NEWSLETTER n. 7/2023

Novità normative e giurisprudenziali

Novità NORMATIVE

Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto Legge 4 maggio 2023, n. 48, recante “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”.

Il Parlamento ha approvato il testo della conversione in legge del decreto Lavoro.

Il voto della Camera dei Deputati – 154 voti a favore, 82 contrari e 12 astenuti – chiude l’iter parlamentare del provvedimento, di cui si attende ora la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Diverse le novità introdotte durante il percorso parlamentare, dalla proroga dello smart working per i dipendenti della Pubblica amministrazione, all’introduzione di causali più semplici per il rinnovo dei contratti a termine, alla stretta sui fringe benefit, alla definizione dell’Assegno di inclusione che andrà a sostituire il reddito di cittadinanza.

La proroga dello smart working

Tra le novità introdotte durante i lavori parlamentari rientrano l’estensione dello smart working fino al 30.09.2023 per i lavoratori fragili, pubblici e privati, e fino al 31.12.2023 per i genitori di figli under 14 nel privato.

Fringe benefit per i genitori

La soglia dei fringe benefit nel 2023 sale a 3.000 euro (dai 258 euro prima previsti), ma solo per i dipendenti con figli a carico, e varrà anche per le utenze domestiche.

I compensi saranno esenti sia dalle tasse sia dai contributi.

Rinnovo dei contratti a termine

Vengono introdotte delle misure per rendere più flessibili i contratti a termine.

Entro i primi 12 mesi, potranno essere prorogati e rinnovati senza le cosiddette causali, introdotte nel decreto Dignità, necessarie invece per rinnovi successivi.

Ai fini del computo del termine di 12 mesi, si tiene conto dei soli contratti stipulati dallo scorso 5.05.2023, data di entrata in vigore del decreto Lavoro.

Rimosso invece il limite del 20 per cento per il personale in apprendistato rispetto ai dipendenti a tempo indeterminato.

L’Assegno di inclusione

Dall’1.05.2024 il reddito di cittadinanza andrà in pensione e al suo posto entrerà in funzione l’Assegno di inclusione.

L’Adi è rivolto alle famiglie con Isee inferiore a 9.360 euro e un reddito familiare sotto i 6.000 euro annui (o di 7.560 per le famiglie composte da persone di età uguale o maggiore ai 67 anni

o con disabilità).

I nuclei familiari che rispetteranno tutti i requisiti di accesso potranno beneficiare di un sussidio fino a 6.000 euro annui (pari a euro 500 al mese) elevabili di ulteriori 3.360 euro annui (pari a 280 al mese) a titolo di contributo affitto.

Gli «occupabili» del nucleo familiare, di età compresa tra 18 e 59 anni, dovranno intraprendere un percorso di avviamento con il centro per l’impiego.

Il beneficiario perderà l’assegno se dovesse rifiutare un’offerta con contratto di almeno un mese, e per il rifiuto di quelli fino a 6 mesi scatta la sospensione.

Il beneficiario, se non vuole perdere l’assegno, deve accettare qualsiasi offerta per contratti a tempo pieno determinato o indeterminato di durata superiore ai 12 mesi, a prescindere dalla distanza da casa.

Per contratti fino a 12 mesi o più brevi, l’obbligo di accettazione c’è solo per sedi di lavoro non più distanti di 80 chilometri e raggiungibili entro 120 minuti con i mezzi di trasporto.

Bonus estate

Dall’1 giugno al 21 settembre 2023 ai lavoratori del settore del turismo, inclusi stabilimenti termali viene riconosciuto un bonus estate pari al 15 per cento delle retribuzioni lorde per il lavoro notturno e gli straordinari, valido come trattamento integrativo speciale che non concorre alla formazione del reddito.

Libretto famiglia

Il libretto famiglia, i vecchi voucher per pagare prestazioni di lavoro occasionali a collaboratori e collaboratrici domestiche, babysitter, insegnanti di ripetizioni, potranno essere acquistati anche in tabaccheria, oltre che sul sito dell’Inps e negli uffici postali.

Le altre misure

Le donne vittime di violenza possono costituire un nucleo familiare autonomo rispetto a quello del marito, valido anche per l’accesso all’Adi, e avranno la possibilità di intraprendere percorsi di inclusione personalizzati.

Viene poi incrementato di 5 milioni di euro il fondo di sostegno per le famiglie di vittime di gravi infortuni sul lavoro.

INAIL, circolare n. 23 del 1 giugno 2023 ”Tutela degli eventi lesivi accaduti a rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza aziendali o di unità produttiva, territoriali e di sito produttivo in occasione dell’esercizio delle loro attribuzioni.”.

Con la circolare n. 23/2023 l’Inail è intervenuto in materia di tutela dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) aziendali o di unità produttiva, territoriali e di sito produttivo, nel caso in cui nell’esercizio delle loro funzioni subiscano un infortunio o intervenga un evento lesivo della loro salute ed integrità fisica.

Trattandosi di figure necessarie nell’ambito del sistema di gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro, l’Istituto ritiene che l’attività esercitata dagli RLS sia a tutti gli effetti assimilabile a quella lavorativa, in quanto mira al conseguimento degli interessi di entrambe le parti del rapporto di lavoro, anzitutto di quello datoriale a che l’attività produttiva venga svolta attuando e migliorando la salute e la sicurezza nel luogo di lavoro.

Di conseguenza, ad avviso dell’Inail, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è sempre assicurato contro gli infortuni e le malattie professionali, con oneri ricadenti sul datore di lavoro per quanto riguarda l’obbligo assicurativo.

INL, nota n. 3432 del 15 maggio 2023 “D.P.C.M. 29 dicembre 2022– Istanze per lavoro subordinato non stagionale (mod. B2020) presentate da Agenzie di somministrazione.

Anche le agenzie per il lavoro possono presentare le istanze per l’assunzione di lavoratori subordinati non stagionali nell’ambito del decreto Flussi (DPCM 29 dicembre 2022). Lo chiarisce l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, confermando l’orientamento positivo che consente alle agenzie di somministrazione di presentare le istanze di ingresso per i lavoratori non comunitari.

In particolare l’Ispettorato precisa che le Agenzie di somministrazione possano rientrare nell’alveo dei datori di lavoro, a condizione che, per ciascun utilizzatore, l’Agenzia produca il contratto di somministrazione di lavoro relativo a ciascuna istanza presentata.

INL, nota n. 716 del 26 aprile 2023 “somministrazione di lavoratori a tempo determinato nell’ambito delle attività stagionali.

Con nota n. 716/2023 l’INL ha risposto ad una richiesta presentata dall’Assosomm (Associazione Italiana delle Agenzie per il Lavoro), rispetto alla possibilità – per un’agenzia di somministrazione – di somministrare lavoratori a termine per attività stagionali con le deroghe tipiche di tale tipologia, ossia quelle previste dal capo III del D.lgs n. 81/2015.

Sul tema, il parere fornito dall’Ispettorato è che sono le previsioni del contratto collettivo applicato dall’utilizzatore a dettare la corretta disciplina della somministrazione a termine in ambito stagionale. Dal punto di vista operativo, quanto ne scaturisce – con riguardo alla somministrazione a termine – è che per poter ricorrere alle peculiarità del lavoro stagionale, occorre innanzitutto verificare se il contratto collettivo (nazionale, territoriale o aziendale) applicato dall’utilizzatore contiene eventuali deroghe, come previsto anche dall’art. 52 del CCNL delle agenzie di somministrazione di lavoro. Diversamente, in assenza di specifica disciplina collettiva, si applica la normale regolamentazione della somministrazione a termine, peraltro mantenuta inalterata dal recente decreto Lavoro (decreto-legge n. 48/2023).

Commissione Europea, seduta del 19 giugno 2023.

Aiuti di Stato: La Commissione approva le misure italiane a sostegno del costo del lavoro delle imprese nel contesto della guerra della Russia contro l’Ucraina

La Commissione Europea, nella seduta del 19 giugno 2023, ha approvato due agevolazioni per ridurre il costo del lavoro alle imprese italiane.

In particolare, la Commissione europea ha dato esito positivo alla procedura autorizzativa relativa alle agevolazioni all’assunzione di giovani lavoratori di età inferiore a 36 anni (c.d. under 36) e di donne cd. svantaggiate, fino a un massimo di 8,000 euro per contratto di assunzione.

Per essere ammissibili, i datori di lavoro privati devono aver assunto lavoratori nel periodo compreso tra il 1.07.2022 e il 31.12.2023.

La Commissione ha constatato che i regimi italiani sono in linea con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo per la crisi e la transizione. In particolare, l’aiuto:

  • non supererà 250,000 euro per beneficiario attivo nella produzione primaria di prodotti agricoli, 300,000 EUR per beneficiario attivo nei settori della pesca e dell’acquacoltura e 2 milioni di EUR per beneficiario attivo in tutti gli altri settori;
  • saranno concessi entro il 31 dicembre 2023.

La Commissione ha concluso che i regimi italiani sono necessari, adeguati e proporzionati per porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro, in linea con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del TFUE e con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo per la crisi e la transizione. Su queste basi la Commissione ha approvato le misure di aiuto in quanto conformi alle norme dell’Unione sugli aiuti di Stato.

A questo punto bisognerà aspettare l’ufficialità e la successiva circolare dell’Inps che stabilisca le modalità operative per la fruizione della decontribuzione.

Ferie non godute, attenzione alla scadenza del 30.06.2023. Possibili sanzioni.

Il 30.06.2023 scade il termine entro il quale ciascun datore di lavoro è tenuto alla verifica del monte ferie maturato nel corso del 2021 dai propri dipendenti.

Se le ferie non sono state godute, il datore di lavoro è passibile di sanzioni amministrative, oltre a dover versare anticipatamente i contributi previdenziali entro la successiva data del 20.08. 2023.

Novità GIURISPRUDENZIALI

Corte Costituzionale, sentenza 23 giugno 2023, n. 130

Il legislatore deve evitare che il differimento del TFS contrasti con la giusta retribuzione

Con la sentenza n. 130/2023 la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità del differimento della corresponsione dei trattamenti di fine servizio (T.F.S., in precedenza chiamato “buonuscita”), componente integrante della retribuzione, spettanti ai dipendenti pubblici cessati dall’impiego per raggiunti limiti di età o di servizio.

Tale differimento, osserva la Consulta, si pone in contrasto con il principio della giusta retribuzione. Il principio della giusta retribuzione, infatti, “si sostanzia non solamente nella congruità dell’ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione” (sentenza n. 159 del 2019).

La Corte riconosce di non potere “allo stato, porre rimedio, posto che il quomodo delle soluzioni attinge alla discrezionalità del legislatore”, aggiungendo poi che il legislatore dovrebbe formulare “una soluzione che, in ossequio ai richiamati principi di adeguatezza della retribuzione, di ragionevolezza e proporzionalità, si sviluppi muovendo dai trattamenti meno elevati per estendersi via via agli altri”.

Infatti, la disciplina attualmente in vigore, calibrata su una progressione graduale delle dilazioni, via via più ampie in proporzione all’incremento dell’ammontare della prestazione, finisce per “aggravare il vulnus sopra evidenziato”.

Con il comunicato stampa relativo alla menzionata decisione del 23 giugno 2023, eloquentemente intitolato “Il differimento del T.F.S. è incompatibile con la Costituzione: Pressante invito al legislatore a rimuoverlo gradualmente”, il Giudice delle leggi ha affermato che spetta al legislatore individuare “i mezzi e le modalità di attuazione di un intervento riformatore che tenga conto anche degli impegni assunti nell’ambito della precedente programmazione economico-finanziaria”.

La Corte tuttavia precisa che “la discrezionalità del legislatore al riguardo non è temporalmente illimitata. E non sarebbe tollerabile l’eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa, tenuto anche conto che la Corte aveva già rivolto al legislatore, con la sentenza n.159 del 2019, un monito con il quale si segnalava la problematicità della normativa in esame”.

Corte di Cassazione, ordinanza 21 giugno 2023, n. 17731

Precisazioni della Corte di cassazione in tema di impugnazione stragiudiziale del licenziamento.

L’impugnazione stragiudiziale del licenziamento può avvenire con ogni atto scritto.

È sufficiente che il lavoratore manifesti la volontà di contestare validità ed efficacia del provvedimento al datore.

Lo ribadisce la Corte di Cassazione con l’ordinanza 17731/2023.

Può essere utilizzato qualsiasi termine, anche non tecnico: non è infatti necessario l’utilizzo di determinate formule prestabilite. Basta ogni atto scritto con lui il lavoratore manifesti la propria volontà di contestare la disposizione, dal momento che in detta manifestazione implicita la riserva di tutela dei propri diritti davanti all’autorità giudiziaria.

Corte di Cassazione, ordinanza 20 giugno 2023, n. 17643

Cassazione: da quando decorre la prescrizione in caso di indennità sostitutiva delle ferie?

Con l’ordinanza 17643/2023, la Corte di Cassazione si esprime sulla normativa per il pagamento dell’indennità per ferie non godute, con attenzione alla prescrizione e all’onere della prova.

Nello specifico, i giudici affermano che il datore di lavoro è tenuto al pagamento dell’indennità per le ferie non godute anche dopo il periodo di prescrizione del diritto, che decorre dal termine del rapporto di lavoro, se non ha adempiuto all’obbligo di invitare il dipendente alla loro fruizione nei tempi stabiliti per legge.

Corte di Cassazione, sentenza 5 giugno 2023, n. 15676

Illegittima l’unilaterale trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale del dipendente in sede di reintegrazione.

A seguito della declaratoria di illegittimità del licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica intimato a un dipendente, la società datrice di lavoro aveva reintegrato il lavoratore in questione assegnandogli mansioni diverse da quelle svolte in precedenza e trasformando unilateralmente il contratto da tempo pieno a tempo parziale.

A fronte del rifiuto del dipendente di riprendere il lavoro a tali condizioni, la società aveva proceduto a un nuovo licenziamento per assenza ingiustificata, licenziamento che veniva annullato dalla Corte d’appello, con applicazione della tutela reintegratoria c.d. “minore”.

La Cassazione, nel confermare la sentenza di merito, ribadisce anzitutto che costituisce inadempimento all’ordine di reintegrazione nel posto di lavoro la trasformazione unilaterale del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale.

Altrettanto consolidato è l’ulteriore principio secondo cui, qualora il comportamento addebitato al lavoratore, consistente nel rifiuto di rendere la prestazione secondo determinate modalità, sia giustificato dall’accertata illegittimità dell’ordine datoriale e dia pertanto luogo a una legittima eccezione di inadempimento, il fatto contestato deve ritenersi insussistente perché privo dell’illiceità, il che comporta l’applicazione della tutela reintegratoria attenuata.

Corte di Cassazione, sentenza 31 maggio 2023, n. 15397

La compiuta giacenza della raccomandata inviata al domicilio del lavoratore è idonea a fondare la presunzione legale di conoscenza della lettera di licenziamento che contiene.

Tribunale e Corte d’Appello, nel respingere la domanda di una lavoratrice diretta all’annullamento del licenziamento disciplinare intimatole, per intervenuta decadenza dal potere di impugnazione entro 60 giorni ai sensi dell’art. 6, l. 604/66, avevano giudicato valida la comunicazione del licenziamento avvenuta per compiuta giacenza della raccomandata inviata al domicilio della lavoratrice e ciò sebbene la società datrice di lavoro avesse omesso di produrre in giudizio copia dell’avviso immesso nella cassetta.

I giudici di merito avevano in particolare ritenuto idonea a dimostrare il perfezionamento del procedimento notificatorio la produzione della ricevuta di invio della raccomandata contenente la lettera di licenziamento, accompagnata dalle schede informative di Poste Italiane dalle quali si desumevano la mancata consegna della raccomandata, il suo deposito presso l’ufficio postale e la sua restituzione al mittente all’esito della compiuta giacenza.

La Cassazione, nel rigettare il ricorso della lavoratrice, osserva che: (i) la presunzione legale di conoscenza degli atti unilaterali diretti a un determinato destinatario, di cui all’art. 1335 c.c., opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo dell’atto nel luogo indicato nella norma e può essere superata solo allorché sia fornita la prova contraria dell’impossibilità di averne notizia senza colpa da parte del destinatario; (ii) nel caso di specie, la presunzione di conoscenza della lettera di licenziamento non si fonda sulla sola prova della spedizione della raccomandata, avendo la società datrice di lavoro documentato anche le attività svolte dall’agente postale incaricato della consegna e la compiuta giacenza; (iii) la lavoratrice, dal canto suo, non è stata invece in grado di fornire la prova dell’impossibilità di avere notizia della comunicazione senza colpa, essendo la comunicazione pervenuta all’indirizzo che ella stessa aveva fornito al datore di lavoro, e non potendosi ritenere sufficiente a vincere la presunzione la mera allegazione di non avere mai rinvenuto l’avviso di giacenza nella sua casella postale.

Corte di Cassazione, sentenza 30 maggio 2023 n. 15226

In caso di successione di contratti di lavoro a termine, l’impugnazione dell’ultimo di essi non si comunica ai precedenti.

La mancata impugnazione dei contratti a termine precedenti l’ultimo non impedisce una loro considerazione incidentale per valutare l’eventuale superamento dei limiti temporali complessivi ad opera dell’ultimo.

In un caso di azione per ottenere la conversione a tempo indeterminato di una serie di contratti a termine succedutisi con brevi intervalli, la Corte conferma la decisione dei giudici di merito di decadenza del ricorrente dall’impugnazione dei contratti precedenti l’ultimo e afferma il principio di cui alla prima massima, ribadendo che l’obbligo di impugnazione stragiudiziale deve essere rispettato per ogni singolo contratto, a pena di decadenza.

Pur aderendo alla pronuncia di decadenza del ricorrente dall’impugnazione (in quanto tardiva) dei contratti di lavoro a termine antecedenti l’ultimo, la Corte accoglie il secondo motivo di ricorso del dipendente, relativo al (possibile) superamento della durata massima stabilita, dalla legge all’epoca vigente per i contratti a termine successivi con un unico datore di lavoro. in 36 mesi.

La Corte parte dall’interpretazione del diritto comunitario operata recentemente della Corte di giustizia UE (sent. 14 ottobre 2020 in causa n. C-681/18, relativa all’istituto parallelo della somministrazione), secondo la quale gli Stati membri devono adottare misure per preservare la natura temporanea del lavoro interinale, al fine di evitare l’elusione della direttiva su tale tipo di lavoro.

Trasponendo sul contratto a termine tale tipo di ragionamento e procedendo a una interpretazione del diritto nazionale allora vigente in maniera conforme al diritto comunitario, la Cassazione afferma che per ritenere temporanea l’esigenza di cui è contestata la ricorrenza nell’ultimo contratto a termine (quello tempestivamente impugnato), è necessario che la valutazione del giudice si estenda alle modalità complessive di svolgimento del rapporto, tenendo pertanto conto anche del dato fattuale, incidentalmente accertato, dei precedenti contratti in successione con lo stesso datore di lavoro.

Solo con tale tipo di accertamento è infatti possibile stabilire se con l’ultimo contratto a termine è stato superato il connotato di temporaneità rappresentato nel diritto nazionale da una durata complessiva non superiore a 36 mesi.

Corte di Cassazione, sentenza 30 maggio 2023, n. 15140

Legittimo il licenziamento del lavoratore che commette lo stesso errore per quattro volte in sei mesi.

In un caso di licenziamento per un medesimo errore nell’esecuzione del lavoro commesso dal lavoratore per quattro volte in sei mesi con recidiva multipla, la Corte, confermando il rigetto del ricorso del dipendente, osserva anzitutto che, sebbene la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva (che prevedeva il licenziamento per giusta causa in caso di recidiva multipla) non possa considerarsi vincolante ai fini della valutazione del giudice in merito alla gravità della condotta e alla proporzionalità della sanzione, nondimeno, nel valutare in concreto i fatti sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo, la scala valoriale formulata dalle parti sociali deve costituire uno dei parametri di riferimento per riempire di contenuto la clausola generale di cui all’art. 2119 c.c..

Con riferimento al caso esaminato, la Corte rileva che correttamente i giudici di merito, nel formulare la propria valutazione circa il carattere proporzionato della sanzione espulsiva, oltre ad accertare in via generale che il CCNL consentiva l’irrogazione del licenziamento nel caso di recidiva plurima, hanno altresì rilevato che, nel caso concreto, il fatto addebitato al lavoratore, tenuto anche conto di tutte le circostanze che lo connotavano, era tale da far ritenere la prosecuzione del rapporto pregiudizievole per gli scopi aziendali.

Corte di Cassazione, ordinanza 20 aprile 2023, n. 10623

Rifiuto di svolgere lavoro straordinario e giustificato motivo di licenziamento

E’ legittimo il licenziamento fondato su contestazione che ha addebitato al lavoratore la mancata effettuazione del lavoro straordinario, in spregio alla direttiva aziendale con la quale era stato stabilito l’aumento dell’orario di lavoro per ragioni di carattere produttivo.

Quanto sopra, in ragione del fatto che le modalità di determinazione ed esecuzione del lavoro straordinario possono essere oggetto di contrattazione collettiva, sicché è facoltà del datore di lavoro ordinare l’esecuzione di lavoro straordinario, nei limiti previsti dalla contrattazione collettiva.

Trattasi di principio ribadito recentissimamente da una pronunzia della Suprema Corte (la n. 10623 del 20 aprile 2023), con cui i giudici di legittimità hanno evidenziato che il d. lgs. n. 66 del 2003, all’art. 5, rimette espressamente alle parti collettive la regolamentazione dei limiti del ricorso al lavoro straordinario, con conseguente possibilità – da parte del datore di lavoro – di richiedere al lavoratore prestazioni di lavoro straordinario nei limiti stabiliti dalla contrattazione collettiva (nel caso di specie, stante le previsioni del CCNL di settore, nel rispetto della c.d. quota esente, senza preventiva consultazione o informazione alle organizzazioni sindacali e con un preavviso di almeno 24 ore).

Tribunale di Gorizia, 31 maggio 2023

La responsabilità solidale del committente per il danno alla salute subito dal dipendente dell’appaltatore ha natura contrattuale, prescrivendosi dunque nel termine ordinario di dieci anni.

Il Tribunale accoglie parzialmente il ricorso presentato da un lavoratore, impiegato in un appalto, per il danno biologico differenziale provocato da un infortunio subito nel corso della propria attività lavorativa, condannando il datore di lavoro a risarcire il danno differenziale liquidato sulla base dei consolidati orientamenti in materia.

Quanto alla responsabilità solidale del committente per i danni subiti dal lavoratore impiegato nell’appalto, viene respinta l’eccezione di prescrizione quinquennale proposta dall’appaltante, ritenendo il Giudice che la natura contrattuale dell’obbligazione di sicurezza si estenda anche alla relazione col soggetto co-obbligato ex lege in garanzia.

Tuttavia, la domanda a carico della committente viene respinta nel merito per carenza di prova della sussistenza di una specifica responsabilità di quest’ultima, che non viene ritenuta oggettiva, richiedendosi una valutazione in concreto del nesso causale tra il comportamento della committente e le inadempienze dell’appaltatore.

Tribunale di Torino, 6 febbraio 2023

Antisindacale sanzionare l’RSA per aver pubblicato su Facebook due comunicati di critica nei confronti del datore di lavoro.

Il Sindacato lamentava il comportamento antisindacale della società che aveva irrogato il provvedimento disciplinare della sospensione di otto giorni dal lavoro e dalla retribuzione alla lavoratrice, anche Rappresentante Sindacale Aziendale, accusata di aver pubblicato su Facebook, sia sul proprio profilo sia su un gruppo accessibile a tutti, una e-mail di critica rispetto all’organizzazione del lavoro e all’inquadramento contrattuale dei dipendenti di un punto vendita. Il Giudice, riconoscendo che l’e-mail in questione, oltre a rispettare i limiti della continenza formale e sostanziale, aveva pacificamente un contenuto di interesse sindacale, ha ricondotto la pubblicazione sui social al diritto affissione e di proselitismo di cui agli artt. 25 e 26 Stat. lav. e ha quindi dichiarato illegittima e antisindacale la sanzione disciplinare.

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