NEWSLETTER N. 12 NOVITÀ NORMATIVE E GIURISPRUDENZIALI

D.L. N. 149 DEL 9.11.2020 (c.d. Decreto Ristori bis).

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 279 del 9.11.2020 il Decreto Legge n. 149 del 2020 recante “Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”.  

Il decreto modifica o integra molte disposizioni del Decreto Ristori (D.L. n. 137 del 2020), in alcuni casi chiarendone o estendendone i contenuti.

Di seguito le principali novità in ambito giuslavoristico.

  • L’art. 1 amplia le categorie di attività ammesse a beneficiare del contributo e aumenta di un ulteriore 50% il contributo previsto dal Decreto Ristori per alberghi, gelaterie e pasticcerie, bar ed altri esercizi simili delle zone rosse o arancioni. Infine, il contributo previsto dal D.L. n. 137 viene riconosciuto, per l’anno 2021, agli operatori con sede operativa nei centri commerciali ed agli operatori delle produzioni industriali del comparto alimentare e delle bevande, interessati dalle nuove misure restrittive del DPCM 3 novembre 2020.
  • L’art. 2 istituisce un nuovo contributo a fondo perduto a favore degli operatori dei settori economici interessati dalle misure restrittive introdotte con il DPCM del 3 novembre 2020.
  • L’art. 11 prevede che, per i datori di lavoro privati appartenenti ai settori individuati nell’Allegato 1 del decreto, opera la sospensione dei versamenti contributivi dovuti nel mese di novembre 2020. La predetta sospensione non opera relativamente ai premi per l’assicurazione obbligatoria INAIL.
  • L’art. 12 prevede che i trattamenti di integrazione salariale relativi alle ulteriori sei settimane introdotte dall’articolo 12 del D.L. n. 137 sono riconosciuti anche in favore dei lavoratori in forza alla data del 9.11.2020.
  • L’art. 13 prevede che per le zone rosse nelle quali è stata disposta la chiusura delle scuole secondarie di primo grado, ai lavoratori dipendenti (se genitori di alunni delle suddette scuole e nelle sole ipotesi in cui la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile) viene concessa la facoltà di astenersi dal lavoro per l’intera durata della sospensione dell’attività didattica in presenza, con il riconoscimento di un’indennità pari al 50% della retribuzione mensile. Il congedo potrà essere fruito alternativamente dall’uno o dall’altro genitore.

INL – NOTA N. 963 DEL 5.11.2020: CHIAREMENTI DISPOSIZIONI EMERGENZIALI.

La nota fornisce un chiarimento alla disposizione di cui all’art. 8 del D.L. n. 104 del 2020, secondo la quale, fino al 31.12.2021, nei casi in il lavoratore è assunto a tempo indeterminato dalla agenzia di somministrazione, l’utilizzatore può impiegarlo a tempo determinato per periodi superiori a 24 mesi (anche non continuativi) senza che ciò comporti la costituzione di un rapporto a tempo indeterminato in capo allo stesso utilizzatore.

Viene dato conto di quanto previsto dall’art. 12 del D.L. n. 137 del 2020 in tema di ammortizzatori sociali COVID-19, nonché di quanto lo stesso articolo prevede in termini di “blocco” dei licenziamenti per ragioni aziendali fino al 31.01.2021.

Infine, viene richiamata l’attenzione su ulteriori disposizioni dei predetti decreti legge, riguardanti la sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione per i dipendenti delle aziende dei settori economici interessati dalle nuove misure restrittive (art. 13 D.L. n. 104 del 2020) e il lavoro agile (artt. 21-bis e 21-ter D.L. n. 104 del 2020).

INL – CIRCOLARE N. 7 DEL 30.10.2020: COLLABORATORI ETERO-ORGANIZZATI.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito al proprio personale ispettivo istruzioni per un corretto svolgimento dell’attività di vigilanza sulla disciplina relativa ai collaboratori etero-organizzati.  

La circolare, in particolare, raccomanda agli ispettori di compiere d’ora in avanti una puntuale verifica sull’applicazione delle norme specificamente dedicate ai ciclofattorini che operano tramite piattaforme digitali ed ai compensi a loro complessivamente spettanti. L’intervento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro risulta al riguardo particolarmente tempestivo in quanto la disciplina speciale sui c.d. rider, introdotta dal D.L. n. 101 del 3.09.2019, è in vigore dal 3.11.2020.

NOVITà GIURISPRUDENZIALI

MESSAGGI DI POSTA ELETTRONICA.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza dell’8.09.2020, precisa che non sono utilizzabili in giudizio i messaggi di posta elettronica estratti dall’account personale del dipendente, né quelle dell’account aziendale in difetto dei presupposti di legittimità.

La Corte d’appello riforma la sentenza di primo grado che aveva accertato la concorrenza sleale di alcuni dipendenti sulla base delle e-mail estratte dal datore di lavoro sia dall’account personale dei dipendenti sia da quello aziendale. L’account personale del dipendente – ancorché sia stato installato anche sul computer aziendale – deve considerarsi inaccessibile, tanto che l’accesso non autorizzato configura il reato di cui all’art. 616 c.p. La posta elettronica aziendale è invece accessibile al datore di lavoro solo se sia stata fornita l’informativa al dipendente sui controlli ai quali può essere sottoposta, se vi sia proporzionalità tra il controllo effettuato e la sua finalità, e purché si sia in presenza di ragioni di sicurezza o di fondato sospetto di lesione dell’interesse del datore di lavoro.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22217 del 14.10.2020, è intervenuta in materia di comunicazione di apertura della procedura di mobilità/licenziamento collettivo con limitazione dei licenziandi ad una sola unità produttiva.

Nel caso sottoposto all’esame della Corte, un’impresa aveva ristretto la platea del personale da licenziare collettivamente ad una sola unità produttiva, senza indicare, nella comunicazione di apertura della relativa procedura, oltre alle ragioni della riduzione, anche i motivi di tale limitazione. Confermando l’annullamento del licenziamento, la Corte ricorda la propria giurisprudenza al riguardo, ribadendo che l’impresa può ben limitare i licenziandi ad una sola unità produttiva, ma deve specificatamente indicare le ragioni di tale limitazione già nella lettera di apertura della procedura. Infine, poiché l’assenza di una tale indicazione si risolve in un’erronea scelta del personale da licenziare, la relativa violazione comporta la tutela reintegratoria (in regime della Legge n. 92 del 2012).

CONTESTAZIONI DISCIPLINARI.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22076 del 13.10.2020, ha chiarito che non viola l’art. 7 della L. n. 300 del 1970 la deduzione in giudizio di fatti nuovi, ma marginali, rispetto alla condotta contestata disciplinarmente.

Nel caso di specie una dipendente era stata licenziata per avere illecitamente procurato al proprio marito, tramite un soggetto terzo, una SIM ed un telefono aziendale, da lui poi usato. In giudizio, la società aveva precisato che la consegna della SIM era poi di fatto avvenuta nelle mani del marito della ricorrente ed alla presenza di quest’ultima. La Corte ricorda che il principio di necessaria corrispondenza tra addebito contestato e addebito posto a fondamento della sanzione disciplinare vieta di infliggere un licenziamento sulla base di fatti diversi da quelli contestati. Una violazione di tale principio non è, tuttavia, ravvisabile nel caso in cui si tratti di circostanze confermative della condotta in relazione alla quale il lavoratore possa agevolmente controdedurre ovvero quando le stesse non modifichino il quadro generale della contestazione. Affermando, dunque, che tale marginale modifica (rispetto al senso della contestazione) non violava il diritto di difesa della dipendente, la Corte richiama al riguardo la propria giurisprudenza costante, secondo la quale la successiva deduzione di fatti confermativi o marginali rispetto alla condotta contestata non viola l’art. 7 della L. n. 300 del 1970.

SOSPENSIONE TERMINI IMPUGNAZIONE STRAGIUDIZIALE DEL LICENZIAMENTO.

Il Tribunale di Milano, con sentenza del 14.10.2020, si è pronunciato in materia di sospensione dei termini durante il periodo emergenziale e impugnazione stragiudiziale del licenziamento.

Il Tribunale precisa che la sospensione dei termini ex art. 83 D.L. 18 del 2020 durante il periodo emergenziale si applica anche al termine di impugnazione stragiudiziale del licenziamento ex art. 6 L. 604 del 1966. Riconoscendo come l’impugnazione del licenziamento configuri una fattispecie a formazione complessa, il Tribunale ritiene che l’impugnazione stragiudiziale del medesimo ex art. 6 L. 604 del 1966 sia strettamente collegata al successivo termine di 180 per il deposito del ricorso. Stante la ratio della decretazione d’urgenza di limitare le conseguenze negative della pandemia anche per la tutela giurisdizionale dei diritti, il Giudice ritiene che la sospensione dei termini di cui all’art. 83, comma 2 del D.L. 18 del 2020 si applichi anche al termine di 60 giorni di impugnazione stragiudiziale del licenziamento di cui all’art. 6 L. 604 del 1966.

CONDOTTA ANTISINDACALE.

Il Tribunale di Firenze, con ordinanza del 15.10.2020, ha chiarito che è antisindacale il regolamento aziendale che impone ai lavoratori che intendono scioperare di svolgere attività che implicano il preventivo avvertimento del datore di lavoro circa la loro intenzione di scioperare.

Il Tribunale, dopo aver ribadito che l’attività volta a limitare i danni derivanti dallo sciopero è legittima solo nella misura in cui non comprime il diritto di sciopero, accerta la natura antisindacale della condotta di una società che imponeva ai dipendenti di svolgere determinate attività prima di iniziare uno sciopero, onde evitare le disfunzioni organizzative per l’impresa conseguenti all’astensione dal lavoro.

Il Giudice afferma che tale condotta incide sulla libertà dei lavoratori di decidere se scioperare oppure no, dovendo deciderlo prima, e lede il presupposto stesso del diritto di sciopero che consiste nell’astenersi dal lavoro senza darne preavviso al datore di lavoro.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 25394 dell’11.11.2020, si è pronunciata in materia di demansionamento nell’ipotesi di sopraggiunta inidoneità.

La Corte precisa che è possibile demansionare il lavoratore per sopraggiunta inidoneità solo se questa è riferibile a qualsiasi altra mansione del livello. In un caso di richiesta di danni per avvenuto demansionamento di una lavoratrice, in cui il datore di lavoro aveva, tra l’altro, eccepito la sopravvenuta inidoneità della stessa alla precedente mansione, la Corte ribadisce che ciò non è sufficiente a giustificare il demansionamento, essendo necessario che il datore dimostri che l’inidoneità riguardi tutte le mansioni aziendali del livello di inquadramento.

DISTINZIONE TRA LAVORO SUBORDINATO E LAVORO AUTONOMO.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 24391 del 3.11.2020, ha chiarito la distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo.

La Corte precisa che, in ordine alla qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, in presenza di prestazione con elevato contenuto intellettuale è necessario verificare se il lavoratore possa ritenersi assoggettato, anche in forma lieve o attenuata, alle direttive, agli ordini ed ai controlli del datore di lavoro, nonché al coordinamento dell’attività lavorativa in funzione dell’assetto organizzativo aziendale, potendosi ricorrere altresì, in via sussidiaria, ad elementi sintomatici della situazione della subordinazione quali l’inserimento nell’organizzazione aziendale, il vincolo orario, l’inerenza al ciclo produttivo, l’intensità della prestazione, la retribuzione fissa a tempo senza rischio di risultato.

ART. 2112 C.C.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24917 del 6.11.2020, si è pronunciata in materia di applicazione dell’art. 2112 c.c. (mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda) nell’ipotesi di trasferimento del solo personale.

La Corte ha chiarito che alla nozione di trasferimento di azienda non osta la circostanza che il fenomeno traslativo riguardi soltanto il personale in quanto la giurisprudenza comunitaria ha configurato come entità economica organizzata anche il “complesso organizzato di lavoratori subordinati specificamente adibiti all’espletamento di un compito comune”. La Corte precisa anche che non sussiste violazione dell’art. 29, comma 3 del D.Lgs. n. 276 del 2003 perché, anche in ipotesi di successione nell’appalto di un servizio, se vi è passaggio di una attività economica organizzata tale da rendere possibile lo svolgimento di una specifica impresa, può configurarsi un trasferimento di azienda dovendo, in tal caso, interpretarsi il sopracitato art. 29 non in contrasto con la direttiva n. 23 del 2001.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 24916 del 6.11.2020, ha chiarito che solo il lavoratore che intenda contestare la cessione del suo contratto di lavoro ex art. 2112 c.c. deve far valere tale impugnazione nel termine di cui all’art. 32, comma 4, lettera c), della L. n. 183 del 2010.

Nell’ipotesi di trasferimento di azienda, la cessione dei contratti di lavoro avviene automaticamente ex art. 2112 c.c.. Nel caso di specie, la cessione si era già verificata, sicché non vi era alcuna necessità né onere per il lavoratore di far valere formalmente nei confronti del cessionario l’avvenuta prosecuzione del suo rapporto con quest’ultimo, essendo tale prosecuzione già avvenuta ope legis. Ne consegue che solo il lavoratore che intenda contestare la cessione del suo contratto di lavoro ex art. 2112 c.c. deve far valere tale impugnazione nel termine di cui all’art. 32, comma 4, lettera c) della L. n. 183 del 2010.

SOMMINISTRAZIONE.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24211 del 2.11.2020, si è pronunciata in materia di somministrazione a tempo determinato e termine di impugnazione del contratto.

La Corte chiarisce che, in tema di successione di contratti di lavoro a termine in somministrazione, l’impugnazione stragiudiziale dell’ultimo contratto della serie non si estende ai contratti precedenti, neppure ove tra un contratto e l’altro sia decorso un termine inferiore a quello di sessanta giorni utile per l’impugnativa.

Il termine di decadenza di cui all’art. 6 della L. n. 604 del 1966, come modificato, decorre, per i contratti di somministrazione, dalla data di scadenza originariamente pattuita, in quanto il potenziale rinvio per un numero indefinito di volte di tale tipologia di contratto, a differenza di quanto previsto per i contratti a termine, non autorizza di per sé il lavoratore a nutrire alcun affidamento. In continuità con tale principio, è stato ritenuto che la singolarità dei contratti di somministrazione e l’esistenza di un unico continuativo rapporto di lavoro evidenzi la necessità che a ciascuno di essi si applichino le regole inerenti la loro impugnabilità.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 25402 dell’11.11.2020, ha chiarito le differenze tra somministrazione e contratto a termine.

La Corte precisa che, se per alcuni aspetti il contratto di lavoro somministrato può essere accostato, sotto il profilo funzionale, al contratto a tempo determinato (essendo entrambi strumenti obiettivamente alternativi di acquisizione, diretta e indiretta, di prestazioni lavorative temporanee), il primo si distingue tuttavia in modo chiaro dal secondo. E ciò perché l’impiego tramite l’agenzia interinale non è considerato pericoloso, essendo apprezzato come forma di impiego flessibile, in quanto può concorrere efficacemente alla creazione di posti di lavoro e allo sviluppo di forme di lavoro flessibili.

APPALTI.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 25220 del 10.11.2020, si è pronunciata in materia di appalti e conferimento dell’attrezzatura all’appaltatore.

La Corte precisa che il conferimento dell’attrezzatura necessaria per lo svolgimento del servizio ad un appaltatore, che utilizza lavoratori assunti da un subappaltatore, costituisce presunzione di appalto vietato di manodopera tra committente e appaltatore con riguardo ai dipendenti del subappaltatore, a norma della Legge n. 1369 del 1960.

Nel caso sottoposto alla Corte era stato accertato che il subappaltatore non aveva apportato un rilevante contributo di capitali e attrezzature per lo svolgimento del subappalto, limitandosi a fornire il personale necessario, per cui è stato ritenuto che, in tale situazione, l’attribuzione del committente all’appaltatore dell’attrezzatura necessaria per svolgere il servizio faccia scattare, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della L. n. 1369 del 1960 (applicabile al caso di specie ratione temporis), la presunzione di appalto vietato delle opere del personale del subappaltatore, da ritenere dipendenti del committente.

CICLOFATTORINI.

Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 20.11.2020, si è pronunciato in materia di qualificazione del rapporto di lavoro di un rider.

Con la sentenza n. 3570 del 24.11.2020, il Tribunale di Palermo afferma che i riders devono essere considerati lavoratori subordinati, allorquando la loro prestazione venga interamente organizzata dall’algoritmo utilizzato dalla piattaforma digitale.

Il rider dopo essere stato disconnesso contro la sua volontà dalla piattaforma digitale con cui collaborava, ricorre giudizialmente al fine di chiedere l’accertamento della natura subordinata del rapporto intercorso con la piattaforma e conseguentemente impugnare la disconnessione, ritenendo che la stessa dovesse essere qualificata alla stregua di un licenziamento orale.

Il Tribunale di Palermo rileva, preliminarmente, che le piattaforme digitali devono essere considerate delle vere e proprie imprese – dal momento che non si limitano a mettere in contatto l’utenza, ma svolgono una vera e propria attività economica che ha come oggetto la distribuzione di cibo e bevande a domicilio – e conseguentemente possono stipulare anche rapporti di lavoro subordinato.

La sentenza sottolinea poi come la giurisprudenza formatasi in materia – secondo cui la subordinazione per i riders sarebbe da escludersi in ragione del fatto che gli stessi possono scegliere se e quando lavorare – non sia condivisibile, dal momento che prende in considerazione solo l’inizio del rapporto, omettendo invece di analizzare la fase esecutiva della prestazione.

Sotto quest’ultimo aspetto, il Giudice sostiene che la prestazione è gestita esclusivamente dall’algoritmo utilizzato dalla piattaforma digitale che consente al lavoratore soltanto di scegliere di prenotarsi per i turni che il sistema mette a sua disposizione in ragione del suo punteggio.

Ne consegue che, nella realtà dei fatti, si integrano tutte le caratteristiche proprie della subordinazione, posto che il rider è:

• soggetto al potere organizzativo della piattaforma;

• passibile di conseguenze disciplinari in caso di eventuali mancanze o per calo di rendimento;

• costretto ad essere a disposizione del datore nel periodo di tempo antecedente l’assegnazione, mediante la connessione all’app con il cellulare carico e la presenza fisica in luogo vicino ai locali partner della piattaforma.

Su tali presupposti, il Tribunale di Palermo accoglie il ricorso del lavoratore, dichiarando la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato ab origine (con inquadramento al sesto livello del CCNL terziario, distribuzione e servizi) ed il diritto del rider ad essere reintegrato, stante la riqualificazione del distacco dalla piattaforma come licenziamento inefficace

Il Tribunale ha dichiarato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il ricorrente e la società convenuta. Di conseguenza, ritiene il distacco del lavoratore dalla piattaforma Glovo (e, dunque, l’impossibilità di ricevere gli ordini delle consegne da effettuare) qualificabile come allontanamento del dipendente dal luogo di lavoro senza motivazione scritta e, pertanto, licenziamento orale, come tale inefficace.

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