NEWSLETTER n. 8/2022

Novità normative e giurisprudenziali

Novità NORMATIVE

Legge 15 luglio 2022, n. 91, di conversione del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, recante: “Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina».

In vigore ed efficace dal 16 luglio 2022 la L. n. 91/2022, che converte con modificazioni il DL n. 50/2022 (cd. decreto Aiuti), mediante il quale erano state assunte misure urgenti di sostegno ai settori dell’economia e ai percettori di reddito maggiormente colpiti dagli effetti della crisi politica e militare in Ucraina, fra le quali avevamo in particolare segnalato l’erogazione di un bonus una tantum di 200 euro a favore dei lavoratori dipendenti, a particolari e ben definite condizioni.

In sede di conversione in legge sono state apportate alcune modifiche al decreto di interesse per le materie di lavoro:

Legge 29 giugno 2022, n. 79, di conversione del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, recante: “Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)».

Nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 29 giugno 2022 è stata pubblicata la legge n. 79/2022, di conversione, con modificazioni, del DL n. 36/ 2022 (cd. “Decreto PNRR“).

Per quanto riguarda le disposizioni di interesse in materia di lavoro, la legge di conversione, in vigore dal 30 giugno 2022, ha previsto una modifica all’art. 20 del DL n. 36/2022, specificando che l’INAIL promuove appositi protocolli di intesa con aziende e grandi gruppi industriali per l’attivazione di programmi, progetti e iniziative volte al contrasto del fenomeno infortunistico e al miglioramento degli standard di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, con il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Nessuna modifica è stata invece apportata alle misure di cui agli artt. 19 (Portale nazionale del sommerso) e 34 (Rafforzamento del sistema di certificazione della parità di genere).

Decreto 29 aprile 2022 recante:”Parametri per il conseguimento della certificazione della parita’ di genere alle imprese e coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e consiglieri territoriali e regionali di parita’.”

Il Dipartimento per le Pari Opportunità, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 152 del 1° luglio 2022, il decreto 29 aprile 2022 che fornisce i parametri per il conseguimento della certificazione della parità di genere alle imprese e coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e consiglieri territoriali e regionali di parità.

Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 205 del 29 ottobre 2021, pubblicato il 18 luglio 2022. Comunicazione dei rapporti di lavoro in regime di codatorialità.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato, in data 18 luglio 2022, il Decreto n. 205 del 29 ottobre 2021, che definisce le modalità operative per la comunicazione dei rapporti di lavoro in regime di codatorialità da parte dell’impresa referente individuata nell’ambito di contratti di rete stipulati ai sensi dell’articolo 3, commi 4-ter e 4-sexies, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.

Il decreto disciplina, altresì, le modalità di comunicazione dei lavoratori in distacco, ai sensi dell’articolo 30, comma 4-ter, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, nell’ambito di un contratto di rete.

Ispettorato Nazionale del Lavoro, nota n. 1451 dell’11 luglio 2022:”art. 1, commi 723-726, n. L. 234/2022 – tirocini extracurriculari – regime intertemporale

La Direzione Centrale coordinamento giuridico, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), ha emanato la nota n. 1451 dell’11 luglio 2022, con la quale fornisce alcuni chiarimenti in merito alla disciplina applicabile ai tirocini extracurriculari iniziati prima e proseguiti dopo l’entrata in vigore delle disposizioni di cui ai commi da 721 a 726 dell’art. 1 della L. n. 234/2021, nonché agli eventuali recuperi contributivi derivanti da tirocini svolti in modo “fraudolento”.

Come già evidenziato con nota prot. 530 del 21 marzo u.s., il comma 723 dell’art. 1 della L. n. 234/2021 stabilisce espressamente che “il tirocinio non costituisce rapporto di lavoro e non può essere utilizzato in sostituzione di lavoro dipendente. Se il tirocinio è svolto in modo fraudolento, eludendo le prescrizioni di cui al periodo precedente, il soggetto ospitante è punito con la pena dell’ammenda di 50 euro per ciascun tirocinante coinvolto e per ciascun giorno di tirocinio, ferma restando la possibilità, su domanda del tirocinante, di riconoscere la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a partire dalla pronuncia giudiziale”.

Al fine chiarire se tale disposizione risulti applicabile anche ai rapporti svoltisi “a cavallo” dell’entrata in vigore della L. n. 234/2021, occorre anzitutto evidenziare che trattasi di illecito di natura permanente.

Del resto, anche con circ. n. 3/2019, seppur con riferimento al reato di somministrazione fraudolenta, è stato evidenziato che la natura permanente di un illecito è caratterizzata “da un intento elusivo di norme contrattuali o imperative che trova ragione d’essere in una apprezzabile continuità dell’azione antigiuridica. La natura permanente dell’illecito, comporta che l’offesa al bene giuridico si protrae per tutta la durata della somministrazione fraudolenta, coincidendo la sua consumazione con la cessazione della condotta la quale assume rilevanza sia ai fini della individuazione della norma applicabile, sia ai fini della decorrenza del termine di prescrizione”.

Pertanto, richiamando i medesimi principi, appare possibile evidenziare che, nell’ipotesi tirocini extracurriculari proseguiti e/o conclusi dopo il 1° gennaio 2022, data di entrata in vigore della L. n. 234/2021, sia applicabile il trattamento sanzionatorio previsto dal comma 723, ove il tirocinio stesso risulti svolto in modo fraudolento.

In relazione alla corretta commisurazione della sanzione penale (ammenda di 50 euro per ciascun tirocinante coinvolto e per ciascun giorno di tirocinio) appare necessario, ancora una volta, riferirsi a quanto già chiarito con la citata circ. n. 3/2019.

Più in particolare, alla luce dei principi di cui agli artt. 1 e 2, comma 1, c.p. nonché degli orientamenti giurisprudenziali sul punto (v. Cass. sent. n. 16831/2010), si deve ritenere che il reato di cui al comma 723 si possa configurare solo a decorrere dal 1° gennaio 2022, con conseguente commisurazione della relativa sanzione per le sole giornate che decorrono da tale data.

Con riferimento alla natura fraudolenta del tirocinio, ai fini della contestazione del reato in questione, è poi sufficiente provare che il rapporto di tirocinio si è svolto come un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato. Ciò in quanto la fraudolenza consiste, secondo il dettato normativo, proprio nell’avvalersi di lavoratori nella veste di tirocinanti.

Diversamente, non potranno trovare applicazione le sanzioni amministrative di norma applicabili per le ipotesi di riqualificazione del rapporto di lavoro in termini di subordinazione (omessa comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro e omessa consegna della dichiarazione di assunzione).

Attesa la natura permanente dell’illecito in questione e una ricostruzione unitaria dell’intero rapporto in termini di irregolarità, non può che trovare applicazione anche l’ultimo periodo del comma 723 il quale fa salva la possibilità, su domanda del tirocinante, di riconoscere la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a partire dalla pronuncia giudiziale. Sul punto la citata nota prot. n. 530 ha infatti sottolineato che è il solo tirocinante a valutare una richiesta in tal senso, che andrà evidentemente a condizionare il rapporto di tirocinio nella sua unitarietà, ossia fin dall’instaurazione, anche se avvenuta in data antecedente al 1° gennaio 2022.

Ciò, tuttavia, non vale con riferimento ai profili previdenziali ed ai conseguenti recuperi contributivi, derivanti da un rapporto di tirocinio che, di fatto, ha simulato un effettivo rapporto di lavoro subordinato.

In tal caso, come evidenziato con circ. n. 10/2018, va considerato che il rapporto previdenziale intercorrente tra datore di lavoro e Istituto trova la propria fonte nella legge e presuppone  esclusivamente l’instaurazione di fatto di un rapporto di lavoro. Il rapporto previdenziale è quindi sottratto alla disponibilità delle parti (v. ad es. Cass. sent. n. 5551 del 1° marzo 2021) ed il conseguente recupero contributivo non può ritenersi condizionato dalla scelta del lavoratore di adire l’A.G. per ottenere il riconoscimento del rapporto di lavoro in capo al soggetto ospitante.

I.N.P.S., Messaggio n. 2766 del 11 luglio 2022: ”Legge 30 dicembre 2021, n. 234. Incentivo per l’assunzione di beneficiari del Reddito di cittadinanza ai sensi dell’articolo 8 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26. Istruzioni contabili. Variazioni al piano dei conti”.

L’INPS, con il messaggio n. 2766 dell’11 luglio 2022, fornisce alcuni chiarimenti interpretativi in merito alle modifiche previste dall’articolo 1, comma 74, lettera g), numero 1), della legge di Bilancio 2022 al comma 1 dell’articolo 8 del decreto-legge n. 4/2019, in materia di esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore, in caso di assunzione di quest’ultimo con contratto di lavoro subordinato.

La novella legislativa innova la previgente disciplina per due ordini di motivi:

L’Inps, inoltre, comunica la modifica del modulo telematico di domanda per il riconoscimento dell’esonero in oggetto denominato “SRDC – Sgravio Reddito di Cittadinanza – art. 8 del d.l. n. 4/2019” presente nella sezione “Portale delle Agevolazioni” (ex sezione DiResCo), al fine di recepire le modifiche sopra descritte, sia in ordine all’estensione delle fattispecie contrattuali incentivabili, sia rispetto all’introduzione dell’esonero in esame per le agenzie per il lavoro.

Al riguardo, precisa che l’importo dell’incentivo, riconosciuto dalle procedure telematiche, costituirà l’ammontare massimo dell’agevolazione che potrà essere fruita nelle denunce contributive.

Lo sgravio sarà riconosciuto in base alla minore somma tra il beneficio mensile del Rdc spettante al nucleo familiare, il tetto mensile di 780 euro e i contributi previdenziali e assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore.

Pertanto, nelle ipotesi di assunzione a tempo pieno e successiva trasformazione in part-time, sarà onere del datore di lavoro, eventualmente, riparametrare l’incentivo spettante in base ai contributi effettivamente dovuti e fruire dell’importo ridotto.

Consiglio dei Ministri, Seduta n. 87 del 7 luglio 2022. Schema di Decreto Legislativo recante:Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36 in attuazione dell’articolo 5 della legge 8 agosto 2019 n. 86, recante riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici nonché di lavoro sportivo”.

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta n. 87 del 7 luglio 2022, ha approvato, come esame preliminare, lo Schema di Decreto Legislativo “correttivo” al lavoro sportivo contenente misure di semplificazione e di contenimento degli oneri (contributivi e fiscali), per le prestazioni professionali, al fine di rendere l’impatto della riforma del 2021 più sostenibile per associazioni e società dilettantistiche.

Di seguito le novità:

  • possono iscriversi al Registro delle attività sportive dilettantistiche anche le cooperative e gli Enti iscritti al Registro Unico Nazionale del Terzo settore (RUNTS), laddove esercenti come attività di interesse generale l’organizzazione e la gestione di attività sportive dilettantistiche;
  • ampliata la facoltà di auto-destinazione degli utili per società e associazioni dilettantistiche;
  • si amplia la nozione di lavoratore sportivo, al fine di includere anche nuove figure, necessarie e strumentali allo svolgimento delle attività sportive;
  • precisati, nell’area del dilettantismo, i presupposti per l’instaurazione di rapporti lavoro sportivo autonomo, nella forma di collaborazione coordinata e continuativa;
  • digitalizzazione degli adempimenti connessi alla costituzione dei rapporti di lavoro sportivo, attraverso il Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche;
  • definita la figura del volontario sportivo;
  • consentita la sottoscrizione di contratti di apprendistato professionalizzante con giovani a partire dall’età di 15 anni;
  • agevolazioni fiscali e contributive per i lavoratori sportivi, e per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale, nell’area del dilettantismo;
  • anticipata l’abolizione del vincolo sportivo, nell’area del dilettantismo.

Novità GIURISPRUDENZIALI

Corte di Cassazione, ordinanza 13 luglio 2022, n. 22094

Legittimo il licenziamento della lavoratrice che rifiuta di sottoporsi alla visita medica disposta dall’azienda in vista dell’assegnazione di nuove mansioni.

Una lavoratrice era stata licenziata per essersi rifiutata di sottoporsi alla visita medica organizzata dal datore di lavoro che intendeva assegnarle nuove mansioni. Tribunale e Corte d’appello avevano rigettato l’impugnativa del licenziamento, ritenendo ingiustificato il rifiuto opposto dalla lavoratrice, che aveva motivato l’indisponibilità all’accertamento medico affermando che lo stesso sarebbe stato finalizzato all’assegnazione di un incarico non in linea con la propria professionalità. La Corte di Cassazione conferma la valutazione dei giudici di merito, sottolineando, da un lato, che disponendo la visita medica il datore di lavoro si era limitato ad adempiere a un obbligo previsto dalla legge a tutela della sicurezza dei lavoratori, e, dall’altro lato, che la dipendente avrebbe in ogni caso potuto impugnare l’asserito illecito demansionamento davanti agli organi competenti.

Corte di Cassazione penale, sentenza 2 luglio 2022, n. 25306

Cassazione: RdC – reclusione per i beneficiari che non dichiarano lo svolgimento di attività lavorativa

Con sentenza n. 25306 del 4 luglio 2022, la terza sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato la condanna alla pena di un anno e otto mesi di reclusione in relazione al reato di cui all’articolo 7, comma 2, della Legge 28 marzo 2019, n. 26 (di conversione del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4), per avere, quale percettore di reddito di cittadinanza, omesso di comunicare l’avvenuta assunzione o, comunque, lo svolgimento di attività lavorativa, presso una ditta, ciò indipendentemente dal fatto che il rapporto di lavoro sia stato svolto in maniera irregolare.

Corte di Cassazione, sentenza 30 giugno 2022, n. 20823

La Cassazione torna a pronunciarsi sulla ripartizione dell’onere probatorio allorché il lavoratore lamenti un danno biologico per aver operato in un ambiente insalubre.

Riformando la sentenza di primo grado, la Corte d’appello aveva respinto la domanda risarcitoria formulata dai dipendenti di una impresa operante nel settore della costruzione e della manutenzione di reti elettriche, che chiedevano la condanna del datore di lavoro al pagamento del danno biologico differenziale derivato dall’espletamento dell’attività di lavoro in assenza delle necessarie condizioni di sicurezza. I giudici di secondo grado, nel motivare la decisione, avevano affermato che i lavoratori, sui quali ricadeva il relativo onere, non avevano fornito la prova di specifiche omissioni datoriali nella predisposizione delle misure di sicurezza richieste dalla particolarità delle lavorazioni svolte. La Cassazione, accogliendo il ricorso dei lavoratori, rileva come il ragionamento della Corte d’appello in punto di ripartizione dell’onere probatorio si ponga in contrasto con l’orientamento da tempo consolidatosi in seno alla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il lavoratore che lamenti di aver subito un danno alla salute nell’espletamento delle proprie mansioni è tenuto esclusivamente a provare (i) l’esistenza del danno, (ii) la nocività dell’ambiente di lavoro e (iii) il nesso tra danno e ambiente nocivo. Una volta che il lavoratore abbia fornito tale prova, grava invece sul datore di lavoro l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie a evitare il verificarsi del danno.

Corte di Cassazione penale, sentenza 24 giugno 2022, n. 24388

Integra gli estremi del delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro la condotta del datore di lavoro che impone la trasformazione del contratto in part-time, continuando a far lavorare i dipendenti a tempo pieno, senza pagare le ore eccedenti

Nell’ambito di un procedimento penale per il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro a carico dei legali rappresentanti di una rosticceria, la Cassazione, nel rigettare il ricorso degli indagati avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale del Riesame aveva confermato il sequestro preventivo della somma di oltre 180 mila euro, quale ingiusto profitto rappresentato dalle retribuzioni non corrisposte alle dipendenti del locale, rileva come il Tribunale abbia correttamente considerato indici di una condizione di sfruttamento, rilevante ai sensi del delitto previsto dall’art. 603 bis c.p., il fatto che (i) tutti i lavoratori, dopo aver subito una modifica unilaterale del contratto di lavoro, da full-time a part-time, abbiano continuato a lavorare per un numero di ore corrispondenti al contratto a tempo pieno, percependo la retribuzione prevista dal CCNL per i contratti a tempo parziale, e che (ii) ai lavoratori non fosse consentito usufruire delle ferie, dei giorni di assenza e dei permessi previsti dalla contrattazione collettiva, essendo costretti a lavorare fino a 48 ore settimanali in alta stagione.

Corte di Cassazione, ordinanza 23 giugno 2022, n. 20313

Una nuova pronuncia della Cassazione sulla deduzione dell’aliunde perceptum o percipiendum dall’indennità risarcitoria da licenziamento annullato ex art. 18, 4° comma, S.L.

In un giudizio che aveva visto il Tribunale e la Corte d’appello dichiarare l’illegittimità del licenziamento intimato, nell’ambito di un licenziamento collettivo, a una assistente di volo per violazione dei criteri di scelta, con conseguente condanna del datore di lavoro alla reintegrazione della dipendente e al pagamento alla stessa di un’indennità risarcitoria nella misura massima di 12 mensilità, la Cassazione torna a occuparsi del tema relativo alla deduzione dall’indennità risarcitoria dell’aliunde perceptum e percipiendum. Sul punto, la Corte ribadisce quanto già statuito nella recentissima Cass. 3824/22, spiegando che il giudice, per determinare l’entità dell’indennità da corrispondere al lavoratore, deve, in primo luogo, calcolare la retribuzione spettante al lavoratore per l’intero periodo di estromissione (vale a dire dal giorno del licenziamento a quello di effettiva reintegrazione); da tale somma deve quindi sottrarre quanto il lavoratore ha percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative (aliunde perceptum), o avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione (aliunde percipiendum), nel corso del medesimo periodo; se il risultato di questo calcolo – che fornisce l’entità complessiva del danno concretamente sofferto dal lavoratore in ragione del licenziamento illegittimo – è superiore o uguale all’importo corrispondente a 12 mensilità di retribuzione, l’indennità va riconosciuta in misura pari a tale tetto massimo. Nel caso di specie, la Corte d’appello aveva disatteso tale principio, operando la detrazione dell’ aliunde perceptum direttamente sul tetto massimo delle 12 mensilità, anziché sul danno complessivamente sofferto dal lavoratore per la perdita delle retribuzioni nell’intero periodo di estromissione: per tale ragione, la Cassazione annulla la decisione di merito affidando al giudice del rinvio il compito di determinare correttamente l’indennità risarcitoria spettante alla ricorrente.

Corte di Cassazione, ordinanza 17 giugno 2022, n. 19621

Spetta il risarcimento del danno morale agli eredi dell’operaio che abbia svolto la propria prestazione lavorativa all’interno di un ambiente insalubre.

Gli eredi di un calderaio che, dopo oltre vent’anni di esposizione professionale ad amianto, aveva contratto un carcinoma del pancreas e sofferto di problemi polmonari e angina pectoris, avevano agito nei confronti dell’ex datore di lavoro dell’operaio per ottenere il risarcimento del danno biologico, morale ed esistenziale sofferto dal proprio congiunto. La domanda era stata respinta sia dal Tribunale, sia dalla Corte d’appello, che, con specifico riferimento al danno morale, avevano affermato che per provare tale tipologia di danno non è sufficiente dimostrare che la prestazione lavorativa è stata svolta all’interno di un ambiente inquinato, ma occorre anche provare l’effettività del turbamento psichico sofferto. La Cassazione, accogliendo sul punto il ricorso degli eredi e dando continuità a un’ormai consolidata giurisprudenza in materia, afferma viceversa che il danno morale, costituendo un patema d’animo non accertabile con metodi scientifici, può ben essere dimostrato facendo ricorso a presunzioni, da costruirsi sulla base di nozioni di comune esperienza, come quella – operante nel caso concreto – secondo cui chi, per anni, è sottoposto a condizioni lavorative insalubri subisce uno sconvolgimento dell’ordinario stile di vita, che merita d’essere risarcito indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato.

Corte di Cassazione, sentenza 28 marzo 2022, n. 9931.

Licenziamento disciplinare: la riconducibilità della condotta contestata alle tipizzazioni del CCNL rientra nella discrezionalità del Giudice

Nel giudizio di impugnazione del licenziamento per giusta causa, il Giudice ha la libertà di potersi “svincolare” dalle tipizzazioni del CCNL dichiarando la legittimità del licenziamento ove consideri la condotta contestata, seppur sanzionabile deal CCNL con un provvedimento conservativo, di gravità tale da non consentite la prosecuzione nemmeno temporanea del rapporto di lavoro.

Applicando tale principio, la Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa irrogato ad un medico psichiatra – dipendente di un’azienda ospedaliera – per aver intrattenuto, con una paziente dell’azienda ospedaliera affidata alle sue cure, un rapporto estraneo alla normalità e teso ad ottenere, approfittando della sudditanza che la paziente aveva nei suoi confronti, un rapporto di natura sessuale. Il medico aveva impugnato il recesso sostenendo – tra l’altro – che le condotte addebitate rientravano nella fattispecie della “molestia personale anche con carattere sessuale” sanzionata espressamente dal CCNL con la sanzione conservativa della sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino ad un massimo di sei mesi.

Sennonché la Cassazione, confermando le sentenze di primo e secondo grado, ha ritenuto che la condotta commessa dal lavoratore non fosse sussumibile nella tipizzazione della “molestia sessuale” poiché il dipendente non si era limitato a ledere “la sfera personale e sessuale della paziente“, ma aveva violato gli “obblighi fondamentali della relazione fra medico psichiatra e paziente” e le norme deontologiche. Sicché la condotta contestata era stata ritenuta integrare una fattispecie più grave sanzionabile con il recesso in tronco ai sensi di una previsione residuale del CCNL che autorizzava il datore a licenziare in tronco il dipendente in “tutti i casi di atti e comportamenti (…)  di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto.”.

In altre parole, la Suprema Corte ha affermato il principio – già sostenuto in precedenti pronunce (Cass. 7 maggio 2020 n. 8621; Cass. 7 maggio 2015 n. 9223/2015) – per cui il licenziamento per giusta causa è legittimo nei casi in cui una condotta – anche se sanzionabile dal CCNL con un provvedimento conservativo – è posta in essere con modalità tali da renderla particolarmente grave tanto da integrare giusta causa di recesso.

Corte d’appello di Bologna, 14 luglio 2022

Le indennità di cassa e di trasferta hanno natura retributiva e rientrano nella responsabilità solidale del committente.

Il Tribunale, riconoscendo la natura retributiva delle indennità di cassa e di trasferta non corrisposte al lavoratore nel corso del rapporto di lavoro con la società appaltatrice, condanna la committente alla corresponsione delle stesse ai sensi dell’art. 29, c. 2, d.lgs. 276/2003. In particolare, il Giudice ha ritenuto che l’indennità di cassa costituisca retribuzione in quanto voce riferita alla normalità del maneggio denaro; l’indennità di trasferta, invece, ha natura retributiva in quanto, nel caso di specie, le concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa (sempre fuori dal comune in cui aveva sede la società) rendono tale emolumento sistematico e non discontinuo.

Tribunale di Bergamo, 30 giugno 2022

Scatta la disciplina del lavoro subordinato, come collaborazioni etero-organizzate, per gli addetti alla promozione degli operatori telefonici, se non svolte in modalità outbound.

La lavoratrice, collaboratrice coordinata e continuativa addetta alla promozione di prodotti e offerte per la telefonia all’interno di uno stand nei corridoi di un centro commerciale, ha adito il Tribunale del Lavoro chiedendo l’applicazione dell’art. 2, comma 1, del D.Lgs 81/15, ritenendo di essere etero-organizzata.

Il Giudice, dopo aver ricostruito la fattispecie giuridica richiamando l’orientamento della Suprema Corte di Cassazione, ha ritenuto che “l’istruttoria testimoniale non lascia dubbi sul fatto che l’attività lavorativa della ricorrente fosse etero-organizzata dalla committente (…) trattandosi di prestazione prevalentemente personale, le cui modalità di svolgimento, quanto ai tempi e luoghi di svolgimento della prestazione erano fissate in via esclusiva dalla società”.

A nulla è valsa la tesi della società che faceva valere il regime di esenzione ex art. 2, co. 2, per sussistenza di una regolazione collettiva (accordo del 1° agosto 2013): il Tribunale ha infatti ritenuto che l’accordo collettivo invocato potesse applicarsi solo agli operatori telefonici outbound, restando invece escluse le figure di coloro che svolgono attività di promozioni tariffarie al di fuori dell’ambito del call center.

Il Giudice ha pertanto ritenuto applicabile la disciplina di cui all’art. 2, comma 1, D.lgs 81/15, condannando la datrice di lavoro al pagamento delle differenze retributive che la lavoratrice avrebbe maturato con contratto di lavoro subordinato, applicando il CCNL Commercio, VI livello.

Tribunale di Pavia, 19 aprile 2022

Omette di comunicare l’esito di un tampone: legittimo il licenziamento di un medico.

È legittimo il licenziamento di un medico che aveva omesso di comunicare l’esito di un tampone a cui si era sottoposta una dipendente della medesima struttura sanitaria.

Lo ha dichiarato il Tribunale di Pavia con la recente sentenza del 19 aprile 2022, dopo aver accertato che, in ispecie, sussistevano gli estremi della giusta causa di recesso.

Il caso in esame ha ad oggetto fatti risalenti all’ottobre-novembre 2020, allorché – in piena “seconda ondata” di Covid – il contagio determinava un concreto rischio di morire ed ogni negligenza poteva essere fatale.

Il medico licenziato, pur essendo stato incaricato della gestione delle “attività tamponi”, non aveva comunicato con immediatezza che una dipendente della struttura sanitaria – la quale si era sottoposta ad un tampone molecolare dopo aver appreso la notizia della positività di una sua collega di reparto – era risultata, a sua volta, positiva, con la conseguenza che quest’ultima, ignorando senza alcuna colpa tale circostanza, aveva continuato a lavorare a contatto con i suoi colleghi e i pazienti, con ovvi rischi di contagi.

Della positività di detta lavoratrice la struttura sanitaria era venuta a conoscenza solo in un momento successivo e, per giunta, non ad opera del sanitario a cui era stata affidato il summenzionato incarico, bensì della stessa dipendente contagiata dal Covid, la quale – non essendo stata informata del risultato del tampone – si era attivata personalmente rivolgendosi al medico competente per conoscerlo.

Con la pronuncia in esame – in relazione a cui non si rinvengono precedenti in termini – il Tribunale di Pavia ha rilevato che l’inescusabile condotta del medico era stata gravemente negligente ed aveva messo seriamente a repentaglio la salute non solo della collega contagiata, ma anche degli altri colleghi e dei pazienti.

Su tali presupposti, lo stesso ha, quindi, evidenziato che il comportamento tenuto dal sanitario – pur non essendo doloso, ma meramente colposo – aveva, comunque, leso il necessario vincolo fiduciario posto alla base di ogni rapporto di lavoro in modo irrimediabile e tale da non consentire la prosecuzione, neppure in via temporanea, del medesimo, con conseguente piena legittimità del licenziamento per giusta causa a lui irrogato.

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