NEWSLETTER SPECIALE PIANI VACCINALI NEI LUOGHI DI LAVORO

Con la circolare n. 15126 del 12.04.2021 è stato emesso il documento “Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19 nei luoghi di lavoro”, richiamato anche dal “Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro” del 6.04.2021, mentre con la circolare n. 15127 del 12.04.2021 il Ministero della Salute ha fornito indicazioni per la riammissione in servizio dei lavoratori dopo l’assenza per malattia Covid-19 correlata e la certificazione che il lavoratore deve produrre al datore di lavoro.

INDICAZIONI AD INTERIM PER LA VACCINAZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO.

In data 8.04.2021 è stato siglato il documento “Indicazioni ad interim per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19 nei luoghi di lavoro” che intende offrire indicazioni sulla vaccinazione anti Covid-19 nei luoghi di lavoro e sulla procedura per l’attivazione dei punti vaccinali territoriali destinati alle lavoratrici ed ai lavoratori.

Presupposti imprescindibili.

Nelle premesse delle indicazioni ad interim, viene specificato che i presupposti preliminari ed imprescindibili per la realizzazione dei punti vaccinali sono:

  1. la disponibilità di vaccini;
  2. la disponibilità dell’azienda;
  3. la presenza/disponibilità del medico competente o personale sanitario adeguatamente formato;
  4. la sussistenza delle condizioni di sicurezza per la somministrazione di vaccini;
  5. l’adesione volontaria ed informata da parte dei lavoratori;
  6. la tutela della privacy e la prevenzione di ogni forma di discriminazione dei lavoratori.

Viene, inoltre, precisato che il piano nazionale che declina le fasce di popolazione prioritarie da sottoporre a vaccinazione per patologie o per età prevede che “la vaccinazione in azienda possa procedere indipendentemente dall’età dei lavoratori, a patto che vi sia disponibilità di vaccini”.

Adesione.

L’azienda o l’Associazione di categoria di riferimento che intende aderire all’iniziativa deve darne comunicazione all’Azienda Sanitaria di riferimento, secondo modalità da disciplinare a livello della Regione o Provincia Autonoma, la quale, verificata la disponibilità dei vaccini e la sussistenza dei requisiti necessari per l’avvio dell’attività, concorda le modalità di ritiro dei vaccini a cura del medico competente o del personale sanitario individuato dal datore di lavoro. Chi ritirerà il vaccino dovrà garantirne la corretta gestione, con particolare riferimento al mantenimento della catena del freddo.

Requisiti preliminari.

  1. Popolazione lavorativa sufficientemente numerosa. Per favorire anche i datori di lavoro con pochi lavoratori o altre forme di attività, sono possibili modalità organizzative anche promosse da Associazioni di categoria o, nell’ambito della bilateralità, destinate a coinvolgere lavoratori di più imprese.
  2. Sede nel territorio dell’Azienda Sanitaria che fornisce i vaccini: il lavoratore può aderire alla vaccinazione indipendentemente dalla propria residenza, così come può decidere di essere vaccinato nei punti vaccinali delle Aziende Sanitarie.
  3. Struttura organizzativa e risorse strumentali e di personale adeguate al volume dell’attività previsto.
  4. Dotazione informatica idonea a garantire la corretta e tempestiva registrazione delle vaccinazioni.
  5. Ambienti idonei per l’attività, commisurati al volume di vaccinazioni da eseguire, sia per le fasi preparatorie (accettazione), sia per la seduta vaccinale (ambulatorio/infermeria), sia per le fasi successive (osservazione post-vaccinazione). Gli ambienti dedicati all’attività possono essere interni, esterni o mobili. L’idoneità degli ambienti destinati all’attività è valutata dall’Azienda Sanitaria che fornisce il vaccino.

Equipaggiamento minimo per la vaccinazione in azienda.

La vaccinazione in azienda deve prevedere la presenza dei materiali, delle attrezzature e dei farmaci necessari allo svolgimento in sicurezza delle attività ed al volume delle medesime.

Il medico competente o il personale sanitario individuato redige l’elenco di quanto necessario, nel rispetto anche delle indicazioni provenienti dal percorso formativo obbligatorio previsto.

Il datore di lavoro o l’Associazione di categoria di riferimento garantisce l’approvvigionamento a proprio carico di quanto ritenuto necessario dal personale sanitario individuato.

Devono inoltre essere presenti idonei strumenti informatici che permettano la registrazione dell’avvenuta inoculazionedel vaccino secondo le modalità fissate a livello regionale.

Formazione e informazione.

Il Servizio Sanitario Regionale rende disponibile l’accesso a specifici materiali formativi/informativi. Il personale coinvolto nelle operazioni di vaccinazione dovrà effettuare il corso FAD EDUISSCampagna vaccinale Covid-19: la somministrazione in sicurezza del vaccino anti SARS-CoV-2/Covid-19”, che verrà integrato con uno specifico modulo per la vaccinazione nei luoghi di lavoro a cura dell’INAIL in collaborazione con ISS.

Organizzazione della seduta vaccinale.

L’adesione da parte del lavoratore è volontaria e raccolta a cura del medico competente o del personale sanitario individuato, che potrà valutare preliminarmente specifiche condizioni di salute, nel rispetto della privacy, che indirizzino la vaccinazione in contesti sanitari specifici dell’Azienda Sanitaria di riferimento.

L’Azienda Sanitaria di riferimento può valutare di suddividere il totale dei vaccini richiesti in più consegne in base alle disponibilità delle dosi previste per la campagna di vaccinazione ordinaria.

Il vaccino deve essere somministrato tempestivamente, senza possibilità di accantonamento presso le strutture aziendali (fatte salve specifiche deroghe autorizzate dall’Azienda Sanitaria di riferimento, ove ricorrano le condizioni della corretta conservazione).

La campagna di vaccinazione negli ambienti di lavoro deve avvenire secondo modalità che garantiscano:

  • la pianificazione dell’attività con adeguato anticipo;
  • il rispetto delle misure anti-contagio;
  • un’adeguata informazione ai soggetti destinatari delle vaccinazioni;
  • accettazione dei lavoratori aderenti assicurata dal personale incaricato;
  • il rispetto della modulistica predisposta a livello nazionale relativa a scheda anamnestica e consenso informato;
  • rispetto delle indicazioni e buone pratiche relative a conservazione, preparazione e somministrazione del vaccino;
  • programmazione e preparazione alla gestione di eventuali eventi avversi;
  • rispetto delle indicazioni regionali per l’alimentazione dei flussi informativi.

Gestione del consenso.

Il medico vaccinatore:

  • informa il soggetto in merito alla vaccinazione;
  • illustra i contenuti dell’informativa ministeriale;
  • acquisisce il valido consenso alla vaccinazione, utilizzando la modulistica unificata predisposta a livello nazionale.

Registrazione della vaccinazione.

La registrazione della vaccinazione deve essere effettuata subito dopo la somministrazione, direttamente nel luogo della vaccinazione, durante il periodo di osservazione post vaccinazione, secondo le modalità previste dalla Regione/Provincia Autonoma di riferimento.

Per la registrazione di una eventuale reazione avversa occorre utilizzare le modalità di segnalazione previste dalla Regione/Provincia Autonoma di riferimento.

Osservazione post vaccinazione.

Dopo l’esecuzione delle vaccinazioni, il personale vaccinatore deve invitare il vaccinato a sostare per almeno 15 minuti negli spazi della sede vaccinale, allo scopo di intervenire immediatamente in caso di reazioni avverse, con la previsione di risorse adeguate alla gestione delle stesse.

Si raccomanda che eventuali soggetti a rischio siano indirizzati all’Azienda Sanitaria di riferimento per la vaccinazione in ambiente protetto.

Programmazione seconda dose.

L’Azienda assicura la programmazione della somministrazione della seconda dose del vaccino, ove prevista, secondo le modalità e tempistiche di ciascun vaccino.

I vaccini non sono intercambiabili: la seconda dose deve essere effettuata con lo stesso vaccino utilizzato per la prima dose, nel rispetto dell’intervallo di tempo previsto per lo specifico vaccino.

Le persone che hanno manifestato una reazione grave alla prima dose non devono sottoporsi alla seconda dose in ambito lavorativo, ma devono essere inviate alla competente Azienda Sanitaria di riferimento.

Le persone che, invece, hanno manifestato una reazione locale a insorgenza ritardata (ad esempio: eritema, prurito) intorno all’area del sito di iniezione dopo la prima dose, possono ricevere la seconda dosa in ambito lavorativo, preferibilmente nel braccio controlaterale a quello utilizzato per la prima.

Monitoraggio e controllo.

L’intero processo è sotto la supervisione dell’Azienda Sanitaria di riferimento, che per il tramite del Dipartimento di Prevenzione, può effettuare controlli sullo stato dei luoghi, sui requisiti essenziali e sulla correttezza delle procedure adottate per l’effettuazione dell’attività.

Oneri.

Tutti gli oneri sono a carico del datore di lavoro o delle Associazioni di categoria di riferimento, ad eccezione dei vaccini, dei dispositivi per la somministrazione, della messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e degli strumenti per la registrazione dell’attività vaccinale.

RIAMMISSIONE IN SERVIZIO DEI LAVORATORI DOPO ASSENZA PER MALATTIA COVID-19 CORRELATA.

Con circolare n. 15127 del 12.04.2021, il Ministero della Salute ha fornito indicazioni per la riammissione in servizio dei lavoratori dopo l’assenza per malattia Covid-19 correlata e la certificazione che il lavoratore deve produrre al datore di lavoro.

  1. Lavoratori positivi con sintomi gravi e ricovero.

Il medico competente, per quei lavoratori che sono stati affetti da Covid-19 e per i quali è stato necessario un ricovero ospedaliero, previa presentazione di certificazione di avvenuta negativizzazione, effettua la visita medica prevista dall’art. 41, comma 2, lett. e-ter del D.Lgs. n. 81 del 2008 (ossia quella precedente alla ripresa del lavoro a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi), al fine di verificare l’idoneità alla mansione – anche per valutare profili specifici di rischiosità – indipendentemente dalla durata dell’assenza per malattia.

  1. Lavoratori positivi sintomatici.

I lavoratori positivi che presentino sintomi di malattia (diversi da quelli di cui al punto A. che precede) possono rientrare in servizio dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia) accompagnato a test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (dunque: 10 giorni, di cui almeno 3 senza sintomi + test).

  1. Lavoratori positivi asintomatici.

I lavoratori positivi ma asintomatici per tutto il periodo possono rientrare al lavoro dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con riscontro negativo (dunque: 10 giorni + test).

I lavoratori di cui ai punti B. e C., ai fini del reintegro, devono inviare, anche in modalità telematica, al datore di lavoro per il tramite del medico competente, ove nominato, la certificazione di avvenuta negativizzazione.

I lavoratori positivi la cui guarigione sia stata certificata da tampone negativo, qualora abbiano nel proprio nucleo familiare convivente casi ancora positivi, non devono essere considerati contratti stretti con obbligo di quarantena e possono dunque essere riammessi in servizio con le modalità sopra richiamate.

  1. Lavoratori positivi a lungo termine.

Chi abbia contratto il Covid-19 e continui ad essere positivo al test molecolare e che non presenti sintomi da almeno una settimana (fatta eccezione per ageusia/disgeusia e anosmia), può interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi, ma non può rientrare al lavoro finché non si sarà negativizzato.

Al medico competente, ove nominato dal datore di lavoro, andrà indirizzato il referto molecolare negativo necessario per il rientro.

Per tali lavoratori, non si ravvisa la necessità da parte del medico competente, salvo specifica richiesta del lavoratore, di effettuare la visita medica precedente alla ripresa del lavoro per verificare l’idoneità alla mansione.

Il periodo eventualmente intercorrente tra il rilascio dell’attestazione di fine isolamento e la negativizzazione, nel caso in cui il lavoratore non possa essere adibito a modalità di lavoro agile, dovrà essere coperto da un certificato di prolungamento della malattia rilasciato dal medico curante.

  1. Lavoratori contatti stretti asintomatici.

Il lavoratore contatto stretto di un caso positivo deve informare il proprio medico curante, il quale rilascia la certificazione medica di malattia, salvo che il lavoratore non possa essere collocato in regime di lavoro agile.

Per la riammissione in servizio il lavoratore dovrà effettuare una quarantena di 10 giorni dall’ultimo contatto con il caso positivo, sottoporsi all’esecuzione del tampone ed ottenere il referto di negatività del tampone molecolare o antigienico, per poi informare il datore di lavoro per il tramite del medico competente, ove nominato.

OBBLIGO VACCINO PER IL PERSONALE SANITARIO.

Il D.L. n. 44 del 1.04.2021 ha introdotto, con l’art. 4, la vaccinazione obbligatoria per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario.

Il contrasto tra l’obbligo di sicurezza cui è tenuto il datore di lavoro e la libertà di vaccinazione non poteva risolversi chiaramente se non attraverso un intervento attuativo della riserva di legge di cui all’art. 32 Costituzione, per il quale nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.

i destinatari dell’obbligo di vaccinazione.

L’art. 4 individua come destinatari dell’obbligo di vaccinazione gli esercenti le professioni sanitarie, nonché gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socioassistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali.

Il legislatore non differenzia tra lavoratori subordinati ed autonomi e, dunque, indipendentemente dalla qualificazione dei rapporti giuridici, all’interno della suddetta platea rientrano i lavoratori subordinati, gli etero-organizzati, i lavoratori autonomi ed i liberi professionisti.

Lo scopo dichiarato è quello di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza.

Si discute se l’obbligo sia da intendersi esteso anche al personale non iscritto negli albi professionali sanitari e che non esercita professioni sanitarie, ma che comunque lavora all’interno di strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, nelle farmacie, parafarmacie e studi professionali.

  • Una parte della dottrina, ponendo in risalto la ratio della norma, ritiene che destinatario della stessa non sia esclusivamente il personale sanitario strettamente inteso, bensì anche tutti coloro che operano all’interno delle strutture sopracitate (e dunque anche al personale amministrativo, a quello assegnato ai lavori di pulizia e così via). Infatti, chi lavora all’interno delle realtà richiamate dalla norma, a prescindere dalle mansioni, è esposto ad un elevato livello di rischio biologico da Covid-19. Diversamente, si sostiene, si rischierebbe di collidere con quello che sembra essere il criterio funzionale di contenimento del contagio che ispira l’intervento legislativo.
  • Altra parte della dottrina, invece, ritiene esclusi tutti i lavoratori che non sono iscritti negli albi professionali sanitari e che non esercitano professioni sanitarie (così come riconosciute dal Ministero della Salute), compresi quelli che lavorano all’interno di strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, nelle farmacie, parafarmacie e studi professionali (quali, l’addetto alla sicurezza agli ingressi delle hub vaccinali regionali, gli addetti alla reception delle strutture sanitarie ed assistenziali, il personale addetto alla pulizia dei locali ed ai servizi di mensa e distribuzione pasti). Per queste categorie, il Governo non avrebbe imposto alcun obbligo vaccinale e, quindi, tali soggetti potrebbero esercitare legittimamente il diritto di autodeterminazione, anche negativa, al trattamento sanitario, pur essendo comunque a contatto con il pubblico e con altri lavoratori e, quindi, potenziali diffusori del contagio.

L’obbligo di vaccinazione sussiste sino alla completa attuazione del piano di cui all’art. 1, comma 457, della L. n. 178 del 30.12.2020, finalizzato a garantire il massimo livello di copertura vaccinale sul territorio nazionale, e comunque non oltre il 31.12.2021.

L’iter procedurale.

Per l’individuazione delle persone non vaccinate, l’art. 4 disegna la seguente procedura.

  1. Ciascun Ordine professionale territoriale competente trasmette l’elenco degli iscritti alla regione o provincia autonoma in cui ha sede; i datori di lavoro degli operatori di interesse sanitario trasmettono l’elenco dei propri dipendenti, con l’indicazione del luogo di rispettiva residenza, alla regione o alla provincia autonoma nel cui territorio operano.
  2. Entro dieci giorni dalla data di ricezione degli elenchi, le regioni e le province autonome verificano lo stato vaccinale di ciascun nominativo per il tramite dei propri servizi informativi vaccinali.
  3. Quando dai sistemi informativi vaccinali non risulta l’effettuazione della vaccinazione anti SARS-CoV-2 o la presentazione della richiesta di vaccinazione, la regione o la provincia autonoma, nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali, segnala immediatamente all’ASL i nominativi dei soggetti che non risultano vaccinati.
  4. Ricevuta la segnalazione, l’ASL invita l’interessato a produrre, entro cinque giorni dalla ricezione dell’invito, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione, l’omissione o il differimento della stessa, ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione o l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale.
  5. In caso di mancata presentazione della documentazione, l’ASL, successivamente alla scadenza del predetto termine di cinque giorni, senza ritardo, invita formalmente l’interessato a sottoporsi alla somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2, indicando le modalità e i termini entro i quali adempiere all’obbligo. In caso di presentazione di documentazione attestante la richiesta di vaccinazione, l’ASL invita l’interessato a trasmettere immediatamente e comunque non oltre tre giorni dalla somministrazione, la certificazione attestante l’adempimento all’obbligo vaccinale.
  6. Decorsi i termini di cui al punto che precede, l’ASL competente accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e ne dà immediata comunicazione all’interessato, all’Ordine professionale di appartenenza ed al datore di lavoro.

Le conseguenze del rifiuto.

  1. L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’ASL determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.
  2. Ricevuta la comunicazione relativa all’inosservanza dell’obbligo vaccinale, il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, diverse da quelle che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2 o che, comunque, implicano rischi di diffusione del contagio.
  3. Quando l’assegnazione a diverse mansioni non è possibile, per il periodo di sospensione non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato.
  4. La sospensione mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31.12.2021.

Salvo quanto disposto dall’art. 26, commi 2 e 2-bis, del D.L. n. 18 del 17.03.2020, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 27 del 24.04.2020 (lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità, nonché lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medicolegali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita) per il periodo in cui la vaccinazione è omessa o differita e comunque non oltre il 31.12.2021, il datore di lavoro adibisce i soggetti per cui la vaccinazione può essere omessa o differita a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.

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