’impresa utilizzatrice.

Il Tribunale interrogava la Corte di giustizia per sapere se il diritto italiano, che, quanto alla somministrazione, non prevede un limite al numero di rinnovi o proroghe delle missioni presso un unico utilizzatore, sia in contrasto con la direttiva n. 104 del 2008, la quale all’art. 5 impone agli Stati membri di intervenire per evitare che missioni successive eludano le disposizioni della direttiva, in quanto finalizzate a soddisfare esigenze permanenti, anziché temporanee, dell’utilizzatore.

La Corte di giustizia, dopo un accenno agli obiettivi perseguiti dalla direttiva e richiamando il principio di interpretazione conforme del diritto nazionale, indica alcuni criteri che possono essere considerati dal giudice, ossia se le missioni successive del medesimo lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice:

Conclude la CGUE che l’art. 5, paragrafo 5, della direttiva n. 104 del 2008 non osta ad una normativa nazionale che non limita il numero di missioni successive né subordina la legittimità del ricorso al lavoro tramite agenzia interinale all’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, ma osta a che uno Stato membro non adotti alcuna misura al fine di preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia per il lavoro, nonché ad una normativa nazionale che non preveda alcuna misura atta ad evitare l’assegnazione ad un medesimo lavoratore in missioni successive presso la stessa impresa utilizzatrice con lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 13.10.2020, n. 22066, è intervenuta in materia di nullità della somministrazione e diritti del somministrato nella costituzione del rapporto con l’utilizzatore.

Dopo la costituzione del rapporto con l’utilizzatore in conseguenza della nullità del contratto di somministrazione, un lavoratore aveva visto ridursi la retribuzione erogata rispetto a quella percepita nel corso del rapporto dal somministratore e aveva pertanto agito in giudizio per chiedere all’utilizzatore le notevoli differenze. In base all’interpretazione letterale dell’art. 27 del D. Lgs. n. 276 del 2003, la Corte, cassando la sentenza d’appello favorevole al dipendente, afferma che unicamente per il periodo in cui la somministrazione ha avuto luogo, prima dell’accertamento della sua irregolarità/nullità, tutti gli atti di gestione del rapporto (compresa la determinazione dell’ammontare della retribuzione) s’intendono come compiuti dall’utilizzatore.

Tuttavia, ribadisce la Corte, nel momento in cui la struttura trilatera del rapporto viene meno, per effetto della irregolarità del contratto di somministrazione giudizialmente accertata, ne consegue che il soggetto il quale sia stato utilizzatore della prestazione del lavoratore, sia pienamente libero di gestire il rapporto di lavoro in autonomia secondo le regole che rinvengono applicazione nell’ambito dell’assetto organizzativo aziendale in cui la prestazione viene ad inserirsi (con conseguente applicazione del trattamento economico e normativo previsto dalla disciplina legale e collettiva in vigore presso il nuovo datore di lavoro). Ciò in quanto si determina comunque la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro con chi  fuutilizzatore, trattandosi di un rapporto ordinario, il quale si differenzia da quello precedente, speciale, in quanto funzionale alla somministrazione del lavoratore.

FERIE E RETRIBUZIONE.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 15.10.2020, n. 22401, è intervenuta precisando che durante le ferie spetta la medesima retribuzione percepita come se si lavorasse.

Il contratto aziendale di una società di navigazione esclude dalla retribuzione feriale un’indennità denominata di navigazione nello stretto di Messina, corrisposta con continuità al lavoratore ricorrente in giudizio.

Con intepretazione comunitariamente orientamente (in particolare, art. 7 della Direttiva n. 88 del 2003; art. 31, n. 2, Carta dei diritti fondamentali dell’UE e giurisprudenza della Corte di Giustizia) la Corte conclude nel senso che la retribuzione durante le ferie debba comprendere tutti gli elementi, salvo le spese occasionali o accessorie.

Conseguentemente, la Corte cassa la decisione dei giudici d’appello, che avevano respinto la domanda del lavoratore di dichiarare inefficace la clausola del contratto aziendale e di condannare la società a corrispondergli le differenze retributive relative al computo dell’indennità sulla retribuzione feriale.

RICORSO CAUTELARE D’URGENZA.

La Corte Costituzionale, con la sentenza 14.10.2020, n. 212, è intervenuta precisando che la decadenza dell’impugnazione giudiziaria del trasferimento (o licenziamento o clausola appositiva del termine ecc.) è impedita anche dalla proposizione di un ricorso cautelare d’urgenza.

La disciplina dell’art. 6 della L. 604 del 1966 sui licenziamenti (estesa anche ai trasferimenti ed altri atti dall’art. 32 della L. n. 183 del 2010) impone, nell’attuale versione, a pena di decadenza, l’impugnazione stragiudiziale entro il termine di 60 giorni e commina altresì la decadenza, se entro i 180 giorni successivi non venga proposto il ricorso avanti al giudice del lavoro o non venga promossa una procedura conciliativa o arbitrale. La norma non prevede che la seconda decadenza sia impedita dalla proposizione di un ricorso cautelare d’urgenza.

La Corte sottolinea che la ratio dell’attuale formulazione dell’art. 6 può essere individuata nell’esigenza, ritenuta dal legislatore meritevole di tutela, di far emergere in tempi brevi il contenzioso sull’atto datoriale e, con riferimento all’estensione delle decadenze a nuove fattispecie, la finalità è quella di contrastare la prassi di azioni giudiziarie proposte anche a distanza di tempo dalla scadenza del termine apposto al contratto. Dunque, la finalità è accelerare l’emersione dell’eventuale contenzioso nelle materie indicate.

La Corte prosegue indicando le tre strade alternative per conservare l’efficacia dell’impugnazione stragiudiziale di cui all’art. 6, primo comma: il deposito del ricorso ordinario e la comunicazione a controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.

Precisa che la mancata previsione anche del ricorso per provvedimento d’urgenza ai sensi degli artt. 669-bis, 669-ter e 700 c.p.c., quale atto idoneo ad impedire, se proposto nel termine di decadenza, l’inefficacia dell’impugnazione stragiudiziale di cui all’art. 6, primo comma, L. n. 604 del 1966, e a dare accesso alla tutela giurisdizionale, è contraria al principio di eguaglianza (art. 3 Cost.). è, altresì, contraria al principio di ragionevolezza, in riferimento alla finalità sottesa alla previsione del termine di decadenza in esame, essendo la domanda di tutela cautelare idonea a far emergere il contenzioso insito nell’impugnazione dell’atto datoriale. La Corte ha pertanto dichiarato incostituzionale, per violazione del principio di eguaglianza e per irragionevolezza, il citato art. 6 nella parte che omette l’esclusione della decadenza anche con il deposito del ricorso cautelare anteriore alla causa ai sensi degli artt. 669-bis, 669-ter e 700 c.p.c.

CONTROLLO DELL’ATTIVITà LAVORATIVA.

La Corte di Cassazione, con la sentenza 9.10.2020, n. 21888, è intervenuta indicando come legittimo il controllo diretto dell’attività lavorativa da parte del datore di lavoro, anche per il tramite della normale organizzazione gerarchica, senza la necessità di una preventiva comunicazione all’interessato.

Nel caso di specie il lavoratore licenziato lamentava l’inosservanza dell’art. 3 della L. n. 300 del 1970 per essere state le sue mancanze disciplinari accertate attraverso l’indagine di preposti nella struttura gerarchica dell’impresa, non indicati tra gli addetti alla vigilanza dell’attività lavorativa. Secondo il ricorrente, il controllo sulla vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria, riservata direttamente dal datore di lavoro ai suoi collaboratori, era invece sottoposto alla duplice condizione che fossero resi noti i nomi di chi eseguiva i controlli e che questi ultimi non avvenissero mai a distanza. Lamentava inoltre che il controllo a distanza poteva avvenire esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e non solo per verificare il corretto espletamento delle mansioni, con conseguente inutilizzabilità del materiale raccolto dal datore di lavoro.

La Corte precisa che la fattispecie in esame è regolata dall’art. 3 della L. n. 300 del 1970, e non dall’art. 4 riguardante i controlli attraverso l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature.

Conclude poi chiarendo che la disciplina dell’art. 3 non esclude il permanere del potere del datore di lavoro di controllare, direttamente o a mezzo della organizzazione gerarchica che allo stesso fa capo e che è conosciuta dai dipendenti, il corretto adempimento dell’attività lavorativa cui costoro sono tenuti e, quindi, accertare eventuali mancanze specifiche dei dipendenti medesimi, già commesse o in corso di esecuzione. Ciò indipendentemente dalle modalità con le quali sia stato compiuto il controllo il quale, attesa la particolare posizione di colui che lo effettua, può legittimamente avvenire anche occultamente, e dunque senza la necessità di una preventiva comunicazione.

CONCILIAZIONE GIUDIZIALE.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 30.09.2020, n. 20913, ha chiarito che, pur sottratta all’annullabilità ai sensi dell’art. 2113 c.c., la conciliazione giudiziale è esposta alle normali azioni di nullità e annullabilità dei contratti.

Nel caso esaminato, la conciliazione giudiziale tra un Comune ed un proprio dipendente che prevedeva l’attribuzione a quest’ultimo di un’area contrattuale superiore, è stata dai giudici dichiarata nulla per violazione degli agli artt. 97 Cost., 35 del D.Lgs. n. 165 del 2001 ed, in generale, delle norme imperative che presiedono al reclutamento del personale e della regola del concorso pubblico, che si applicano anche per i passaggi alle categorie e fasce funzionali superiori.

La Corte, dopo aver dunque ribadito che la disciplina legale del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni non consente inquadramenti automatici del personale dato che di norma, per il passaggio, è richiesta una procedura concorsuale pubblica con garanzia di adeguato accesso all’esterno, chiarisce che la conciliazione giudiziale è sottratta al regime di impugnabilità di cui all’art. 2113 c.c., ma rimangono esperibili le normali azioni di nullità e di annullamento dei contratti.

FLESSIBILITà ORARIA.

Il Tribunale di Messina, con la sentenza 6.10.2020, n. 1261, si è pronunciato sul risarcimento del danno in caso di ingiustificato ricorso alla flessibilità oraria.

Nel caso di specie, una lavoratrice part-time lamentava di essere stata adibita a turni di lavoro serali e notturni, nonché di aver subito condotte vessatorie legate al sistematico ricorso alla clausola di flessibilità al di fuori dei limiti normativi. La lavoratrice chiedeva il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 8, comma 2, del D. Lgs. n. 61 del 2000, da aggiungersi alle differenze retributive. Dichiarava inoltre di aver subito un danno psicofisico in ragione di quanto accaduto, che le avevano indotto uno stato ansioso-depressivo, certificato da visita medica specialistica, e pertanto esigeva il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali patiti.

Il Tribunale di Messina conferma la violazione delle disposizioni ex art. 3 del D.Lgs. n. 61 del 2000, commi 7 e 8, per non aver limitato l’utilizzo della clausola di variazione ai soli casi di sostituzione di lavoratori assenti e di esigenze aziendali urgenti e rilevanti e per non aver disposto le dovute maggiorazioni retributive. Circa il pregiudizio subito dalla ricorrente, richiama gli indici indicati dalla giurisprudenza, quali difficoltà di programmazione di altre attività, esistenza e durata di un termine di preavviso, percentuale delle variazioni richieste ed, in generale, l’impossibilità per il lavoratore di fare pieno affidamento sul proprio tempo libero.

In conclusione, oltre alle differenze retributive legate al mancato riconoscimento delle maggiorazioni per la variazione oraria, il Tribunale di Messina riconosce il risarcimento del danno subito dalla lavoratrice.

RIMBORSO NASPI.

Il Tribunale di Udine, con la sentenza del 30.09.2020, n. 106, si è pronunciato su un caso di rimborso al datore di lavoro da parte del lavoratore del ticket di ingresso alla NASPI.

Il Tribunale ha affermato che il lavoratore, dimissionario “a voce” il quale, non avendo fatto la procedura telematica obbligatoria, prevista dal D.M. del Ministro del Lavoro in esecuzione della previsione contenuta nell’art. 26 del D. Lgs. n. 151 del 2015, con assenze continue non giustificate, aveva costretto il datore di lavoro a procedere alla risoluzione del rapporto per giusta causa, nel rispetto della procedura prevista dall’art. 7 della L. n. 300 del 1970, è tenuto a rifondere allo stesso la somma dovuta a titolo di ticket di ingresso alla NASPI già pagato. La decisione del Tribunale si fonda sull’accertamento, avvenuto nel corso del giudizio “della provenienza della volontà risolutiva del rapporto di lavoro” da parte del dipendente,ed ha accertato la sussistenza di un obiettivo non legittimo: quello di indurre il datore di lavoro al licenziamento al fine di ottenere l’indennità di NASPI.

“TEMPO TUTA”.

Il Tribunale di Bari, con la sentenza 22.09.2020, n. 2595, si è pronunciato sulla retribuzione del “tempo tuta”, confermata anche in assenza di imposizione del datore di lavoro, qualora imposta da esigenze di sicurezza e igiene pubblica.

La questione concerne il diritto alla retribuzione per il tempo impiegato per indossare e dismettere la divisa da lavoro, c.d. “tempo tuta”. Il Tribunale richiama il consolidato orientamento della Suprema Corte secondo cui le attività di vestizione/svestizione attengono a comportamenti integrativi della obbligazione principale e funzionali al corretto espletamento dei doveri di diligenza preparatoria.

Nell’ambito delle strutture sanitarie, anche nel silenzio della contrattazione collettiva, il tempo di vestizione e svestizione dà diritto alla retribuzione, essendo tale obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto. Infatti, l’orientamento per cui il “tempo tuta” costituisce tempo di lavoro solo ove qualificato da eterodirezione è da ritenersi integrato nel senso che l’eterodirezione può derivare anche dalla natura degli indumenti, quando gli stessi siano diversi da quelli utilizzati o utilizzabili secondo un criterio di normalità sociale dell’abbigliamento, o dalla specifica funzione che devono assolvere, e così dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale.

Il Tribunale di Bari, dunque, accertava il diritto di una infermiera a ricevere la retribuzione dovuta per il tempo impiegato per la vestizione e svestizione in ospedale, pur non previsto esplicitamente dall’ASL.

CONDOTTA ANTISINDACALE.

Il Tribunale di Milano, con decreto ex art. 28 L. 300 del 1970 del 21.08.2020, n. 20813, ha chiarito che è condotta antisindacale l’assegnazione alle RSA di una sala riunioni in via permanente ma non esclusiva.

Le associazioni FISAC CGIL, UILCA UIL e SNFIA ricorrono in giudizio per vedere dichiarata l’antisindacalità della condotta aziendale consistita nell’aver assegnato una saletta riunioni “in via permanente ma non esclusiva”, oltre che di ridotte dimensioni e comunque non idonea all’esercizio dell’attività sindacale, in violazione dell’art. 27 della L. n. 300 del 1970.

Il Tribunale dichiara antisindacale tale condotta affermando che il locale per le RSA deve essere assegnato anche in via esclusiva e che, in ogni caso, esso deve essere idoneo allo svolgimento dell’attività sindacale, assicurando ad esempio la privacy dei soggetti fruitori.

PATTO DI NON CONCORRENZA.

La Corte d’Appello di Brescia, sezione lavoro, con la sentenza 21.04.2020, n. 33, ha stabilito che il patto di non concorrenza è nullo se, nel suo complesso, comprime eccessivamente la libertà e la capacità lavorativa del dipendente.

La Corte d’appello di Brescia compie una disamina dei requisiti di validità del patto di non concorrenza ai sensi dell’art. 2125 c.c.

Nel caso di specie il patto riportava l’impegno del dipendente a non svolgere in favore di imprese concorrenti l’attività lavorativa nell’ambito territoriale (nel caso di specie, la Regione Lombardia), “anche al di fuori dei limiti territoriali” stabiliti nonché nelle province fuori regione rientranti nel raggio di 250 km dalla sede di lavoro. All’esito, la Corte afferma che per dichiarare la nullità del patto di non concorrenza tali elementi, costituiti dai limiti di territorio, di oggetto e dal corrispettivo del patto, devono considerarsi non singolarmente ma nell’ambito di un giudizio complessivo. La nullità del patto sussiste quando configuri un limite tale da compromettere l’esplicazione della concreta professionalità del lavoratore.

D.L. n. 137 del 28.10.2020

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 269 del 28.10.2020 il D.L. n. 137 (c.d. Decreto Ristori).

In sintesi, le principali novità in ambito giuslavoristico:

  • Cassa integrazione (art. 12)

Previste ulteriori 6 settimane di cassa integrazione ordinaria, in deroga e di assegno ordinario legate all’emergenza COVID-19, da usufruire tra il 16.11.2020 e il 31.01.2021.

Le 6 settimane di trattamenti sono riconosciute sia ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato l’ulteriore periodo di 9 settimane di cui all’art. 1, comma 2, del decreto Agosto (D.L. n. 104 del 2020), decorso il periodo autorizzato, sia ai datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dalla chiusura o limitazione delle attività economiche e produttive di cui al DPCM del 24.10.2020.

Non è previsto il contributo addizionale per le 6 settimane di cassa integrazione per:

  • datori di lavoro che nel primo semestre 2020 hanno subito una riduzione di fatturato pari o superiore al 20% rispetto a quello del corrispondente semestre del 2019;
  • chi ha avviato l’attività dopo il 1.01.2019;
  • le imprese interessate dalle restrizioni imposte dal DPCM del 24.10.2020.

Negli altri casi è previsto il pagamento di un contributo addizionale pari al:

  • 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che nel primo semestre 2020 hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al 20% rispetto a quello del corrispondente semestre del 2019;
  • 18% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che nel primo semestre 2020 non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato rispetto a quello del corrispondente semestre del 2019.
  • Blocco licenziamenti (art. 12, commi da 9 a 11)

Prorogato fino al 31.01.2021 del blocco dei licenziamenti.

Tale limitazione non trova applicazione nei seguenti casi:

  • imprese che hanno cessato l’attività;
  • imprese dichiarate fallite quando non sia previsto l’esercizio provvisorio;
  • nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo.
  • Esonero contributi (art. 12, comma 14)

Per i datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, che non richiedono i trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, viene riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di 4 mesi, fruibili entro il 31.01.2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale già fruite nel mese di giugno 2020, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all’INAIL, riparametrato e applicato su base mensile.

  • Sospensione contributi (art. 13)

Per le aziende interessate dal DPCM 24.10.2020 è prevista la sospensione dei versamenti contributivi relativi ai lavoratori per il mese di novembre. I pagamenti di detti contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria, sospesi, saranno effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 16.03.2021 o mediante rateizzazione fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16.03.2021. Il mancato pagamento di due rate, anche non consecutive, determina la decadenza dal beneficio della rateazione.

  • Reddito di emergenza (art. 14)

Previste altre 2 mensilità del reddito di emergenza (REM) a favore dei nuclei familiari già beneficiari e a chi nel mese di settembre ha avuto un valore del reddito familiare inferiore all’importo del beneficio.

  • Nuove indennità (artt. 15 e 17)

Prevista l’erogazione (da parte della società Sport e Salute S.p.A.), per il mese di novembre 2020, di un’indennità pari ad Euro 800, nel limite massimo di 124 milioni di euro per l’anno 2020, in favore dei lavoratori impiegati con rapporti di collaborazione presso il CONI, il Comitato Italiano Paralimpico, le federazioni sportive nazionali, le discipline sportive associate, gli enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni e dal Cip, le società e associazioni sportive dilettantistiche.

È prevista inoltre una indennità di Euro 1.000 per i lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali (inclusi quelli con contratto di somministrazione o a tempo determinato), i lavoratori dello spettacolo, gli intermittenti, i venditori porta a porta e i prestatori d’opera.

  • Smart working (art. 22)

Esteso lo smart working per i lavoratori con figli. In particolare, con una modifica all’articolo 21-bis del decreto Agosto (D.L. 104 del 2020, convertito dalla legge 126 del 2020), si prevede che un genitore lavoratore dipendente potrà accedere allo smart working non solo se il figlio con meno di 16 anni è stato posto in quarantena a seguito di un contagio da COVID-19, ma anche nel caso in cui sia stata disposta la sospensione dell’attività didattica in presenza.

Nelle sole ipotesi in cui la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile, uno dei genitori, alternativamente all’altro, può astenersi dal lavoro per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della quarantena del figlio nonché nel caso di sospensione dell’attività didattica in presenza.

In caso di figli di età compresa fra 14 e 16 anni, i genitori hanno diritto di astenersi dal lavoro senza corresponsione di retribuzione o indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa, con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro.

NEWSLETTER DPCM 24.10.2020

NEWSLETTER

DPCM 24.10.2020

È stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 265 del 25.10.2020, il DPCM 24.10.2020, recante ulteriori disposizioni attuative del D.L. 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 maggio 2020, n. 35, recante «Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19», e del D.L. 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, recante «Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19».

Sul fronte degli interventi in materia di diritto del lavoro non si registrano particolari novità rispetto alla decretazione precedente.

In ordine alle attività professionali si raccomanda che:

  • esse siano attuate anche mediante modalità di lavoro agile, ove possano essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza;
  • siano incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva;
  • siano assunti protocolli di sicurezza anti-contagio, fermo restando l’obbligo di utilizzare dispositivi di protezione delle vie respiratorie previsti da normativa, protocolli e linee guida vigenti;
  • siano incentivate le operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali.

Nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, le riunioni si devono svolgere in modalità a distanza, salvo la sussistenza di motivate ragioni. Si aggiunge che è fortemente raccomandato svolgere anche le riunioni private in modalità a distanza.

Vengono richiamati, a più riprese, i Protocolli e le linee guida anti-contagio previsti per le attività economiche, produttive, amministrative e sociali, allegati al medesimo decreto.

L’Allegato 11, in particolare, riporta le misure per gli esercizi commerciali:

1. mantenimento in tutte le attività e le loro fasi del distanziamento interpersonale;

2. garanzia di pulizia e igiene ambientale con frequenza almeno due volte giorno ed in funzione dell’orario di apertura;

3. garanzia di adeguata aereazione naturale e ricambio d’aria;

4. ampia disponibilità e accessibilità a sistemi per la disinfezione delle mani. In particolare, detti sistemi devono essere disponibili accanto a tastiere, schermi touch e sistemi di pagamento;

5. utilizzo di mascherine nei luoghi o ambienti chiusi e comunque in tutte le possibili fasi lavorative laddove non sia possibile garantire il distanziamento interpersonale;

6. uso dei guanti “usa e getta” nelle attività di acquisto, particolarmente per l’acquisto di alimenti e bevande;

7. accessi regolamentati e scaglionati secondo le seguenti modalità:

  • attraverso ampliamenti delle fasce orarie;
  • per locali fino a quaranta metri quadrati può accedere una persona alla volta, oltre a un massimo di due operatori;
  • per locali di dimensioni superiori a quelle di cui al punto precedente, l’accesso è regolamentato in funzione degli spazi disponibili, differenziando, ove possibile, i percorsi di entrata e di uscita;

8. informazione per garantire il distanziamento dei clienti in attesa di entrata.

L’art. 2del decreto ribadisce che sull’intero territorio nazionale tutte le attività produttive industriali e commerciali rispettano i contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali (allegato 12), nonché, per i rispettivi ambiti di competenza, il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e le parti sociali (allegato 13), e il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nel settore del trasporto e della logistica sottoscritto il 20 marzo 2020 (allegato 14).

L’art. 3 prevede che nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è incentivato il lavoro agile con le modalità stabilite da uno o più decreti del Ministro della pubblica amministrazione, garantendo almeno la percentuale di cui all’articolo 263, comma 1, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. È fortemente raccomandato l’utilizzo della modalità di lavoro agile da parte dei datori di lavoro privati, ai sensi dell’articolo 90 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nonché di quanto previsto dai protocolli (allegati 12 e 13 al decreto).

È previsto, inoltre, che le pubbliche amministrazioni dispongano una differenziazione dell’orario di ingresso del personale, fatto salvo il personale sanitario e sociosanitario, nonché quello impegnato in attività connessa all’emergenza o in servizi pubblici essenziali. È, infine, raccomandata la differenziazione dell’orario di ingresso del personale anche da parte dei datori di lavoro privati.

Le disposizioni del decreto si applicano dalla data del 26.10.2020 e sono efficaci fino al 24.11.2020.

NEWSLETTER NOVITÁ NORMATIVE

D.L. n. 104 del 2020 convertito in L. del 13.10.2020 n. 126 recante “MISURE URGENTI PER IL SOSTEGNO E IL RILANCIO DELL’ECONOMIA”.

Il 13.10.2020 è stata pubblicata nella G.U. 253 la L. n. 126 del 13.10.2020 di conversione del c.d. “DL AGOSTO”.

Quali le modifiche apportate in ambito giuslavoristico?

Di seguito si riportano le maggiori novità!!

  • All’art. 8Disposizioni in materia di proroga o rinnovo di contratti a termine e di contratti di somministrazione” è stato introdotto il comma 1bis il quale prevede che, in considerazione dell’attuale fase di rilancio dell’economia e per garantire la continuità occupazionale, all’art. 31, comma 1, del D. Lgs. n. 81 del 2015 viene aggiunto quanto segue «Nel caso in cui il contratto di somministrazione tra l’agenzia di somministrazione e l’utilizzatore sia a tempo determinato l’utilizzatore può impiegare in missione, per periodi superiori a 24 mesi anche non continuativi, il medesimo lavoratore somministrato, per il quale l’agenzia di somministrazione abbia comunicato all’utilizzatore l’assunzione a tempo indeterminato, senza che ciò determini in capo all’utilizzatore stesso la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato. La disposizione di cui al periodo precedente ha efficacia fino al 31 dicembre 2021».
  • È stato soppresso il comma 4 dell’art. 14, il quale prevedeva la possibilità per il datore di lavoro che aveva proceduto a recedere dal contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo di revocare tale recesso a condizione che avesse fatto richiesta di trattamento di integrazione salariale a partire dalla data in cui aveva efficacia il licenziamento.
  • È stato introdotto l’art. 21bisLavoro agile e congedo straordinario per i genitori durante il periodo di quarantena obbligatoria del figlio convivente per contatti scolastici”. In base alla nuova disposizione è stato previsto che il genitore dipendente può svolgere la propria prestazione di lavoro in modalità agile per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della quarantena del figlio convivente, minore di 14 anni, disposta dall’azienda sanitaria competente territorialmente a seguito di contatto verificatosi all’interno del plesso scolastico, ovvero durante lo svolgimento di attività sportive di base o attività motorie presso palestre, piscine, centri sportivi. Il genitore, inoltre, potrà svolgere la propria prestazione lavorativa in smart working qualora il figlio abbia contratto la malattia durante lo svolgimento di lezioni musicali e linguistiche.

Nell’ipotesi in cui il lavoratore non possa svolgere le proprie mansioni in modalità agile, uno dei due genitori potrà astenersi dal lavoro per tutto o parte del periodo della quarantena del figlio minore di 14 anni disposta dalla ASL competente per territorio a seguito di contatto verificatosi all’interno del plesso scolastico. Per tali periodi di congedo (coperti da contribuzione figurativa) è riconosciuta, in luogo della retribuzione, una indennità pari al 50% della retribuzione stessa.

Lo smart working, ovvero il congedo, non possono essere richiesti da entrambi i genitori ma solamente da uno di essi.

  • È stato introdotto l’art. 21terLavoro agile per genitori con figli con disabilità” in base al quale, fino al 30.06.2021, i genitori lavoratori dipendenti privati che hanno almeno un figlio in condizioni di disabilità grave, qualora nel nucleo familiare non vi sia un altro genitore non lavoratore, hanno diritto a svolgere la propria attività lavorativa in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali.
  • All’art. 26Disposizioni in materia di sorveglianza attiva in quarantena” è stato introdotto il comma 1bis in base al quale, l’art. 26 del D.L. n. 18 del 2020, così come convertito con modificazioni dalla L. n. 27 del 2020, è stato così sostituito «Fino al 15 ottobre 2020 per i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità […] il periodo di assenza dal servizio è equiparato al ricovero ospedaliero ed è prescritto dalle competenti autorità sanitarie, nonché dal medico di assistenza primaria che ha in carico il paziente […]. A decorrere dal 16 ottobre 2020 e fino al 31 dicembre 2020 i lavoratori fragili di cui al comma 2 svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto».

DPCM DEL 13.10.2020.

Dopo la proroga dello stato di emergenza al 31.01.2021, in data 13.10.2020 è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri emanando un DPCM con misure volte a contrastare e contenere l’emergenza da Covid-19.

All’art. 1Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale”, al comma 6, lett. ll) ha previsto che, in ordine alle attività professionali viene raccomandato che le stesse siano attuate anche mediante modalità di lavoro agile, ove possano essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza. È stato poi previsto l’incentivo delle ferie e dei congedi retribuiti per i dipendenti.

Infine, è stata ribadita l’assunzione di protocolli di sicurezza anti-contagio e, qualora non sia possibile il mantenimento della distanza di almeno un metro, l’adozione di strumenti di protezione individuale.

All’art. 2Misure di contenimento del contagio per lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive industriali e commerciali” è stato prescritto che tutte le attività produttive devono rispettare i contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e del contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24.04.2020 tra il Governo e le parti sociali.

QUARANTENA E SMART WORKING. MESSAGGIO N. 3653 DEL 9 OTTOBRE 2020.

L’INPS, con il messaggio n. 3653 del 9 ottobre 2020, fornisce le indicazioni operative e i chiarimenti per i lavoratori aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia, in attuazione di quanto stabilito dall’articolo 26 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020.

Quarantena e smart-working.

La quarantena e la sorveglianza precauzionale per i soggetti fragili, di cui rispettivamente ai commi 1 e 2 dell’articolo 26 del d.l. n. 18 del 2020, non configurano un’incapacità temporanea al lavoro per una patologia in fase acuta tale da impedire in assoluto lo svolgimento dell’attività lavorativa (presupposto per il riconoscimento della tutela previdenziale della malattia comune), ma situazioni di rischio per il lavoratore e per la collettività che il legislatore ha inteso tutelare equiparando, ai fini del trattamento economico, tali fattispecie alla malattia e alla degenza ospedaliera.

Conseguentemente, non è possibile ricorrere alla tutela previdenziale della malattia o della degenza ospedaliera nei casi in cui il lavoratore in quarantena (art. 26, comma 1) o in sorveglianza precauzionale perché soggetto fragile (art. 26, comma 2) continui a svolgere, sulla base degli accordi con il proprio datore di lavoro, l’attività lavorativa presso il proprio domicilio. In tale circostanza, infatti, non ha luogo la sospensione dell’attività lavorativa con la correlata retribuzione.

È invece evidente che in caso di malattia conclamata (art. 26, comma 6) il lavoratore è temporaneamente incapace al lavoro, con diritto ad accedere alla corrispondente prestazione previdenziale, compensativa della perdita di guadagno.

Quarantena per ordinanza amministrativa

In tutti i casi di ordinanze o provvedimenti di autorità amministrative che di fatto impediscano ai soggetti di svolgere la propria attività lavorativa non è possibile procedere con il riconoscimento della tutela della quarantena, ai sensi del comma 1 dell’articolo 26, in quanto la stessa prevede un provvedimento dell’operatore di sanità pubblica. (v. articolo 19, del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104 e paragrafo 10 della circolare INPS n. 115 del 30 settembre 2020, ).

Quarantena all’estero

Qualora lavoratori assicurati in Italia si sono recati all’estero e sono stati oggetto di provvedimenti di quarantena da parte delle competenti autorità del Paese straniero, non sono tutelati dal citato comma 1 dell’articolo 26, in quanto tale tutela è ammessa esclusivamente se la quarantena è stata disposta con un provvedimento proveniente da autorità sanitarie italiane.

Ammortizzatore sociale e malattia

In base al principio di prevalenza del trattamento di integrazione salariale sull’indennità di malattia, disposto dall’articolo 3, comma 7, del D.L.vo n. 148, del 14 settembre 2015, la circostanza che il lavoratore sia destinatario di un trattamento di CIGO, CIGD o di assegno ordinario garantito dai fondi di solidarietà, determina il venir meno della possibilità di poter richiedere la specifica tutela prevista in caso di evento di malattia.

D.L. DEL 7.10.2020 N. 125.NOVITÁ NORMATIVE COVID-19

Misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché per l’attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020.

Il 7.10.2020 è stato pubblicato in G.U. n. 248 il D.L. n. 125 del 2020 recante “Misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché per l’attuazione della direttiva UE 2020/739 del 3.06.2020”.

Per quanto attiene l’ambito lavoristico, il Governo all’art. 3 ha prorogato i termini in materia di nuovi trattamenti di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga. Infatti, la disposizione, modificando quanto disposto all’art. 1, commi 9 e 10 del “DL Agosto” (D.L. n. 104 del 2020), ha previsto che i termini decadenziali di invio delle domande di accesso ai trattamenti collegati all’emergenza Covid-19 e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi sono differiti al 31.10.2020.

Inoltre, con il Decreto in commento è stato prorogato lo stato di emergenza inizialmente fissato al 15.10.2020 al 31.01.2021.

NEWSLETTER N. 10 DEL 2020

NOVITÁ NORMATIVE

INPS – Circolare n. 115 del 30.09.2020

L’INPS è intervenuto con Circolare n. 115 del 30.09.2020 per fornire istruzioni ai datori di lavoro per la presentazione della domanda di concessione dei trattamenti di integrazione salariale. Le nuove domande devono essere presentate con allegata l’autocertificazione che attesti la riduzione del fatturato o l’esonero dal versamento del contributo addizionale nel caso in cui l’attività di impresa sia stata avviata dopo il 1.01.2019.

INPS – Circolare n. 111 del 29.09.2020: NASpI e DIS-COLL – proroga di due mesi.

È intervenuto l’INPS con Circolare n. 111 del 29.09.2020 per fornire istruzioni contabili e fiscali relative alla percepimento dell’indennità NASpI e DIS-COLL che, erogata in sostituzione del reddito di lavoro dipendente, costituiscono redditi della stessa natura.

L’articolo 5, D.L. n. 104 del 2020 prevede la proroga di due mesi delle indennità di disoccupazione NASpI e DIS-COLL, nell’ipotesi in cui il periodo di fruizione sia terminato nell’arco temporale compreso tra il 1° maggio e il 30 giugno 2020.

La circolare prende anche in esame l’accesso alla NASpI in caso di risoluzione del rapporto di lavoro a seguito di accordo collettivo aziendale. In questo caso i lavoratori sono tenuti ad allegare alla domanda l’accordo collettivo aziendale e la documentazione attestante l’adesione.

INL – Nota n. 749 del 25.09.2020 “Convalida dimissioni lavoratore padre con figlio di età fino a 3 anni – art. 55, co. 4, D. Lgs. n. 151 del 2001”.

Il 25.09.2020 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro è intervenuto con Nota n. 749 per fornire chiarimenti in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 55, comma 4, del D. Lgs. n. 151 del 2001, concernente la convalida delle dimissioni presentate dal lavoratore padre durante i primi tre anni di vita dei bambini. La disposizione in oggetto prevede che “la risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza e dalla lavoratrice e dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino […] devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida è sospensivamente condizionata l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro”.

La preventiva fruizione del congedo di paternità non risulta richiesta dalla disposizione in commento e ciò peraltro in conformità alla sua ratio che risiede nella volontà di assicurare una “tutela rafforzata volta a salvaguardare la genuinità della scelta da parte della lavoratrice o del lavoratore”.

La fruizione del congedo di paternità di cui all’art. 28 del D. Lgs. n. 151 del 2001 si pone come condizione per estendere anche al lavoratore padre il divieto di licenziamento operante nel primo anno di vita del bambino oltre al riconoscimento delle indennità previste in caso di dimissioni volontarie.

Ai fini della convalida delle dimissioni, il datore di lavoro deve essere a conoscenza della situazione familiare del lavoratore, in ragione di pregresse comunicazioni trasmesse anche per finalità diverse dalla fruizione del congedo di cui all’art. 28 del D. Lgs. n. 151 del 2001 o del congedo obbligatorio di cui all’art. 4, coma 24 lett. a) L. n. 92 del 2012.

L’INL, alla luce delle considerazioni espresse e conformemente al contenuto letterale della norma, ritiene che la convalida delle dimissioni vada sempre effettuata a prescindere dalla fruizione del congedo di paternità, avendo cura, di verbalizzare una dichiarazione del lavoratore secondo cui il datore di lavoro è a conoscenza della propria situazione familiare anche in virtù di comunicazioni o richieste di diverso tenore.

DISTACCO TRANSNAZIONALE – Le novità apportate dal D. Lgs. n. 122 del 2020.

Il 15.09.2020 è stato pubblicato nella G.U. n. 229 del 2020 il D. Lgs. 15.09.2020, n. 122Attuazione della direttiva (UE) 2018/957 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 giugno 2018, recante modifica della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi”, entrato in vigore il 30.09.2020.

Il distacco transnazionale trova la sua disciplina nel D. Lgs. n. 136 del 2016, il quale è stato modificato dal D. Lgs. n. 122 del 2020.

Le principali novità, già anticipate dalla Direttiva citata ed ora attuate dall’ordinamento italiano possono essere così riassunte:

i) estensione dei destinatari della normativa;

ii) nuove condizioni di lavoro e di occupazione dei lavoratori distaccati;

iii) modifica della durata massima del distacco transnazionale;

iv) obblighi informativi.

Ecco nel dettaglio le novità.

  • Con l’introduzione del comma 2bis all’art. 1 il campo di applicazione è stato esteso alle ipotesi più complesse di rapporti tra agenzie di somministrazione e utilizzatrici. Infatti, il Decreto si applica anche alle agenzie di somministrazione di lavoro stabilite in uno Stato membro diverso dall’Italia che distaccano presso un’impresa utilizzatrice con sede nel medesimo o in un altro Stato membro uno o più lavoratori, nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi, diversa dalla somministrazione, presso una propria unità produttiva o altra impresa, anche appartenente allo stesso gruppo, che ha sede in Italia. Il Decreto legislativo si applica, altresì, alle agenzie di somministrazione di lavoro stabilite in uno Stato membro diverso dall’Italia che distaccano lavoratori, nel territorio di un altro Stato membro, diverso da quello in cui ha sede l’agenzia di somministrazione.
  • L’art. 4, comma 1, è stato interamente modificato al fine di garantire una chiara e particolare tutela dei lavoratori distaccati ed ora prevede che ad essi si applicano, se più favorevoli, le medesime condizioni di lavoro e di occupazione previste in Italia da disposizioni normative e contratti collettivi, per i lavoratori che svolgono prestazioni di lavoro subordinato analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco. In particolare si applica la legge di riferimento dello Stato membro ospitante in relazione a: a) periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo; b) durata minima dei congedi annuali retribuiti; c) retribuzione, comprese le maggiorazioni per lavoro straordinario; d) condizioni di somministrazione di lavoratori, con particolare riferimento alla fornitura di lavoratori da parte di agenzie di somministrazione; e) salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; f) provvedimenti di tutela riguardo alle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti o puerpere, bambini e giovani; g) parità di trattamento fra uomo e donna, nonché altre disposizioni in materia di non discriminazione; h) condizioni di alloggio adeguate per i lavoratori, nei casi in cui l’alloggio sia fornito dal datore di lavoro ai lavoratori distaccati lontani dalla loro abituale sede di lavoro; i) indennità o rimborsi a copertura delle spese di viaggio, vitto e alloggio per i lavoratori fuori sede per esigenze di servizio.

All’art. 4 è stato poi inserito il comma 1bis: viene disposto che fanno parte della retribuzione le indennità riconosciute al lavoratore per il distacco, che non sono versate a titolo di rimborso delle spese di viaggio, vitto e alloggio effettivamente sostenute a causa del distacco. Qualora la disciplina nazionale non stabilisca se alcuni elementi delle indennità sono corrisposti a mero titolo di rimborso spese o meno, l’intera indennità percepita dal lavoratore distaccato sarà considerata quale rimborso spese.

  • È stato introdotto l’art. 4bis recante disposizioni in ambito di distacco di lunga durata. In base alla disposizione in commento è stato previsto che se la durata del distacco supera i 12 mesi (e con notifica motivata al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 18 mesi) ai lavoratori distaccati si applicano, se più favorevoli, tutte le condizioni di lavoro e di occupazione previste in Italia da disposizioni normative ad eccezione di quelle riguardanti:

a) le procedure e le condizioni per la conclusione e la cessazione del contratto di lavoro;

b) le clausole di non concorrenza;

c) la previdenza integrativa di categoria.

In caso di sostituzione di 1 o più lavoratori distaccati per svolgere le medesime mansioni nello stesso luogo la durata del distacco è determinata dalla somma di tutti i periodi di lavoro prestato dai singoli lavoratori.

  • Infine, è stato introdotto l’art. 10bis in base al quale l’impresa utilizzatrice che ha sede in Italia e presso la quale sono distaccati i lavoratori è tenuta ad informare l’agenzia di somministrazione distaccante delle condizioni di lavoro e di occupazione in applicazione ai lavoratori distaccati. La copia dell’informativa tradotta in lingua italiana deve essere conservata per 2 anni nel caso in cui venga richiesta l’esibizione da parte degli organi di vigilanza. La violazione di suddetta disposizione è punita con sanzione amministrativa pecuniaria.

Nota INL n. 713 del 16.09.2020

È intervenuto l’Ispettorato Nazionale del Lavoro con Nota n. 713 del 16.09.2020, per fornire le prime indicazioni interpretative circa le disposizioni di principale interesse in materia di diritto del lavoro del c.d. DL Agosto (D.L. n. 104 del 14.08.2020).

Di seguito si riporta quanto indicato dall’Ispettorato.

  • Art. 3Esonero dal versamento dei contributi previdenziali per aziende che non richiedono trattamenti di cassa integrazione”.

La disposizione riconosce la possibilità per i datori di lavoro privati – con esclusione di quelli del settore agricolo – di un esonero dal versamento contributivo, con l’obbligo di versamento dei premi e contributi all’INAIL, per un periodo massimo di 4 mesi fruibili entro il 31.12.2020 per un numero di ore doppie rispetto a al periodo fruito per i trattamenti di integrazione salariale. Tale possibilità viene riconosciuta anche ai datori di lavoro ammessi al trattamento di cassa integrazione ai sensi del D.L. n. 18 del 2020 e che abbiano fruito dei periodi di cassa dopo il 12.07.2020.

L’agevolazione è strettamente connessa al divieto di licenziamento di cui all’art. 14 dello stesso D.L. n. 104 del 2020. Infatti, laddove si riscontri la violazione del divieto di licenziamento viene disposta la revoca dell’esonero con efficacia retroattiva ed al contempo l’impossibilità di presentare domanda per i trattamenti di integrazione salariale.

Il beneficio è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta.

  • Art. 6 “Esonero dal versamento dei contributi previdenziali per assunzioni a tempo indeterminato”.

Fino al 31.12.2020 è prevista la possibilità per i datori di lavoro – con esclusione di quelli del settore agricolo – che assumono lavoratori subordinati a tempo indeterminato (estromettendo i contratti di apprendistato e i contratti di lavoro domestico), di accedere ad un esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, rimanendo in ogni caso l’obbligo del versamento dei premi e contributi dovuti all’INAIL, per un periodo massimo di 6 mesi decorrenti dall’assunzione.

Del beneficio non possono goderne i datori relativamente ai lavoratori che abbiano avuto con la medesima impresa un contratto a tempo indeterminato nei 6 mesi precedenti all’assunzione. Possono fruirne i datori di lavoro nell’ipotesi in cui procedano a trasformare il contratto a termine in contratto a tempo indeterminato.

  • Art. 8Contratti a termine”.

È consentito fino al 31.12.2020 ed in deroga all’art. 21 del D. Lgs. n. 81 del 2015, prorogare o rinnovare i contratti a tempo determinato per un periodo massimo di 12 mesi e per una sola volta, nel rispetto del termine di durata massima di 24 mesi, senza necessità di causali ai sensi dell’art. 19 del D. Lgs. n. 81 del 2015.

!!Attenzione!!

Secondo l’interpretazione dell’INL è permessa altresì la deroga alla disciplina del numero massimo di proroghe e sul rispetto dei c.d. “periodi cuscinetto” ex art. 21 del D. Lgs. n. 81 del 2015. Ne consegue che, laddove il rapporto sia stato già oggetto di n. 4 proroghe sarà possibile prorogarne ulteriormente la durata per un periodo massimo di 12 mesi, così come sarà possibile rinnovarlo prima della scadenza del “periodo cuscinetto”, sempre nel rispetto della durata massima di 24 mesi.

Il termine del 31.12.2020 è riferito esclusivamente alla formalizzazione della stessa proroga o del rinnovo. Il rapporto di lavoro potrà così protrarsi nel corso del 2021 (fermo restando il limite di 24 mesi).

La nuova a disposizione, in quanto “sostitutiva” della disciplina previgente, consente quindi di adottare la nuova proroga o il rinnovo “agevolato” anche se il medesimo rapporto di lavoro sia stato prorogato o rinnovato in applicazione del previgente art. 93 del D.L. n. 34 del 2020, pur sempre nel rispetto del limite di durata massima di 24 mesi.

L’art. 8 in commento ha abrogato il comma 1bis dell’art. 93 del D.L. n. 34 del 2020 che prevedeva una proroga automatica dei contratti a termine in essere per un periodo equivalente alla sospensione dell’attività lavorativa causata dall’emergenza Covid-19. Secondo L’INL la proroga automatica va considerata neutrale in relazione al computo della durata massima di 24 mesi del contratto a tempo determinato.

Infine, l’INL precisa che non variano le condizioni previste dalla legge in caso di rinnovo del contratto a termine superati i 24 mesi, o diverso termine previsto dalla contrattazione collettiva. Si tratta del caso del caso di proroga assistita prevista con contratto stipulato presso il competente ITL ai sensi dell’art. 19, comma 3, D. Lgs. n. 81 del 2015.

  • Art. 14Licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo”.

L’art. 46 del D.L. n. 18 del 2020 aveva disposto sia il divieto di avvio delle procedure di licenziamento collettivo e la sospensione di quelle avviate dal 23.02 u.s. e pendenti al 17.03.2020, sia il divieto e la sospensione delle procedure pendenti per i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo.

La disposizione in commento ha prorogato il divieto e la sospensione esclusivamente in relazione alle seguenti ipotesi:

  • per i datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito della cassa integrazione di cui all’art. 1 D.L. n. 104 del 2020 (nuovo pacchetto di misure di integrazione salariale e in deroga di 9 settimane, con ulteriori 9 settimane, fruibili dal 13.07.2020 al 31.12.2020);
  • per i datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dell’esonero dei contributi previdenziali di cui all’art. 3 del D.L. n. 104 del 2020.

È escluso dal divieto l’ipotesi di cambio di appalto, di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa conseguenti da messa in liquidazione della società senza continuazione dell’attività e di licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa ovvero quando sia disposta la cessazione dell’attività.

È stata confermata la possibilità per il datore di lavoro di revocare il recesso dal contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo purché contestualmente faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale a partire dalla data in cui ha avuto efficacia il licenziamento. In tali casi il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza interruzioni e il datore di lavoro è esente da oneri e sanzioni.

Il divieto di licenziamento opera per il solo fatto che l’impresa non abbia esaurito le ore di cassa integrazione disponibili e ciò sia quando abbia fruito di parte di esse, sia quando non ne abbia fruito. Qualora il datore di lavoro abbia deciso di non fruire delle ore di cassa integrazione, il divieto opera per il fatto che lo stesso avrebbe dovuto accedere all’esonero dal versamento contributivo.

  • Art. 99Proroga riscossione coattiva”.

Con la disposizione in commento è stata prorogata la sospensione dei termini di versamento di carichi affidati all’Agenzia delle Entrate sino al 31.10.2020.

Il riferimento è ai termini dei versamenti derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nonché dagli avvisi di accertamento esecutivi emessi dall’Agenzia delle Entrate e dagli avvisi di addebito emessi dagli Enti previdenziali in scadenza dall’8.03.2020.

I versamenti sospesi devono essere effettuati in un’unica soluzione entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione, pertanto entro il 30.11.2020.

NOVITÁ GIURISPRUDENZIALI

TRASFERIMENTO D’AZIENDA.

La Corte di Cassazione, con sentenza 17.08.2020, n. 17198, è tornata a pronunciarsi nuovamente sul trasferimento d’azienda.

Nel caso di specie, una lavoratrice, a seguito di licenziamento collettivo per riduzione del personale e subentro di una nuova società rispetto al precedente datore di lavoro ex art. 2112 c.c., aveva fatto ricorso ex art. 1, comma 48, L. n. 92 del 2012 chiedendo di far dichiarare la nullità e/o inefficacia e/o illegittimità del licenziamento, oltre all’immediata reintegrazione nel posto di lavoro ed il pagamento delle retribuzioni globali di fatto dal licenziamento alla reintegrazione.

La Suprema Corte nel caso di specie si è pronunciata circa l’interpretazione e la portata applicativa dell’art. 47, comma 4bis della L. n. 428 del 1990. Tale disposizione era stata introdotta al fine di dare esecuzione alla sentenza di condanna emessa dalla Corte di Giustizia UE l’11.06.2009 nella quale era stato affermato che con i commi 5 e 6 dell’art. 47 della L. n. 428 del 1990 l’Italia era venuta meno agli obblighi di cui alla Direttiva 2001/23/CE. Tale direttiva prevede che non è consentito derogare in senso sfavorevole ai lavoratori da parte degli Stati membri al fine di assicurare il mantenimento dei loro diritti in caso di trasferimento di impresa, infatti, deve essere consentito ai lavoratori di restare al servizio del nuovo datore di lavoro alle stesse condizioni pattuite con il cedente. Tali regole possono essere derogate nei soli casi previsti dall’art. 5 della Direttiva 2001/23/CE tra i quali rientra quello dello stato di crisi. Il legislatore italiano adeguandosi all’infrazione rilevata dalla Corte di Giustizia ha emanato la L. n. 166 del 2009, con la quale ha inserito il comma 4bis all’art. 47. Pertanto, “Nel caso in cui sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento, anche parziale, dell’occupazione, l’art. 2112 c.c. trova applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall’accordo medesimo qualora il trasferimento riguardi aziende: a) delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale […]”.

Secondo la Corte di Cassazione l’unica lettura coerente della legge risulta quella che si coordina con le indicazioni offerte dalla Corte di Giustizia, nel senso che gli accordi sindacali, nell’ambito di procedure di insolvenza aperte nei confronti del cedente non possono disporre l’occupazione preesistente al trasferimento di impresa.

LICENZIAMENTO.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 16253 del 29.07.2020, si è pronunciata in ambito di tutela reintegratoria c.d. attenuata, nel caso di mancanza di causalità tra il licenziamento oggettivo ed il motivo addotto a suo fondamento.

La L. n. 92 del 2012, graduando le tutele in caso di licenziamento illegittimo, ha previsto all’art. 18, comma 4 della L. n. 700 del 1970, una tutela reitegratoria definita “attenuata” in base alla quale il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore ed al pagamento di una indennità risarcitoria dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, in misura comunque non superiore a 12 mensilità. All’art. 18, comma 5, è prevista, invece, una tutela meramente indennitaria secondo la quale il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore al pagamento di una indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di 12 mensilità e un massimo di 24 mensilità. Il discrimen tra le due tutele, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo illegittimo, è indicato dall’art. 18, comma 7, secondo cui il giudice può applicare la disciplina di cui al 4° comma nell’ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Poiché il giudice può attribuire la c.d. tutela reintegratoria attenuata nelle ipotesi in cui non ricorrono gli estremi del giustificato motivo oggettivo esclusivamente nel caso in cui il fatto posto alla base del licenziamento sia manifestamente insussistente, è possibile riservare il ripristino del rapporto di lavoro ad ipotesi residuali che fungono da eccezione alla regola della tutela indennitaria.

La Suprema Corte ha già statuito di recente che, in tema di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, la ritenuta mancanza di un nesso causale tra recesso datoriale e motivo addotto a suo fondamento è sussumibile nell’alveo della richiesta per integrare la manifesta insussistenza del fatto che giustifica, ai sensi dell’art. 18, comma 7, la tutela reintegratoria attenuata.

BUONI PASTO.

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 28.07.2020, n. 16135, si è pronunciata sulla revocabilità dei buoni pasto da parte del datore di lavoro.

La Suprema Corte ha confermato quanto deciso dalla Corte d’Appello di Campobasso circa la natura dei buoni pasto, considerando gli stessi non come elemento normale della retribuzione bensì come agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale.

Il regime dell’erogazione dei buoni pasto può essere variato anche per unilaterale deliberazione datoriale, in quanto previsione di un atto interno non prodotto da un accordo sindacale.

FERIE.

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 2.07.2020, n. 13613, si è pronunciata in ambito della permanenza del diritto alle ferie arretrate.

Nel caso di specie, un dirigente medico di una struttura complessa al termine del rapporto di lavoro aveva chiesto il pagamento delle ferie arretrate non godute. L’impresa obiettava che data l’ampia discrezionalità della posizione ricoperta dal lavoratore lo stesso doveva imputare a se stesso la mancata fruizione.

La Corte di Cassazione, a fronte della sentenza della Corte di Giustizia dell’UE (sentenza della Grande Sezione della CGUE del 6.11.2018 causa C-619/16), ha ribadito che ricade tra gli oneri del datore di lavoro dimostrare di aver messo in grado il dirigente di fruire delle ferie e di averlo invitato a goderne tempestivamente, avvisandolo che al contrario avrebbe perso il diritto vantato (la Corte di Giustizia affermava il seguente principio “l’art. 7 della Direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, nei limiti in cui essa implichi che, se il lavoratore non ha chiesto, prima della data di cessazione del rapporto di lavoro, di poter esercitare il proprio diritto alle ferie annuali retribuite, l’interessato perde automaticamente e senza previa verifica del fatto che egli sia stato effettivamente posto dal datore di lavoro in condizione di esercitare il proprio diritto alle ferie prima di tale cessazione, segnatamente con un’informazione adeguata da parte del datore di lavoro stesso; i giorni di ferie annuali retribuiti cui aveva diritto ai sensi del diritto dell’UE alla data di tale cessazione e, correlativamente, il proprio diritto a un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute”).