NEWSLETTER N. 4/2022

NEWSLETTER N. 4/2022
NOVITÀ NORMATIVE E GIURISPRUDENZIALI

NOVITÀ NORMATIVE

Legge 4 marzo 2022, n. 18, recante: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 7 gennaio 2022, n. 1, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore”.
In G.U. n. 56 dell’8 marzo 2022 è stata pubblicata la legge n. 18/2022, di conversione con modificazioni del Decreto Legge n. 1/2022. La legge, in vigore dal 9 marzo 2022, conferma l’obbligo vaccinale per i soggetti di età pari o superiore a 50 anni fino al 15 giugno 2022, così come la validità illimitata dei green pass rilasciati a seguito di somministrazione della dose di richiamo successivo al ciclo vaccinale primario o di guarigione successiva al ciclo vaccinale primario.
Per ciò che concerne la facoltà per i datori di lavoro di stipulare contratti di lavoro per la sostituzione di propri dipendenti e collaboratori sospesi perché non in possesso della certificazione verde COVID-19, o risultati privi della stessa al momento dell’accesso al luogo di lavoro, per un periodo non superiore a 10 giorni lavorativi, rinnovabili fino al termine del 31 marzo 2022, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso, la legge di conversione introduce la seguente precisazione: “È in ogni caso consentito il rientro immediato nel luogo di lavoro non appena il lavoratore entri in possesso della certificazione necessaria, purché il datore di lavoro non abbia già stipulato un contratto di lavoro per la sua sostituzione“.

Legge 18 febbraio 2022, n. 11, recante: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, recante proroga dello stato di emergenza nazionale e ulteriori misure per il contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19.
E’ stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 41 del 18 febbraio 2022 la legge n. 11/2022, di conversione con modificazioni del decreto-legge n. 221/2021, che aveva disposto la proroga dello stato di emergenza fino al 31 marzo 2022 e introdotto ulteriori misure per il contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19.
La legge di conversione, confermando la maggior parte delle disposizioni previste dal DL n. 221/2021, fra cui il termine al 31 marzo dello stato di emergenza, ne modifica altre, ripristinando talune tutele che il Legislatore aveva dapprima deciso di non rinnovare, ma il cui termine di efficacia viene fatto adesso nuovamente coincidere con la cessazione dello stato di emergenza.

CCNL: accordo per il rinnovo del contratto dell’edilizia.
In data 3 marzo 2022 è stato raggiunto l’accordo per il rinnovo del contratto dell’edilizia, per i lavoratori dipendenti delle imprese edili ed affini e delle Cooperative.

Ispettorato Nazionale del Lavoro, Nota 23 marzo 2022 n. 530– nuove disposizioni in materia di tirocini – prime indicazioni
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la Nota n. 530 del 2022, fornisce alcune precisazioni in merito alle nuove disposizioni introdotte in materia di tirocini dalla Legge di Bilancio 2022, in attesa dell’accordo tra Governo e Regioni per la definizione di linee-guida condivise.
In particolare, la Nota conferma il permanere dell’obbligo del riconoscimento di una congrua indennità di partecipazione, la cui mancata corresponsione comporterà una sanzione amministrativa a carico del trasgressore.
Si ribadisce inoltre che il tirocinio non può essere considerato un rapporto di lavoro, né può essere utilizzato in sostituzione di lavoro dipendente, ma il soggetto ospitante è comunque tenuto, nei confronti del tirocinante, al rispetto integrale delle disposizioni previste dal D.lgs. n. 81/2008 (Testo unico sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro).

NOVITÀ GIURISPRUDENZIALI

Corte di giustizia UE, sentenza 24 febbraio 2022, in causa n. C-262/2020.
L’orario del lavoro notturno al vaglio di alcuni principi del diritto comunitario.
Il giudizio nello Stato bulgaro che ha dato luogo al rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE era stato promosso da un dipendente pubblico del corpo dei vigili del fuoco del Ministero dell’interno che, svolgendo lavoro notturno, aveva chiesto l’applicazione di un orario di lavoro di 7 ore giornaliere, come stabilito dalla legge per i lavoratori privati e non di 8, come previsto per i lavoratori diurni del medesimo Ministero. In proposito, la Corte afferma che il diritto comunitario non impone un orario minore ai lavoratori notturni rispetto a quelli diurni, ma la invocata disciplina sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro richiede per il lavoro notturno misure appropriate che compensino il sacrificio insito in tale tipo di orario, che in casi particolari possono consistere in una riduzione dell’orario; la differenza di trattamento tra lavoratori notturni privati e pubblici può essere giustificata, in un’analisi delle concrete caratteristiche del lavoro, dal perseguimento di uno scopo legittimo, che non può peraltro essere esclusivamente quello economico.

Corte di Cassazione sentenza 17 marzo 2022 n. 9028.
Risulta responsabile il CEO per l’omessa valutazione dei rischi da COVID-19.
Con la sentenza n. 9028 del 17.03.2022, la Cassazione afferma che, laddove il dirigente preposto non abbia i poteri decisionali e di spesa in materia di salute e sicurezza, il formale datore di lavoro rimane l’unico responsabile per la valutazione dei rischi.

Corte di Cassazione, sentenza 8 marzo 2022, n. 7514.
Contro l’iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali va fatta causa all’INPS.
Le Sezioni Unite della Corte di cassazione dirimono un contrasto della giurisprudenza della sezione lavoro oscillante tra l’ipotesi di un litisconsorzio necessario dell’INPS e del concessionario e quella di un litisconsorzio provocato dalla chiamata in giudizio a istanza di parte o d’ufficio, relativamente al caso in cui il contribuente, venuto a conoscenza dell’iscrizione a ruolo di un suo debito per contributi previdenziali, chiami in giudizio il concessionario alla riscossione, chiedendo l’accertamento dell’infondatezza della pretesa creditoria, in mancanza di notifica della cartella di pagamento, e la prescrizione del credito.
La Cassazione afferma che non sussiste litisconsorzio necessario tra la parte che impugna la cartella per contributi previdenziali arretrati, l’ente impositore e il concessionario della riscossione, essendo solo il titolare del credito legittimato a controdedurre in merito alla pretesa creditoria.

Corte di cassazione, sentenza 7 marzo 2022, n. 7392
Licenziamento legittimo in caso di rifiuto al trasferimento..
La Cassazione torna ad affrontare il tema della mancata presentazione in servizio del lavoratore che ritiene illegittimo il proprio trasferimento. In particolare, la lavoratrice impugnava il licenziamento irrogatole per assenza ingiustificata per non essersi presentata presso la sede aziendale ove era stata trasferita.
La Cassazione rileva che, in ipotesi di trasferimento adottato in violazione dell’art. 2103 cod. civ., l’inadempimento datoriale non legittima in via automatica il rifiuto del lavoratore ad eseguire la prestazione, ma dovrà pur sempre essere valutato in relazione alle circostanze concrete, onde verificare se risulti contrario a buona fede.

Corte di cassazione, sentenza 3 marzo 2022 n. 7058
Nelle cause di risarcimento danni per infortuni sul lavoro o per malattie professionali mutifattoriali, il dipendente deve dedurre e provare unicamente il nesso di causalità tra le mansioni svolte e la nocività dell’ambiente di lavoro
In un giudizio di risarcimento dei danni causati da una malattia professionale, la Corte d’appello aveva respinto la domanda in ragione del fatto che il dipendente non avrebbe specificamente dedotto e provato quali norme di sicurezza sul lavoro avrebbe secondo lui violato il datore di lavoro, provocando la malattia professionale multifattoriale denunciata, La Corte cassa la sentenza della Corte d’appello, affermando che sul dipendente non grava l’onere di provare le specifiche mancanze del datore di lavoro che hanno provocato la malattia professionale, ma unicamente il nesso di causalità tra la malattia (o l’infortunio)e la nocività dell’ambiente di lavoro.

Corte di Cassazione, ordinanza 2 marzo 2022 n. 6825
Non bastano le ammissioni del datore di lavoro in sede ispettiva per condannarlo a pagare all’INPS i contributi per un collaboratore.
La Corte d’appello aveva condannato un piccolo imprenditore a versare all’INPS i contributi per una collaboratrice dell’azienda (la moglie), fondando la decisione unicamente sulle dichiarazioni rese dall’imprenditore stesso in sede di ispezione INPS, alle quali aveva attribuito l’efficacia decisiva di una confessione extragiudiziaria. La Corte cassa la sentenza, affermando che le dichiarazioni rese “contra se” dal datore di lavoro all’ispettore INPS non hanno valore di confessione extragiudiziaria perché l’ispettore non ha potere rappresentativo dell’ente di cui è pur organo, sicché le dichiarazioni sono liberamente valutate del giudice unitamente ad altri mezzi di prova.

Corte di cassazione penale, sentenza 1 marzo 2022 n. 7093
La disciplina della sicurezza sui luoghi di lavoro si applica anche con riguardo ai tirocini formativi a carico dell’impresa ospitante.
Nel giudizio per l’infortunio sul lavoro di un tirocinante curriculare, promosso a carico dell’impresa ospitante, quest’ultima aveva sostenuto che la responsabilità per la sicurezza del tirocinante gravasse sull’Università promotrice del tirocinio. La Corte smentisce la tesi difensiva richiamando la legge n. 81/2008, che estende la propria applicazione, tra gli altri, anche ai tirocini formativi.

Corte di cassazione, sentenza 1 marzo 2022 n. 6664
Nulla la conciliazione con rinuncia a diritti futuri.
In sede di conciliazione di una causa d’impugnazione del termine apposto a un contratto di lavoro della durata di 35 mesi e 18 giorni, l’impresa si era impegnata ad assumere nuovamente a termine per quattro mesi il ricorrente, il quale rinunciava, a sua volta, ad avanzare qualsiasi pretesa nascente da tale ultimo contratto. Alla cessazione di questo, peraltro, il dipendente ha promosso un nuovo giudizio, sostenendo la nullità della conciliazione e chiedendo la conversione del rapporto a tempo indeterminato, per superamento del termine massimo di durata di trentasei mesi. La Corte gli dà ragione, rilevando che la rinuncia contenuta nella conciliazione non è vera rinuncia, la quale riguarda diritti che il rinunciante ha già acquisito al proprio patrimonio, mentre nel caso considerato si tratta di un diritto futuro rispetto al momento della rinuncia, da ritenere pertanto nulla.

Corte di cassazione, sentenza 22 febbraio 2022 n. 5814
Costituisce infortunio indennizzabile l’infarto dovuto allo stress subito dal dipendente nel corso di un viaggio di lavoro.
L’infarto aveva colpito mortalmente il dipendente durante un viaggio di lavoro in Cina, a causa di una situazione di grave stress, dovuto all’annullamento di un volo, successiva inutile attesa di un volo successivo e quindi un viaggio in treno per 700 Km per partecipare a un congresso internazionale. Nel giudizio in cui la moglie e il figlio dell’infortunato avevano chiesto l’indennità dovuta ai superstiti, l’INAIL aveva eccepito la natura non violenta della causa di morte e la mancanza dell’occasione di lavoro dell’evento mortale, che infatti era occorso per cause comuni a ogni viaggiatore. La Corte afferma che l’infarto rappresenta di per sé una causa violenta di morte e che, dopo la riforma del sistema assicurativo INAIL del 2000 (D. LGS. n. 38/2000, art. 12), anche il rischio generico cui soggiace ogni persona che viaggi per lavoro, è tutelato dalla legge sugli infortuni sul lavoro, come occasione dell’infortunio “in itinere”.

Corte di cassazione, ordinanza 18 febbraio 2022 n. 5413
Ancora sulle conseguenze dell’annullamento del trasferimento d’azienda.
In un caso di annullamento del trasferimento d’azienda con conseguente prosecuzione del rapporto di lavoro col cedente, il lavoratore ceduto aveva chiesto a questi la retribuzione successiva alla cessione illegittima. L’impresa aveva eccepito la detraibilità di quanto il lavoratore aveva percepito dal cessionario nel periodo tra la cessione e il suo annullamento, essendo in questo periodo il rapporto proseguito di fatto con quest’ultimo. La Corte, applicando i principi di cui alla sentenza delle sez. un. n. 2990 del 2018, afferma viceversa che il rapporto col cessionario è “altro” rispetto a quello che continua col cedente a seguito dell’annullamento della cessione, per cui quest’ultimo continua a dovere la retribuzione, dalla quale, a differenza del risarcimento del danno, non è possibile detrarre quanto il lavoratore ha percepito nel medesimo periodo dal cessionario.

Corte di cassazione, ordinanza 17 febbraio 2022 n. 5247
Niente solidarietà del committente per i crediti per ferie non godute dei dipendenti dell’appaltatore.
In un giudizio in cui era invocata la solidarietà del committente da parte di un dipendente dell’appaltatore inadempiente per il pagamento dell’indennità ferie non godute al termine del rapporto di lavoro, l’impresa convenuta aveva anzitutto obiettato che, essendo una società a totale capitale pubblico, non le sarebbe applicabile la regola della solidarietà. La Corte nega la fondatezza di tale difesa, considerando che l’esclusione dalla solidarietà è stabilita dall’art 29 2° comma del D. Lgs. n. 276 del 2003 unicamente per le Amministrazioni pubbliche. Ciò precisato, la Corte rigetta peraltro la domanda, ricordando che la solidarietà del committente negli appalti di servizi è stabilita dalla legge unicamente con riguardo ai “trattamenti retributivi”, da intendere in senso stretto, con esclusione pertanto dei crediti aventi natura di risarcimento danno, come appunto la c. d. “indennità per le ferie non godute”. (Altrove è peraltro precisato che l’indennità ferie non godute ha natura mista, risarcitoria e retributiva ed è utile per il calcolo del T.F.R., per gli accessori e ai fini contributivi: cfr. Cass. n. 301/2020 o n. 1757/2016).

Corte di cassazione penale, sentenza 16 febbraio 2022 n. 5417
Il datore di lavoro è responsabile dell’infortunio anche se omette di predisporre cautele per evitare il comportamento imprudente dell’infortunato.
In un giudizio penale a carico del datore di lavoro per lesioni gravissime a un dipendente caduto da una scala mentre cercava di rimuovere alcuni cavi che impedivano le ulteriori lavorazioni in quota, la Corte d’appello aveva assolto l’imputato, ritenendo, per l’evento, la responsabilità esclusiva del dipendente che, non richiesto, aveva utilizzato una normale scala, presente in azienda, mentre l’impresa aveva noleggiato per gli interventi in quota un carro ponte dotato di un braccio elevatore. La Corte di cassazione cassa la sentenza (su ricorso della parte civile ai soli effetti civili), ricordando anzitutto la propria giurisprudenza quanto ai limiti rigorosi in cui è ravvisabile la responsabilità esclusiva del dipendente nella causazione dell’infortunio da lui subìto. Quindi, la Corte rileva che l’appalto col carroponte implicava che le operazioni di manutenzione in quota commesse fossero svolte dall’appaltatore. Orbene, poiché nel piano operativo di sicurezza non erano precisate le modalità di svolgimento delle operazioni in quota volte a liberare l’ambiente di pesanti ostacoli che impedivano l’intervento di manutenzione, la Corte fonda la responsabilità esclusiva del datore di lavoro nel fatto che nel piano di sicurezza questi non aveva predisposto le opportune cautele per il rischio che le operazioni preliminari venissero svolte dai propri dipendenti.

Corte di cassazione penale, sentenza 16 febbraio 2022 n. 5415
La presenza di un caposquadra non esonera il datore di lavoro per la responsabilità per l’infortunio occorso per assenza di misure di sicurezza.
In un caso d’infortunio per difetto di manutenzione della macchina sulla quale era addetto l’infortunato e sulla mancata adeguata formazione di questo, il datore di lavoro si era difeso deducendo che all’infortunio era presente il caposquadra con compiti che pertanto riguardavano anche la sicurezza dei lavori. La Corte viceversa afferma che, in assenza di una specifica delega di responsabilità per alcune operazioni a un esperto di sicurezza, il datore di lavoro è e rimane l’unico responsabile della sicurezza in azienda anche per quanto riguarda il controllo di qualità delle attrezzature usate, lo stato di manutenzione delle stesse, la presenza del libretto di istruzioni della macchina e l’eventuale abilitazione e l’adeguata preparazione del lavoratore addetto, mentre il capo squadra è semmai responsabile per eventuali prescrizioni e la vigilanza nella fase esecutiva dei lavori.

Tribunale di Roma, 21 febbraio 2022
Nullo il contratto a progetto avente ad oggetto attività di call center outbound in caso di insufficiente specificità del progetto.
Accolto il ricorso dell’operatore di call center che, in forza di plurimi contratti a progetto stipulati con lo stesso datore di lavoro aveva svolto attività di vendita e di servizi in outbound, e riconosciuta la trasformazione del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Rigettata l’eccezione di decadenza ai sensi dell’art. 32 L. 183/2010 (ritenuto inapplicabile alla domanda di accertamento del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato per l’illegittimità dei contratti a progetto) il Tribunale ha affermato che l’ammissibilità in astratto del contratto di collaborazione a progetto per l’attività in outbound non esclude l’applicazione della presunzione di subordinazione di cui all’art. 69 D.Lgs. 276/2003 qualora il progetto indicato nel contratto non rivesta i canoni della specificità e analiticità.

Tribunale di Latina, 10 febbraio 2022
Illegittima la proroga acausale oltre i 12 mesi del contratto a termine stipulato sulla base della precedente normativa, ma intervenuta dopo l’entrata in vigore del cd. Decreto Dignità.
La proroga di un contratto a tempo determinato stipulato in data anteriore all’entrata in vigore del D.L. 87/2018, effettuata successivamente al 31 ottobre 2018 e che porti al superamento dei 12 mesi di durata del rapporto, non poteva essere priva di causale, dovendo il datore rispettare i limiti imposti dalla normativa sopravvenuta. Ai fini della legittimità del termine il datore di lavoro è onerato anche della prova della avvenuta valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute.

Tribunale di Bari, 21 gennaio 2022
Procedura per trasferimento di azienda ex art. 47 l. 428/1990: è antisindacale la carenza di informazioni sull’assetto successivo alla fusione di due imprese: la rimozione degli effetti impone l’annullamento del trasferimento collettivo che ne è conseguenza.
Il provvedimento barese interviene sulla stessa vicenda già oggetto del provvedimento d’urgenza segnalato con la precedente Newsletter e giunge allo stesso esito di annullamento del trasferimento collettivo attuato a seguito a un’operazione di fusione per incorporazione (che aveva provocato la chiusura della sede presso cui i lavoratori erano addetti). La Fiom-Cgil ha lamentato la carenza delle informazioni fornite in corso di procedura, tale da impedire un’adeguata valutazione dei futuri assetti produttivi e delle ragioni del trasferimento dei lavoratori, soltanto anticipato dalle aziende.

Tribunale di Bari, 23 gennaio 2022
Delocalizzazione dell’attività e trasferimento collettivo a seguito di una fusione per incorporazione: con un provvedimento d’urgenza il Tribunale blocca l’operazione che ha il chiaro scopo di provocare la compressione della forza lavoro.
Il Tribunale accoglie il ricorso ex art. 700 c.p.c. di alcuni lavoratori avverso il provvedimento di trasferimento collettivo disposto in seguito a un’operazione di fusione per incorporazione che aveva coinvolto la Società e provocato la chiusura della sede della stessa presso cui erano addetti. Il Giudice, attraverso l’analisi di circostanze verificatesi in tempi precedenti al trasferimento dei lavoratori, consistenti in un disegno messo in atto dalla Società volte alla compressione della forza lavoro, ha escluso che i trasferimenti fossero giustificati da esigenze tecniche, organizzative o produttive. Il Giudice afferma inoltre che la scelta di disporre la prestazione del lavoro nelle forme del lavoro agile, già adottato dal 2020 in modo totalitario, sarebbe risultata, a parità di costi sostenuti e di risultato perseguito dalla Società, meno gravosa per i dipendenti.

Tribunale di Genova, 14 dicembre 2021
Inutilizzabili a fini disciplinari i dati informatici acquisiti dal datore di lavoro, se non sono rispettati i limiti della previa informazione e della sussistenza di un fondato sospetto.
Il Tribunale annulla il licenziamento disciplinare intimato a una lavoratrice che, a seguito dei controlli effettuati sulla posta elettronica aziendale da parte un soggetto incaricato dal datore di lavoro, era stata accusata di aver trasmesso ad un’altra azienda notizie riservate in violazione degli obblighi di lealtà e fedeltà. Il Giudice, condividendo il recente orientamento della S.C. sui cd. “controlli difensivi in senso stretto” (diretti ad accertare condotte illecite del singolo lavoratore) ha affermato che il potere datoriale di controllo deve rispettare alcuni limiti: la previa informativa al lavoratore, il fondato sospetto dell’illecito, la raccolta delle informazioni solo dopo l’insorgenza dello stesso e il bilanciamento tra la riservatezza del lavoratore e l’interesse aziendale.

Tribunale di Roma, 12 ottobre 2021
La totale omissione della procedura della legge 223/1991 per i licenziamenti collettivi comporta il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, anche per i contratti a tutele crescenti.
Importante pronuncia del Tribunale di Roma che, anche in forza del richiamo al diritto europeo, stabilisce un innovativo principio. In un caso di cambio di appalto, il datore di lavoro uscente aveva licenziato le lavoratrici ad esso addette per giustificato motivo, omettendo del tutto di attivare la procedura prevista per i licenziamenti collettivi (né le stesse erano state assunte dall’appaltatore subentrante). Il Tribunale accoglie il ricorso richiamando la consolidata giurisprudenza che afferma l’applicabilità, in tale ipotesi, degli obblighi stabiliti dalla legge 223 del 1991, e ordina la reintegrazione delle lavoratrici, pur se assunte dopo il 7 marzo 2015, ritenendo nullo il licenziamento e dunque soggetto all’art. 2 d.lgs. 23/2015. Tale conseguenza viene affermata con ampi richiami ai principi di diritto comunitario sul rispetto degli obblighi di cui alla Direttiva n. 129/1975/CEE e sulla necessità di apprestare in tal caso una sanzione dotata di sufficiente capacità dissuasiva.

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