NEWSLETTER n. 3/2022

Novità Normative e Giurisprudenziali

Novità NORMATIVE

𝗣𝗿𝗼𝗿𝗼𝗴𝗮 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗲𝗺𝗲𝗿𝗴𝗲𝗻𝘇𝗮: 𝗻𝗼𝘃𝗶𝘁𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗶 𝗰.𝗱. 𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗮𝘁𝗼𝗿𝗶 𝗳𝗿𝗮𝗴𝗶𝗹𝗶.

La L. 11 del 18.02.2022 di conversione del D.L: n. 221 del 2021, che aveva esteso lo stato di emergenza fino al 31 marzo 2022, oltre ad alcune conferme, ha introdotto ulteriori novità in materia di lavoro.

Nello specifico, viene confermata fino al 31 marzo 2022 la possibilità di ricorrere allo smartworking in modalità semplificata (senza dunque la necessità di sottoscrivere accordi individuali) e al congedo per i lavoratori genitori di figli minori di 16 anni in caso di sospensione dell’attività didattica in presenza, di infezione da Covid19 o di quarantena (qualora il figlio convivente sia minore di 14 anni è prevista un’indennità pari al 50% della retribuzione).

Le novità riguardano invece i c.d. lavoratori fragili (il decreto interministeriale del 4 febbraio u.s. ne individua le patologie) a favore dei quali vengono prorogati, sempre fino al 31 marzo 2022, il diritto a svolgere la prestazione lavorativa in modalità smartworking e, qualora questa non fosse possibile, l’equiparazione dell’assenza dal lavoro al ricovero ospedaliero con esclusione dal periodo di comporto.

Decreto interministeriale 4 febbraio 2022, recante: “Individuazione delle patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità, in presenza delle quali, fino al 28 febbraio 2022, la prestazione lavorativa e’ normalmente svolta in modalità agile.”.

Con Decreto interministeriale del 3 febbraio 2022, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 35 del 11 febbraio 2022, il Ministero della Salute, di concerto con i dicasteri del Lavoro e della Pubblica Amministrazione, ha individuato le patologie e le condizioni che danno accesso allo status di lavoratori fragili, con diritto allo smartworking fino al 28 febbraio 2022.

In particolare, il decreto delinea due casistiche specifiche, ovvero la condizione di fragilità indipendente dallo stato vaccinale e la condizione di fragilità in presenza di esenzione dalla vaccinazione per motivi sanitari e almeno una delle condizioni individuate dal decreto.

Il provvedimento stabilisce inoltre che la certificazione delle patologie e condizioni di rischio è rilasciata dal medico di medicina generale del lavoratore.

Decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 recante: “Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico.

Con il D.L. n. 4 del 27 gennaio 2022 (cd. decreto Sostegni-ter), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 21 del 27 gennaio 2022, il Governo interviene nuovamente sulla disciplina degli ammortizzatori sociali dopo le modifiche strutturali apportate dalla legge di Bilancio 2022, apportando correttivi di sistema alla riforma e con misure di sostegno per la ripresa economica delle imprese che sono ancora in difficoltà.

In particolare, viene riproposto l’esonero contributivo previsto dal D.L. n. 104 del 2020, a favore delle aziende del settore del turismo o degli stabilimenti termali che assumono lavoratori stagionali.

Infatti, le aziende del settore del turismo e gli stabilimenti termali, per le assunzioni di lavoratori a tempo determinato, anche di tipo stagionale, avvenute nel periodo dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo 2022, possono beneficiare dell’esonero totale (100%) dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, nel limite della durata dei contratti di lavoro stipulati, e comunque per un periodo massimo di 3 mesi decorrenti dalla data di assunzione.

In caso di trasformazione a tempo indeterminato di questi contratti a termine, l’esonero contributivo è riconosciuto per un periodo massimo di ulteriori 6 mesi dalla data della conversione.

Si interviene anche in tema di contribuzione addizionale: i datori di lavoro di determinati settori particolarmente colpiti dall’emergenza epidemiologica – alberghi e agenzie di viaggio, ristoranti, bar, mense e catering, parchi divertimento, stabilimenti termali, discoteche, sale giochi, musei – i quali, a decorrere dal 1° gennaio 2022 e fino al 31 marzo 2022, sospendono o riducono l’attività lavorativa ricorrendo alle integrazioni salariali ai sensi del D.Lgs. n. 148 del 2015, sono esonerati dal pagamento della contribuzione addizionale.

Sempre in materia di contributo addizionale, la Legge di Bilancio 2022 aveva previsto, dal 1° gennaio 2022, l’eliminazione dell’esonero dal versamento della contribuzione addizionale in favore delle imprese del settore della fabbricazione di elettrodomestici con organico superiore alle 4000 unità e con unità produttive site nel territorio nazionale, di cui almeno una in un’area di crisi industriale complessa.

Il decreto Sostegni-ter estende l’applicabilità dell’esonero dal pagamento del contributo addizionale anche a favore delle imprese del settore della fabbricazione di elettrodomestici con organico superiore alle 4000 unità che al fine di mantenere livelli occupazionali abbiano stipulato contratti di solidarietà.

Il decreto, all’art. 19, comma 6, interviene anche in materia di detrazioni per figli a carico con due norme di coordinamento.

Poiché a decorrere dal 1° marzo 2022 l’assegno unico e universale costituirà il principale beneficio

economico attributo alle famiglie con figli minorenni (e a partire dal settimo mese di gravidanza) o figli maggiorenni fino al ventunesimo anno d’età che siano studenti, le detrazioni per figli a carico, come disciplinate dalla nuova lettera c), comma 1, art. 12 del TUIR, spetteranno solo per i figli, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi o affidati, di età pari o superiore a 21 anni fiscalmente a carico.

Viene inoltre inserito nell’art. 12 del TUIR il nuovo comma 4-ter, il quale specifica che i figli per i quali non spetta la detrazione per figli a carico debbano considerarsi al pari dei figli per ogni altra detrazione o agevolazione fiscale. Ciò implica, ad esempio, che i genitori possano comunque continuare a detrarre le spese mediche e scolastiche sostenute per figli fino a 21 anni, benché per gli stessi non spettino più le detrazioni d’imposta per figli a carico.

Ispettorato Nazionale del Lavoro, circolare 16 febbraio 2022 n. 1, art. 37, D.Lgs. n. 81/2008 come modificato dal D.L. n. 146/2021 (conv. da L. n. 215/2021) – obblighi formativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Immagine che contiene testo

Descrizione generata automaticamenteL’INL, con circolare n. 1 del 16 febbraio 2022, approfondisce le novità sugli obblighi formativi in materia di salute e sicurezza del lavoro che interessano datori di lavoro, dirigenti e preposti, in seguito alla modifica all’articolo 37, D.Lgs. 81/2008, apportata con l’articolo 13, Decreto Legge 146/2021.

Vediamo di seguito le principali indicazioni che evidenziano quali aspetti verranno già considerati ai fini ispettivi.

Una prima novità è contenuta nel nuovo comma 7 del citato art. 37, secondo il quale “il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo”.

La novità nello specifico è il coinvolgimento dei datori di lavoro nell’obbligo formativo.

L’Ispettorato del lavoro sottolinea che le modalità di attuazione devono essere concordate in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 30 giugno 2022.

Fino ad allora, sottolinea l’Ispettorato del lavoro, restano in vigore e vanno considerati gli obblighi già previsti dal Testo Unico anche in relazione alla formazione di dirigenti e preposti e alle modalità esclusive in presenza e con cadenza almeno biennale.

La carenza di questi requisiti attualmente non potrà comportare l’adozione del provvedimento di prescrizione ai sensi del D.Lgs. n. 758/1994 (si tratta del meccanismo per cui l’organo di vigilanza che accerta la violazione impartisce al contravventore l’obbligo di regolarizzazione entro un termine massimo di sei mesi prorogabile per una sola volta di ulteriori sei mesi e, in caso di adempimento, con il pagamento di una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda prevista il contravventore ottiene l’estinzione del procedimento penale).

In sintesi, per la formazione di datori di lavoro dirigenti e preposti non ci sono novità già operative.

Un’altra rilevante novità introdotta in sede di conversione del Decreto Legge n. 146/2021 riguarda invece i nuovi obblighi di addestramento che sono già in buona parte operativi secondo la circolare.

In precedenza, infatti, si richiedeva che lo svolgimento dell’addestramento avvenisse sotto la guida di “personale esperto“, mentre si prevede ora specificamente la necessità di prove pratiche “per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; l’addestramento consiste, inoltre, nell’esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza. Gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato”.

Questi aspetti, afferma la circolare, a differenza dei precedenti, trovano immediata applicazione.

Si specifica anche che il tracciamento degli addestramenti in un “apposito registro informatizzato riguarderà le attività svolte successivamente all’entrata in vigore del provvedimento e cioè dal 21.12.2021 e che comunque non rileva ai fini sanzionatori.

Sul tema però l’Ispettorato del lavoro si riserva l’emanazione di una specifica disposizione.

L’Ispettorato precisa che in una successiva circolare darà indicazioni in relazione alle ulteriori novità introdotte dal D.L. 146/2021.

Ispettorato Nazionale del Lavoro, nota n. 151 del 2 febbraio 2022, Parere su condizioni di revoca del provvedimento di sospensione ex art. 14 D.Lgs. n. 81/2008.

In risposta ad un quesito concernente le condizioni necessarie ai fini della revoca del provvedimento, laddove lo stesso sia stato adottato per l’irregolare occupazione di lavoratori impiegati nel settore agricolo e nei settori produttivi caratterizzati dalla stagionalità o dalla natura avventizia delle prestazioni di lavoro, l’Ispettorato del lavoro chiarisce che le condizioni di legge necessarie per la revoca del provvedimento di sospensione sono, oltre al pagamento della somma aggiuntiva, la regolarizzazione dei lavoratori in nero, di norma “mediante le tipologie contrattuali indicate dalla disciplina in materia di maxisanzione”.

Nel caso in questione resta sempre possibile la regolarizzazione del personale interessato con soluzioni contrattuali diverse, che devono in ogni caso essere compatibili con la prestazione di lavoro subordinato già resa.

INPS, messaggio 14.02.2022 n. 721, Servizio verifica Certificazione verde Covid-19 (green-pass). Ulteriore funzionalità servizio “Greenpass50+”. Verifica green-pass per gli ultracinquantenni

L’INPS, con il messaggio n. 721 del 14 febbraio 2022, comunica che, a partire dal 15 febbraio 2022, l’Istituto, in ottemperanza al Decreto Legge n. 1/2022, fornisce l’esito della verifica del green-pass (positivo o negativo) tenendo conto del requisito anagrafico.

In particolare, per gli over50, così come individuati dal citato decreto-legge, è verificato il green-pass “rafforzato” (da vaccinazione o da guarigione), mentre per i restanti soggetti è verificato il green-pass “base” (da vaccinazione, da guarigione o da tampone negativo).

INPS, circolare 09.02.2022 n. 23, Decreto legislativo 29 dicembre 2021, n. 230, recante: “Istituzione dell’assegno unico e universale per i figli a carico, in attuazione della delega conferita al Governo ai sensi della legge 1° aprile 2021, n. 46”. Istruzioni contabili. Variazioni al piano dei conti

Con circolare n. 23/2022 l’Inps fornisce istruzioni operative sull’assegno unico e universale per i figli a carico istituito dal D.Lgs. n. 230/2021 a decorrere dal 1° marzo 2022, pronunciandosi su tutti gli aspetti normativamente rilevanti della misura: ambito di applicazione, requisiti, ISEE, criteri per la determinazione, presentazione della domanda, decorrenza, riscossione, compatibilità con altre misure.

L’Istituto illustra inoltre le modifiche agli adempimenti in qualità di sostituto d’imposta.

Novità GIURISPRUDENZIALI

Corte di giustizia UE, sentenza 10 febbraio 2022, in causa n. C-485/2020

Nei limiti di un onere non sproporzionato, il datore di lavoro deve assegnare un diverso posto di lavoro compatibile al dipendente, anche in fase di tirocinio, divenuto, per inabilità, inidoneo al lavoro per cui è stato assunto.

La Convenzione ONU sui diritti di persone con disabilità sottoscritta anche dalla Comunità e la direttiva comunitaria in materia prevedono, com’è noto, diverse misure, per l’ente pubblico e per i privati, che consentano alle persone con disabilità di poter esercitare, tra l’altro, il diritto al lavoro in condizioni di parità rispetto agli altri; tra di esse, numerosi impegni gravano sul datore di lavoro, anche in caso di sopravvenienza dell’inabilità in corso di rapporto. Nel caso in esame, il giudice belga aveva chiesto alla Corte se fra questi obblighi fosse compreso anche quello di ricerca in azienda di una nuova occupazione compatibile e ciò anche nel caso che si tratti di un dipendente in tirocinio post assunzione. La Corte conferma che la misura dell’attribuzione di una nuova posizione di lavoro costituisce uno dei modi principali per il recupero dell’invalido sul piano lavorativo, nel quadro di un ragionevole accomodamento imposto al datore di lavoro nei limiti di un onere non sproporzionato. La Corte afferma altresì che le misure sono applicabili anche ai tirocini post assunzione, purché retribuiti e svolti sotto le direttive del datore di lavoro.

Corte di cassazione, ordinanza 7 febbraio 2022 n. 3824

Sulla deduzione dell’aliunde perceptum o percipiendum dall’indennità risarcitoria da licenziamento annullato ex art. 18, 4° comma S.L.

Nel giudizio un cui era stato annullato un licenziamento collettivo per violazione dei criteri di scelta (il caso è quello della pluralità di imprese costituenti unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro, che operano la scelta del personale da licenziare nell’ambito di una sola delle pseudo-imprese autonome), era stato posto anche il tema della deduzione dall’indennità risarcitoria dell’aliunde perceptum e percipiendum. In proposito, oltre a ribadire che ambedue i dati continuano, anche dopo la legge Fornero, a costituire oggetto di eccezione, che pertanto è onere del datore di lavoro dedurre e provare, la Corte ha affermato che nel caso d’indennità risarcitoria, determinata nella misura delle retribuzioni perse, ma con il limite massimo di 12 mensilità, la deduzione del percepito e del percipiendo va effettuata rispetto all’intero valore delle retribuzioni perse e non direttamente sulle 12 mensilità, sicché queste vengono incise solo se e nella misura in cui la differenza tra retribuzioni dovute dal momento del licenziamento a quello della reintegrazione e quanto percepito o percipiendo dal lavoratore nel medesimo periodo risulti superiore a dodici mensilità.

Corte di cassazione, ordinanza 7 febbraio 2022 n. 3768

Inapplicabile il divieto d’interposizione se l’interponente è una società “in house”.

Nel caso in esame, la Corte d’appello di Napoli aveva dichiarato il rapporto di lavoro della lavoratrice di una società imputabile a una diversa società a intero capitale regionale, a causa dell’interposizione vietata della prima (interposta) alla seconda (interponente), vera datrice di lavoro. La Corte di cassazione cassa la decisione, ricordando che le garanzie dei dipendenti contro l’interposizione vietata di lavoro non si applicano ai contratti di appalto delle PA, in considerazione dell’obbligo per queste di assumere personale dipendente mediante pubblico concorso; obbligo che la legge ha esteso anche alle società a totale partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali.

Corte di cassazione penale, sentenza 2 febbraio 2022 n. 3724

Un caso di estorsione con velata minaccia di licenziamento.

Il reato di estorsione riguarda chi, con violenza o minaccia, costringe alcuno a fare od omettere qualcosa, procurando a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. In un giudizio penale a carico di un imprenditore che vessava alcuni dipendenti con orari di lavoro assurdi e non adeguatamente retribuiti, accompagnando le pretese con un “e se non va bene, siete liberi di andarvene”, la Corte d’appello aveva assolto l’imputato non ravvisando minaccia, perché sarebbe stata lasciata ai dipendenti libertà di scelta e inoltre perché non si poteva ritenere che questi, alla luce della loro condizione personale e familiare, si trovassero rispetto all’imprenditore in una situazione di soggezione. La Cassazione, su denuncia di due lavoratori, costituitisi poi parti civili per ottenere il risarcimento del danno, cassa la sentenza agli effetti civili, rilevando che la minaccia di per sé contiene l’idea di libertà del minacciato di non fare quanto richiesto, col conseguente danno (nel caso di specie il licenziamento, velatamente prospettato dal datore di lavoro, attraverso l’apparente invito ad andarsene spontaneamente) e che, per configurare una posizione di debolezza della parte minacciata non rilevano le condizioni personali ma quelle di mercato, che vedono appunto costantemente prevalere l’offerta sulla domanda di lavoro.

Corte di cassazione, ordinanza 1° febbraio 2022 n. 3076

E’ l’INPS il necessario destinatario della domanda giudiziaria di omesso pagamento di quanto dovuto al lavoratore durante il periodo di malattia.

Un lavoratore, al quale non era stato corrisposto alcun importo durante un lungo periodo di malattia, chiese giudizialmente il pagamento della “retribuzione” al datore di lavoro, in quanto obbligato ad anticipare l’indennità di malattia al dipendente. La Corte rigetta la domanda, escludendo che il datore di lavoro sia il soggetto passivo del rapporto dedotto in giudizio e confermando l’orientamento secondo cui le prestazioni previdenziali (quali l’indennità di malattia, ma non solo) nelle quali il datore di lavoro è tenuto ad anticipare gli importi dovuti al lavoratore, la domanda di pagamento della prestazione omessa dal datore di lavoro va diretta all’ente previdenziale, quale effettivo titolare dal lato passivo del rapporto obbligatorio previdenziale.

Corte di cassazione, sentenza 31 gennaio 2022 n. 2876

Il patteggiamento ha efficacia di giudicato nel procedimento disciplinare, quanto all’accertamento del fatto, alla sua illiceità e alla dichiarazione che l’imputato l’ha commesso.

In un giudizio d’impugnazione del licenziamento per falsa attestazione della presenza in ufficio di un dipendente della P.A. per la quale questi era stato destinatario di una condanna su richiesta delle parti (c. d. “patteggiamento”), il lavoratore aveva sostenuto che il patteggiamento non costituirebbe piena prova nel procedimento disciplinare, il quale deve svolgersi in maniera autonoma. Nel respingere la tesi difensiva, la Corte ribadisce il principio di cui alla massima, per cui, fermi restando i fatti, la loro illiceità e la responsabilità dell’autore, il procedimento disciplinare mantiene una propria autonomia, in particolare sotto il profilo della valutazione della gravità dei fatti e della proporzionalità della reazione espulsiva, nella prospettiva della continuità del rapporto di lavoro.

Tribunale di Roma, 10 gennaio 2022

Nella retribuzione dei giorni di ferie vanno computate le indennità non occasionali collegate alle mansioni svolte dal lavoratore.

Il Tribunale accoglie il ricorso di alcuni lavoratori del settore ferroviario che chiedevano il pagamento delle differenze retributive dovute al mancato riconoscimento, nella retribuzione corrisposta per i giorni di ferie, delle voci di “indennità di utilizzazione professionale” e di “indennità per assenza dalla residenza”, le quali a norma dei contratti collettivi applicabili non vanno computate nella retribuzione o sono corrisposte soltanto in misura forfettaria.

Il Giudice, richiamato il principio espresso della Corte di Giustizia, per cui il lavoratore in ferie deve mantenere la stessa retribuzione corrisposta ordinariamente, ha affermato che dette indennità, essendo continuative e intrinsecamente collegate alle mansioni svolte, debbano essere riconosciute anche per i giorni di ferie e ha dichiarato l’illegittimità delle contrastanti previsioni dei contratti collettivi.

Tribunale di Milano, 10 novembre 2021

Il divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo durante il periodo emergenziale si applica anche ai dirigenti. È comunque discriminatorio, per motivi di età, il recesso effettuato sulla base del requisito anagrafico e della prossimità alla pensione.

Il Tribunale accoglie il ricorso di un dirigente licenziato per motivo economico durante il periodo di vigenza del cd. blocco dei licenziamenti e ne ordina la reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi dell’art. 18, co. 1, Stat. lav. Il Giudice ha ritenuto che il divieto di licenziamento dovesse applicarsi anche ai dirigenti sulla base di una interpretazione complessiva e costituzionalmente orientata della disciplina: una diversa lettura, anche considerando l’applicazione ai dirigenti del divieto di licenziamenti collettivi, darebbe luogo ad una irragionevole disparità di trattamento. Nel merito delle ragioni del recesso, il Tribunale ha ritenuto che il recesso basato sulla finalità di riduzione dei costi del lavoro, allontanando la figura dirigenziale più costosa solo perché a breve avrebbe raggiunto i requisiti per l’accesso alla pensione, costituisce discriminazione per ragioni di età.

Tribunale di Catania, 4 novembre 2021

Illecito l’appalto di servizi di call center, quando il committente si ingerisce nell’organizzazione dell’appaltatore, anche attraverso la fornitura e il controllo costante degli applicativi indispensabili per lo svolgimento della prestazione.

Il Tribunale catanese accoglie il ricorso di alcuni lavoratori che avevano contestato la legittimità – ex art. 29 d.lgs. 276/2003 – di un appalto di servizi di call center e customer-care di un operatore telefonico, che peraltro aveva avuto origine in una precedente esternalizzazione di ramo d’azienda. Dall’istruttoria svolta erano emersi numerosi indici di mancata autonomia dell’appaltatore e di esercizio da parte del committente di poteri di organizzazione e direzione dei lavoratori: ad esempio numerose email inviate direttamente ai lavoratori e la presenza di personale esperto del committente per funzioni di coordinamento. Tra i criteri valutati, significativi i passaggi in cui si assegna rilievo alla facoltà riconosciuta alla committente dal contratto d’appalto di chiedere la rimozione del personale dalla mansione assegnata e, soprattutto, l’utilizzo da parte dell’appaltatore di sistemi applicativi della committente, la quale gestiva le credenziali di accesso e aggiornava periodicamente le procedure di utilizzo, così esercitando un potere conformativo della prestazione degli addetti al servizio.

Corte Cassazione, 22 settembre 2021, n.25731

Controlli a distanza – L’assenza della preventiva informativa ex art. 4 St. lav. preclude l’utilizzabilità ai fini disciplinari della chat aziendale.

La chat aziendale, destinata alle comunicazioni di servizio dei dipendenti, è qualificabile come strumento di lavoro ai sensi dell’art. 4, comma 2, st. lav. novellato, essendo funzionale alla prestazione lavorativa, con la conseguenza che le informazioni tratte dalla chat stessa, a seguito dei controlli effettuati dal datore di lavoro, sono inutilizzabili in mancanza di adeguata informazione preventiva ex art. 4, comma 3, St. lav. Nel caso in esame è stata confermata l’illegittimità del licenziamento comminato a una lavoratrice – per avere inviato ad una collega, su una chat aziendale, messaggi offensivi -, sul presupposto che il datore fosse venuto a conoscenza dei messaggi stessi in occasione di un controllo tecnico del quale non era stata data alcuna preventiva comunicazione alla lavoratrice medesima.

NEWSLETTER SICUREZZA SUL LAVORO

Decreto Legge 21 ottobre 2021, n. 146, coordinato con la legge di conversione 17 dicembre 2021, n. 215, recante «Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili.».

L’art. 13 del D.L. n. 146 del 2021, come convertito dalla L. n. 215 del 2021, ha introdotto rilevanti modifiche all’art. 37 del D.Lgs. n. 81 del 2008 (c.d. Testo Unico Sicurezza sul Lavoro) che disciplina gli obblighi formativi in materia di salute e sicurezza del lavoro.

Intervenendo sul testo dell’art. 13, in sede di conversione in legge, il Senato della Repubblica ha licenziato un testo normativo che porta con sé importanti novità sulla operatività concreta del D.Lgs. n. 81 del 2008 con un indubbio innalzamento delle tutele, con specifico riguardo alla formazione, all’addestramento, al ruolo dei preposti, ai casi di sospensione dell’impresa.

Inoltre, si interviene sul tema delle regole di utilizzo dei lavoratori autonomi occasionali ed in particolare sul computo dei lavoratori privi di preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, ai fini del calcolo del 10% per procedere all’emissione di un provvedimento di sospensione dell’attività lavorativa e sull’obbligo, da parte dei committenti, di comunicare l’avvio dell’attività dei soggetti inquadrati come lavoratori autonomi occasionali.

Le novità introdotte sono state successivamente oggetto di chiarimenti da parte dell’INL: la circolare 16 febbraio 2022 n. 1 ha specificato gli obblighi formativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro; la circolare 9 dicembre 2021 n. 4 ha elencato le condizioni in presenza delle quali le violazioni di cui all’Allegato I del nuovo Allegato I al D.Lgs. n. 81 del 2008 comportano l’irrogazione del provvedimento di sospensione dell’impresa; la Circolare 9 novembre 2021 n. 3 ha fornito indicazioni in merito all’istituto della sospensione dell’attività imprenditoriale; la nota 2 febbraio 2022, n. 151, ha fornito un parere sulle condizioni di revoca del provvedimento di sospensione; la nota 11 gennaio 2022 n. 29 è intervenuta sull’obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali ed infine la nota 27 gennaio 2022, n. 109 ha fornito ulteriori chiarimenti sempre sul tema del lavoro autonomo occasionale.

Si propone di seguito una breve sintesi delle novità introdotte.

Nuovi obblighi in tema di formazione e addestramento.

Quanto alla formazione, di rilievo appaiono le modifiche apportate ai commi 2 e 7 dell’art. 37 del D.Lgs. n. 81 del 2008 per prevedere anzitutto che entro il 30 giugno 2022 la Conferenza permanente Stato-Regioni adotti un Accordo nel quale si accorpino, rivisitati e modificati, gli Accordi attuativi del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro in materia di formazione in modo da garantire:

  • l’individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro;
  • la specificazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa.

Altro profilo di novità importante il coinvolgimento in piena equiparazione del datore di lavoro ai dirigenti e ai preposti per l’obbligo di ricevere una formazione adeguata e specifica e un aggiornamento periodico in base ai compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro svolti, esattamente secondo quanto stabilito nell’Accordo adottato in Conferenza Stato-Regioni.

In merito all’addestramento si stabilisce in primo luogo che l’addestramento consiste in una prova pratica, per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale oltreché nella esercitazione applicata nel caso di procedure di lavoro in sicurezza, con la previsione espressa dell’obbligo di tracciare in apposito registro (anche informatizzato) gli interventi di addestramento effettuati (art. 37, comma 5, D.Lgs. n. 81 del 2008).

Per assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione e l’aggiornamento periodico dei preposti, le attività formative degli stessi devono essere svolte interamente con modalità in presenza e ripetute, con cadenza almeno biennale e in ogni caso quando si rende necessario per l’evoluzione dei rischi già esistenti o per l’insorgenza di nuovi rischi (art. 37, comma 7-ter, D.Lgs. n. 81/2008).

A rinforzare tale previsione la miniriforma porta con sé l’applicazione della pena alternativa dell’arresto da due a quattro mesi o dell’ammenda da Euro 1.474,21 a 6.388,23.

Il preposto.

La legge di conversione del D.L. n. 146 del 2021 interviene sugli artt. 18 e 19 del D.Lgs. n. 81 del 2008 per meglio specificare le funzioni del preposto, che nel contesto del sistema di gestione aziendale della sicurezza sul lavoro assume ora un ruolo di primaria delicatezza e di assoluta centralità (accanto a datore di lavoro e dirigente).

Si stabilisce l’obbligo per datore di lavoro e dirigenti (che organizzano e dirigono le attività secondo le attribuzioni e competenze conferite) di individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza stabilite dall’art. 19 del Testo Unico, affidando ai contratti collettivi di lavoro la possibilità di stabilire la misura dell’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di vigilanza affidate, ma anche prevedendo che il preposto non possa subire alcun pregiudizio per lo svolgimento della propria attività (art. 18, comma 1, lettera b-bis), D.Lgs. n. 81 del 2008).

Tale misura di tutela è rafforzata dalla previsione della sanzione penale: arresto da due a quattro mesi o ammenda da Euro 1.500 a 6.000.

Il richiamato art. 19, comma 1, del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro viene modificato per prevedere che il preposto ha il dovere di:

  • sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori degli obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
  • sovrintendere e vigilare sul corretto uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione.

D’altro canto, si stabilisce che quando il preposto rileva comportamenti non conformi in merito alle disposizioni e alle istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti rispetto alle misure, ai dispositivi e agli strumenti protezione collettiva e individuale, lo stesso preposto è obbligato a intervenire per modificare il comportamento non conforme, provvedendo a fornire le necessarie indicazioni di sicurezza.

Se le disposizioni impartite dal preposto non vengono attuate e persiste l’inosservanza rilevata, il preposto deve interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti.

Per tale specifica funzione obbligatoria del preposto il D.L. n. 146 del 2021 convertito prevede l’applicazione della pena dell’arresto fino a due mesi o dell’ammenda da 491,40 a 1.474,21 euro.

Inoltre, al preposto è fatto obbligo di interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate, se rileva carenze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la sua attività di vigilanza: anche tale funzione è presidiata dalla sanzione penale alternativa dell’arresto fino a due mesi o dell’ammenda da 491,40 a 1.474,21 euro.

La rinnovata importante investitura di tutela preventiva e contestuale ulteriormente riconosciuta dalla norma al preposto si muove anche nei riguardi specifici delle attività svolte in regime di appalto o di subappalto, stabilendo che i datori di lavoro appaltatori e subappaltatori hanno l’obbligo di indicare espressamente e nominativamente al committente il personale dagli stessi individuato per svolgere le funzioni di preposto (art. 26, comma 8-bis, D.Lgs. n. 81/2008).

La rilevanza di tale obbligo di designazione e informativo è evidenziata dalla circostanza che l’inosservanza è penalmente sanzionata con la pena alternativa dell’arresto da due a quattro mesi o dell’ammenda da 1.500 a 6.000 euro.

Sospensione dell’impresa

La riscrittura dell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008 pone una fondamentale attenzione sui nuovi presupposti per l’adozione del provvedimento a contrasto del lavoro irregolare e a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, come sottolineato dall’INL nelle circolari n. 3/2021 e n. 4/2021.

Anzitutto la circolare n. 3/2021 cancella ogni forma di discrezionalità, in quanto il personale ispettivo deve ora adottare il provvedimento ricorrendo i nuovi presupposti individuati dalla norma, senza nessuna valutazione di tipo discrezionale (scompare, infatti, dal testo di legge “possono adottare” sostituito dal verbo “adotta”).

L’INL, peraltro, sottolinea che nell’adottare il provvedimento sospensivo gli Ispettori devono comunque valutare l’opportunità di farne decorrere gli effetti in un momento successivo (“dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta”), secondo quanto previsto dall’art. 14, c. 4, D.Lgs. n. 81 del 2008, richiamando testualmente la circolare n. 33 del 2009 del Ministero del lavoro.

La circolare n. 3/2021 però ribadisce l’esigenza di sospendere con effetto immediato le attività nelle quali “si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità”.

In particolare, secondo l’INL, pur dovendo gli Ispettori fare salve “specifiche valutazioni da effettuarsi caso per caso”, il provvedimento di sospensione per motivi di salute e sicurezza deve essere, di norma, “adottato con effetto immediato”.

Sospensione per lavoro irregolare

La prima condizione per l’adozione del provvedimento si realizza in caso di sospensione per lavoro irregolare cioè quando l’INL riscontra che almeno il 10% dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell’accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro.

Nella circolare n. 3/2021 si evidenzia che rispetto al testo previgente la percentuale di lavoratori irregolari passa dal 20% al 10%, tuttavia non sono più considerati irregolari (ai fini della sospensione) i lavoratori per i quali non è prevista la comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro (ad es. coadiuvanti familiari, soci).

La percentuale del 10% va ancora calcolata sul numero dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro al momento dell’accesso ispettivo, per cui la regolarizzazione dei lavoratori nel corso dell’ispezione (anche quando la sospensione è adottata “su segnalazione di altre amministrazioni”, art. 14, c. 3, D.Lgs. n. 81/2008) deve essere considerata “del tutto ininfluente e pertanto il provvedimento andrà comunque adottato”.

Quanto ai lavoratori da conteggiare nella base di calcolo del 10% la circolare n. 3/2021 richiama anzitutto coloro che rientrano nella nozione di lavoratore di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 81/2008, ribadendo i precedenti orientamenti forniti dal Ministero del lavoro (ad es. collaboratori familiari, soci lavoratori).

Da ultimo, l’INL sottolinea l’esclusione del provvedimento di sospensione per lavoro irregolare quando il lavoratore è l’unico occupato dall’impresa (c.d. microimpresa, art. 14, c. 4, D.Lgs. n. 81/2008).

Sospensione per violazioni di sicurezza

La circolare INL n. 3/2021 segnala che il provvedimento di sospensione in materia di salute e sicurezza va adottato “tutte le volte in cui sono accertate gravi violazioni in materia di salute e sicurezza individuate tassativamente” nel nuovo Allegato I al D.Lgs. n. 81/2008, sottolineando che il novellato art. 14 “non richiede più che le violazioni siano reiterate”, per cui per consentire l’adozione del provvedimento è “sufficiente l’accertamento di una delle violazioni contenute nel citato Allegato I” che espongono:

– a rischi di carattere generale: mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi, mancata elaborazione del Piano di Emergenza ed evacuazione, mancata formazione ed addestramento, mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile e mancata elaborazione Piano Operativo di Sicurezza (POS), omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;

– al rischio di caduta dall’alto: mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto e mancanza di protezioni verso il vuoto;

– al rischio di seppellimento: mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno;

– al rischio di elettrocuzione: lavori in prossimità di linee elettriche in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi; presenza di conduttori nudi in tensione in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi; mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale).

L’INL ricorda che il provvedimento di sospensione per gravi violazioni di sicurezza opera ora a prescindere dal settore di intervento, stante il nuovo testo dell’art. 13 del D.Lgs. n. 81/2008 che attribuisce anche all’Ispettorato nazionale del lavoro, al pari delle Aziende sanitarie locali, il potere di svolgere attività di vigilanza e accertare eventuali illeciti in materia prevenzionistica.

La circolare n. 3/2021 rileva quindi che rispetto alle violazioni indicate nell’Allegato I il personale ispettivo potrà svolgere i dovuti accertamenti adottando i relativi provvedimenti di prescrizione ai sensi del D.Lgs. n. 758/1994 (riservandosi però di “fornire ogni necessario chiarimento con separata nota” circa i contenuti delle singole violazioni).

Inoltre, la norma seguita a prevedere che la sospensione per ragioni di sicurezza è adottata in relazione alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni (la Circolare n. 3/2021 richiama la Circ. n. 33/2009 e la nota n. 337/2012 del Ministero del Lavoro) o, “in via alternativa”, alle attività svolte dai lavoratori privi di formazione ed addestramento o del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto (numeri 3 e 6 del nuovo Allegato I, violazioni che possono essere riferite e circoscritte alla posizione dei singoli lavoratori).

Revoca del provvedimento di sospensione

La circolare n. 3/2021 sottolinea come anche la revoca del provvedimento di sospensione sia stata modificata (art. 14, commi 9-10, D.Lgs. n. 81/2008), ribadendo che anche per la sospensione per lavoro irregolare deve essere verificata l’avvenuta regolarizzazione dei lavoratori nonché la regolarizzazione anche sul piano degli adempimenti in materia di salute e sicurezza.

L’organo di vigilanza che ha adottato il provvedimento può revocarlo, su istanza dell’imprenditore sospeso, se sussiste anzitutto la regolarizzazione dei lavoratori irregolari, anche sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza: su questo punto l’INL richiama quanto precisato dal Ministero del Lavoro nella nota n. 19570/2015, per cui oltre all’adozione della prescrizione obbligatoria, ai fini della revoca del provvedimento:

– quanto alla sorveglianza sanitaria deve essere effettuata la relativa visita medica, potendosi ritenere sufficiente la prenotazione di essa a condizione che i lavoratori interessati non vengano adibiti a mansioni lavorative per cui necessita il relativo giudizio di idoneità;

– quanto agli obblighi di formazione e informazione va verificato che sia stata effettivamente programmata l’attività formativa del personale da regolarizzare in modo che si concluda entro 60 giorni, mentre l’obbligo informativo dev’essere comprovato da idonea documentazione sottoscritta dal lavoratore.

Con riferimento alle ipotesi di sospensione per gravi violazioni in materia di salute e della sicurezza del lavoro, ai fini della revoca, occorre accertare che il datore di lavoro abbia compiutamente provveduto al ripristino delle regolari condizioni di lavoro, adottando il comportamento oggetto di prescrizione obbligatoria (oltre alla rimozione delle conseguenze pericolose delle gravi violazioni di sicurezza, sebbene la Circolare n. 3/2021 non la richiami espressamente).

L’INL segnala che, a differenza del passato, per effetto dell’ampliamento delle competenze riconosciute dal novellato art. 13 del D.Lgs. n. 81/2008, “gli accertamenti relativi agli adempimenti in materia di salute e sicurezza, anche ai fini della revoca della sospensione, saranno effettuati in tutti i settori di intervento”.

Lavoro autonomo occasionale

Nel contesto dell’art. 14 del T.U. sicurezza sul lavoro (D.Lgs. n. 81/2008) riformato dall’art. 13 del D.L. n. 146/2021, il primo comma prevede ora che per poter svolgere legittimamente e in piena regolarità le operazioni e i lavori affidati a lavoratori autonomi occasionali i committenti hanno l’obbligo di comunicare l’avvio dell’attività di tali lavoratori mediante l’invio di una preventiva comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro, competente per territorio, mediante sms o posta elettronica.

La norma è posta allo scopo dichiarato di consentire una costante “attività di monitoraggio”, ma soprattutto di “contrastare forme elusive nell’utilizzo di tale tipologia contrattuale”, non soltanto in edilizia, ma in tutti i settori produttivi e commerciali.

Sul piano operativo si rinvia alle modalità già previste dall’art. 15, comma 3, del decreto legislativo n. 81/2015 per il lavoro intermittente, ma la violazione dell’obbligo di comunicazione per l’avvio delle attività dei lavoratori autonomi occasionali è soggetto a una sanzione più elevata rispetto a quelle riguardanti il lavoro a chiamata (la cui omissione è punita con sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400), perché la mancata comunicazione preventiva dell’autonomo occasionale comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa da euro 500 ad euro 2.500 per ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui sia stata omessa o ritardata la comunicazione, senza possibilità di diffida (art. 13 D.Lgs. n. 124/2004).

Alla sanzione per l’omessa comunicazione si aggiungerà il provvedimento di sospensione, anche per la presenza di un solo lavoratore autonomo occasionale non preventivamente comunicato, a prescindere dalla percentuale di irregolarità non prevista.

Ulteriori novità introdotte con la legge di conversione

Tra i casi di sospensione per lavoro irregolare, oltre all’ipotesi di rilevazione di almeno il 10% dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro occupato senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, al momento dell’accesso ispettivo, la legge di conversione prevede anche l’ipotesi di personale occupato come lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni richieste dalla normativa, con particolare riguardo al nuovo obbligo di comunicazione preventiva all’ITL introdotto dallo stesso art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008 novellato.

In questo modo rilevano i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi, i soci lavoratori di cooperativa e i tirocinanti di formazione e orientamento senza preventiva comunicazione di assunzione, nonché i lavoratori autonomi occasionali per i quali non sia stata effettuata la nuova comunicazione preventiva, con l’estensione alla generalità dei soggetti operanti in azienda (esclusi soltanto i coadiuvanti familiari e i soci d’opera delle società diverse dalle cooperative).

In secondo luogo, riguardo all’ampiezza della sospensione in materia di salute e sicurezza il nuovo Allegato I al D.Lgs. n. 81/2008, che elenca le gravi violazioni da cui scaturisce il provvedimento degli organi ispettivi (INL e ASL), si completa con il ripristino del riferimento al rischio d’amianto, che era stato eliminato dal D.L. n. 146/2021, per cui torna confermata la gravità della mancata notifica all’organo di vigilanza prima dell’inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione all’amianto, accanto agli altri inadempimenti già elencati nell’Allegato, così come illustrati dall’INL nella circolare n. 4/2021.

D’altra parte, riguardo alla tutela dei lavoratori oggetto del provvedimento di sospensione per gravi violazioni di sicurezza o per lavoro irregolare nella legge di conversione si stabilisce espressamente che a fronte del necessario allontanamento degli stessi dal lavoro (come confermato dalla circolare n. 3/2021 dell’INL), il datore di lavoro è obbligato a corrispondere integralmente la retribuzione e a versare i relativi contributi.

Peraltro, in caso di provvedimento di sospensione per violazioni sulla sicurezza o per lavoro irregolare, per tutto il periodo di sospensione è fatto divieto all’impresa di contrattare con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti.

Infatti, la previsione dell’art. 14, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008, come novellato dall’art. 13 del D.L. n. 146/2021 è stata ulteriormente modificata sostituendo il riferimento al “divieto all’impresa di contrattare con la pubblica amministrazione” al più ampio divieto “di contrattare con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti così come definite dal Codice dei contratti pubblici secondo il D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50”.

Circolare INL 16 febbraio 2022 n. 1, art. 37, D.Lgs. n. 81/2008 come modificato dal D.L. n. 146/2021 (conv. da L. n. 215 del 2021) – obblighi formativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha emanato la circolare n. 1 del 16 febbraio 2022, con la quale fornisce le prime indicazioni in riferimento alle modifiche introdotte dall’art. 13 del Decreto Legge n. 146/2021, come convertito dalla Legge n. 215/2021, che disciplina gli obblighi formativi in materia di salute e sicurezza del lavoro.

Una prima novità oggetto della circolare è contenuta nel nuovo comma 7 del citato art. 37, secondo il quale “il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo”.

La disposizione individua anzitutto, quale nuovo soggetto destinatario degli obblighi formativi, il datore di lavoro il quale, unitamente ai dirigenti ed ai preposti, deve ricevere una “adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico” secondo quanto previsto da un accordo da adottarsi in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

Inoltre, con specifico riferimento alla figura del preposto, il nuovo comma 7-ter stabilisce che “per assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione nonché l’aggiornamento periodico dei preposti ai sensi del comma 7, le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi”.

La sostituzione del comma 7 dell’art. 37 che disciplinava gli obblighi formativi a carico di dirigenti e preposti con una formulazione che prevede una formazione “adeguata e specifica” secondo quanto previsto dall’accordo da adottarsi in Conferenza entro il 30 giugno 2022, non fa venire meno, nelle more della sua adozione, l’obbligo formativo a loro carico.

In assenza del nuovo accordo dirigenti e preposti dovranno pertanto essere formati secondo quanto già previsto dal vigente accordo n. 221 del 21 dicembre 2011 adottato dalla Conferenza permanente ai sensi del primo periodo del comma 2 dell’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008 e che non è stato interessato dalle modifiche introdotte dal D.L. n. 146/2021.

Altra novità oggetto della circolare è quella introdotta in sede di conversione del D.L. n. 146/2021 e riguarda gli obblighi di addestramento.

Il comma 5 dell’art. 37 già prevedeva che l’addestramento deve avvenire “da persona esperta e sul luogo di lavoro”. Il legislatore, in tal caso, ha inteso specificare che“l’addestramento consiste nella prova pratica, per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; l’addestramento consiste, inoltre, nell’esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza. Gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato”.

Trattasi dunque di contenuti obbligatori della attività di addestramento che trovano immediata applicazione, anche per quanto concerne il tracciamento degli addestramenti in un “apposito registro informatizzato” che riguarderà, evidentemente, le attività svolte successivamente all’entrata in vigore del provvedimento e cioè dal 21 dicembre 2021.

Circolare INL 9 dicembre 2021 n. 4, decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 – “Disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro” – Allegato I del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (TUSL).

L’INL ha emanato la circolare n. 4 del 9 dicembre 2021 che fornisce i chiarimenti sulle novità in merito alle gravi violazioni in materia di sicurezza sul lavoro (Allegato I del D.Lgs. 81/2008) che legittimano l’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale.

L’INL, pur riservandosi un successivo intervento alla luce delle eventuali modifiche apportate in sede di conversione, anticipa le questioni di maggiore rilevanza relative alle singole fattispecie di violazione, specificando le condizioni in presenza delle quali le violazioni di cui all’Allegato I determinano la sospensione dell’attività imprenditoriale, con particolar riferimento a: mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi; mancata elaborazione del Piano di Emergenza ed evacuazione; mancata formazione ed addestramento; mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile; mancata elaborazione piano operativo di sicurezza (POS); mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto; mancanza di protezioni verso il vuoto; mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno; lavori in prossimità di linee elettriche in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi; presenza di conduttori nudi in tensione in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi; mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale); omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo.

Circolare INL 9 novembre 2021 n. 3, D.L. n. 146/2021 – nuovo provvedimento di sospensione ex art. 14 D.Lgs. n. 81/2008 – prime indicazioni.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nella circolare n. 3/2021, condivisa dal Ministero del Lavoro, illustra il nuovo provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale.

Il documento di prassi contiene le prime indicazioni operative sui nuovi requisiti e sulle procedure per sospendere l’impresa per lavoro sommerso (10% dei lavoratori “in nero”) e per gravi violazioni in materia di sicurezza sul lavoro.

In particolare, l’INL chiarisce che non sono più considerati irregolari (ai fini della sospensione) i lavoratori per i quali non è prevista la comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro, come ad esempio coadiuvanti familiari e soci.

La circolare INL n. 3/2021 sottolinea l’importanza della previsione contenuta nell’art. 14, c. 1, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 81/2008, secondo cui insieme al provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale gli Ispettori del Lavoro possono imporre, unitamente al provvedimento di sospensione, ulteriori e “specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro”: si tratta, in effetti, del riconoscimento di un potere generalizzato di disposizione agli Ispettori del lavoro nella materia prevenzionistica.

Nella circolare n. 3/2021 si richiama espressamente il provvedimento di disposizione di cui all’art. 10 del D.P.R. n. 520/1955, presidiato sul piano sanzionatorio dall’art. 11, comma 2, dello stesso D.P.R. (arresto fino ad un mese o ammenda fino a euro 413; Circ. INL n. 5/2020).

L’INL evidenzia che la disposizione può trovare sempre applicazione, anche quando non ricorrono i presupposti per adottare il provvedimento di sospensione (es. allontanamento del lavoratore in caso di microimpresa).

La circolare n. 3/2021 sottolinea come anche la revoca del provvedimento di sospensione sia stata modificata (art. 14, commi 9-10, D.Lgs. n. 81 del 2008), ribadendo che anche per la sospensione per lavoro irregolare deve essere verificata l’avvenuta regolarizzazione dei lavoratori nonché la regolarizzazione anche sul piano degli adempimenti in materia di salute e sicurezza.

Nota INL 2 febbraio 2022, n. 151, richiesta parere su condizioni di revoca del provvedimento di sospensione ex art. 14 D.Lgs. n. 81/2008.

L’INL con la nota 3 febbraio 2022 n. 151 si è pronunciato sul quesito concerne le condizioni necessarie ai fini della revoca del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, laddove lo stesso sia stato adottato per l’irregolare occupazione di lavoratori impiegati nel settore agricolo e nei settori produttivi caratterizzati dalla stagionalità o dalla natura avventizia delle prestazioni di lavoro.

Si chiedeva se fosse possibile, in tali casi, ritenere condizione sufficiente, ai fini della revoca, la regolarizzazione del rapporto di lavoro attraverso la stipula di un contratto di lavoro a tempo determinato di durata inferiore a 90 giorni, atteso che – come chiarito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali – in fase di revoca non risulta necessario il requisito del mantenimento del rapporto di lavoro per almeno 3 mesi previsto per legge.

Inoltre, con specifico riferimento all’ipotesi di impiego irregolare di lavoratori extracomunitari privi di permesso di soggiorno da parte di aziende agricole, si chiedeva se il solo pagamento della somma aggiuntiva prevista dal citato art. 14 possa consentire la revoca del provvedimento di sospensione.

L’INL in risposta al quesito precisava che le condizioni di legge necessarie per la revoca del provvedimento di sospensione sono, oltre al pagamento della somma aggiuntiva, la regolarizzazione dei lavoratori “in nero” “di norma” – come testualmente chiarito dalla circ. n. 26/2015 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – “mediante le tipologie contrattuali indicate dalla disciplina in materia di maxisanzione”.

Si riteneva quindi possibile la regolarizzazione del personale interessato con soluzioni contrattuali diverse, pur sempre compatibili con la prestazione di lavoro subordinato già resa, restando inteso che eventuali soluzioni di regolarizzazione diverse da quelle indicate dal legislatore, così come il mantenimento in servizio per un periodo di tempo inferiore ai 3 mesi, non consentirà l’ammissione al pagamento della diffida, comunque impartita, ex art. 13 D.Lgs. n. 124/2004.

L’INL precisava infine che con riferimento alla regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari privi del permesso di soggiorno, pur nella impossibilità di una piena regolarizzazione e tenuto conto delle differenti modalità di pagamento dei contributi previdenziali per il settore agricolo, in linea con quanto già chiarito con ML circ. n. 26/2015, il datore di lavoro dovrà fornire prova del pagamento della somma aggiuntiva ai fini della revoca e provvedere al versamento dei contributi di legge laddove i termini siano già scaduti, ovvero fornire prova della avvenuta denuncia contributiva secondo le modalità previste dall’INPS.

Nota INL 27 gennaio 2022, n. 109, art. 13, D.L. n. 146/2021 conv. da L. n. 215/2021 – obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali – ulteriori chiarimenti.

Con la nota 27 gennaio 2022 n. 109 l’INL fornisce ulteriori chiarimenti, sotto forma di FAQ, sul tema delle regole di utilizzo dei lavoratori autonomi occasionali ed in particolare sugli obblighi di comunicazione dell’avvio dell’attività di tale categoria di soggetti.

Nota INL 11 gennaio 2022 n. 29, art. 13, D.L. n. 146/2021 conv. da L. n. 215/2021 – obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali.

La L. n. 215/2021, di conversione del D.L. n. 146/2021, ha introdotto a far data dal 21.12.2022 un nuovo obbligo di comunicazione finalizzato a “svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive” nell’impiego di lavoratori autonomi occasionali.

In particolare, al comma 1 dell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008 – come modificato dall’art. 13 del D.L. n. 146/2021 definitivamente convertito dalla L. n. 215/2021 – si prevede che:

con riferimento all’attività dei lavoratori autonomi occasionali, al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell’utilizzo di tale tipologia contrattuale, l’avvio dell’attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante SMS o posta elettronica. Si applicano le modalità operative di cui all’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In caso di violazione degli obblighi di cui al secondo periodo si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione.  Non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124”.

Con la nota 11 gennaio 2022 n. 29, l’INL ha fornito le prime indicazioni utili al corretto adempimento dei suddetti obblighi, fornendo in particolare precisazioni in merito a: ambito di applicazione, tempistiche, modalità di comunicazione e contenuto della stessa, annullamento della comunicazione e sanzioni.

NEWSLETTER N. 2/2022

NOVITÀ NORMATIVE E GIURISPRUDENZIALI

Novità NORMATIVE

Decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, coordinato con la legge di conversione 21 gennaio 2022, n. 3, recante: “Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali”.

È stata pubblicata, sulla Gazzetta Ufficiale n. 19 del 25 gennaio 2022, la Legge 21 gennaio 2022, n. 3, di conversione del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, recante: “Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali”.

Il Capo I (Obblighi Vaccinali) comprende gli articoli da 1 a 2-bis.

L’articolo 1 modifica la disciplina dell’obbligo di vaccinazione contro il COVID-19, già previsto per gli esercenti le professioni sanitarie, gli operatori di interesse sanitario che svolgano la loro attività nelle strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie o parafarmacie e negli studi professionali ed i lavoratori, anche esterni, operanti a qualsiasi titolo in strutture di ospitalità e di lungodegenza, residenze sanitarie assistite (RSA), hospice, strutture riabilitative, strutture residenziali per anziani e strutture socio-assistenziali, strutture semiresidenziali o strutture che a qualsiasi titolo ospitino persone in situazione di fragilità.

Si prevede, inoltre, l’estensione dell’obbligo, a decorrere dal 15 febbraio 2022, per gli studenti dei corsi di laurea impegnati nello svolgimento di tirocini pratico-valutativi, intesi al conseguimento dell’abilitazione all’esercizio delle professioni sanitarie.

Viene specificato che l’obbligo di vaccinazione, per le categorie suddette, riguarda anche, con decorrenza dal 15 dicembre 2021, la somministrazione della dose di richiamo (successiva al completamento del ciclo primario di vaccinazione contro il COVID-19 o all’eventuale dose unica prevista).

Resta ferma l’esenzione, permanente o temporanea, per i soggetti per i quali sussista una controindicazione clinica alla vaccinazione in oggetto.

L’articolo 2 estende, dal 15 dicembre 2021, l’obbligo vaccinale previsto dall’art. 1 del provvedimento, relativo sia al ciclo primario (o all’eventuale dose unica prevista) sia alla somministrazione della dose di richiamo successiva ad esso, al personale scolastico, al personale del comparto della difesa, sicurezza e soccorso pubblico, al personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie e al personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa alle dirette dipendenze del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria o del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità e, a decorrere dal 15 febbraio 2022, il personale dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale di cui all’articolo 12 del decreto-legge 14 giugno 2021, n. 82.

La disposizione, inoltre, qualifica come illecito amministrativo la mancata verifica dell’adempimento dell’obbligo vaccinale da parte del datore di lavoro e lo svolgimento della prestazione lavorativa da parte del lavoratore inadempiente all’obbligo vaccinale.

L’articolo 2-bis prevede, con riferimento a tutto il personale (a tempo determinato e indeterminato) delle pubbliche amministrazioni, il diritto all’assenza dal lavoro, ai fini della somministrazione della vaccinazione contro il COVID-19, senza alcuna decurtazione del trattamento economico, ivi compreso quello accessorio.

Il Capo II (Impiego delle certificazioni verdi COVID 19) comprende gli articoli da 3 a 6.

Gli articoli 3, 4, comma 1, lettera b), e comma 2, e gli articoli 5 e 6 operano un complesso di modifiche alla disciplina dei certificati verdi COVID-19 e delle misure restrittive inerenti all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

L’articolo 3 riduce, con decorrenza dal 15 dicembre 2021, da dodici mesi a nove mesi la durata di validità del certificato verde COVID-19 generato dal completamento del ciclo primario di vaccinazione contro il COVID-19 (o dall’eventuale dose unica prevista) e specifica che il medesimo periodo di validità decorre anche dall’eventuale somministrazione di una dose di richiamo (in proposito va ricordato che l’articolo 3 del D.L. 221/2021 riduce, con decorrenza dal 1° febbraio 2022, il termine di durata di validità del certificato verde COVID-19 generato da vaccinazione da nove a sei mesi.

La riduzione concerne sia il certificato generato dal completamento del ciclo primario di vaccinazione contro il COVID-19 (o dall’assunzione dell’eventuale dose unica prevista) sia quello generato dall’assunzione di una dose di richiamo.

L’articolo 4, comma 1, lettera b), e comma 2, estende – con decorrenza dal 6 dicembre 2021 – all’accesso agli alberghi e alle altre strutture ricettive la condizione del possesso del certificato verde COVID-19 e modifica – con la medesima decorrenza del 6 dicembre 2021 – la disciplina in materia per le piscine, i centri natatori, le palestre, le strutture sportive per la pratica di sport di squadra ed i centri di benessere.

L’articolo 4, comma 1, lettera a), sopprime il secondo periodo dell’articolo 6, comma 3, del decreto legge n. 52 del 2021, ai sensi del quale, in zona gialla, è interdetto l’utilizzo degli spogliatoi, se non diversamente stabilito dalle linee guida adottate dal Dipartimento per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri.

La lettera c) dell’art. 4, comma 1, estende l’obbligo di certificazione verde COVID-19 (green pass) per l’accesso ai treni interregionali, ai mezzi di trasporto pubblico locale e regionale, agli autobus impiegati nei servizi aggiuntivi di trasporto pubblico locale e regionale, ai traghetti impiegati nei collegamenti nello Stretto di Messina e con le isole Tremiti; tali disposizioni si applicano dal 6 dicembre 2021 e ne sono esclusi i soggetti di età inferiore ai dodici anni.

Sui mezzi di TPL locale e regionale le verifiche potranno essere svolte secondo modalità a campione.

La lettera c-bis) dell’articolo 4, comma 1 specifica che la disciplina che richiede, in via transitoria, il possesso di un certificato verde COVID-19 – di base o, a seconda dei casi, “rafforzato” – ai fini dell’accesso ai luoghi di lavoro si applica anche ai titolari di servizi di ristorazione o di somministrazione di pasti e di bevande.

DPCM 21 Gennaio 2022, recante “Individuazione delle esigenze essenziali e primarie per il soddisfacimento delle quali non è richiesto il possesso di una delle Certificazioni verdi COVID-19INPS, messaggio 21.01.2022 n. 327”.

Il Consiglio dei Ministri ha pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 18 del 24 gennaio 2022, il DPCM 21 gennaio 2022 concernente la “Individuazione delle esigenze essenziali e primarie per il soddisfacimento delle quali non è richiesto il possesso di una delle Certificazioni verdi COVID-19“.

Queste le attività che si svolgono al chiuso, per le quali non è richiesto il possesso di una certificazione verde COVID-19:

  • esigenze alimentari e di prima necessità secondo l’elenco allegato;
  • esigenze di salute, per le quali è sempre consentito l’accesso per l’approvvigionamento di farmaci e dispositivi medici e, comunque, alle strutture sanitarie e sociosanitarie, nonché a quelle veterinarie, per ogni finalità di prevenzione, diagnosi e cura, anche per gli accompagnatori, fermo restando quanto previsto dall’art. 2-bis del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52 per quanto riguarda la permanenza degli accompagnatori nei suddetti luoghi e dall’art. 7 del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, per l’accesso dei visitatori a strutture residenziali, socio-assistenziali, sociosanitarie e hospice;
  • esigenze di sicurezza, per le quali è consentito l’accesso agli uffici aperti al pubblico delle Forze di polizia e delle polizie locali, allo scopo di assicurare lo svolgimento delle attività istituzionali indifferibili, nonché quelle di prevenzione e repressione degli illeciti;
  • esigenze di giustizia, per le quali e’ consentito l’accesso agli uffici giudiziari e agli uffici dei servizi sociosanitari esclusivamente per la presentazione indifferibile e urgente di denunzie da parte di soggetti vittime di reati o di richieste di interventi giudiziari a tutela di persone minori di età o incapaci, nonché per consentire lo svolgimento di attività di indagine o giurisdizionale per cui e’ necessaria la presenza della persona convocata.

Il rispetto delle misure è assicurato dai titolari degli esercizi e dai responsabili dei servizi, attraverso lo svolgimento di controlli anche a campione.

Decreto Legislativo 21 Dicembre 2021, n. 230 recante “Istituzione dell’assegno unico e universale per i figli a carico, in attuazione della delega conferita al Governo ai sensi della legge 1° aprile 2021, n. 46.”.

Immagine che contiene testo, lenzuola

Descrizione generata automaticamenteÈ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 309 del 30 dicembre 2021 il D.Lgs. n. 230/2021 con il quale – in attuazione della delega conferita al Governo dalla legge n. 46/2021 e nell’ambito delle previsioni legislative approvate nel corso del 2021 per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico – si è provveduto ad istituire l’Assegno Unico e Universale per i Figli a carico.

Si tratta del beneficio economico attribuito, su base mensile, per il periodo compreso tra marzo di ciascun anno e febbraio dell’anno successivo, ai nuclei familiari a seconda della condizione economica del nucleo, determinata in base all’ISEE

di cui al DPCM n. 159/2013.

L’Assegno Unico, proprio in quanto misura universale di sostegno alla genitorialità, sostituisce e assorbe tutti i previgenti trattamenti di sostegno al reddito per i nuclei familiari, inclusa la quota delle detrazioni fiscali sinora riconosciuta ai contribuenti in base al numero e alle caratteristiche dei familiari fiscalmente a carico. Soggetti interessati al nuovo trattamento sono tutti i nuclei familiari con figli a carico, definiti secondo i criteri generali contenuti nel TUIR (testo unico delle imposte sui redditi).

Il nuovo trattamento unico a sostegno della genitorialità decorre dal 1° marzo 2022, mentre le domande possono essere presentate a partire dal 1° gennaio 2022.

INPS, messaggio 26.01.2022 n. 403, Proroga delle misure di cui all’articolo 1, commi da 10 a 15 (esonero per l’occupazione giovanile), da 16 a 19 (esonero per l’occupazione femminile) e da 161 a 168 (c.d. Decontribuzione sud), della legge 30 dicembre 2020, n. 178, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023”, sino al 30 giugno 2022. Aumento dei massimali di aiuto concedibili.

L’INPS, con il messaggio n. 403 del 26 gennaio 2022 ha prorogato l’applicabilità delle agevolazioni “giovani under 36“, “incentivo donne” e “Decontribuzione sud“, previsti dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178, sino al 30 giugno 2022, termine finale di operatività del Temporary Framework.

Di conseguenza, i benefici potranno trovare applicazione anche in riferimento agli eventi incentivati (assunzioni/trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti a termine di giovani under 36 o di donne svantaggiate) che si verificheranno nel periodo ricompreso tra il 1° gennaio 2022 e il 30 giugno 2022, nonché alla Decontribuzione Sud, che potrà essere applicata fino al mese di competenza giugno 2022.

Ai fini della corretta esposizione dei benefici riguardanti le agenzie di somministrazione, relativamente alla posizione per i lavoratori assunti per essere impegnati presso l’impresa utilizzatrice (posizione contributiva contraddistinta dal CSC 7.07.08 e dal CA 9A) l’Inps precisa che, anche per la Decontribuzione Sud, come già indicato per l’esonero giovani e per l’esonero donne, dovrà essere concatenato alla data di assunzione/trasformazione il numero di matricola dell’azienda utilizzatrice, nel seguente formato AAAAMMGGMMMMMMMMMM (18 caratteri, ad esempio: 202106091234567890).

Infine, con specifico riferimento all’agevolazione per l’assunzione/trasformazione di donne di qualsiasi età che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere e “prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi”, per l’individuazione dei settori e delle professioni validi per il 2022, è necessario fare riferimento al decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, 17 dicembre 2021, n. 402.

 L’INPS precisa, infine, che la Commissione europea, con la sesta modifica del Temporary Framework, ha previsto che il massimale di erogazione degli aiuti temporanei di cui alla sezione 3.1 della comunicazione della Commissione europea C(2020) 1863 final del 19 marzo 2020, è innalzato a:

– 290.000 euro per le imprese operanti nella produzione primaria di prodotti agricoli;

– 345.000 euro per le imprese operanti nel settore della pesca e dell’acquacoltura;

– 2,3 milioni di euro per le imprese operanti in tutti gli altri settori.

Pertanto, ai fini della legittima applicazione dei benefici in trattazione, dovrà tenersi conto dei nuovi massimali.

INPS, messaggio 21.01.2022 n. 327, Congedo parentale SARS CoV-2” per genitori lavoratori con figli affetti da SARS CoV-2, in quarantena da contatto o con attività didattica o educativa in presenza sospesa o con centri diurni assistenziali chiusi. Rilascio della procedura per la presentazione delle domande per i genitori lavoratrici e lavoratori autonomi e per quelli iscritti in via esclusiva alla Gestione separata.

L’INPS, con il messaggio n. 327 del 21 gennaio 2022, fornisce le indicazioni sulla modalità di presentazione delle domande relative al “Congedo parentale SARS CoV-2” per i genitori lavoratrici e lavoratori autonomi iscritti all’Inps e per quelli iscritti in via esclusiva alla Gestione separata.

Il nuovo “Congedo parentale SARS CoV-2” può essere fruito dai genitori lavoratori dipendenti, dai lavoratori iscritti in via esclusiva alla Gestione separata o dai lavoratori autonomi iscritti all’Inps, per la cura dei figli conviventi minori di anni 14 affetti da SARS CoV-2, in quarantena da contatto o con attività didattica o educativa in presenza sospesa. Il congedo può essere fruito anche dai genitori lavoratori affidatari o collocatari.

Tale congedo può essere utilizzato, senza limiti di età e indipendentemente dalla convivenza, per la cura di figli con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale, affetti da SARS CoV-2, in quarantena da contatto, con attività didattica o educativa in presenza sospesa, o con chiusura del centro diurno assistenziale.

Per i periodi di astensione fruiti è riconosciuta un’indennità pari al 50% della retribuzione o del reddito a seconda della categoria lavorativa di appartenenza del genitore richiedente il congedo e i periodi sono coperti da contribuzione figurativa.

La domanda relativa al congedo in esame deve essere presentata esclusivamente in modalità telematica, attraverso uno dei seguenti canali:

  • portale web dell’Istituto, nell’ambito dei servizi per presentare le domande di “Maternità e congedo parentale lavoratori dipendenti, autonomi, gestione separata”, se si è in possesso di credenziali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) di almeno II livello, della Carta di identità elettronica (CIE) o della Carta Nazionale dei Servizi (CNS);
  • Contact center integrato, chiamando il numero verde 803.164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06 164.164 (da rete mobile a pagamento, in base alla tariffa applicata dai diversi gestori);
  • tramite gli Istituti di patronato, utilizzando i servizi offerti gratuitamente dagli stessi.

Novità GIURISPRUDENZIALI

Corte di cassazione, sentenza 23 dicembre 2021 n. 41417

La configurazione dell’unicità di un centro di imputazione giuridica-datore di lavoro fittiziamente riferito a più soggetti non è impedita dalla diversa natura giuridica di questi.

Una dipendente coinvolta dal licenziamento collettivo dell’impresa X, aveva contestato la violazione dei criteri di scelta perché il loro ambito era stato illegittimamente limitato all’impresa X, mentre questa andava considerata unitariamente all’organizzazione di tendenza Y, ambedue costituenti un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. In giudizio, la Corte, essendo stato accertato che il collegamento tra i due enti travalicava la mera collaborazione e configurava una compenetrazione di organizzazione, finalità, mezzi e personale comuni, aveva accertato l’unicità del centro di imputazione giuridica ai fini del rapporto di lavoro, superando l’obiezione dei due enti, relativa alla loro diversa natura giuridica col richiamo al principio di effettività operante in materia di rapporto di lavoro.

Corte di Cassazione, sentenza 22 dicembre 2021, n. 41271.

Le dimissioni del lavoratore rassegnate sotto minaccia di licenziamento sono annullabili per violenza morale solo qualora venga accertata.

Le dimissioni del lavoratore rassegnate sotto minaccia di licenziamento sono annullabili per violenza morale solo qualora venga accertata – con onere probatorio a carico del lavoratore che deduce l’invalidità dell’atto di dimissioni – l’inesistenza del diritto del datore di lavoro di procedere al licenziamento per insussistenza dell’inadempimento addebitato al dipendente, dovendosi ritenere che, in detta ipotesi, il datore di lavoro, con la minaccia del licenziamento, persegua un risultato non raggiungibile con il legittimo esercizio del diritto di recesso.

Corte di Cassazione, sentenza 17 dicembre 2021 n. 40652

Per l’azione di accertamento di un rapporto di lavoro alle dipendenze di un soggetto diverso dal datore di lavoro formale non è prevista alcuna decadenza finché il lavoratore non riceve un provvedimento scritto che nega la titolarità del rapporto.

Un dipendente era stato licenziato per assenza ingiustificata superiore a tre giorni per essere stato assente alla visita domiciliare di controllo medico della malattia, senza aver comunicato all’azienda la variazione di domicilio. La Corte dichiara annullabile il licenziamento, essendo stato accertato in giudizio che il ricorrente aveva regolarmente comunicato all’INPS la variazione di sede durante la malattia e che, ciononostante, l’INPS aveva erroneamente effettuato la visita di controllo al vecchio indirizzo. Da ciò conseguiva la valutazione d’inesistenza del fatto contestato di “assenza ingiustificata”. Quanto alla mancata comunicazione alla datrice di lavoro della variazione d’indirizzo durante la malattia, la Corte dichiara che tale omissione viola un obbligo preciso, nascente dai doveri di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto di lavoro; ma poiché tale violazione è punita con una sanzione conservativa dal codice disciplinare, anche per questa via il licenziamento è, diversamente da quanto stabilito dalla Corte d’appello, annullabile con applicazione della tutela reintegratoria e del risarcimento danni in misura contenuta.

Tribunale di Asti, 5 gennaio 2022

La quarantena per positività al Covid-19 non rientra nel computo del periodo di comporto.

Il Tribunale accoglie il ricorso presentato da una lavoratrice che, posta in quarantena e successivamente in isolamento fiduciario causa Covid-19, si era vista intimare il licenziamento per aver superato il periodo di comporto previsto dal contratto collettivo di riferimento. Il Giudice ha ritenuto che l’art. 26, co. 1, del D.L. 18/2020 (applicabile ratione temporis al caso), per cui il periodo di quarantena o di isolamento fiduciario non è computabile ai fini del comporto, riguardi non solo i soggetti che hanno avuto contatto con casi confermati di contagio, ma anche i soggetti risultati positivi al virus, in quanto impossibilitati per legge a rendere la prestazione a prescindere dalla comparsa di sintomi legati alla patologia.

Tribunale di Catanzaro, 17 dicembre 2021

Negata la tutela d’urgenza all’operatrice sanitaria sospesa per non essersi sottoposta al vaccino contro il Covid-19.

Il Giudice respinge il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto da un’operatrice sanitaria non vaccinata per impugnare il provvedimento di sospensione dalla prestazione lavorativa (e dalla retribuzione) ai sensi dell’art. 4, co. 9, D.L. 44/2021. Il Tribunale non ritiene configurabile il requisito del periculum in mora, stante il periodo determinato previsto dalla legge per la sospensione e la risarcibilità nel giudizio ordinario della temporanea perdita della retribuzione. Nel merito, il Giudice ritiene che il diritto soggettivo al lavoro e alla conseguente retribuzione non sia assoluto, ma suscettibile di bilanciamento con il necessario adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, di cui all’art. 2 Cost., sui quali si basa la disciplina che ha introdotto l’obbligo vaccinale per il personale sanitario.

Tribunale di Venezia, 2 dicembre 2021

Utilizzo delle registrazioni sul luogo di lavoro: non è lecito e viola il c.d. GDPR se si tratta di registrazione fatta da altri, in assenza del lavoratore che l’ha poi utilizzata.

La giurisprudenza ormai consolidata riconosce che il lavoratore possa effettuare, e utilizzare come mezzi di prova, registrazioni di colloqui ai quali partecipa personalmente, quando la finalità sia la tutela della propria posizione e il mezzo impiegato non sia sproporzionato (v. la segnalazione di Cass. n. 12534/2019). Nel caso giudicato dal Tribunale di Venezia, tuttavia, la registrazione prodotta in giudizio da due lavoratori riguardava una riunione alla quale i due non erano presenti, ed era stata effettuata tempo prima da un collega senza che risultassero motivi di tutela di propri diritti: il Giudice ritiene che vi sia violazione della disciplina del Regolamento UE 679/2016 (c.d. GDPR) e commina a entrambi i lavoratori una sanzione di 5.000,00 euro.

Tribunale di Napoli, 26 novembre 2021

È discriminatoria la mancata concessione del congedo straordinario per assistere un parente disabile perché manca il requisito anagrafico della convivenza.

ll Tribunale accoglie il ricorso ex art. 28 d.lgs. 151/2011 presentato dalla ricorrente, portatrice di handicap grave, per aver il datore di lavoro negato il congedo straordinario previsto dall’art. 42, co. 5, d.lgs. 151/2001 alla parente più prossima in grado di assisterla, per preteso difetto del requisito di convivenza. Operando una lettura costituzionalmente orientata della normativa, il Giudice afferma che detto requisito non debba necessariamente consistere nella coabitazione, intesa come mera coincidenza dell’indirizzo di residenza, essendo sufficiente la presenza di un legame stabile di assistenza continuativa. Il datore è stato condannato al risarcimento del danno da discriminazione, comprensivo anche di una componente sanzionatoria avente funzione deterrente rispetto ad ulteriori condotte dello stesso tipo.

NEWSLETTER LEGGE DI BILANCIO PER IL 2022

Legge 30 dicembre 2021, n. 234, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024”.

È stata pubblicata, nel Supplemento Ordinario n. 49 della Gazzetta Ufficiale n. 310 del 31.12.2021, la Legge 30 dicembre 2021, n. 234, recante il Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024.

La manovra di bilancio contiene riforme strutturali, quali il riordino della normativa ordinaria in materia di Ammortizzatori sociali e misure rilevanti per il lavoro e le politiche sociali, intervenendo su tematiche come la gestione delle crisi aziendali, rilancio dell’apprendistato formativo e tirocini extracurriculari, riforma della sicurezza sui luoghi di lavoro, interventi per giovani e donne, contrasto alla delocalizzazione, riforma del reddito di cittadinanza, misure per la non autosufficienza.

Ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro (CIGO e CIGS)

La L. n. 234 del 2021 dispone un riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali, innovando le disposizioni relative sia agli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, sia agli ammortizzatori riconoscibili in caso di disoccupazione involontaria.

Sono state, infatti, apportate modifiche ed integrazioni al D.Lgs. n. 148 del 2015, recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, come già modificato e integrato:

  • estensione della platea dei beneficiari volta a includere nel sostegno al reddito tutti i lavoratori subordinati, anche con una minima anzianità di lavoro, compresi gli apprendisti e i lavoratori a domicilio;
  • incremento del quantum del sostegno;
  • introduzione di tutele differenziate per dimensione aziendale e l’estensione delle tutele anche ai lavoratori delle imprese di piccole dimensioni (da 1 a 15 dipendenti).

Viene inoltre ipotizzato un meccanismo di premialità che prevede una riduzione della contribuzione addizionale in caso di mancato ricorso ai trattamenti di integrazione salariale per un tempo significativo.

Viene confermata la gestione esclusiva delle integrazioni salariali da parte dei Fondi bilaterali esistenti.

Per quanto concerne i trattamenti di integrazione salariali ordinari (CIGO), è prevista l’estensione del loro campo di applicazione attraverso il Fondo di integrazione salariale (FIS) alle imprese che attualmente non sono coperte da CIGO e che non aderiscono o non costituiscono Fondi di solidarietà bilaterali.

Per quanto riguarda i trattamenti di integrazione salariali straordinari (CIGS), sono estesi a tutti i datori di lavoro con più di 15 dipendenti che non accedono ai Fondi di cui agli artt. 26, 27 e 40 del D.Lgs. n. 148 del 2015 senza alcuna distinzione settoriale.

Con riferimento alle causali, si specifica che la riorganizzazione aziendale può essere integrata anche per realizzare processi di transizione.

Viene rafforzato il contratto di solidarietà con aumento delle percentuali di riduzione dell’orario di lavoro (si passa dall’attuale 60% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di solidarietà, all’80%).

Viene introdotto l’accordo di transizione occupazionale per governare i processi di transizione nel mercato e prevenire la disoccupazione.

Con questo nuovo strumento è previsto un ulteriore sostegno per aiutare gli addetti di aziende con più di 15 dipendenti nelle transizioni occupazionali. Nel dettaglio, si tratta di concedere fino a 12 mesi complessivi di CIGS aggiuntivi (non ulteriormente prorogabile). In sede di procedura di consultazione sindacale dovranno essere definite le azioni finalizzate alla rioccupazione o all’autoimpiego. La mancata partecipazione alle predette azioni, per esclusiva responsabilità del lavoratore, comporta la decadenza della prestazione di integrazione salariale.  È possibile che le Regioni co-finanzino tali interventi formativi e di riqualificazione all’interno delle rispettive misure di politica attiva. I lavoratori interessati da questi 12 mesi di CIGS aggiuntiva accedono al programma Gol.

Si riconosce all’impresa che assume a tempo indeterminato una persona in CIGS, derivante dal nuovo strumento dell’accordo di transizione occupazionale, un incentivo economico, che consiste in un contributo mensile del 50% dell’ammontare CIGS, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore (il contributo non può essere erogato per più di 12 mesi).

Restano ferme tutte le prerogative vigenti dei Fondi di solidarietà bilaterali (artt. 26, 27 e 40 D.Lgs. n. 148 del 2015).

Ammortizzatori sociali per mancanza di lavoro.

Si interviene sostanzialmente su due piani: l’alleggerimento dei requisiti soggettivi e il potenziamento del sussidio economico.

Con riferimento alla NASPI, i requisiti di accesso vengono resi meno rigidi: salta il requisito dei 30 giorni lavorativi per accedere all’indennità di disoccupazione.

Sul versante del quantum, si posticipa la decorrenza del décalage e si introduce un trattamento di maggior favore per quei lavoratori che in ragione dell’età hanno maggiore difficoltà a reinserirsi nel mercato del lavoro.

In particolare, si riduce del 3% ogni mese a decorrere dal sesto mese (oggi quarto); il decalage scatta dall’ottavo mese per i disoccupati over 55.

La NASPI viene anche estesa ad alcune tipologie di operai agricoli a tempo indeterminato.

Si potenzia anche l’indennità di disoccupazione per i lavoratori coordinati e continuativi (DIS-COLL): si innalza la durata massima, garantendo un numero di mesi di beneficio pari ai mesi di contribuzione versata; si posticipa la decorrenza del décalage; si riconosce la contribuzione figurativa.

Ulteriore trattamento di integrazione salariale straordinaria per le imprese dell’industria e delle costruzioni.

Solo per il biennio 2022-2023, per le imprese dell’industria e delle costruzioni arriva un sostegno ulteriore per gestire i processi di riorganizzazione e le situazioni di particolare difficoltà economica. A questi datori, che non possono più ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale straordinaria a causa dell’esaurimento dei contatori della CIG, è riconosciuto, in deroga alle disposizioni vigenti e nel limite di spesa di 150 milioni di euro per il 2022 e 150 milioni di euro per il 2023, un trattamento straordinario di integrazione salariale per un massimo di cinquantadue settimane fruibili fino al 31.12.2023.

Spetterà all’INPS monitorare il rispetto del limite di spesa. Qualora si raggiunga, potranno raggiunga, anche in via prospettica, il plafond stanziato, non si potranno prendere in considerazione ulteriori domande.

Politiche attive per il lavoro

Viene riconosciuto un contributo monetario al datore di lavoro che assume un lavoratore in CIGS con accordo di transizione occupazionale e viene offerta la possibilità di assumere lavoratori in CIGS con accordo di transizione occupazionale in apprendistato professionalizzante senza limiti di età.

È esteso altresì l’esonero contributivo per le stabilizzazioni dei giovani a tempo indeterminato, a prescindere da limiti di età, dipendenti da aziende per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione delle crisi aziendali presso la struttura per la crisi d’impresa. L’esonero consiste nell’azzeramento (sgravio del 100%) dei contributi per 36 mesi (3 anni), entro un limite di 6 mila euro annui.

Per tutto il 2022, per i contratti di apprendistato di primo livello per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, stipulati nell’anno 2022, è riconosciuto ai datori di lavoro, che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a nove, uno sgravio contributivo del 100 per cento con riferimento alla contribuzione dovuta per i periodi contributivi.

In via sperimentale, per l’anno 2022, è riconosciuto, nella misura del cinquanta per cento, l’esonero per un anno del versamento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato a decorrere dal rientro nel posto di lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità e per un periodo massimo di un anno a decorrere dalla data del predetto rientro. Resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

Contratto di espansione

È prevista l’ulteriore estensione del contratto di espansione alle imprese di minore dimensione (prorogato fino al 2023). Si amplia il campo di applicazione, inserendo anche le imprese con almeno 50 addetti, anche calcolati complessivamente nelle ipotesi di aggregazione stabile di imprese con un’unica finalità produttiva o di servizi. Quindi, anche le imprese con almeno 50 addetti potranno: far uscire personale a non più di 60 mesi dalla pensione (vecchiaia o anzianità); ridurre l’orario dei lavoratori impiegati utilizzando fino a 18 mesi di CIGS anche non continuativi; per gli tutti gli altri addetti non interessati dalle uscite prevedere una riduzione oraria (che può arrivare anche fino al 100%); programmare nuove assunzioni (1 ogni 3 uscite per imprese con organico superiore a mille dipendenti; per le imprese di dimensioni inferiori sarà l’accordo collettivo a definire il rapporto entrate/uscite).

D. Lgs. 21 dicembre 2021, n. 230 (Istituzione dell’assegno unico e universale per i figli a carico, in attuazione della delega conferita al Governo ai sensi della L. n. 46 del 2021.

Il Consiglio dei Ministri ha pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 309 del 30 dicembre 2021, il Decreto Legislativo 21 dicembre 2021, n. 230, riguardante l’istituzione dell’assegno unico e universale per i figli a carico.

Il decreto introduce un beneficio economico mensile ai nuclei familiari secondo la condizione economica del nucleo, sulla base dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).

L’assegno è riconosciuto ai nuclei familiari per ogni figlio minorenne a carico e decorre dal settimo mese di gravidanza.

È inoltre riconosciuto a ciascun figlio maggiorenne a carico, fino al compimento dei 21 anni di età, in presenza di una delle seguenti condizioni: il figlio maggiorenne a carico frequenti un corso di formazione scolastica o professionale, ovvero un corso di laurea o svolga un tirocinio ovvero un’attività lavorativa con un reddito complessivo inferiore a 8.000 euro o sia registrato come disoccupato e in cerca di un lavoro presso i servizi pubblici per l’impiego o svolga il servizio civile universale.

Per circa la metà delle famiglie italiane (fino a 15.000 euro di ISEE) è pari a 175 euro mensili per il primo e secondo figlio e 260 dal terzo in poi.

Sono previste maggiorazioni per ciascun figlio minorenne con disabilità, per ciascun figlio maggiorenne con disabilità fino al ventunesimo anno di età, per le madri di età inferiore a 21 anni, per i nuclei familiari con quattro o più figli, e per i nuclei con secondo percettore di reddito.

L’assegno è riconosciuto senza limiti di età per ciascun figlio con disabilità.

Tra le novità principali introdotte nel testo approvato a seguito delle osservazioni delle Camere, i trattamenti in favore di figli disabili maggiorenni. Per i figli disabili tra 18 e 21 anni, la maggiorazione prevista è stata incrementata da 50 euro mensili a 80 euro mensili.

È previsto che i genitori di figli disabili con più di 21 anni, pur percependo l’assegno, potranno continuare a fruire della detrazione fiscale per figli a carico.

La domanda per il riconoscimento dell’assegno, che ha validità annuale e va pertanto rinnovata ogni anno, potrà essere presentata a decorrere dal 1° gennaio 2022. La presentazione della domanda avviene in modalità telematica all’INPS ovvero presso gli istituti di patronato.

Per i nuclei percettori di Reddito di cittadinanza, l’assegno unico e universale è corrisposto d’ufficio congiuntamente con il Reddito di cittadinanza e secondo le modalità di erogazione di quest’ultimo, sottraendo la quota prevista per i figli minori.

Il pagamento dell’assegno è corrisposto da marzo di ogni anno fino al febbraio dell’anno successivo.

Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, circolare n. 1 del 03.01.2022 (Legge bilancio 2022. Riordino della normativa ordinaria in materia di Ammortizzatori sociali.

Prime linee di indirizzo in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro).

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha emanato la circolare n. 1 del 3.12.2022, con la quale fornisce le prime linee di indirizzo in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, così come previsto dalla Legge di Bilancio per l’anno 2022 (che ha modificato il decreto legislativo n. 148, del 14 settembre 2015.

Le modifiche disposte con la legge di bilancio 2022 si riferiscono ai periodi di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa integrati dai trattamenti di cassa integrazione guadagni, decorrenti dal 1°gennaio 2022. Le suddette innovazioni non trovano, invece, applicazione con riferimento alle richieste aventi ad oggetto periodi plurimensili, a cavallo degli anni 2021–2022, in cui la riduzione /sospensione dell’attività lavorativa sia iniziata nel corso dell’anno 2021, ancorché successivamente proseguita nel 2022.

INPS, circolare n. 1 del 03.01.2022, Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di Bilancio 2022). Riordino della normativa ordinaria in materia di ammortizzatori sociali. Estensione della tutela della maternità e della paternità per le lavoratrici e per i lavoratori autonomi. Stabilizzazione del congedo obbligatorio e facoltativo di paternità per i lavoratori dipendenti

L’INPS ha emanato la circolare n. 1 del 3.12.2022, con la quale fornisce le prime indicazioni amministrative inerenti alle nuove misure disciplinate dall’articolo 1, commi 239 e 134, della legge di Bilancio 2022 in materia di tutela della maternità e della paternità per le lavoratrici e per i lavoratori autonomi e in materia di congedo obbligatorio e facoltativo di paternità per i lavoratori dipendenti.

L’articolo 1, comma 239, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, introduce una misura a sostegno delle lavoratrici autonome in caso di maternità.

Nello specifico dispone che “alle lavoratrici di cui agli articoli 64, 66 e 70 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, che abbiano dichiarato nell’anno precedente l’inizio del periodo di maternità, un reddito inferiore a 8.145 euro, incrementato del 100 per cento dell’aumento derivante dalla variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, l’indennità di maternità è riconosciuta per ulteriori tre mesi a decorrere dalla fine del periodo di maternità”.

Nella medesima legge di bilancio, l’articolo 1, comma 134, modificando l’articolo 1, comma 354, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, rende strutturale la misura del congedo obbligatorio di paternità, introdotto in via sperimentale dall’articolo 4, comma 24, lettera a), della legge 28 giugno 2012, n. 92, confermando i dieci giorni di periodo di fruizione del congedo obbligatorio di paternità previsto, per il 2021, dall’articolo 1, comma 363, lettera b), della legge 30 dicembre 2020, n. 178, nonché la possibilità, per il padre lavoratore dipendente, di astenersi per un periodo ulteriore di un giorno in sostituzione della madre e in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima.

INPS, circolare n. 2 del 04.01.2022, Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di Bilancio 2022). Riordino della normativa ordinaria in materia di ammortizzatori sociali. Disposizioni in materia di indennità di disoccupazione NASpI.

Il comma 221 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (di seguito, legge di Bilancio 2022), ha apportato importanti modificazioni e integrazioni alle disposizioni di cui agli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, che disciplinano, rispettivamente, l’ambito soggettivo di applicazione dell’indennità di disoccupazione NASpI, i requisiti di accesso alla prestazione, nonché la misura e la durata della prestazione medesima.

In particolare, la richiamata disposizione ha ampliato la platea dei destinatari della NASpI, includendo nella tutela anche la categoria dei lavoratori agricoli a tempo indeterminato di cui alla legge 15 giugno 1984, n. 240, ha semplificato i requisiti di accesso alla prestazione e ha, infine, ridefinito il meccanismo di riduzione della prestazione NASpI anche in ragione dell’età anagrafica del richiedente la prestazione.

Le novità legislative di cui al comma 221 del richiamato articolo trovano applicazione per gli eventi di disoccupazione che si verificano a fare data dal 1° gennaio 2022.

Al riguardo si precisa che per evento di disoccupazione si intende l’evento di cessazione dal lavoro che ha comportato lo stato di disoccupazione.

INPS, circolare n. 3 del 4.01.2022, Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di Bilancio 2022). Riordino della normativa ordinaria in materia di ammortizzatori sociali. Disposizioni in materia di indennità di disoccupazione DIS-COLL

L’INPS ha emanato la circolare n. 3 del 4 gennaio 2022, con la quale fornisce le istruzioni amministrative in ordine alle novità introdotte dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234, in materia di indennità di disoccupazione DIS-COLL.

Il comma 223 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2022 ha infatti introdotto – attraverso l’integrazione dell’articolo 15 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 – novità di rilievo in ordine alla prestazione di disoccupazione DIS-COLL, prevedendo:

  • una diversa decorrenza di applicazione del meccanismo di riduzione della prestazione (c.d. décalage),
  • l’ampliamento della durata massima della prestazione,
  • una diversa modalità di calcolo della durata stessa
  • il riconoscimento della contribuzione figurativa per i periodi di fruizione della prestazione.

La medesima disposizione prevede altresì che, a decorrere dal 1° gennaio 2022, per i collaboratori, gli assegnisti e dottorandi di ricerca con borsa di studio destinatari della DIS-COLL, nonché per gli amministratori e i sindaci è dovuta un’aliquota contributiva pari a quella dovuta per la prestazione NASpI.

NEWSLETTER n. 1/2022

Novità NORMATIVE

Legge 17 dicembre 2021, n. 215, conv. D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, recante “Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”.

La legge, oltre a confermare le misure introdotte dal decreto-legge, ha introdotto ulteriori novità sia in materia fiscale che di diritto del lavoro.

In materia di somministrazione, viene prorogata al 30.09.2022 la possibilità per le agenzie di somministrazione di utilizzare lavori somministrati a tempo determinato per periodi superiori a 24 mesi, anche non continuativi, senza che ciò determini in capo all’azienda utilizzatrice la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato.

Da ultimo, non possono passare inosservate le modifiche introdotte al D.Lgs. n. 81/2008, le quali completano il quadro delle novità introdotte in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

La legge di conversione, sempre ai fini del contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, prevede che l’avvio dell’attività dei lavoratori autonomi occasionali debba essere oggetto di preventiva comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro da parte del committente e, inoltre, dispone, in caso di violazione di quanto sopra descritto, l’ applicazione di una sanzione amministrativa da 500 a 2.500 euro in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione.

In più, per tutto il periodo di sospensione, si prevede che:

  • sia fatto divieto all’impresa di contrattare con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti, come definite dal codice dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs. n. 50/2016;
  • il datore di lavoro sia tenuto a corrispondere la retribuzione e a versare i contributi previdenziali ai lavoratori interessati.

Inoltre, la legge, intervenendo sull’art. 18 del D.Lgs. n. 81/2008, introduce, per il datore di lavoro, l’obbligo di individuare il preposto, il quale sarà chiamato a svolgere le seguenti funzioni:

  • sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione;
  • in caso di appurata non conformità comportamentali in ordine alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza;
  • in caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza della inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti;
  • in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate.

In materia di trattamenti di integrazione salariale, il nuovo provvedimento conferma quanto previsto dall’articolo 11 del decreto-legge, garantendo:

  • ai datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e a cui sia stato già autorizzato interamente il periodo di 28 settimane di cui all’art. 8, comma 2, del Decreto Sostegni (comma 3), la possibilità di presentare, per i lavoratori in forza alla data del 22 ottobre 2021, domanda di assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga per una durata massima di 13 settimane nel periodo tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2021;
  • ai datori di lavoro che operano nei settori dell’industria tessile e della conciatura e per i quali sia decorso il periodo di integrazione salariale autorizzato ai sensi dell’art. 50-bis, comma 2, del Decreto Sostegni bis, in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19, la possibilità di presentare, per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del decreto, domanda di trattamento ordinario di integrazione salariale per un periodo di 9 settimane nel periodo tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2021.

Tuttavia, come novità il nuovo articolo 11-bis dispone che i termini di decadenza per l’invio dei dati necessari per il conguaglio, il pagamento o per il saldo delle domande di accesso ai trattamenti di integrazione salariale, collegati all’emergenza epidemiologica Covid-19, scaduti tra il 31 gennaio ed il 30 settembre 2021, siano differiti al 31.12.2021.

Vengono confermate anche le misure in materia di congedi parentali di cui all’articolo 9 del decreto-legge e permane dunque la possibilità di astenersi dal lavoro, fino la 31.12.2021, per i genitori di figli minori di 16 anni in caso di sospensione dell’attività didattica in presenza, di infezione da Covid-19 o di quarantena disposta dalle strutture sanitarie. Nel dettaglio, in caso di figlio convivente minore di 14 anni verrà corrisposto al lavoratore un’indennità pari al 50 % della retribuzione, mentre, nel caso in cui l’età del minore sia inferiore ai 16 e superiore ai 14 anni, non verrà corrisposta alcuna retribuzione o indennità, ma saranno riconosciuti la contribuzione figurativa, il divieto di licenziamento e il diritto alla conservazione del posto di lavoro.

Rilevanti sono altresì le nuove misure introdotte a favore dei lavoratori con disturbo dello spettro autistico. La legge stabilisce che le imprese residenti in Italia e costituite da non più di 60 mesi, che impieghino per un periodo non inferiore a un anno, come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in una proporzione uguale o superiore ai due terzi della forza lavoro complessiva, lavoratori con disturbi dello spettro autistico ed esercitano attività di impresa al fine dell’inserimento lavorativo di persone con disturbi dello spettro autistico, siano qualificate start-up a vocazione sociale ai sensi dell’art. 25, comma 4, del D.L. n. 179/2012 e, in più, si prevede per i datori di lavoro, la possibilità di presentare domanda ad un incentivo, per un periodo di 36 mesi e nella misura del 70% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, per ogni lavoratore con disturbi dello spettro autistico assunto con rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Procedendo con ordine, il nuovo articolo 9-bis del testo in esame modificando l’art. 12-bis del D.L. n. 41/2021, istituisce un Fondo, con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2022, per genitori lavoratori separati o divorziati al fine di garantire la continuità di erogazione dell’assegno di mantenimento.

Nel dettaglio, attraverso il Fondo, verrà riconosciuto un beneficio, per un importo massimo di 800 euro mensili e per un numero di mensilità da stabilirsi con successivo decreto ministeriale attuativo, ai genitori in stato di bisogno al fine di garantire la capacità di provvedere al mantenimento proprio e dei figli minori, oltre che dei figli maggiorenni portatori di handicap grave, conviventi, che non abbiano ricevuto l’assegno di mantenimento per inadempienza dovuta all’incapacità a provvedervi del genitore o del coniuge o del convivente che vi era tenuto e che in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 ha cessato, ridotto o sospeso la propria attività lavorativa a decorrere dall’8.03.2020 per una durata minima di 90 giorni o per una riduzione del reddito di almeno il 30% rispetto a quello percepito nel 2019.

Il nuovo provvedimento mira ad agevolare la ripresa economica del paese introducendo importanti sostegni economici per i datori di lavoro e garantendo maggiori tutele per i lavoratori.

INPS, messaggio 511.2021 n. 3809, Esonero per le assunzioni di donne lavoratrici effettuate nel biennio 2021-2022.

L’INPS, con il messaggio n. 3809/2021, fornisce le modalità operative per la fruizione dell’esonero contributivo per le assunzioni di donne lavoratrici effettuate nel biennio 2021-2022 previsto dalla Legge di Bilancio 2021 (legge n. 178/2020, articolo 1, comma 16), in seguito alla decisione del 27.10.2021 della Commissione europea, che ha autorizzato la concessione dello sgravio, ritenendolo una misura di aiuto di Stato ammessa.

Il perimetro delle potenziali beneficiarie definito dall’Inps risulta tuttavia assai circoscritto. Lo sgravio contributivo fino a 6mila euro annui – portato dalla Legge di Bilancio 2021 per quest’anno e per il prossimo dal 50% al 100% dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro – varrà difatti per contratti a tempo indeterminato, a termine, o per stabilizzare rapporti di lavoro, ma le lavoratrici da assumere dovranno appartenere a specifiche categorie di “donne svantaggiate”:

  • con almeno 50 anni di età e disoccupate da oltre 12 mesi;
  • di qualsiasi età, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea, senza un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi;
  • di qualsiasi età che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi.

Novità GIURISPRUDENZIALI

Corte costituzionale sentenza 21.12.2021, n. 250.

Legittima l’esclusione della stabilizzazione presso la P.A. per i lavoratori somministrati

Con la sentenza 21 dicembre 2021, n. 250 la Corte costituzionale ha dichiarato la non fondatezza, in riferimento all’art. 3 Cost., della questione di legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 9, del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75, nella parte in cui esclude i lavoratori somministrati dalla “stabilizzazione” mediante diretta assunzione a tempo indeterminato presso la pubblica amministrazione utilizzatrice, secondo la modalità prevista dal comma 1 della medesima disposizione, poiché la fattispecie complessa del contratto di somministrazione a tempo determinato, diversamente dalla parallela fattispecie del contratto a termine, non comporta l’instaurazione di un rapporto di lavoro diretto tra lavoratore somministrato ed ente utilizzatore.

Corte di cassazione, sentenza 29 novembre 2021 n. 37286

Un caso di retribuibilità del tempo per recarsi con auto aziendale dal proprio domicilio presso i clienti dell’azienda e tornare.

Con accordo aziendale del 2013, era stata mutata l’organizzazione del lavoro dei dipendenti dell’impresa addetti a lavorazioni all’esterno presso vari clienti: mentre in precedenza questi timbravano il cartellino in azienda e veniva loro retribuito anche il tempo per recarsi e per tornare dai clienti, successivamente si recavano direttamente dal cliente indicato dall’azienda tramite cellulare aziendale, il quale serviva anche per segnalare l’arrivo a destinazione e il termine del lavoro. Nel quadro di questa nuova organizzazione veniva detratta ad ogni operatore mezz’ora di retribuzione giornaliera. Promosso dai dipendenti il giudizio per ottenere il pagamento di questa mezz’ora, la Corte, pur ribadendo la regola per cui non è retribuibile il tempo per recarsi al lavoro e tornare al proprio domicilio, conferma la fondatezza delle domande in considerazione delle particolarità del caso esaminato. La Corte trae ulteriori elementi di giudizio dal fatto che l’auto aziendale (anche se ricoverata presso il domicilio del dipendente) era utilizzabile solo per recarsi presso i clienti e che questi erano indicati dalla società, la quale poteva anche mutare in viaggio la destinazione.

Corte di cassazione, sentenza 25 novembre 2021 n. 36729

Il dipendente deve comunicare anche al datore di lavoro il luogo in cui è reperibile durante il periodo di malattia.

Un dipendente era stato licenziato per assenza ingiustificata superiore a tre giorni per essere stato assente alla visita domiciliare di controllo medico della malattia, senza aver comunicato all’azienda la variazione di domicilio. La Corte dichiara annullabile il licenziamento, essendo stato accertato in giudizio che il ricorrente aveva regolarmente comunicato all’INPS la variazione di sede durante la malattia e che, ciononostante, l’INPS aveva erroneamente effettuato la visita di controllo al vecchio indirizzo. Da ciò conseguiva la valutazione d’inesistenza del fatto contestato di “assenza ingiustificata”. Quanto alla mancata comunicazione alla datrice di lavoro della variazione d’indirizzo durante la malattia, la Corte dichiara che tale omissione viola un obbligo preciso, nascente dai doveri di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto di lavoro; ma poiché tale violazione è punita con una sanzione conservativa dal codice disciplinare, anche per questa via il licenziamento è, diversamente da quanto stabilito dalla Corte d’appello, annullabile con applicazione della tutela reintegratoria e del risarcimento danni in misura contenuta.

Tribunale di Venezia, 4.11.2021

Licenziamento per giustificato motivo per cambio d’appalto: è nullo per violazione del divieto di legge vigente nel periodo della pandemia Covid, se il datore di lavoro, appaltatore uscente, non verifica che l’impresa subentrante proceda effettivamente all’assunzione.

La normativa sul divieto dei licenziamenti per motivi economici ed organizzativi, vigente in costanza di pandemia fin dal marzo 2020, ha previsto alcune eccezioni tra cui quella della riassunzione del lavoratore da parte dell’impresa subentrante in un appalto. Nel caso specifico, tuttavia, l’assunzione non si è verificata perché la disciplina applicabile non prevedeva un obbligo assoluto: ciò nonostante, e senza verificare l’esito della dichiarazione di cambio d’appalto, l’impresa uscente ha comunque effettuato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, che è stato dunque dichiarato nullo per violazione del divieto di legge, con diritto della lavoratrice alla reintegrazione nel posto di lavoro ex art. 2 d.lgs. 23/2015.

Corte d’appello di Roma, 20 settembre 2021

Il lavoratore deve essere avvertito dell’imminente superamento del periodo di comporto, se le assenze indicate in busta paga sono inferiori a quelle reali.

Il Collegio, in riforma della sentenza di primo grado, dispone la reintegrazione di un lavoratore che aveva impugnato il licenziamento per superamento del periodo di comporto sulla base del fatto che nelle buste paga fosse indicato un numero di assenze per malattia inferiore a quelle effettive. La Corte, pur condividendo l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in assenza di una specifica previsione del CCNL, sul datore non grava l’obbligo di avvisare il lavoratore del prossimo superamento del comporto, ha affermato che nel caso specifico l’errore nei prospetti presenze fosse idoneo a generare nel ricorrente un ragionevole affidamento sul numero di assenze conteggiate dalla società, tale da poter qualificare il mancato avvertimento come condotta contraria a buona fede.

Corte di cassazione, ordinanza 2 dicembre 2021 n. 37985

Il termine di decadenza per far valere la responsabilità solidale del committente di un appalto di servizi non si applica all’azione degli enti previdenziali.

La Corte ribadisce la propria interpretazione costante dell’art. 29, secondo comma D. Lgs n. 276/2003, respingendo l’eccezione di decadenza ivi prevista in un caso in cui l’INPS aveva agito, oltre il biennio dalla cessazione di un appalto di servizi, nei confronti del committente per ottenere il pagamento dei contributi previdenziali omessi dall’appaltatore.

NEWSLETTER N. 12/2021 NOVITÀ NORMATIVE E GIURISPRUDENZIALI

NOVITÀ NORMATIVE

Legge 19 novembre 2021 n. 165, in G.U. 20 novembre 2021 n. 277
È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 277 del 20 novembre 2021, la legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 127/2021, che aveva introdotto, dallo scorso 15 ottobre, l’obbligo di possesso del GREEN PASS per accedere ai luoghi di lavoro, sia in ambito privato che pubblico.

La conversione in legge del DL 127 apporta alcune novità alla previgente regolamentazione.
 La più rilevante è la possibilità per i lavoratori di consegnare, su base volontaria, copia del proprio Green Pass al datore di lavoro, con la conseguente esenzione dai controlli per il periodo di validità dello stesso. Una disposizione, questa, che è stata oggetto di valutazione da parte del Garante della privacy in una segnalazione, rivolta a Camera e Governo dopo il via libera al testo da parte del Senato, in cui sono stati rilevati diversi aspetti critici. Tale specifica disposizione non è stata tuttavia resa oggetto di alcun correttivo o riscrittura prima della pubblicazione in Gazzetta della legge.
 Viene inoltre stabilito – ratificando sul piano normativo la risposta ad una FAQ già in precedenza pubblicata sul sito del Governo – che se la certificazione verde scade durante l’orario di lavoro, il lavoratore può continuare la sua attività fino al termine del turno, non applicandosi a suo carico la sanzione amministrativa prevista (da 600 a 1.500 euro) se, in caso di controllo, risultasse in possesso di green pass scaduto dopo l’ora di inizio.
 Si prolunga il periodo in cui i datori di lavoro del settore privato, con meno di quindici dipendenti, possono sospendere e sostituire un addetto privo del certificato verde. Il D.L. 127 stabiliva che questi, oltre ad essere ritenuto assente ingiustificato e sospeso dal servizio, avrebbe potuto essere sostituito con personale assunto mediante contratto a termine di durata massima pari a dieci giorni, rinnovabile solo una volta. Per effetto delle modifiche introdotte in sede di conversione, viene ora stabilito che il contratto di sostituzione del dipendente senza green pass potrà essere rinnovato più volte, anziché una sola, purché entro il 31 dicembre 2021 (fine attuale dello stato di emergenza). Il contratto e i rinnovi avranno sempre durata massima di dieci giorni, ma ora è stato precisato che si tratta di giorni lavorativi.
 Vengono infine confermati gli obblighi di verifica a carico dei datori di lavoro, ma per quanto riguarda i lavoratori somministrati è stato precisato che il controllo all’accesso al luogo di lavoro incombe solo sull’utilizzatore, mentre il somministratore dovrà solo informare i lavoratori circa la sussistenza delle prescrizioni relative al possesso ed esibizione del green pass.

Autorità Garante per la protezione dei dati personali. Segnalazione del 11.11.2021
Tra le novità introdotte dalla L. 165/2021 si contempla la consegna (spontanea) della certificazione verde da parte dei lavoratori al Titolare del trattamento ne consegue che l’organizzazione sarà tenuta all’adozione di una serie di misure tecniche e organizzative allo scopo di proteggere la riservatezza dei lavoratori.
Il Titolare del trattamento dovrà, pertanto, individuare una politica capace di garantire l’integrità e la privacy delle informazioni sin dalla fase di ricezione della certificazione.
La necessità di rafforzare le misure tecniche predisposte è stata ribadita anche dalla Autorità Garante per la protezione dei dati personali che con Segnalazione del 11.11.2021 ha dichiarato l’importanza di attuare misure di sicurezza informatiche idonee a prevenire il rischio informatico.
Si allude alla digitalizzazione della fase di consegna e conservazione da parte dell’organizzazione, anche se nulla osta alla consegna cartacea della certificazione. In tal ultima ipotesi, il Titolare dovrà garantire che la fase di consegna e conservazione siano adeguatamente protette attraverso l’adozione di misure idonee (locali aziendali ad hoc e archivi dotati di serratura).
L’attuazione da parte del Titolare di misure tecniche pesa maggiormente sul Titolare qualora, invece, il canale di ricezione e conservazione della certificazione siano digitali. L’azione predisposta, allora, dovrà integrare le misure già all’occorrenza adottate in fase di adeguamento al GDPR, soprattutto dal punto di vista informatico. La consegna e la ricezione della certificazione verde dovranno, pertanto, essere parametrate da una politica che tenga conto del livello di sicurezza informatica attuata (e da attuare) e alla corretta individuazione dei soggetti tenuti alla ricezione.
Rientrano nelle misure di sicurezza sia le misure tecniche sia quelle organizzative di cui all’art. 32 del GDPR. Le prime riguardano l’infrastruttura aziendale e fanno riferimento alle politiche di sicurezza adottate affinché il flusso di informazioni sia protetto da eventuali violazioni informatiche che lederebbero la privacy dei lavoratori. Le seconde, invece, riguardano la corretta mappatura dei soggetti che partecipano al trattamento. In particolare, è consigliabile rafforzare la nomina del delegato, figura già prevista dal D.L 52/2021, come modificato dal D.L. 127/2021.
Si tratta della nomina a designato al trattamento di cui agli artt. 29 GDPR e 2 quaterdecies Codice Privacy, la stessa dovrà riportare le azioni da intraprendere e le politiche da rispettare sia nella fase di ricezione che in quella di conservazione.
La nomina a delegati alla ricezione dovrà pertanto riportare istruzioni chiare e precise per i soggetti autorizzati al ricevimento delle certificazioni verdi.
L’insieme di misure adottate dovrà essere poi riportato nel modello privacy aziendale coinvolgendo il DPO o in assenza il Privacy Officer.
Tra le misure da attuare anche l’aggiornamento del registro dei trattamenti ex art. 30 del GDPR, nello stesso andrà indicato il periodo di conservazione che coinciderà con la durata della situazione d’emergenza (ad oggi, 31 dicembre 2021).
L’obbligo di informare gli interessati.
Il titolare del trattamento, all’atto di ricezione della certificazione, è tenuto a fornire al lavoratore adeguata informativa ai sensi dell’art. 13 del GDPR.
Per quanto attiene la base giuridica, la stessa si rinviene nell’adempimento ad un obbligo di legge (art. 6 lett. c GDPR) all’articolo 9-quinquies (per il settore pubblico) e all’articolo 9-septies (per il settore privato) del D.L. 52/2021 come modificato dal D.l. 127/2021 che impongono l’obbligo di verifica del Green Pass.
Come sottolineato dall’Autorità Garante nel provvedimento succitato la base giuridica del trattamento nell’ambito dei rapporti di lavoro non può essere rappresentata dal consenso, e il fatto che il lavoratore consegni, su proprio impulso, la certificazione verde non costituisce un consenso implicito.
Tale evenienza solleva, per altro, il Titolare del trattamento da una serie di adempimenti ulteriori che conseguirebbero dalla raccolta del consenso. È ormai noto che nei rapporti di lavoro, il consenso rilasciato dal dipendente non può costituire un’idonea legittimazione in virtù dello squilibrio delle parti nel rapporto di lavoro.
Il lavoratore si potrebbe trovare in una situazione di soggezione che invaliderebbe il consenso espresso.

Legge 5 novembre 2021 n. 162, in G.U. 18 novembre 2021 n. 275
Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo.
Tra le disposizioni contenute nella legge in commento – che entreranno in vigore a partire dal 3 dicembre – si segnalano:
 una più ampia definizione di discriminazione (“Ogni trattamento o modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità […] pone o può porre il lavoratore in […] posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori; limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali; limitazione dell’accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera”);
 l’estensione dell’obbligo di redazione del rapporto biennale ai datori di lavoro con oltre 50 dipendenti (anziché con più di 100, come in passato);
 nuove sanzioni in caso di rapporti mendaci e/o incompleti;
 l’introduzione della “certificazione parità di genere”, con correlata possibilità di ottenere uno sgravio contributivo per l’anno 2022, ovvero un punteggio premiale nella concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento di investimenti sostenuti dalle imprese.

INPS, messaggio 18 novembre 2021 n. 4027
Lavoratori aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia. Novità introdotte dall’articolo 8 del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146.
Con il messaggio n. 4027/2021 l’INPS prende atto delle modifiche apportate dal decreto legge n. 146/2021 all’art. 26 del Dl n. 18/2020 (decreto Cura Italia) che, al comma 1, stabilisce l’equiparazione al trattamento economico di malattia del periodo trascorso in quarantena causa Covid-19 ed, al comma 2, riconosce la tutela economica del ricovero ospedaliero alle assenze dal lavoro delle persone cd. fragili.
Le pratiche di malattia per quarantena da Covid-19 ricadenti nel periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 2021, che l’INPS non ha indennizzato in ragione dell’assenza dei rispettivi fondi, verranno pertanto riesaminate in base all’ordine cronologico degli eventi. I certificati di malattia in questione, puntualizza l’Istituto rivolgendosi alle proprie sedi territoriali, sono quelli contrassegnati con il codice V07.

NOVITÀ GIURISPRUDENZIALI
Corte di cassazione, ordinanza 18 novembre 2021 n. 35364
Ancora sulla nozione di rischio elettivo negli infortuni sul lavoro in un caso controverso.
Nel corso di un lavoro al pian terreno di un edificio abbandonato e in via di smaltimento, i due operai addetti si recarono al piano superiore e qui uno di essi, aperta una porta, precipitò nel vano vuoto di un ascensore. In giudizio, la Corte d’appello respinse la sua domanda di risarcimento svolta sia nei confronti del datore di lavoro appaltatore che del committente, valutando anomalo il comportamento dell’operaio, che si sarebbe esposto volontariamente a un rischio da ritenere elettivo. La Corte di legittimità cassa la sentenza, ricordando che il rischio elettivo si configura unicamente nel caso in cui il comportamento del lavoratore sia abnorme, imprevedibile e estraneo rispetto al procedimento lavorativo affidatogli e imputando al datore di lavoro di non aver espressamente vietato ai due operai di recarsi al piano di sopra e alla società committente di non aver preventivamente indicato i luoghi di possibile pericolo nel cantiere appaltato.
Corte di cassazione, ordinanza 11 novembre 2021 n. 33365.
Non è automatica la responsabilità del committente per infortuni occorsi in esecuzione del contratto di appalto.
In un caso d’infortunio mortale di un dipendente dell’appaltatore avvenuto nel corso dei lavori di esecuzione dell’appalto, gli eredi avevano chiesto il risarcimento del conseguente danno morale subìto anche al committente, a norma dell’art. 26, secondo comma del D. Lgs n. 88/2008. La Corte, confermando in proposito la sentenza della Corte d’appello, afferma che la responsabilità del committente non è automatica come ritenuto dai ricorrenti, ma occorre verificare in concreto l’effettiva incidenza del suo comportamento nella causazione dell’evento, in termini di effettiva valutazione con mezzi adeguati dell’idoneità tecnico-professionale dell’appaltatore in relazione ai lavori da svolgere, della eventuale ingerenza nell’esecuzione dei lavori appaltati, della possibilità di percepire agevolmente e quindi di comunicare eventuali situazioni di pericolo incombente etc. In definitiva, la responsabilità del committente non è automatica, ma deriva dalla violazione degli obblighi di sicurezza su di lui gravanti.

Corte di cassazione, ordinanza 8 novembre 2021 n. 32473
Non indennizzabile l’infortunio occorso fuori dell’azienda per una “pausa caffè”.
La dipendente di una Procura della repubblica, ottenuto il permesso di uscire dal diretto superiore e timbrato l’apposito cartellino in uscita, subiva un infortunio nel recarsi a un bar esterno per un caffè. In giudizio, la Corte le nega il diritto all’indennizzo da parte dell’INAIL, ricordando lo stato della giurisprudenza in ordine alla nozione di “occasione di lavoro” che giustifica l’indennizzo e concludendo che nel caso esaminato la lavoratrice si era volontariamente esposta a un rischio non necessariamente connesso con l’attività lavorativa per soddisfare un bisogno procrastinabile e non impellente. In tal modo era stato interrotto il nesso causale tra lavoro e infortunio, irrilevante essendo il fatto che la pausa fosse stata autorizzata.

Corte di cassazione, ordinanza 22 ottobre 2021 n. 29637
Nel giudizio per la condanna del datore di lavoro a versare i contributi all’INPS quest’ultimo è litisconsorte necessario.
Sul punto in Cassazione si erano confrontati due orientamenti: secondo il primo, dato che l’INPS in questo tipo di giudizi è mero destinatario del versamento di contributi, la sua presenza sarebbe superflua; secondo il secondo, viceversa, essendo l’INPS il diretto interessato all’accertamento giudiziale in questione nonché destinatario del versamento, la sua presenza sarebbe necessaria nel giudizio. La Corte ricorda che il contrasto era stato risolto dalle sezioni unite (sent. n. 3678/099 nel senso dell’integrazione del contradditorio nei confronti dell’INPS, in ragione dell’indisponibilità dell’obbligazione contributiva, che renderebbe inutile la condanna in assenza dell’INPS. La sentenza si conforma a tale orientamento in un caso in cui un ex dipendente bancario, che aveva aderito al Fondo di solidarietà dei bancari al fine di percepire l’assegno straordinario fino alla pensione, aveva chiesto la condanna del datore di lavoro a versare all’INPS i contributi parzialmente omessi in relazione a tale periodo di tempo.

Corte d’appello di Milano, 25 ottobre 2021
Ancora una pronuncia che conferma la sospensione della prescrizione in corso di rapporto a seguito della riforma dell’art. 18 Stat. lav.
La Corte d’appello di Milano, confermando la pronuncia di primo grado, conferma il proprio orientamento ormai consolidato, secondo il quale a seguito dell’entrata in vigore della L. 92/2012, la prescrizione non decorre in corso di rapporto anche quando la tutela applicabile è quella prevista dall’art. 18 S.L, stante il “metus” del lavoratore determinato dalle ipotesi solo residuali di reintegrazione. La Corte conferma la condanna al pagamento delle retribuzioni arretrate di un ex dipendente della società appellante.

NEWSLETTER N. 11/2021 NOVITÀ NORMATIVE E GIURISPRUDENZIALI NOVITÀ NORMATIVE

Il D.L. n. 146 del 2021, in vigore dal 22.10.2021, ha introdotto diverse novità in materia di lavoro e previdenza.

Con il D.L. 21 ottobre 2021, n. 146 recante “Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 252 del 21.102021, molti ed importanti sono gli interventi che interessano la materia del lavoro.

Andiamo ad esaminarli.

  • Disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro

L’art. 13 del decreto legge interviene modificando il D.Lgs. n. 81/2008 al fine di incentivare e semplificare l’attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di un maggiore coordinamento dei soggetti competenti a presidiare il rispetto delle disposizioni per assicurare la prevenzione.

Si segnala, in particolare, la modifica dell’art. 14 del d.lgs. n. 81/2008 “disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”. Il nuovo art. 14 prevede, al fine di far cessare il pericolo per la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il lavoro irregolare, che l’Ispettorato nazionale del lavoro adotti un provvedimento di sospensione qualora riscontri che almeno il 10 % dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell’accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro nonché, a prescindere dal settore di intervento, in caso di gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro.

Per tutto il periodo di sospensione è fatto divieto all’impresa di contrattare con la pubblica amministrazione. A tal fine il provvedimento di sospensione è comunicato all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, per gli aspetti di rispettiva competenza al fine dell’adozione da parte del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili del provvedimento interdittivo.

I provvedimenti per le ipotesi di lavoro irregolare non trovano applicazione nel caso in cui il lavoratore risulti l’unico occupato dall’impresa.

In ogni caso di sospensione, gli effetti della stessa possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.

Nel decreto (art. 13) molto importante è inoltre il ruolo che in tema di sicurezza sul lavoro viene definito per l’Ispettorato Nazionale del Lavoro in materia di vigilanza, con il conseguente rafforzamento degli organici.

  • Somministrazione di lavoro

L’art. 11, comma 15, del decreto abroga la previsione di cui all’art. 31, comma 1, quinto periodo, D.Lgs. n. 81/2015 che limita al 31.12.2021 la possibilità per le agenzie di somministrazione di impiegare in missione, per periodi superiori a 24 mesi anche non continuativi, il medesimo lavoratore somministrato, per il quale l’agenzia di somministrazione abbia comunicato all’utilizzatore l’assunzione a tempo indeterminato.

In questo modo la somministrazione a termine di personale assunto a tempo indeterminato da parte di un’agenzia del lavoro resta lecita anche oltre la scadenza del 31 dicembre 2021.

  • Misure per la tutela dei periodi di sorveglianza attiva dei lavoratori del settore privato

L’art. 8 del decreto modifica l’art. 26 del D.L. n. 18/2020 rendendo nuovamente operativa, fino al 31.12. 2021, l’indennità di malattia per i periodi di quarantena con sorveglianza attiva e di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva.

Viene introdotto nel corpo dell’art. 26 il comma 7-bis che prevede la possibilità per i datori di lavoro del settore privato con obbligo previdenziale presso le Gestioni dell’INPS (esclusi i datori di lavoro domestico), dal 31.01.2020 fino al 31.12.2021, di ottenere un rimborso forfetario per gli oneri sostenuti relativi ai propri lavoratori dipendenti non aventi diritto all’assicurazione economica di malattia presso l’INPS.

Il rimborso è riconosciuto al datore di lavoro una tantum per ogni singolo lavoratore ed è previsto solo nei casi in cui la prestazione lavorativa, durante l’evento, non possa essere svolta in modalità agile.

Il rimborso è erogato dall’INPS, per un importo pari a Euro 600,00 per lavoratore, previa presentazione da parte del datore di lavoro di apposita domanda telematica corredata da dichiarazione attestante i periodi riferiti alle tutele in oggetto da trasmettere nelle modalità ed entro i termini che saranno indicati dall’INPS.

  • Congedi parentali

L’art. 9 del decreto prevede la possibilità per il lavoratore dipendente, genitore di figlio convivente minore di anni quattordici, alternativamente all’altro genitore, di astenersi dal lavoro per un periodo corrispondente in tutto o in parte:

• alla durata della sospensione dell’attività didattica o educativa in presenza del figlio;

• alla durata dell’infezione da SARS-CoV-2 del figlio;

• alla durata della quarantena del figlio disposta dal Dipartimento di prevenzione della azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente a seguito di contatto ovunque avvenuto.

La facoltà di astenersi dal lavoro è riconosciuta ai genitori di figli con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, L. n. 104/1992, a prescindere dall’età del figlio:

• per la durata dell’infezione da SARS-CoV-2 del figlio;

• per la durata della quarantena del figlio;

• nel caso in cui sia stata disposta la sospensione dell’attività didattica o educativa in presenza o il figlio frequenti centri diurni a carattere assistenziale dei quali sia stata disposta la chiusura.

Il congedo può essere fruito in forma giornaliera od oraria. Per i periodi di astensione dal lavoro è riconosciuta in luogo della retribuzione un’indennità pari al 50 per cento della retribuzione stessa. Gli eventuali periodi di congedo parentale di cui agli articoli 32 e 33 D.Lgs. n. 151/2001, fruiti dai genitori a decorrere dall’inizio dell’anno scolastico 2021/2022 fino alla data di entrata in vigore del presente decreto, durante i periodi di sospensione dell’attività didattica o educativa in presenza del figlio ovvero di sospensione delle attività dei centri diurni a carattere assistenziale dei quali sia stata disposta la chiusura, di durata dell’infezione da SARS-CoV-2 del figlio, di durata della quarantena del figlio, possono essere convertiti a domanda nel congedo previsto dall’art. 9.

In caso di figli di età compresa fra 14 e 16 anni, uno dei genitori, alternativamente all’altro, ha diritto di astenersi dal lavoro senza corresponsione di retribuzione o indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa, con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro.

Per i giorni in cui un genitore fruisce del congedo oppure non svolge alcuna attività lavorativa o è sospeso dal lavoro, l’altro genitore non può fruire del medesimo congedo, salvo che sia genitore anche di altri figli minori di anni quattordici avuti da altri soggetti che non stiano fruendo di alcuna delle stesse misure.

  • Trattamenti di integrazione salariale

L’art. 11 del decreto prevede la possibilità per i datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19 di presentare, per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto, domanda di assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga di cui agli articoli 19, 21, 22 e 22-quater del D.L. n. 18/2020, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 27/2020, per una durata massima di tredici settimane nel periodo tra il 1° ottobre e il 31.12.2021. Ai datori di lavoro che presentano domanda di integrazione salariale resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della L. n. 223/1991, per la durata della fruizione del trattamento di integrazione salariale.

Ai medesimi soggetti resta, altresì, preclusa nel medesimo periodo, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della l. n. 604/1966, e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.

Ispettorato Nazionale del Lavoro, nota n. 1507 del 6 ottobre 2021. Modifica alla disciplina del subappalto in ambito pubblico. Indicazioni operative.

L’Ispettorato precisa che le attività oggetto del subappalto devono essere ricomprese nell’oggetto dell’appalto e non essere pertanto accessorie o marginali rispetto all’opera o al servizio complessivamente appaltato o, in alternativa, devono rientrare nella categoria prevalente (in tal caso le lavorazioni devono essere incluse nell’oggetto sociale del contraente principale). Nella nota si ricorda che il nuovo comma 14 dell’art. 105 del D.Lgs. n. 50/2016 assicura ai lavoratori dipendenti del subappaltatore trattamenti economici e normativi non inferiori a quelli che avrebbe riconosciuto il contraente principale (l’appaltatore/subappaltante) al proprio personale dipendente in ragione del CCNL dal medesimo applicato.

Novità giurisprudenziali

Corte di Cassazione, sentenza 13.10.2021 n. 27939.

Attenzione a ciò che posti sui social!

Nel caso esaminato, d’impugnazione di un licenziamento per giusta causa, la Corte conferma la legittimità dell’acquisizione, da parte del datore di lavoro ai fini del licenziamento, di un messaggio pubblicato dal lavoratore sul proprio profilo Facebook, in cui offendeva gravemente i suoi diretti superiori in azienda nonché gli stessi vertici aziendali. La Corte distingue, infatti, tra comunicazioni che avvengono, anche in chat, tra due o più persone determinate, che sono coperte dalla massima garanzia di riservatezza e messaggi, come quello in esame, destinati a un pubblico indifferenziato, che sono a disposizione di tutti.

Con l’ordinanza n. 27934 del 13.10.2021, la Cassazione afferma che, nell’ipotesi in cui il datore rinunci al periodo di preavviso che deve osservare il lavoratore dimissionario, non è tenuto a riconoscere la relativa indennità al dipendente, posto che in favore della parte recedente non è configurabile nessun interesse giuridicamente qualificato.

Il datore di lavoro che rinuncia al preavviso non deve pagare l’indennità sostitutiva. Con l’ordinanza n. 27934 del 13.10.2021, la Cassazione afferma che, nell’ipotesi in cui il datore rinunci al periodo di preavviso che deve osservare il lavoratore dimissionario, non è tenuto a riconoscere la relativa indennità al dipendente, posto che in favore della parte recedente non è configurabile nessun interesse giuridicamente qualificato.

Corte di Cassazione, ordinanza 12.10.2021 n. 27785.

Nullo il patto di prova che indica le mansioni assegnate in maniera generica, con riferimento alla categoria contrattuale d’inquadramento.

Una lavoratrice aveva impugnato giudizialmente il recesso motivato col mancato superamento della prova, sostenendo la nullità del relativo patto per indeterminatezza delle mansioni assegnatele con esclusivo riferimento alla categoria di operaio di 5° livello del C.C.N.L. applicato. Confermando la nullità del patto, con conseguente reintegro e risarcimento danni, la Corte precisa che il riferimento, nel patto di prova, alla declaratoria contrattuale della categoria o del profilo assegnato può essere valido quando è pienamente idoneo a individuare le concrete mansioni dovute dal lavoratore e non quando, come nel caso di specie, il profilo o la categoria descrivano numerosi gruppi di mansioni tra di loro diversificate.

Tribunale di Bergamo, 21.09.2021.

Cambio d’appalto: l’obbligo di assunzione in forza della clausola sociale comprende anche i lavoratori a termine già cessati al momento del passaggio ma che ottengano in giudizio la conversione del rapporto a tempo indeterminato.

Il Tribunale ritiene applicabile la clausola sociale del CCNL, ai sensi della quale, alla scadenza del contratto di appalto, l’impresa subentrante si impegna ad assumere i dipendenti del precedente appaltatore, anche alla lavoratrice a termine che, stante la nullità del termine, aveva ottenuto la conversione giudiziale in contratto a tempo indeterminato ai sensi del D.Lgs. 81/2015, successivamente al cambio d’appalto.

Tribunale di Rovigo, 7.09.2021.

È illegittima l’imposizione delle ferie durante l’emergenza “Covid-19”, specie quando il lavoratore poteva lavorare in c.d. smart working.

Il Tribunale dichiara illegittimo il decreto del Presidente della Provincia che imponeva ai dipendenti, al fine di limitare la presenza in ufficio stante la pandemia da “Covid-19”, l’obbligo di fruire nel mese di aprile 2020 non solo delle ferie pregresse, ma anche di cinque giorni di ferie maturate nell’anno in corso, nonostante le ricorrenti svolgessero il proprio lavoro in smart working.

Tale provvedimento è incompatibile con il D.L. n. 18/2020, all’epoca in vigore, il quale consentiva alle amministrazioni di far godere le ferie solo qualora fosse stato impossibile ricorrere al lavoro agile e solo nei limiti delle ferie maturate negli anni precedenti. Il decreto era altresì in violazione dell’art. 2109 c.c., difettando l’interesse alla fruizione delle ferie da parte delle ricorrenti, che avevano già dovuto smaltire i giorni arretrati secondo quanto disposto dall’art. 28 del CCNL Funzioni Locali.

Corte d’Appello di Palermo, 28.07.2021.

Non costituisce giusta causa di licenziamento l’omessa informazione al datore di lavoro dell’avvenuto contatto con un soggetto positivo al Covid-19 del lavoratore già esonerato dal servizio.

La Corte conferma la pronuncia del Tribunale in merito al ricorso di un lavoratore che, posto in isolamento domiciliare da parte dell’autorità sanitaria, per accertata positività al Covid-19 di un collega della moglie, era stato licenziato per giusta causa per non averne dato immediato avviso al datore di lavoro. Il Collegio ha ritenuto illegittimo il licenziamento tanto per la mancanza di obblighi informativi in capo al dipendente, quanto per la mancata prova da parte della società del pregiudizio subito a causa dell’omessa comunicazione contestata e ha, di conseguenza, applicato la tutela reintegratoria ex art. 18, c. 4, Statuto dei lavoratori.

Corte d’appello di Milano, 5.07.2021.

Sono qualificabili come licenziamenti ai sensi della L. n. 223 del 1991 le risoluzioni consensuali di alcuni rapporti di lavoro conseguenti alla prospettazione di un trasferimento collettivo: antisindacale la mancata attivazione della procedura sindacale.

La Corte d’appello, riformando la pronuncia di primo grado, dichiara antisindacale la condotta di una impresa che aveva concluso degli accordi di risoluzione consensuale con alcuni lavoratori, a fronte dell’alternativa di un trasferimento dei medesimi con riduzione dello stipendio, ritenendosi a quel punto esentata dagli obblighi di legge in materia di riduzioni del personale La Corte riprende il recente indirizzo della Corte di Cassazione (n. 15401/2020 e 15118/2021), secondo il quale integra la nozione di licenziamento anche la risoluzione incentivata del rapporto conseguente ad una modifica degli elementi essenziali del contratto di lavoro, come la sede di lavoro o la diminuzione della retribuzione, come ritenuto dalla Corte di Giustizia Europea nella sentenza 11 novembre 2015, C-422/14.

NEWSLETTER N. 10/2021 NOVITÀ NORMATIVE E GIURISPRUDENZIALI

Novità NORMATIVE

ESTENSIONE OBBLIGO GREEN PASS

Decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127, in G. U. 21 settembre 2021 n. 226 Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening.

Il decreto estende a tutti gli ambiti e settori lavorativi le disposizioni che rendono obbligatorio il possesso del green pass per svolgere la prestazione in presenza, stabilendo che a partire dal 15 ottobre e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, per accedere ai luoghi di lavoro è fatto obbligo a tutti i lavoratori di possedere ed esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19.

Saranno, in particolare, soggetti al controllo sul possesso del green pass: a) il personale delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001; b) il personale delle Autorità amministrative indipendenti, degli enti pubblici economici e degli organi di rilievo costituzionale; c) tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, anche sulla base di contratti esterni, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato presso le amministrazioni pubbliche; d) i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, i componenti delle commissioni tributarie, nonché i magistrati onorari; e) chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato; f) tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, anche sulla base di contratti esterni, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato presso i luoghi di lavoro privato; g) i liberi professionisti; h) i collaboratori familiari e badanti.

Spetterà ai datori di lavoro il compito di garantire il rispetto delle prescrizioni contenute nel DL e di definire, entro il 15 ottobre 2021, le modalità per l’organizzazione delle verifiche.

I lavoratori che comunicheranno di non avere la certificazione verde COVID-19, o ne risulteranno privi al momento dell’accesso al luogo di lavoro, saranno considerati assenti ingiustificati. A decorrere dal quinto giorno di assenza nei comparti del pubblico e solo dopo un giorno nel settore privato, il rapporto di lavoro verrà sospeso fino alla presentazione della predetta certificazione; durante tale periodo di sospensione non saranno dovuti né la retribuzione né altro compenso o emolumento comunque denominato.

Il decreto precisa in ogni caso che il mancato possesso del green pass e la conseguente sospensione dal servizio non potranno dare luogo ad alcuna contestazione o provvedimento di natura disciplinare. Viene inoltre espressamente sancito, per i lavoratori così sospesi, il diritto alla conservazione e prosecuzione del rapporto di lavoro.

Legge 16 settembre 2021, n. 126, in G.U. 18 settembre 2021 n. 224.

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n. 105/2021, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche.

Confermato, in sede di conversione in legge, il prolungamento dello stato di emergenza sino al 31.12. 2021, così come le disposizioni in favore dei lavoratori cd. fragili, per i quali si stabilisce che, a decorrere dal 16 ottobre 2020 e fino al 31.10. 2021, l’adibizione di norma della prestazione lavorativa in modalità agile (smart working), anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto.

COVID-19 –Legge di conversione del DL 111/2021 Misure urgenti per l’esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti

È stata pubblicata, in G.U. n. 235 del 1.10.2021, la L. 133 del 24.09.2021, di conversione, con modificazioni, del D.L. 6.09.2021 n. 111 (Misure urgenti per l’esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti).

Si rileva lo slittamento al 31.12.2021 delle agevolazioni previste per i lavoratori fragili (articolo 26, commi 2 e 2-bis, del D.L. 18 del 2020.

Inoltre, dal 10.10.2021 al 31.12.2021, è previsto l’obbligo vaccinale a tutti i soggetti, anche esterni, che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa nelle strutture semiresidenziali e le strutture che, a qualsiasi titolo, ospitano persone in situazione di fragilità.

Infine, viene prevista una durata diversa tra il tampone antigenico rapido ed il tampone molecolare:

  • validità di 48 ore dall’esecuzione del test antigenico rapido, qualora con esito negativo al virus SARS-CoV-2
  • validità di 72 ore dall’esecuzione del test molecolare, qualora con esito negativo al virus SARS-CoV-2

Novità giurisprudenziali

Corte di cassazione, sentenza 22 settembre 2021 n. 25732.

Primo intervento della Corte sui c.d. controlli difensivi, nella prospettiva della nuova disciplina dei controlli a distanza dei lavoratori.

Una lavoratrice aveva impugnato il proprio licenziamento in tronco motivato dal fatto che, in un accesso al suo computer aziendale,

 era stata rilevata la presenza di numerosi siti scaricati per ragioni private, tra i quali, inoltre, uno conteneva un virus che aveva infettato tutta la rete del sistema informatico aziendale. Il giudizio poneva per la prima volta, alla luce del nuovo testo dell’art. 4 S.L., il tema della legittimità dei c.d. controlli difensivi, che tradizionalmente la giurisprudenza aveva individuato in quelli diretti ad accertare, normalmente ex post, comportamenti dei lavoratori illeciti e lesivi del patrimonio e dell’immagine aziendale. La giurisprudenza formatasi prima della riforma dell’art. 4 S.L. li riteneva esulanti dall’ambito applicativo della norma e tuttavia leciti a condizione che: 1) fossero effettivamente motivati dallo scopo di accertare illeciti lesivi del patrimonio e dell’immagine aziendali, 2) fossero disposti ex post rispetto all’attuazione del comportamento illecito. Doveva comunque essere assicurato un adeguato bilanciamento tra le esigenze del datore e la dignità e la riservatezza del lavoratore. Il nuovo testo dell’art. 4 consente i controlli difensivi generali, riguardanti tutta una generalità di dipendenti, ai quali applica la propria disciplina. Restano fuori i controlli singoli, che la Corte ritiene legittimi e i risultati utilizzabili a condizione che siano motivati dall’esistenza di concreti indizi di un’attività illecita dei singoli indagati. Nell’effettuare il controllo, occorre poi contemperare gli interessi dell’impresa con il rispetto della dignità e della riservatezza del lavoratore (sul punto, vedi la CEDU, sentenza del 5 settembre 2017, Barbulescu, che la Corte richiama). Infine, il controllo, anche tecnologico, deve avvenire ex post, vale a dire dopo la commissione dell’illecito, di cui l’impresa abbia acquisito indizi concreti.

In sede di giudizio, promosso dalla dipendente per l’annullamento del conseguente licenziamento motivato esclusivamente in considerazione del contenuto della chat, la Cassazione, rilevato che la vicenda non coinvolgeva il tema dei c.d. controlli difensivi, ha annullato il licenziamento in ragione dell’inutilizzabilità dei dati così estratti dall’impresa dalla chat, perché il controllo non era stato preceduto dalla comunicazione ai lavoratori dei controlli che sarebbero stati svolti ex post sulla chat, a norma del 2° e 3° comma del nuovo testo dell’art. 4 S.L.

Corte di cassazione, ordinanza 21 settembre 2021 n. 25597.

Insufficiente a escludere la responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al lavoratore il comportamento imprudente di quest’ultimo.

Il lavoratore si era infortunato mentre movimentava, col carroponte, carichi pesanti, senza spostarsi nell’area segnalata come di sicurezza unicamente con una linea verde per terra. La Corte d’appello aveva respinto le domande risarcitorie del lavoratore in ragione del comportamento imprudente, anomalo dello stesso. La Cassazione viceversa ribadisce che il comportamento imprudente del lavoratore non esclude né riduce la responsabilità del datore di lavoro ogni qual volta questi non abbia adottato le necessarie misure di sicurezza e di controllo e, nel cassare la sentenza d’appello, invita il giudici di rinvio a valutare se la semplice linea di demarcazione in terra fosse nel caso sufficiente a scongiurare ogni rischio nell’area impegnata da lavori di movimentazione molto pesanti e pericolosi e se il datore di lavoro avesse adeguatamente vigilato in ordine all’osservanza da parte del dipendente delle istruzioni sulle misure di sicurezza.

Corte di cassazione, ordinanza 1° settembre 2021 n. 23723.

Nulla in ogni caso la clausola che rimette all’arbitrio del datore di lavoro la decisione di risolvere il patto di non concorrenza.

Con ordinanza n. 23723 del 1° settembre 2021, la Corte di Cassazione, scostandosi da precedenti decisioni dei due primi gradi di giudizio, ha affermato che il datore di lavoro che con la propria dipendente aveva stipulato un patto di non concorrenza, non può, autonomamente, recedere dallo stesso (dichiarando anche per iscritto che non intende avvalersene) pur in costanza di rapporto di lavoro. Secondo la Corte la clausola secondo la quale il datore può optare per la propria rinuncia è da intendersi, sempre, nulla, non potendo influire sulla validità del contratto con il diritto della lavoratrice al compenso, in quanto le reciproche obbligazioni, una volta sottoscritte, sono “cristallizzate” e la volontà successiva del datore non può avere effetto.

Corte di cassazione, ordinanza 16 agosto 2021 n. 22931.

Il lavoratore appartenente alle categorie protette avviato, ma respinto dall’impresa per mancanza di posti del suo livello professionale, può chiedere all’ente che l’ha avviato il risarcimento per perdita di chances.

Un’impresa aveva respinto una lavoratrice appartenente alla categoria degli orfani, vedove e profughi avviatale per l’assunzione perché non aveva posti disponibili tra quelli che richiedono unicamente la scuola dell’obbligo. Su domanda dell’interessata, la Corte d’appello aveva condannato l’ente che l’aveva avviata in maniera illegittima a risarcirle i danni, in misura corrispondente alle retribuzioni che avrebbe percepito se fosse stata assunta. La Cassazione afferma viceversa che in caso di avviamento illegittimo l’unico danno risarcibile è quello per perdita di chances, che il lavoratore deve provare, dimostrando, anche mediante presunzioni, che con un diverso avviamento avrebbe potuto probabilmente conseguire l’assunzione desiderata.

Tribunale di Milano, 15 settembre 2021.

Il lavoratore che non si sottoponga alla vaccinazione Covid può essere sospeso dal lavoro solo dopo aver verificato la possibilità di adibirlo ad altre mansioni non a rischio di contagio.

Il Tribunale di Milano condivide l’orientamento già espresso da altri tribunali in ordine alla possibilità che il datore di lavoro, in adempimento dell’obbligo di sicurezza ex art. 2087 c.c., e già prima dell’entrata in vigore del D.L. 44/2021, possa ritenere necessario il vaccino anti-Covid per svolgere l’attività dell’operatore sanitario (in particolare un ASA). Tuttavia, il Giudice afferma che prima di sospendere dal servizio e dalla retribuzione il lavoratore che rifiuti di sottoporsi al vaccino, è onere del datore di lavoro verificare l’esistenza in azienda di posizioni lavorative alternative, astrattamente assegnabili al lavoratore, e non comportanti il rischio di diffusione del contagio. In assenza della prova di tale obbligo, paragonabile a quello di repechage nei licenziamenti individuali, il lavoratore sospeso ha comunque diritto alla retribuzione.

Tribunale di Roma, 29 luglio 2021.

La perdita di un contratto di appalto non configura impossibilità sopravvenuta della prestazione di lavoro legittimante la sospensione dell’attività e della retribuzione.

Il Tribunale accoglie il ricorso ex art. 700 c.p.c. di un gruppo di lavoratori che, a seguito della perdita dell’appalto della società datrice di lavoro, avevano rifiutato di firmare la risoluzione del rapporto con quest’ultima per essere assunti dalla nuova società appaltante, in forza di un accordo tra le due società, e per tale ragione erano stati sospesi senza retribuzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione. Tale provvedimento è stato ritenuto illegittimo, poiché l’impossibilità della prestazione non è configurabile né in caso di perdita di appalto né può dipendere da volontà dell’azienda.

Tribunale di Roma, 15 luglio 2021. A seguito dell’accertamento con sentenza di merito della interposizione di manodopera, e della sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato in capo al reale datore di lavoro, le lavoratrici che offrono la prestazione hanno diritto di ottenere, anche con azione cautelare, il pagamento della retribuzione.

Alcune lavoratrici facevano ricorso ex art. 700 c.p.c. poiché, successivamente alla sentenza di primo grado che aveva accertato la nullità dell’interposizione di manodopera e la conseguente titolarità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato in capo ad una banca, non erano state riammesse in servizio né avevano ricevuto il pagamento delle retribuzioni maturate, pur essendosi messe a disposizione per la ripresa dell’attività lavorativa. A motivo dell’accoglimento del ricorso, il Giudice afferma la natura retributiva dell’obbligo scaturente da tale pronuncia nonché l’esigibilità dei crediti che ne derivano per effetto della sola sentenza di primo grado, senza che sia necessario il formarsi del giudicato definitivo

Tribunale di Verona, 7 giugno 2021.

L’indennità di trasferta degli autotrasportatori, se erogata con continuità, deve computarsi ai fini del T.F.R., in assenza di una diversa previsione contrattuale.

Il Tribunale accoglie il ricorso di un autotrasportatore per la richiesta di pagamento del maggior trattamento di fine rapporto dovuto dall’azienda, la quale aveva omesso dalla base di calcolo del medesimo le indennità di trasferta percepite dallo stesso. Il Giudice, accertata la continuità dell’erogazione di tali emolumenti, ne riconosce la natura retributiva sia in forza del dettato del CCNL, sia in forza di alcune pronunce di merito che affermano la natura retributiva di tale indennità per gli autotrasportatori, poiché diretta a compensare l’onerosità e il disagio di una prestazione resa in costante viaggio.