VIDEOSORVEGLIANZA: ADEMPIMENTI IN AMBITO GIUSLAVORISTICO E PRIVACY.

Sempre più realtà imprenditoriali avvertono la necessità di installare impianti di videosorveglianza presso il luogo di lavoro e si rivolgono a Studio Legale Salvalaio per essere coadiuvate ed assistite per adempiere agli obblighi in materia giuslavoristica.

Molti sono i links con la disciplina della privacy.

Molte sono le attenzioni per installare un sistema di videosorveglianza sul posto di lavoro, anche in ragione dei sempre maggiori strumenti tecnologici di lavoro da cui possa derivare un controllo datoriale.

Fondamentale è quindi la predisposizione di regolamenti aziendali sull’utilizzo degli strumenti informatici e telematici: le informazioni raccolte tramite il sistema di videosorveglianza possono, in tal senso, essere utilizzate a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli, nonché nel rispetto della disciplina privacy.

Ed è proprio la disciplina in materia di protezione dei dati personali il punto più critico: spesso si tende a sottovalutare gli adempimenti richiesti dalla disciplina sulla privacy, rischiando di incorrere in sanzioni particolarmente pesanti!

L’immagine di una persona, infatti, costituisce dato personale; la raccolta, la registrazione, la conservazione ed, in generale, l’utilizzo di immagini configura, dunque, un trattamento di dati personali, che implica il necessario rispetto del Regolamento UE 2016/679 (GDPR) e della disciplina dettata in materia di privacy.

Indispensabili, dunque ed innanzitutto, l’informativa privacy “semplificata” (ossia il cartello “zona videosorvegliata”) ed “estesa”.

Con particolare riferimento alla informativa semplificata, le Linee guida n. 3/2019 del Comitato europeo per la protezione dei dati hanno messo a disposizione un modello – fatto proprio anche dal nostro Garante della Privacy – che reca, oltre al classico simbolo di una telecamera, anche i dati del titolare del trattamento, del DPO e la finalità del trattamento.

Nondimeno, proprio in numerosi accessi ispettivi del Nucleo Speciale Privacy della Guardia di Finanza si rilevano cartelli sprovvisti di tali indicazioni.

Attenzione poi ai tempi di conservazione delle immagini registrate! I dati personali dovrebbero essere – fatte salve alcune eccezioni – cancellati dopo pochi giorni (24/48 ore) e preferibilmente tramite meccanismi automatici.

La complessità della disciplina è data anche dalla normativa che si presta ad essere in continua evoluzione, alla luce delle frequenti innovazioni tecnologiche, nonché dal costante apporto della giurisprudenza e degli aggiornamento del Garante, attraverso le FAQ pubblicate sul relativo sito internet.

Una menzione a parte merita l’utilizzo di strumenti che comportano un trattamento di dati biometrici, il quale richiede maggiori cautele in quanto trattamento di categorie particolari di dati personali. Tra le base giuridiche più diffuse poste a fondamento di tali trattamenti troviamo:

  • il consenso dell’interessato, che certo non è visto di buon occhio dall’EDPB, il quale, con le Linee guida n. 5 del 2020, ha chiarito che l’interessato “non è in grado di operare una scelta autenticamente libera” quando esiste “un evidente squilibrio di potere tra l’interessato e il titolare”;
  • il legittimo interesse, che però, perlomeno in Italia, è stata espressamente escluso quale base giuridica del trattamento dal Provvedimento del 22 febbraio 2018 del Garante.

Peraltro, proprio il 28 gennaio 2021 il Comitato Consultivo della Convenzione 108, istituito presso il Consiglio d’Europa, ha adottato Linee guida in materia di riconoscimento facciale, nelle quali esprime particolare preoccupazione riguardo ai rischi derivanti da detto riconoscimento. Il Comitato ricorda che le aziende che intendano avvalersi di tecniche di riconoscimento facciale, hanno l’obbligo di garantire il rispetto dei principi di protezione dati, compresa la necessità di effettuare una valutazione dei rischi che il ricorso a tali tecniche può comportare.

Il Team Studio Legale Salvalaio è a disposizione per ogni richiesta di assistenza e consulenza.

NEWSLETTER D.L. N. 30 DEL 13 MARZO 2021

NEWSLETTER

D.L. N. 30 DEL 13 MARZO 2021

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 13.03.2021 il D.L. n. 30 del 13.03.2021 recante misure urgenti per fronteggiare la diffusione del COVID-19 ed interventi di sostegno per lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena.

Viene disposta zona rossa in tutta Italia per il fine settimana di Pasqua ed alternanza tra zone arancioni e rosse per tutto il periodo che va dal 15 marzo al 6 aprile 2021.

Di seguito le principali novità.

REGOLE DAL 15 MARZO AL 6 APRILE.

In tutto il periodo che va dal 15 marzo al 6 aprile in Italia non ci saranno zone gialle.

Con riferimento agli spostamenti, il decreto stabilisce che:

  • dal 15 marzo al 2 aprile 2021 e nella giornata del 6 aprile 2021, nelle Regioni nelle quali si applicano le misure stabilite per la zona arancione, è consentito, in ambito comunale, lo spostamento verso una sola abitazione privata abitata, una volta al giorno, in un arco temporale compreso fra le ore 5.00 e le ore 22.00 e nei limiti di due persone ulteriori rispetto a quelle ivi già conviventi, oltre ai minori di anni 14 sui quali tali persone esercitino la responsabilità genitoriale e alle persone disabili o non autosufficienti conviventi. Lo spostamento non è consentito nei territori nei quali si applicano le misure stabilite per la zona rossa;
  • nei giorni 3, 4 e 5 aprile 2021, sull’intero territorio nazionale, ad eccezione delle Regioni i cui territori si collocano in zona bianca, si applicano le misure stabilite per la zona rossa. Nei medesimi giorni è consentito, in ambito regionale, lo spostamento verso una sola abitazione privata abitata, una volta al giorno, in un arco temporale compreso fra le ore 5.00 e le ore 22.00 e nei limiti di due persone ulteriori rispetto a quelle ivi già conviventi, oltre ai minori di anni 14 e alle persone disabili o non autosufficienti conviventi.

ATTIVITà ECONOMICHE.

  • Attività commerciali al dettaglio.

Nelle zone arancioni restano aperte le attività commerciali al dettaglio, a condizione che sia assicurato, oltre alla distanza interpersonale di almeno un metro, che gli ingressi avvengano in modo dilazionato e che venga impedito di sostare all’interno dei locali più del tempo necessario all’acquisto dei beni.

Nelle zone rosse le attività commerciali al dettaglio sono chiuse, eccetto quelle di vendita di generi alimentari e di prima necessità sia negli esercizi di vicinato sia nelle medie e grandi strutture di vendita, anche ricompresi nei centri commerciali, purché sia consentito l’accesso alle sole predette attività.

Sono chiusi, nelle giornate festive e prefestive, gli esercizi commerciali presenti all’interno dei mercati, dei centri commerciali ed altre strutture ad essi assimilabili, ad eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, di prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi, edicole e librerie.

  • Servizi alla persona.

I servizi alla persona restano aperti, nel rispetto dei protocolli approvati, solo nelle zone arancioni. Nelle zone rosse restano aperte solo le lavanderie, tintorie e i servizi di pompe funebri e attività connesse, mentre è prevista la chiusura di parrucchieri ed estetisti.

  • Attività di ristorazione.

Le attività di ristorazione sono sospese ma resta possibile la sola ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto, nonché fino alle ore 22.00 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze.

Per bar e altri esercizi simili senza cucina l’asporto è consentito esclusivamente fino alle ore 18.00.

LAVORO AGILE.

L’art. 2, comma 1, del decreto riconosce al genitore lavoratore dipendente, di figlio convivente minore di anni sedici, alternativamente all’altro genitore, di svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile per un periodo corrispondente in tutto o in parte alla durata della:

  • sospensione dell’attività didattica in presenza del figlio;
  • infezione da SARS Covid-19 del figlio;
  • quarantena del figlio disposta dal Dipartimento di prevenzione della azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente a seguito di contatto ovunque avvenuto.

Tale misura si applica fino al 30.06.2021.

CONGEDI PER GENITORI LAVORATORI DIPENDENTI.

L’art. 2, comma 2 del decreto prevede che, se la prestazione lavorativa non può essere svolta in modalità agile, il genitore lavoratore dipendente di figlio convivente minore di anni 14, alternativamente all’altro genitore, può astenersi dal lavoro.

Detto beneficio è riconosciuto anche ai genitori di figli con disabilità in situazione di gravità accertata (ai sensi della L. n. 104 del 5.02.1992), iscritti a scuole di ogni ordine e grado per le quali sia stata disposta la sospensione dell’attività didattica in presenza o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale per i quali sia stata disposta la chiusura.

Il comma 3 indica che, per i suddetti periodi, che sono coperti da contribuzione figurativa, è riconosciuta una indennità pari al 50 per cento della retribuzione.

Il comma 5 precisa che, per i figli di età compresa fra 14 e 16 anni, uno dei genitori, alternativamente all’altro, può astenersi dal lavoro senza corresponsione di retribuzione o indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa. Ad essi è applicata la tutela del divieto di licenziamento ed il diritto alla conservazione del posto di lavoro.

L’astensione dal lavoro è ammessa per un periodo corrispondente, in tutto o in parte, alla durata della sospensione dell’attività didattica in presenza del figlio, alla durata dell’infezione da SARS Covid-19 del figlio, nonché alla durata della quarantena del figlio.

COVERSIONE DEI PERIODI DI CONGEDO PARENTALE.

Gli eventuali periodi di congedo parentale di cui agli articoli 32 e 33 del D.Lgs. n. 151 del 2001, fruiti dai genitori a decorrere dal 1.01.2021 e fino al 13.03.2021, durante i periodi di sospensione dell’attività didattica in presenza del figlio, di durata dell’infezione da SARS Covid-19 del figlio, di durata della quarantena del figlio, possono essere convertiti a domanda nel congedo Covid indennizzato al 50 per cento e non sono computati né indennizzati a titolo di congedo parentale.

bonus baby-sitting.

L’art. 2, comma 6, del decreto, riconosce la corresponsione di uno o più bonus per l’acquisto di servizi di baby sitter nel limite massimo complessivo di Euro 100 settimanali.

Il bonus può essere utilizzato per le prestazioni effettuate per far fronte alle medesime situazioni per cui è ammessa la possibilità di fruire del lavoro agile e del congedo (sospensione dell’attività didattica in presenza del figlio; infezione da SARS Covid-19 del figlio; quarantena del figlio).

Destinatari della prestazione sono:

  • i lavoratori iscritti alla gestione separata INPS;
  • i lavoratori autonomi;
  • il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, impiegato per le esigenze connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19;
  • i lavoratori dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato, appartenenti alla categoria dei medici, degli infermieri, dei tecnici di laboratorio biomedico, dei tecnici di radiologia medica e degli operatori socio-sanitari, per i figli conviventi minori di anni quattordici.

Il bonus viene erogato mediante il libretto famiglia o, in alternativa, direttamente al richiedente, per la comprovata iscrizione ai centri estivi, ai servizi integrativi per l’infanzia (la fruizione del bonus per servizi integrativi per l’infanzia è incompatibile con la fruizione del bonus asilo nido), ai servizi socio-educativi territoriali, ai centri con funzione educativa e ricreativa e ai servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia.

Il bonus è altresì riconosciuto ai lavoratori autonomi non iscritti all’INPS, subordinatamente alla comunicazione da parte delle rispettive casse previdenziali del numero dei beneficiari.

Tali misure si applicano fino al 30.06.2021.

SMART WORKING: DA SALVAGENTE NELL’EMERGENZA A STRUMENTO DI WELFARE AZIENDALE.

In questo periodo più realtà imprenditoriali si sono rivolte a Studio Legale Salvalaio per essere coadiuvate ed assistite nella predisposizione di regolamenti ad hoc per disciplinare – sotto ogni profilo – lo smart working, introdotto anche quale utile strumento di welfare aziendale.

Nella fase più acuta dell’emergenza epidemiologica, il lavoro agile è apparso come una delle soluzioni più utili per una pluralità di scopi, da quello economico, in quanto modalità funzionale alla continuazione dell’attività dell’impresa, a quello sociale, permettendo una conciliazione del lavoro con le esigenze familiari a fronte della sospensione delle attività scolastiche, a quello di carattere sanitario. La minor concentrazione di personale ha contribuito a ridurre le occasioni di possibile contagio. Ed infatti nei Protocolli sanitari, al fine di contrastare la diffusione del virus, il ricorso al lavoro agile è stato sollecitato e raccomandato più volte quale strumento di prevenzione.

L’occasione pandemica è certo stata il momento di sperimentare un istituto verso cui si nutriva una certa diffidenza e sino a poco tempo fa sconosciuto dal legislatore, in quanto regolamentato spesso solo attraverso accordi aziendali.

Una volta sdoganato, ora non si tratta più di relegarlo alla estemporanea situazione emergenziale.

Lo smart working, al centro degli ultimi accordi aziendali e anche dei più recenti contratti collettivi di lavoro, è quindi proiettato verso un domani senza virus, in cui predomina la più elevata flessibilità nell’alternanza tra sedi di lavoro o altri luoghi.

A regime le aziende non torneranno indietro. La pandemia è stata un’ottima occasione di implementare soluzioni organizzative di accelerazione della trasformazione digitale.

Prova ne è che lo smart working, che prima dell’epidemia veniva citato in pochissimi contratti collettivi (tra i più evoluti quello degli istituti di credito, che prevede anche una dettagliata regolamentazione del diritto di disconnessione, punto dolente di questi lunghi mesi di lavoro da remoto), adesso è onnipresente: viene regolato dall’ultimo contratto dei metalmeccanici, è ultra presente nelle telecomunicazioni. Si tratta di accordi che in teoria non sarebbero neanche obbligatori, visto che la normativa sull’emergenza ha sospeso fino al 31 marzo 2021 l’obbligo per i datori di lavoro di accordarsi con i dipendenti per l’applicazione dello smart working.

Molti gli aspetti oggetto di regolamentazione: dalla questione dell’orario di lavoro, con la previsione delle pause, dell’orario di massima, all’interno del quale si debba svolgere la prestazione. L’orario gioca un ruolo importante anche nel definire il diritto alla disconnessione, che è una delle questioni principali dello smart working.

Altro nodo sono i buoni pasto, essendo possibile escluderli in modo netto, ma anche prevederne l’erogazione.

Quando si lavora fuori dai tempi e dai luoghi normali particolare attenzione va prestata anche a garantire la sicurezza e sul punto è indispensabile che vi siano delle regole specifiche, diverse a seconda sei settori e dei rischi concreti. Si deve inoltre dare conto dei nuovi rischi, quali lo stress da lavoro, che in queste condizioni può aggravarsi.

Il Team Studio Legale Salvalaio è a disposizione per ogni richiesta di assistenza e consulenza.

NEWSLETTER LEGGE DI CONVERSIONE MILLEPROROGHE

È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 51 del 1.03.2021 la L. n. 21 del 26.02.2021, di conversione del c.d. decreto Milleproroghe (D.L. n. 183 del 30.12.2020).

Si segnala che nella legge di conversione sono confluiti anche i D.L. n. 3 del 15.01.2021 e n. 7 del 30.01.2021, facendo comunque salvi gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici già sorti.

Di seguito le principali novità in ambito giuslavoristico.

LAVORO AGILE.

A seguito delle modifiche apportate dalla legge di conversione, il lavoro agile “semplificato”, previsto dal Decreto Milleproroghe sino al 31.03.2021, è stato esteso fino alla fine dello stato di emergenza connesso all’epidemia da Covid-19 e comunque non oltre il 30.04.2021.

Ne consegue che, qualora lo stato di emergenza dovesse essere ulteriormente esteso oltre il 30.04.2021, la proroga della misura necessiterebbe di una ulteriore ed espressa previsione normativa.

  • Settore privato.

La modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della L. n. 81 del 22.05.2017 dovrà essere favorita e potrà essere attivata dai datori di lavoro in relazione ad ogni rapporto di lavoro subordinato, prescindendo dagli accordi individuali previsti dalla normativa vigente e sempre nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni legislative.

I datori di lavoro sono tenuti a comunicare al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in via telematica, i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile, secondo la documentazione disponibile sul relativo sito internet.

Nella forma semplificata, gli obblighi di informativa sulla salute e sicurezza sono assolti anch’essi in via telematica, ricorrendo alla documentazione resa disponibile nel sito internet dell’INAIL.

  • Settore pubblico.

Con riferimento al lavoro pubblico, vengono prorogate, sempre fino al 30.04.2021, le disposizioni di cui all’art. 263, comma 1, del c.d. Decreto Rilancio (D.L. n. 34 del 2020) secondo cui le pubbliche amministrazioni organizzano il lavoro dei propri dipendenti e l’erogazione dei servizi attraverso la flessibilità dell’orario di lavoro, rivedendone l’articolazione giornaliera e settimanale, introducendo modalità di interlocuzione programmata, anche attraverso soluzioni digitali e non in presenza con l’utenza, applicando il lavoro agile, grazie alle misure semplificate, al cinquanta per cento del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte in tale modalità.

MISURE DI INTEGRAZIONE SALARIALE.

Sono differiti al 31.03.2021 i termini di decadenza, scaduti lo scorso 31.12.2020, relativi all’invio delle domande di accesso ai trattamenti di integrazione salariale collegati all’emergenza epidemiologica da Covid-19 ed alla trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi.

In particolare, con il suddetto rinvio generale ai “trattamenti in scadenza al 31 dicembre 2020”, si fa riferimento alle 18 settimane previste dal c.d. Decreto Agosto (D.L. n. 104 del 2020, convertito dalla L. n. 126 del 2020), suddivise:

  • in una prima parte di 9 settimane c.d. “libere” in quanto non connesse ad una riduzione del fatturato aziendale, ed
  • in una seconda parte di ulteriori 9 settimane, richiedibili per periodi successivi al 16.11.2020 ed accessibili solamente in caso di una comprovata riduzione del fatturato aziendale, come disciplinato dalla norma stessa, ed a seguito del pagamento del relativo contributo addizionale.

Si ricorda che, in aggiunta ai suddetti periodi di integrazione salariale, la normativa emergenziale ha previsto 6 settimane ulteriori ai sensi del c.d. Decreto Ristori (D.L. 137 del 2020 convertito dalla Legge n. 176 del 2020) ed imputabili nel periodo tra il 16.11.2020 ed il 31.01.2021.

Inoltre, la Legge di Bilancio ha previsto ulteriori 12 settimane da utilizzare tra gennaio e marzo (o giugno, in caso di assegno ordinario o cassa in deroga) 2021.

MATERIA PREVIDENZIALE.

Viene sospesa la decorrenza dei contributi previdenziali obbligatori a partire dal 31.12.2020 e fino al 30.06.2021.

In particolare, si prevede che nel caso in cui i termini di prescrizione abbiano inizio durante il suddetto periodo di sospensione, la decorrenza degli stessi verrà differita fino alla fine del periodo.

SORVEGLIANZA SANITARIA.

Con riferimento alla sorveglianza sanitaria a beneficio dei lavoratori fragili, a fronte della persistente crisi epidemiologica, l’art. 19 del Decreto Milleproroghe, così come convertito, proroga fino al 30.04.2021 anche la sorveglianza sanitaria eccezionale, prevista dall’art. 83 del c.d. “Decreto Rilancio”.

Al riguardo, si ricorda che in base alle disposizioni che precedono, i datori di lavoro pubblici e privati sono chiamati ad assicurare, attraverso il proprio medico competente, la sorveglianza sanitaria eccezionale nei confronti dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da patologia Covid-19 o da altre patologie gravi, nonché dallo svolgimento di terapie salvavita.

CONTRATTI DI RETE DI SOLIDARIETà.

Viene prorogato fino al 31.12.2021 anche il termine per la sottoscrizione di un contratto di rete di solidarietà ai sensi dell’art. 3, comma 4-sexies, del D.L. n. 5 del 2009 (convertito dalla L. n. 33 del 2009).

BLOCCO DEI LICENZIAMENTI.

Si evidenzia che la legge di conversione del Milleproroghe non è intervenuta sulle norme che disciplinano l’attuale blocco dei licenziamenti, ad oggi in vigore fino al 31.03.2021. Tale termine, tuttavia, sembrerebbe potenzialmente destinato ad un’ulteriore proroga (presumibilmente fino a giugno 2021).

DPCM 2 marzo 2021 NEWSLETTER

DPCM 2 MARZO 2021

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 52 del 2.03.2021 il DPCM 2.03.2021 che, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del Covid-19, prevede nuove misure restrittive, in vigore dal 6 marzo al 6 aprile 2021.

Viene confermato il divieto di spostamento tra regioni o province autonome fino al 27 marzo (con l’eccezione degli spostamenti dovuti a motivi di lavoro, salute o necessità), nonché la divisione dell’Italia in zone bianche, gialle, arancioni e rosse.

Di seguito le principali novità.

MISURE PER L’INTERO TERRITORIO NAZIONALE.

Rimane l’obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie, di mantenere la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, nonché, per le attività economiche, produttive, amministrative e sociali, di rispettare i contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione per il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24.04.2020, nonché gli altri specifici protocolli per i rispettivi ambiti di competenza (protocollo per i cantieri del 24.04.2020 e protocollo per il settore trasporto e logistica del 20.03.2020).

Le pubbliche amministrazioni devono:

  • assicurare le percentuali più elevate possibile di lavoro agile (nella misura di almeno il cinquanta per cento del personale impiegato in attività che possono essere svolte in tale modalità);
  • disporre una differenziazione dell’orario di ingresso e di uscita del personale, ad eccezione del personale sanitario e socio sanitario, nonché di quello impegnato in attività connessa all’emergenza o in servizi pubblici essenziali;
  • adottare nei confronti dei genitori lavoratori dipendenti di cui all’art. 21-bis del D.L. n. 104 del 2020 convertito in L. n. 126 del 13.10.2020, nonché, di norma, nei confronti dei lavoratori fragili, ogni soluzione utile ad assicurare lo svolgimento dell’attività in modalità agile anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento.

Per i datori di lavoro privati si raccomanda la differenziazione dell’orario di ingresso del personale, nonché l’utilizzo della modalità di lavoro agile.

ZONE BIANCHE.

Nelle zone bianche si prevede la cessazione delle misure restrittive previste per la zona gialla, pur continuando ad applicarsi le misure anti-contagio generali (come l’obbligo di indossare la mascherina e quello di mantenere le distanze interpersonali) ed i protocolli di settore.

ZONE Gialle.

Nelle zone gialle rimane confermato il coprifuoco: dalle ore 22.00 alle ore 5.00 sono consentiti esclusivamente gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità ovvero per motivi di salute, mentre è fortemente raccomandato, per la restante parte della giornata, di non spostarsi salvo che per esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità o per svolgere attività od usufruire di servizi non sospesi.

Nell’ambito delle pubbliche amministrazioni le riunioni si svolgono in modalità a distanza, salvo la sussistenza di motivate ragioni, mentre per il settore privato svolgere le riunioni in modalità a distanza è fortemente raccomandato.

Le attività commerciali al dettaglio devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida adottati dalle Regioni o dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano e si raccomanda l’applicazione delle seguenti misure per gli esercizi commerciali:

  • mantenimento in tutte le attività e le loro fasi del distanziamento interpersonale;
  • garanzia di pulizia e igiene ambientale con frequenza almeno due volte giorno ed in funzione dell’orario di apertura;
  • garanzia di adeguata aereazione naturale e ricambio d’aria;
  • ampia disponibilità e accessibilità a sistemi per la disinfezione delle mani, che devono essere disponibili accanto a tastiere, schermi touch e sistemi di pagamento;
  • utilizzo di mascherine nei luoghi o ambienti chiusi e comunque in tutte le possibili fasi lavorative laddove non sia possibile garantire il distanziamento interpersonale;
  • uso dei guanti “usa e getta” nelle attività di acquisto, particolarmente per l’acquisto di alimenti e bevande;
  • accessi regolamentati e scaglionati secondo le seguenti modalità:

a) attraverso ampliamenti delle fasce orarie;

b) per locali fino a quaranta metri quadrati può accedere una persona alla volta, oltre a un massimo di due operatori;

c) per locali di dimensioni superiori a quelle di cui alla lettera b), l’accesso è regolamentato in funzione degli spazi disponibili, differenziando, ove possibile, i percorsi di entrata e di uscita.

  • informazione per garantire il distanziamento dei clienti in attesa di entrata.

Nelle giornate festive e prefestive sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all’interno dei mercati e dei centri commerciali, gallerie commerciali o strutture assimilabili, ad eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, lavanderie e tintorie, punti vendita di generi alimentari, prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi, edicole e librerie.

Le attività di ristorazione sono consentite dalle 5.00 alle 18.00 (fatta eccezione per la ristorazione negli alberghi ed altre strutture ricettive, che resta consentita senza limiti di orario limitatamente ai propri clienti ivi alloggiati). È sempre consentita la ristorazione con consegna a domicilio, nonché, fino alle ore 22.00, la ristorazione con asporto (per i soggetti con codice ATECO 56.3 l’asporto è consentito esclusivamente fino alle ore 18.00).

È fatto obbligo nei locali pubblici ed aperti al pubblico, nonché in tutti gli esercizi commerciali, di esporre all’ingresso del locale un cartello che riporti il numero massimo di persone ammesse contemporaneamente nel locale medesimo.

Per le attività professionali:

  • si raccomanda l’utilizzo della modalità di lavoro agile, ove l’attività possa essere svolta a domicilio o in modalità a distanza;
  • si incentiva il ricorso a ferie e congedi retribuiti per i dipendenti nonché agli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva;
  • si raccomanda che siano assunti protocolli anti-contagio;
  • si incentivano le operazioni di sanificazioni dei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali.

ZONE ARANCIONI.

Per le zone arancioni trovano applicazione le misure previste per l’intero territorio nazionale, nonché quelle previste per le zone gialle, fatte salve le misure più rigorose di seguito indicate.

Nelle zone arancioni è vietato ogni spostamento in entrata ed in uscita dai territori interessati salvo che per spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. È inoltre vietato ogni spostamento con mezzi di trasporto pubblici o privati in comune diverso da quello di residenza, domicilio o abitazione, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità o per usufruire di servizi non sospesi e non disponibili in tale comune.

Sono comunque consentiti gli spostamenti dai comuni con popolazione non superiore a cinquemila abitanti e per una distanza non superiore a trenta chilometri dai relativi confini, con esclusione in ogni caso degli spostamenti verso i capoluoghi di provincia.

Sono sospese le attività dei servizi di ristorazione, fatta eccezione per la ristorazione negli alberghi ed altre strutture ricettive, che resta consentita senza limiti di orario limitatamente ai propri clienti ivi alloggiati. È consentita la ristorazione con consegna a domicilio, nonché, fino alle ore 22.00, la ristorazione con asporto (per i soggetti con codice ATECO 56.3 l’asporto è consentito esclusivamente fino alle ore 18.00).

ZONE ROSSE.

Per le zone rosse trovano applicazione le misure previste per l’intero territorio nazionale, nonché quelle previste per le zone gialle, fatte salve le misure più rigorose di seguito indicate.

Nelle zone rosse è vietato ogni spostamento in entrata ed in uscita dai territori interessati, nonché all’interno dei medesimi, salvo che per spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità ovvero per motivi di salute.

Sono sospese le attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità, di cui all’Allegato 23 al DPCM, sia negli esercizi di vicinato sia nelle medie e grandi strutture di vendita, anche ricompresi nei centri commerciali, purché sia concesso l’accesso alle sole predette attività e ferme restando le chiusure nei giorni festivi e prefestivi.

Sono sospese le attività dei servizi di ristorazione, fatta eccezione per la ristorazione negli alberghi ed altre strutture ricettive, che resta consentita senza limiti di orario limitatamente ai propri clienti ivi alloggiati.

È consentita la ristorazione con consegna a domicilio, nonché, fino alle ore 22.00, la ristorazione con asporto (per i soggetti con codice ATECO 56.3 l’asporto è consentito esclusivamente fino alle ore 18.00).

Fatta eccezione per le attività di lavanderia e pulitura di articoli tessili e pelliccia, attività delle lavanderie industriali, altre lavanderie, tintorie e servizi di pompe funebri e attività connesse, le attività inerenti servizi alla persona sono sospese.

Inoltre, i datori di lavoro pubblici limitano la presenza del personale nei luoghi di lavoro per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente tale presenza, mentre il personale non in presenza presta la propria attività in modalità agile.

NEWSLETTER STUDIO SALVALAIO N. 3/2021

NEWSLETTER n. 3/2021

Novità normative e Giurisprudenziali

NOVITA’ NORMATIVE

TRATTAMENTO DI DATI RELATIVI ALLA VACCINAZIONE ANTI COVID-19 NEL CONTESTO LAVORATIVO.

Il Garante della Privacy interviene con FAQ per fare chiarezza sul tema del trattamento dei dati relativi alle vaccinazioni anti Covid-19 in azienda, affermando la titolarità in capo al solo medico competente del trattamento dei dati sanitari dei lavoratori.

1. Il datore di lavoro può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione?

NO. Il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l‘avvenuta vaccinazione anti Covid-19. Ciò non è consentito dalle disposizioni dell’emergenza e dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Il datore di lavoro non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, non potendo il consenso costituire in tal caso una valida condizione di liceità in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo (considerando 43 del Regolamento).

2. Il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati?

NO. Il medico competente non può comunicare al datore di lavoro i nominativi dei dipendenti vaccinati. Solo il medico competente può infatti trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica (artt. 25, 39, comma 5, e 41, comma 4, D.Lgs. n. 81 del 2008).

Il datore di lavoro può invece acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati (es. art. 18 comma 1, lett. c), g) e bb) D.Lgs. n. 81 del 2008).

3. La vaccinazione anti Covid-19 dei dipendenti può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni (ad es. in ambito sanitario)?

Nell’attesa di un intervento del legislatore nazionale che, nel quadro della situazione epidemiologica in atto e sulla base delle evidenze scientifiche, valuti se porre la vaccinazione anti Covid-19 come requisito per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni, allo stato, nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” durante il lavoro, come nel contesto sanitario che comporta livelli di rischio elevati per i lavoratori e per i pazienti, trovano applicazione le “misure speciali di protezione” previste per taluni ambienti lavorativi (art. 279 nell’ambito del Titolo X del D.Lgs. n. 81 del 2008).

In tale quadro solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo e nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie anche in merito all’efficacia e all’affidabilità medico-scientifica del vaccino, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica.

Il datore di lavoro dovrà invece limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (art. 279, 41 e 42 del D.Lgs. n.81/ del 2008).

INFORTUNIO SUL LAVORO E MALATTIA PROFESSIONALE DI LAVORATORI AGILI E RIDERS.

INAIL comunicato del 3 febbraio 2021 – Infortuni e malattie professionali: rider e lavoratori agili.

Con una nota pubblicata all’interno del proprio sito web, l’INAIL comunica di aver aggiornato le procedure telematiche e la modulistica utile all’invio della denuncia d’infortunio e di malattia professionale. L’aggiornamento si è reso necessario al fine di permettere ai datori di lavoro e agli intermediari di comunicare i dati di particolari categorie di lavoratori, in favore dei quali sono state estese le tutele previste dal testo unico dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Si tratta dei lavoratori che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui (rider), dei lavoratori agili, dei lavoratori beneficiari di reddito di cittadinanza coinvolti in progetti utili alla collettività (Puc) e degli studenti coinvolti in programmi di alternanza scuola lavoro.

NOVITA’ GIURISPRUDENZIALI

LA REVOCA DEL LICENZIAMENTO.

Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 10 dicembre 2020, si pronuncia sull’applicabilità in materia di revoca del licenziamento.

L’ordinanza tratta di un caso di pretesa revoca del licenziamento intimato a inizio 2020 e adottata in forza della previsione dell’art. 14 del d.l. 104/2020 (prima che la disposizione fosse abrogata in sede di conversione del decreto in legge): il Giudice ritiene che in ogni caso l’istituto non poteva considerarsi applicabile ai recessi adottati prima della fase di emergenza da Covid-19 e, dunque, posti in essere al di fuori della vigenza della disciplina emergenziale. Il Tribunale, accertata l’insussistenza del giustificato motivo oggettivo posto a base del licenziamento, riconosce la natura ritorsiva del recesso poiché esercitato a fronte delle assenze per malattia del dipendente.

L’emanazione della normativa in oggetto si era resa necessaria dal perdurare dell’emergenza pandemica e proprio in ciò trova la propria ratio. Ne consegue che essa non possa trovare applicazione per fattispecie come quella di cui si controverte nel caso di specie, in cui il licenziamento è stato preannunciato prima dell’emanazione della normativa emergenziale. La vicenda, pertanto, deve essere esaminata facendo riferimento agli ordinari canoni legislativi, a maggior ragione, deve darsi conto del fatto che l’art. 1 della L. 126 del 2020 ha abrogato la citata disposizione dell’art. 14 d.l. 104 del 2020.

LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO PER MANCANZA DI GIUSTA CAUSA.

Il Tribunale di Arezzo si è pronunciato con sentenza del 13 gennaio 2021, in materia di licenziamento illegittimo per mancanza di giusta causa, con riguardo al preteso rispetto delle disposizioni anti-Covid da parte del dipendente di un esercizio commerciale, nei confronti del cliente.

Il Tribunale constata che non integra giusta causa di licenziamento il fatto del lavoratore che invita l’avventore ad indossare la mascherina di protezione prescritta dalle disposizioni anti Covid. Una Società licenziava per giusta causa il dipendente di un punto vendita che, durante il turno notturno, invitava un cliente privo di mascherina a indossarla, quale condizione per avvicinarsi alla cassa e completare l’acquisto, così provocandone le lamentele. Il Tribunale ritiene il recesso illegittimo, confermando la reintegrazione nel posto di lavoro già disposta nella prima fase del giudizio: non solo per la mancanza della necessaria gravità dell’addebito, ma rilevando altresì che il lavoratore aveva esercitato il proprio diritto, costituzionalmente garantito, a svolgere la propria prestazione in condizioni di sicurezza.

In tema di giusta causa di licenziamento, è irrilevante il comportamento contestato al dipendente privo degli elementi di gravità economica e morale, e che di conseguenza, sia inidonea a ledere il vincolo fiduciario all’art. 2105 c.c. Inoltre l’esimente dello stato di necessità consente l’astensione dal lavoro, anche in assenza di una disposizione di legge, poiché l’esecuzione della prestazione, lo avrebbe esposto ad un rischio di danno alla persona. Il lavoratore si è dunque limitato all’esercizio legittimo del proprio diritto alla sicurezza delle condizioni di svolgimento del proprio lavoro.

NULLITA’ DEL LICENZIAMENTO DURANTE LA VIGENZA DELLA DISCIPLINA DI BLOCCO DEI LICENZIAMENTI.

Il Tribunale di Milano, con sentenza del 28 gennaio 2021, dichiara nullo il licenziamento intimato successivamente alla data di entrata in vigore del d.l. 18/2020.

Il Tribunale accoglie il ricorso della lavoratrice licenziata per giustificato motivo oggettivo con comunicazione inviatale dal datore di lavoro il 16 marzo 2020, ma ricevuta il 26 marzo successivo, dopo l’entrata in vigore dell’art. 46 d.l. 18 del 2020 che ha disposto il divieto dei licenziamenti per ragioni oggettive. Essendo il licenziamento un atto unilaterale recettizio, esso ha efficacia solo quando sia giunto a conoscenza del lavoratore. Il Giudice dichiara la nullità del recesso per violazione di norma imperativa, con diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro.

Il termine di sospensione di cui all’art.46 del d.l. sopra citato, non può che far riferimento al compimento dell’iter perfezionativo del licenziamento dunque, del momento in cui il lavoratore ne ha conoscenza, essendo ai sensi dell’art. 1334 c.c. Pertanto, stabilendo la disposizione dell’art. 46 un divieto di licenziamento, il recesso datoriale ricevuto a seguito dell’entrata in vigore della normativa emergenziale, ricade nel disposto dell’art. 1418 c.c. e risulta perciò stesso nullo, con applicazione delle tutele di cui all’art. 18 comma 1 dello Statuto dei Lavoratori.

Non trova applicazione l’analogia con la previsione che riguarda i lavoratori interessati da licenziamento collettivo ex L. 223 del 1991, che estende la possibilità di recesso individuale del datore, successivo al 17.03.2020, per i procedimenti iniziati ex art.7 L. 604 del 1966, prima del termine del 23.02.2020, di sospensione delle procedure collettive, non essendo configurabile in tal senso una violazione dell’art. 3 della Costituzione per discriminazione tra lavoratori interessati da licenziamento collettivo e interessati da licenziamenti individuali, ancorché plurimi.

SOSPENSIONE CAUTELARE DAL SERVIZIO E DALLA RETRIBUZIONE.

Il Tribunale di Ivrea, con sentenza del 29 gennaio 2021, dichiara illegittima la sospensione di un dipendente sottoposto a procedimento penale, ma non a misura interdittiva, in assenza di un reale interesse aziendale.

Un lavoratore soggetto a procedimento penale, ma non a misure cautelari interdittive, proponeva ricorso ex art. 700 c.p.c. per impugnare la sospensione dalla prestazione e dalla retribuzione adottata dal datore di lavoro. Il Tribunale afferma che qualora il contratto collettivo preveda la sospensione del dipendente sottoposto a procedimento penale come facoltà del datore di lavoro e non quale obbligo, la stessa possa essere esercitata legittimamente solo per fatti commessi in danno del datore di lavoro o in servizio, o dai quali emergano elementi di pregiudizio per il datore di lavoro.Il Giudice ha accolto il ricorso e condannato la società a riammettere in servizio del lavoratore.

La ratio della previsione della facoltativa sospensione del lavoratore è quella di allontanare il dipendente che si sia reso colpevole di fatti commessi in occasione di lavoro o che svelino –direttamente o indirettamente- un’attitudine delittuosa sul luogo di lavoro, pertanto il potere di sospensione del datore di lavoro non è incondizionato, bensì volto alla tutela del patrimonio aziendale e regolare svolgimento delle mansioni. Laddove non emergano elementi di pregiudizio per il datore di lavoro, l’esercizio di tale potere appare del tutto ingiustificato.

ESCLUSIVITA’ DEL MOTIVO ILLECITO PER DETERMINARE LA NULLITA’ DEL LICENZIAMENTO RITORSIVO.

La Corte di cassazione, con sentenza del 25 gennaio 2021 n. 1514, conferma che la nullità del licenziamento per motivo illecito presuppone l’esclusività del motivo.

Secondo la Corte, la verifica dei fatti che, secondo il lavoratore ricorrente, rappresentano il motivo illecito determinate del licenziamento richiede il previo accertamento della insussistenza del giustificato motivo addotto dal datore di lavoro, perché per determinare la nullità del licenziamento

il motivo illecito deve essere non solo determinante, ma anche esclusivo. (Meno perentoriamente Cass. nn. 28453, 26035 e altre precedenti ammettono la prova del motivo illecito da parte del lavoratore anche quando il datore di lavoro abbia apparentemente provato la giusta causa o il giusto motivo)

Il motivo illecito si considera esclusivo e determinante qualora esso costituisca l’unica ragione del recesso datoriale. L’esclusività può sussistere anche nella fattispecie in cui il motivo illecito concorra con un motivo lecito formalmente addotto, salvo aver dimostrato che quest’ultimo sia risultato non esistente nel riscontro giudiziale.

Essendo la verifica del giustificato motivo oggettivo preventiva rispetto all’analisi dei fatti riguardanti la possibile natura ritorsiva del licenziamento, una volta accertata la sussistenza del G.M.O., ciò sarà sufficiente, e sarà superfluo indagare ulteriormente per dimostrarne la non illegittimità, ipso facto esclusa.

OBBLIGO DI VACCINAZIONE ANTINFLUENZALE.

Il Tribunale di Messina, con ordinanza del 12 dicembre 2020, esclude dalla competenza regionale l’introduzione di un obbligo di vaccino.

Un infermiere, presentava ricorso d’urgenza, chiedendo la disapplicazione in via cautelare del decreto dell’Assessorato Regionale della salute della regione Sicilia n. 743/2020 e degli atti conseguenziali, che disponeva all’art. 10 un obbligo di vaccinazione antinfluenzale per medici, infermieri e personale sanitario, sociosanitario di assistenza e operatori di servizio nelle strutture di assistenza – anche volontario-, nell’ambito della Campagna vaccinale fissata dal 5 ottobre 2020 al 28 febbraio 2021. Il mancato rispetto di tale obbligo avrebbe comportato l’inidoneità temporanea allo svolgimento della mansione lavorativa con conseguente sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per il periodo in questione. Il giudice accoglie il ricorso, affermando l’esclusione della possibilità di introdurre un obbligo di vaccino dalla competenza regionale.

La materia della Salute rientra, infatti, tra le materie di competenza concorrente di cui all’art. 117 comma 3 della Cost., dunque, le Regioni devono rispettare i “principi fondamentali” previsti a livello statale, tra i quali rientra la previsione di cui all’art.32 co.2 della Costituzione.

Anche considerando la normativa statale emergenziale volta a contrastare la diffusione del virus Covid-19, si contata che essa non abbia introdotto alcun obbligo vaccinale per il personale sanitario, il cui mancato assolvimento determina l’inidoneità al lavoro.

ATTIVITA’ LAVORATIVA PER IL LAVORATORE COLLOCATO IN CIG.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 3116 del 2021, si esprime affermativamente sulla possibilità per il lavoratore collocato in CIG di svolgere attività lavorativa, previa comunicazione all’ente previdenziale.

Afferma la Corte, che all’art. 8, commi 4 e 5, del d.l. n. 86 del 1988, prevede il principio della parziale cumulabilità tra integrazione salariale e altre attività remunerate, nel senso che lo svolgimento di attività lavorativa remunerata durante il periodo di sospensione del lavoro con diritto all’integrazione salariale comporta non la perdita del diritto all’integrazione per l’intero periodo predetto ma una riduzione dell’integrazione medesima in proporzione ai proventi dell’altra attività lavorativa, sempre che la sede provinciale dell’Istituto nazionale di previdenza, sia informata preventivamente, (ovvero, entro 30 giorni dal rinnovo/mancato rinnovo delle abilitazioni, nel caso di cd. “periodo neutro” ossia esclusivamente devoluto all’addestramento, come previsto dalle circolari INPS nella specifica materia) dal lavoratore, dell’avvio dell’attività lavorativa presso altro datore di lavoro, pena la decadenza dal diritto all’integrazione salariale.

Tale onere di preventiva comunicazione sussiste per ogni tipologia di lavoratore, subordinato o autonomo, anche qualora l’ente previdenziale sia già stato informato dal datore di lavoro, e per ogni tipologia di attività lavorativa svolta, da intendersi nel suo significato più ampio, come ogni attività qualificabile come lavorativa, che comporti l’utilizzo di una professionalità, rilevando la sola potenziale redditività, dunque, anche se in concreto non si produce alcun reddito.

NEWSLETTER RINNOVO CCNL METALMECCANICI

Nella giornata del 5.02.2021, Federmeccanica e Assistal con FIOM-CGIL, FIM-CISL E UILM-UIL hanno siglato l’ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL dei metalmeccanici e degli installatori di impianti per il periodo gennaio 2021 – giugno 2024.

Il contratto collettivo di lavoro dei metalmeccanici interessa un milione e mezzo di lavoratori.

Di seguito le principali novità.

Favorire la previdenza complementare per le giovani generazioni.

Dall’1.06.202 viene incrementata la contribuzione a carico del datore di lavoro per i lavoratori under 35 anni che si iscriveranno al Fondo Cometa.

Il contributo passerà dall’attuale 2% al 2,2% dei minimi contrattuali.

PARITà DI GENERE.

Rafforzata la tutela delle donne vittime di molestie e violenza:

  • congedo retribuito da 3 a 6 mesi;
  • rafforzamento dei diritti contrattuali per agevolare il lavoro agile, la flessibilità dell’orario, le ferie solidali, la formazione, il trasferimento volontario di sede di lavoro.

Riforma dell’inquadramento.

A decorrere dal 1.06.2021 i lavoratori saranno inquadrati in una classificazione unica articolata su 9 livelli ricompresi in 4 campi di responsabilità di ruolo, ovvero:

  • Campo D: ruoli operativi (livelli D1 e D2);
  • Campo C: ruoli tecnico-scientifici (livelli C1, C2, C3);
  • Campo B: ruoli specialistici e gestionali (livelli B1, B2 e B3);
  • Campo A: ruoli di gestione del cambiamento e innovazione (livello A1).

Viene quindi meno, dal 1.06.2021, il 1° livello di inquadramento contrattuale, ragion per cui tutti i lavoratori – in forza al 31.05.2021 – inquadrati in tale categoria verranno riclassificati nel livello D1 a decorrere da tale data.

Entro il 31.05.2021, infine, i lavoratori inclusi nell’ambito di applicazione del CCNL saranno riclassificati sulla base delle nuove nomenclature previste dal rinnovo.

Altre novità:

  • passaggio dalla mansione al ruolo: dal cosa si fa, al come si fa e come si può fare meglio;
  • sei criteri di professionalità: autonomia-responsabilità gerarchico funzionale, competenza tecnico-specifica, competenze trasversali, polivalenza, polifunzionalità, miglioramento continuo ed innovazione correlati ai nuovi sistemi integrati di gestione.

Garanzie salariali e riconoscimento del valore del lavoro.

Confermato l’impianto del 2016 con sistema di calcolo dell’inflazione ex post (IPCA) e promossa la valorizzazione del lavoro legata alla riforma dell’inquadramento.

Viene definito un aumento salariale per il periodo che va dal 1.01.2021 al 30.06.2024 di:

  • Euro 100,00 per il terzo livello, e
  • Euro 112,00 per il quinto livello sui minimi contrattuali.

Le tranches saranno erogate a giugno 2021 per Euro 25,00 lordi, a giugno 2022 per Euro 25,00 lordi, a giugno 2023 per Euro 27,00 lordi, a giugno 2024 per Euro 35,00 lordi.

FLEXIBLE BENEFIT.

Sono confermati per ogni anno di vigenza del contratto Euro 200,00 di flexible benefit istituiti con il CCNL del 26.11.2016. Il 2020 è stato coperto con l’incremento di Euro 12,00 sui minimi percepiti dalla mensilità di giugno e con Euro 200,00 di flexible benefit per effetto dell’ultrattività della struttura del precedente contratto.

LAVORO AGILE.

Entro la data di stesura del CCNL verrà istituita una Commissione paritetica per la definizione di un quadro normativo in materia di lavoro agile, a partire dall’esercizio del diritto alla disconnessione, dei diritti sindacali, la tutela della privacy, degli strumenti di lavoro informatici e del diritto alla formazione.

Promuovere la cultura della sicurezza.

  • Attivazione break formativi in accordo con Rsu;
  • analisi quasi infortuni, mancati infortuni, malattie professionali e situazioni pericolose a livello aziendale e delle cause dei rischi alla radice (root cause analysis) per la prevenzione degli infortuni;
  • competenze RLS e RSPP sui temi dell’ambiente esterno, rifiuti, green economy, economia circolare.

Fare una buona formazione.

  • Formazione professionale: conferma delle 24 ore triennali, ora totalmente a carico dell’azienda ed estensione del diritto alla formazione anche ai lavoratori a tempo determinato con contratto di durata non inferiore ai 9 mesi;
  • creare servizi alle imprese con un contributo una tantum di Euro 1,5 a carico delle aziende (es. pillole formative on-line, block chain per registrare la formazione);
  • puntare sulla “alfabetizzazione digitale”.

NEWSLETTER N. 2/2021 NOVITÀ NORMATIVE E GIURISPRUDENZIALI

INPS MESSAGGIO N. 171 DEL 15.01.2021: TUTELE PER I LAVORATORI FRAGILI.

L’INPS, con il messaggio n. 171 del 15.01.2021, ha fornito i primi chiarimenti in merito all’estensione dal 1.01.2021 al 28.02.2021 delle tutele previste dall’articolo 26, commi 1 (lavoratori dipendenti sottoposti a provvedimenti di quarantena con sorveglianza attiva o di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva), 2 e 2-bis (lavoratori dipendenti ritenuti particolarmente a rischio per specifiche patologie, c.d. fragili), del D.L. n. 18 del 17.03.2020 (c.d. “Cura Italia”), convertito con modificazioni dalla L. n. 27 del 24.04.2020, con particolare riferimento alle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2021 (L. n. 178 del 30.12.2020). Di seguito le novità:

  • per i lavoratori dipendenti del settore privato di cui al comma 1: a decorrere dal 1.01.2021, non vi è più l’obbligo per il medico curante di indicare sulla certificazione “gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva”;
  • per i lavoratori dipendenti del settore privato e pubblico c.d. fragili di cui al comma 2: per l’anno 2020, rimane confermata la possibilità di riconoscere la tutela per i periodi di assenza dal lavoro compresi tra il 17.03.2020 ed il 15.10.2020, per l’anno 2021 dal 1.01.2021 al 28.02.2021.

La tutela prevede l’equiparazione dell’assenza dal lavoro al ricovero ospedaliero per i lavoratori in possesso di certificazione di malattia riportante l’indicazione della condizione di fragilità.

L’Istituto ricorda che la Legge di Bilancio 2021 ha prorogato al 28.02.2021 anche la previsione di cui al comma 2-bis del D.L. Cura Italia, in precedenza valida solo dal 16.10.2020 al 31.12.2020, che stabilisce, per i lavoratori fragili, lo svolgimento, di norma della prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a mansione diversa ricompresa nella medesima area o categoria di inquadramento.

INPS MESSAGGIO N. 101 DEL 13.01.2021: BONUS BABY-SITTING.

L’INPS fornisce istruzioni in merito al bonus per servizi di baby-sitting COVID-19, previsto per remunerare le prestazioni di lavoro effettuate durante la sospensione delle attività didattiche dei figli a causa del Coronavirus.

In particolare, l’Istituto ricorda che potranno essere remunerate tramite il Libretto Famiglia le prestazioni lavorative di baby-sitting svolte a decorrere dal 5.03.2020, per tutto il periodo di chiusura dei servizi educativi scolastici, sino al termine del 31.08.2020. Per consentire la fruizione del beneficio per tutte le istanze accolte o in via di accoglimento, le prestazioni svolte nel periodo sopra indicato potranno essere comunicate dal genitore beneficiario sulla piattaforma delle prestazioni occasionali entro il 28.02.2021.

Il termine viene pertanto allineato con quello stabilito per il nuovo bonus per servizi di baby-sitting nelle c.d. zone rosse.

APPALTI.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 1403 del 22.01.2021, si pronuncia in materia di potere organizzativo e di coordinamento dell’appaltante.

La Corte chiarisce che non costituisce deviazione dallo schema tipico dell’appalto genuino il fatto che siano predeterminate in modo analitico nel contratto di appalto le modalità operative del servizio, specificità certamente funzionale alla corretta esecuzione del servizio oggetto del contratto, a fronte della mancata impartizione, da parte della società appaltante, di direttive sullo svolgimento del servizio.

I due requisiti tipici di un appalto genuino sono l’esercizio del potere direttivo e organizzativo dell’appaltatore e l’assunzione, da parte di quest’ultimo, del rischio di impresa.

La predeterminazione delle modalità esecutive del servizio, dettagliatamente descritte nel capitolato, risponde all’esigenza di adeguatezza della prestazione lavorativa alle caratteristiche tecniche del particolare servizio, senza tuttavia incidere sull’autonomia dell’impresa appaltatrice quanto regolazione di turni lavorativi, delle ferie e quant’altro relativo alla gestione del rapporto di lavoro.

OPPOSIZONE A CARTELLA DI PAGAMENTO.

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 951 del 20.01.2021, si pronuncia in materia cartella di pagamento e decadenza dall’impugnazione.

La Corte precisa che la scadenza del termine, pacificamente perentorio, per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve.

In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo cessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione.

CRITICA DELLE CONDIZIONI DI LAVORO SU INTERNET.

Il Tribunale di Lodi, con decreto dell’11.01.2021, dichiara antisindacale il licenziamento intimato ad un rappresentante sindacale per aver criticato su internet le condizioni di lavoro.

Il Tribunale accerta come antisindacale il licenziamento irrogato da una società a una rappresentante sindacale, motivato dalla pubblicazione di un video sul sito del sindacato di appartenenza, nel quale la delegata criticava le condizioni di lavoro della società: condotta ritenuta legittimo esercizio del diritto di critica.

CESSAZIONE DEL RAPPORTO E LICENZAMENTO.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 149 dell’8.01.2021, chiarisce che la mera cessazione definitiva nell’esecuzione delle prestazioni derivanti dal rapporto di lavoro non è di per sé sola idonea a fornire la prova del licenziamento.

L’accertata cessazione nell’esecuzione delle prestazioni può solo costituire circostanza fattuale in relazione alla quale, unitamente ad altri elementi, il giudice di merito possa radicare il convincimento, adeguatamente motivato, che il lavoratore abbia assolto l’onere probatorio sul medesimo gravante circa l’intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro ad iniziativa datoriale.

Il lavoratore ha l’onere di provare l’esistenza di un licenziamento, di modo che al convenuto spetti l’onere di comprovare la legittimità.

REGISTRAZIONI PER PROVARE DEMANSIONAMENTO RITORSIVO.

Il Tribunale di Nova, con ordinanza del 28.12.2020, conferma la legittimità delle registrazioni per finalità di tutela dei propri diritti.

Un dipendente agiva in giudizio per contestare una dequalificazione professionale, producendo come prova alcune registrazioni di colloqui con i superiori. Il datore di lavoro licenziava il lavoratore contestandogli le registrazioni, ritenute illegittime in assenza del consenso dei partecipanti e adducendo la lesione del rapporto fiduciario.

Il Tribunale richiama la giurisprudenza della Corte di Cassazione sulla legittimità delle registrazioni per finalità di tutela dei propri diritti e ritiene il licenziamento ritorsivo, poiché adottato a fronte dell’esercizio legittimo di un diritto.

SOMMINISTRAZIONE E CREDITI RETRIBUTIVI.

Il Tribunale di Padova, con sentenza del 18.12.2020, ribadisce che la responsabilità solidale del committente si estende anche ai crediti retributivi dei dipendenti dell’agenzia di somministrazione utilizzati dall’appaltatore.

Il Tribunale, adottando un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 29 del D.Lgs. n. 276 del 2003, estende la responsabilità solidale del committente anche ai crediti dei lavoratori somministrati all’appaltatore da una agenzia, e utilizzati nell’esecuzione dell’appalto. La sentenza richiama il principio affermato dalla sentenza n. 254 del 2017 della Corte Costituzione, che individua la ratio della citata norma nella tutela dei lavoratori da qualsiasi forma di decentramento o dissociazione tra datore di lavoro e utilizzatore.

Il Giudice ritiene ricompresi nell’area della solidarietà l’indennità sostitutiva di ferie e permessi, l’indennità di mensa, di presenza, il salario di produttività, riconoscendo la natura retributiva di tutti tali elementi.

Sede di lavoro e mansioni non costituiscono elementi essenziali del contratto di lavoro.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 28415 del 14.12.2020, chiarisce che la mancata predeterminazione della sede di lavoro e delle mansioni del lavoratore non osta all’esecuzione in forma specifica, mediante sentenza costitutiva, dell’obbligo di assumerlo.

Si trattava di un caso in cui una società subentrante ad altra nella gestione di un servizio di trasporto pubblico regionale, la quale, pur avendo assunto di fronte alla Regione l’obbligo di assumere tutto il personale (predeterminando CCNL, qualifica, retribuzione, anzianità e superminimo), si era rifiutata di assumere un autista perché divenuto inabile alla mansione e perché, comunque, non ne sarebbe stata possibile l’assunzione mediante sentenza costitutiva perché non erano state predeterminate le nuove mansioni e la sede lavorativa. Alla prima obiezione, la Corte ha risposto che il lavoratore, divenuto portatore di handicap, non poteva essere discriminato in quanto tale e, alla seconda, che sede di lavoro e mansioni non costituiscono elementi essenziali del contratto di lavoro ma momenti esecutivi dello stesso, sicché nella situazione data era possibile l’esecuzione specifica dell’obbligo di assumere, mediante sentenza costitutiva del rapporto.

CONGEDI PARENTALI e coppie omosessuali.

Il Tribunale di Milano, con pronuncia del 12.11.2020, si è pronunciato in un caso di mancata concessione del congedo parentale alla seconda madre di minore di una coppia omosessuale, in presenza di legame genitoriale attestato dagli atti di stato civile.

La ATS di Milano, adducendo l’incertezza del quadro normativo della genitorialità delle coppie omosessuali, respingeva la richiesta di congedo parentale proposta da una dipendente che attestava il legame genitoriale esistente con un minore, nato da madre naturale alla quale la stessa è legata da unione civile. Il legame genitoriale era documentato dal certificato di nascita avvenuta all’estero e trascritto dall’Ufficiale di Stato civile del Comune di Milano.

Il Tribunale, ricostruendo il quadro normativo e giurisprudenziale in materia, ritiene che il datore di lavoro non possa sindacare la documentazione degli atti di stato civile, e che la mancata concessione costituisca atto discriminatorio, poiché trattamento difforme rispetto a quello che il datore di lavoro avrebbe tenuto a fronte di analoga richiesta del genitore eterosessuale. Il Giudice ritiene che il congedo al quale ha diritto la madre di minore, diversa dalla madre naturale, è quello ex art. 32, comma 1, lett. b), TU 151 del 2001, previsto per il padre lavoratore.

IMPUGNAZIONE STRAGIUDIZIALE LICENZIAMENTO A MEZZO PEC CON SCANSIONE DELL’ATTO CARTACEO SOTTOSCRITTO MA PRIVA DI FIRMA DIGITALE.

Il Tribunale di Roma, con pronuncia del 20.10.2020, chiarisce che è valida l’impugnazione del licenziamento inviata tramite PEC dal legale del lavoratore, con allegata la scansione dell’originale cartaceo sottoscritta da entrambi e priva di firma digitale e che è nullo il recesso adottato in violazione del divieto posto dalla normativa Covid.

Il Tribunale, prendendo posizione nel dibattito giurisprudenziale sorto in tema di validità dell’impugnazione di licenziamento, riconosce efficacia interruttiva della decadenza dei 60 giorni (di cui all’art. 6 L. 604 del 1966) all’impugnazione del licenziamento inviata al datore di lavoro dal legale del lavoratore a mezzo PEC, con allegata la scansione dell’impugnazione cartacea sottoscritta da entrambi, ancorché priva di firma digitale dei medesimi. Accertata la violazione del divieto di licenziamento di cui all’art. 46 del DL 18 del 2020, il Giudice dichiara la nullità del recesso per contrasto con una norma imperativa ai sensi dell’art. 1418 c.c. e dispone la reintegrazione del lavoratore ai sensi dell’art. 18, co.1, L. 92 del 2012.

OBBLIGO DI VACCINAZIONE: SI’ O NO?


La campagna vaccinale anti Covid-19 e le notizie della stampa sulla indisponibilità di sottoporsi alla vaccinazione manifestata da alcuni lavoratori, hanno aperto un dibattito sul potere da parte dei datori di lavoro di imporre la vaccinazione ai propri dipendenti, sollevando anche il dubbio sulla possibilità – in caso di rifiuto – di procedere al licenziamento.
Molte le voci discordanti risuonate anche in dottrina.
Senza alcuna presunzione di voler dare in questa sede una risposta ad una discussione tutt’oggi aperta, pare che il primo passo debba essere quello di fare una ricognizione normativa per capire se esiste una disposizione che conferisca un potere o riconosca un obbligo in capo al datore di lavoro e, di contro, garantisca un diritto del lavoratore di sottrarsi alla richiesta di vaccinazione.
Occorre prioritariamente ricordare che la direttiva UE 2020/739 del 3.06.2020 ha classificato il SARS-CoV-2 come agente biologico che può causare malattie infettive all’uomo. La direttiva è stata recepita nel nostro ordinamento con l’art. 4 del D.L. n. 125 del 2020, convertito con L. n. 159 del 27.11.2020, modificando, di conseguenza, l’Allegato 46 al TUSL. Il SARS-CoV-2 è così stato inserito tra gli agenti biologici del gruppo 3, ossia quegli agenti che possono causare malattie gravi in soggetti umani e che costituiscono un serio rischio per i lavoratori, che possono propagarsi nella comunità, ma per cui di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche (così come definito dall’art. 268 TUSL).
È necessario, inoltre, ribadire che il contagio avvenuto nel contesto lavorativo è ad oggi qualificato come infortunio sul lavoro e che il Covid-19 è considerato un rischio generico di origine esogena rispetto all’ambiente di lavoro.
Il punto di partenza è senza dubbio l’art. 32 della Costituzione, il quale recita “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. La norma contiene, pertanto, il rinvio ad una riserva di legge per la disciplina dei trattamenti obbligatori.
Peraltro ad oggi non è stato promulgata alcuna norma che imponga un obbligo di vaccinazione, sicché il richiamo all’art. 32 Cost. non sembra possa avvallare la tesi dell’obbligatorietà della vaccinazione, in particolare per i dipendenti.
Da verificare se nel contesto lavorativo, una fonte giuridica di questo obbligo possa allora rinvenirsi in primis nell’art. 2087 c.c. ed, in secondo luogo, nell’art. 279 del D.Lgs. n. 81 del 2008 (TUSL).
L’art. 2087 c.c., infatti, onera il datore di lavoro di adottare tutte quelle misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
L’art. 279 TUSL, invece, è dedicato proprio alla vaccinazione: il secondo comma, infatti, recita “Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali: a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente; b) l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell’articolo 42”.
Certo si potrebbe obiettare che l’applicazione dell’art. 2087 c.c. sia in realtà soddisfatta con l’implementazione ed il rispetto dei Protocolli di sicurezza Covid-19, richiamando l’29-bis del D.L. n. 23 del 2020, ove invece nessun vaccino viene obbligatoriamente richiesto ai fini della continuazione della prestazione lavorativa. Con l’art. 29-bis viene, dunque, circoscritto l’obbligo datoriale di garanzia con riferimento alla questione Covid-19 all’adempimento delle prescrizioni contenute nei protocolli.
Peraltro, questo secondo filone ricorda che, con particolare riferimento alla riserva di legge di cui all’art. 32 Cost., la prevalente dottrina richiede una specifica previsione del singolo trattamento.
L’argomentazione prosegue evidenziando il tenore letterale dell’art. 279 TUSL, il quale richiede la mera messa a disposizione dei vaccini, oggi inattuabile in quanto il piano vaccinale è esclusivamente in mano alle autorità sanitarie pubbliche.
Si ricorda, peraltro, che l’art. 20 TUSL prevede espressamente che ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro. L’inosservanza della predetta disposizione potrebbe essere considerata quale fonte di responsabilità disciplinare. Tuttavia ancora una volta si pone il problema di considerare se la somministrazione di un vaccino – in assenza di un obbligo normativo in tal senso – possa essere ricondotta al concetto di cura della salute, di cui alla citata normativa. È certo difficile escludere che il rifiuto di sottoporsi a vaccinazione opposto da un dipendente non possa costituire, in ragione delle specifiche mansioni svolte e, dunque, secondo valutazioni da compiersi caso per caso, in assenza di alternative – ove non sia quindi possibile adibire e il lavoratore ad altre mansioni o, in difetto, a mansioni inferiori, che azzerino il rischio di contagio o sospendere il dipendente (sine die?) – un impedimento oggettivo alla prosecuzione del rapporto di lavoro.
In questo periodo di stallo, pare in ogni caso di poter affermare che se da un lato non esiste un chiaro potere del datore di lavoro di sottoporre obbligatoriamente a vaccinazione un dipendente, in assenza di un auspicabile intervento del legislatore, la migliore soluzione ad oggi sia di procedere con cautela e di attendere ulteriori sviluppi.